XV
La mente di Peter era un foglio bianco, e questo rendeva le cose ancora più difficili, infatti, reso incapace di pensare, ciò che percepiva attraverso i cinque sensi si era accentuato. Il profumo dolciastro nell'aria non era nemmeno paragonabile all'odore emanato della pelle di Uncino, sempre più eccitante ed intenso mano a mano che si mescolava al suo. Avvicinandosi all'incavo del collo del corvino ne venne inebriato ed avvolto. I suoi caldi sospiri gli accarezzavano l'orecchio gentilmente ed ogni parola pronunciata accanto ad esso rimbombava profonda nella sua mente. Era un richiamo al quale non poteva fare altro che piegarsi. Non vedeva nulla, un generale senso di spaesamento e confusione gli oscurava la vista, ma non ne era spaventato, non c'era spazio per la paura. Il fatto che non fosse in grado di tenere le palpebre aperte, rendeva il tatto il senso dominante, in particolare nella zona lombare e attraverso il palmo delle mani fino alla punta delle dita. Cosa stesse accadendo era un mistero, qualcosa impossibile da dominare di cui non aveva mai sentito prima il bisogno, eppure parte di una natura nascosta e più oscura di sé. Non sarebbe più stato lo stesso dopo, ne era certo. E, quando ormai si fu convinto che non potesse esserci null'altro da aspettarsi, accadde. La mano di Uncino si appoggiò sulla sua natica e gli inviò una scossa lungo la schiena, tanto che il suo corpo si mosse fuori controllo, chiedendo di più. Quando sentì la prima, umida falange dell'uomo cominciare a farsi strada all'interno della propria calda carne, gettò indietro la testa e mugolò. Non fu doloroso, solo inaspettato. Inizialmente lento e delicato, l'altro prese improvvisamente a strofinare il polpastrello al suo interno con maggiore irruenza, penetrando fino alle nocche, centimetro dopo centimetro, ma, quando fu vicino al punto giusto, Peter percepì che lo era, si immobilizzò.
"Hai fermato la mano, così non va bene, Peter..."
Non se ne era accorto, se fosse stato in sé si sarebbe dispiaciuto, ma in quel momento non faceva altro che desiderare quel qualcosa che Uncino gli stava negando. Muovendo il sedere in cerca dell'attrito perduto, Peter cominciò a singhiozzare. Non aveva idea di quando avesse iniziato a piangere, eppure le lacrime già gli bagnavano totalmente le guance. Aveva il corpo irrigidito, la fatica della giornata si faceva sentire, ma non voleva che finisse così, ora che sapeva che c'era di più, lo voleva.
"Che egoista... Sei venuto così tanto che ora orgasmi a secco, io ti ho chiesto di riuscire a soddisfarmi almeno una volta e tu ti rifiuti?"
Quando Peter lo sentì togliere le dita, gli sembrò di impazzire. Riprese subito a muovere la mano, ma il Capitano lo fermò e poi, afferrandolo per i capelli, lo obbligò a guardarlo dritto in faccia. Furono solo dei flash, le labbra incurvate in un ghigno, gli occhi blu ad inghiottire quel poco di consapevolezza che gli era rimasta ed i lunghi boccoli come un'onda scura pronta a sommergerlo.
"Come dovrei punire questo mozzo disubbidiente? Chissà, potrei tenerti per sempre in questo limbo di piacere sino a rendere il tuo corpo assuefatto ad esso, oppure impedirti di rivivere emozioni simili, lasciandoti consumare dal ricordo di questa misera esperienza per l'eternità..."
"C-Ca...pitano..."
Con dolcezza, l'uomo gli scostò la frangia sudata dalla fronte con l'uncino e poi lo lasciò in modo che potesse tornare ad appallottolarsi contro il suo petto. Peter riuscì solo a concentrarsi sulla voce chiara del corvino, unica cima in grado di salvarlo dall'oblio che lo chiamava a sé.
"Ma, come ho già detto, oggi mi sento particolarmente magnanimo, quindi ti darò ciò che desideri, ma poi tu farai una cosa per me..."
Il pirata entrò di nuovo, ma, questa volta, non solo inserì due dita a secco, ma puntò dritto in una determinata direzione. Quando colpì il fascio di muscoli, Peter provò un piacere così intenso che anche la voce del Capitano venne soffocata divenendo un eco lontano. Una singola frase giuse prima che perdesse totalmente i sensi.
"... è una richiesta accettabile, non credi, Pan?"
Fu un suono stridulo e trillante a far svegliare il giovane con il cuore in gola. Alzarsi a sedere di scatto fu l'errore più grosso che poté commettere. Non solo il corpo cominciò a lanciargli intense fitte, ma poi giunsero anche i capogiri ed un forte senso di vomito, accentuato dal saporaccio infernale che gli invadeva la bocca. Per riuscire a mettere a fuoco la situazione, dovette tornare con la testa sul morbido cuscino che lo aveva cullato nel sonno, pessima idea, perché così si rese conto di dove si trovava. Era nel letto di Uncino, lo stesso giaciglio che lo aveva accolto nella notte di pioggia in cui era stato liberato dalla gabbia. Per un brevissimo istante si chiese come avesse fatto ad arrivarci, ma il solo dubbio riportò a galla ogni singolo istante. Coprendosi il viso con le mani, si sentì sprofondare. Era confuso, spaventato, per qualche incomprensibile ragione, pieno di vergogna e terribilmente bisognoso di un abbraccio. Non aveva mai vissuto niente di più intenso, nemmeno quando era ancora conosciuto come Pan. Davvero nessun volo attraverso le nuvole, gioco o scontro con i pirati poteva esservi paragonato. Sollevandosi più piano, Peter riuscì ad attenuare il capogiro e si spostò sul bordo del letto mettendo i piedi a terra, stava per provare ad alzarsi quando la porta della cabina si aprì ed il nostromo Smee fece il suo ingresso. Dall'esterno giunse una folata gelida che lo fece rabbrividire, ma l'odore salmastro portato dal vento gli diede subito sollievo. Prima di ricevere una bella sgridata da Spugna per aver dormito lì, cercò di pensare a come scusarsi, ma il pirata, al contrario di quanto si sarebbe aspettato, non era affatto arrabbiato, ed anzi gli sorrise. Non era un ghigno ironico appena accennato, ma un'espressione più sincera, ampia e luminosa, di pura felicità, che non aveva mai visto prima. Lo allertò e terrorizzò.
"Peter, il Capitano ha dato il suo permesso, puoi partecipare alla riunione mattutina dell'equipaggio. Vieni, ti stiamo aspettando"
Era la prima volta che l'altro lo chiamava per nome, ciò peggiorò solo la sua ansia, probabilmente stava per accadere qualcosa di grave. Mettendosi dritto, Peter si sistemò la camicia nei pantaloni e, cercando di nascondere la nausea, arrivò fino alla porta e si guardò intorno. Niente Sole, il cielo era coperto di nubi grigie e, da esse, cadevano gocce di pioggia sporadiche. Quasi non riuscì a crederci, poteva uscire, in pieno giorno, senza temere di venire meno agli ordini ricevuti. Fatto il primo passo all'esterno, prese un bel respiro profondo e, quando espirò, vide il proprio fiato liberarsi nell'aria. Non gli era mai capitato prima, quella giornata si stava rivelando sempre più assurda. Affiancandoglisi, il nostromo gli appoggiò una mano sulla spalla e gli diede una spintarella in avanti invitandolo a procedere.
"Sta arrivando l'inverno sull'Isola Che Non C'è. Vedrai, ti piacerà il freddo, Peter"
Il ragazzo non riuscì più a controllare il proprio corpo, dei forti tremori lo scossero, la pelle si irruvidì, il naso si fece umido, e fu costretto a stringere i denti per evitare che battessero convulsamente. Sempre più confuso e curioso, velocizzò il passo ed arrivò alla poppa della nave dove trovò il resto della ciurma ad attenderlo. Tutti indossavano dei vestiti nuovi, più grossi e all'apparenza molto morbidi, ne fu geloso. Quando arrivò, si voltarono verso la sua direzione e ciò lo fece sentire di nuovo piccolo, fuori posto. Non aveva idea di cosa fare.
"Chissà se ho il permesso di dare il buongiorno... Tutti sono in silenzio, non credo di poter parlare se loro non lo fanno. Devo restare qui oppure posso raggiungerli?"
Per fortuna Barnabas gli si fece più vicino per dargli del supporto.
"Ci tieni così tanto ad essere mio paziente che stai cercando di ammalarti di proposito?"
Porgendogli una coperta, il medico di bordo gliela mise intorno alle spalle per poi appoggiargli la grande mano sulla schiena e invitarlo in mezzo al gruppo. Passando lo sguardo da uno all'altro, Peter non poté evitare di sorridere. Sentì lo stomaco del signor Clifton brontolare, il borbottio del signor Benson, seccato dal dolore alle ossa, lo sbadigliare acuto del signor Starkey, il grufolio della maialina Mr Chips, felice di ricevere qualche coccola, e perfino i profondi sospiri di Virgil accanto a sé. Erano come una chiassosa famiglia, a cui non serviva una madre per le favole o un padre incravattato, si bastavano a vicenda e, anche se litigavano, erano parte di qualcosa di inscindibile. Non potevano fare a meno l'uno dell'altro, e, un giorno, anche lui si sarebbe reso necessario entrando a far parte di tutto ciò, o almeno lo sperava.
"Non sento più freddo..."
Ad un tratto, calò il silenzio e, seguendo gli sguardi dei presenti, fu semplice capirne la ragione. Il Capitano, avvolto in un'ampia giacca color vinaccia, entrò in scena.
Scendendo dal ponte superiore, Uncino tenne lo sguardo fisso sulla figura di Peter e si fermò a metà della gradinata. Schiarendosi la voce, approfittò della posizione sopraelevata per sembrare ancora più imponente e far sì che tutti lo sentissero chiaramente. Come reazione, l'equipaggio drizzò la schiena, compreso il ragazzo, e ciò permise al corvino di rendersi davvero conto di quanto alto fosse diventato il bambino di un tempo. Ormai il mozzo era al medesimo livello di Barnabas e solo Virgil lo superava. Nonostante la stazza fosse aumentata, lo sguardo vivido ne rivelava la reale fragilità, la stessa che gli aveva concesso di plasmarlo tra le proprie mani la notte prima con il semplice ausilio della propria voce e di un po' di fumo afrodisiaco. Con le parole lo aveva guidato in piaceri sconosciuti, lontano dall'innocenza del passato, ed ora, allo stesso modo, ne avrebbe soppresso gli ultimi rantoli di insolenza.
"Come annunciato ieri, da oggi, e per i prossimi tre giorni, la ciurma, meno il signor Sullivan, sarà di servizio in armeria sotto il comando del signor Benson. Il signor Porter sarà esonerato limitatamente al proprio ruolo di medico di bordo in caso qualcuno subisse ferite gravi"
Qualche sbuffo seccato, un sorrisetto spavaldo dell'armaiolo ed un'espressione gelida da parte della vedetta, ma, in generale, tutti si mantennero abbastanza tranquilli. Il corvino aveva temuto che sarebbe scattata una rissa, ma non accadde, dunque non gli fu necessario richiamare all'ordine e poté proseguire. Rimasto piacevolmente sorpreso dal comportamento pacifico tenuto dall'equipaggio, fu ancora più felice di premiarli. Era arrivato il momento di sfogare un po' di frustrazione, per acquietare gli animi e lavorare tutti in modo più sereno.
"Prima però di incominciare, resta una questione in sospeso che intendo risolvere all'istante. Pan, fatti avanti"
Non appena lo nominò, il mozzo si irrigidì. Tutti gli occhi della ciurma furono per lui mentre avanzava tra loro, facendosi sempre più piccolo e tenendo la testa bassa. Quando il minore giunse in prima fila, Uncino si voltò verso il signor Starkey. Fu davvero molto faticoso evitare di sorridere al pensiero di quanto stava per accadere.
"Da quanto mi è stato riferito, il nostro ospite è stato causa di un'ingiustizia perpetrata da me nei confronti di un membro della Jolly Roger..."
Scendendo gli ultimi gradini, Uncino si avvicinò, senza fretta.
"Se foste entrambi componenti dell'equipaggio, Pan avrebbe il diritto di difendere la propria posizione nella controversia... Questa è la nostra legge, dopotutto..."
Affiancandosi al ragazzo, il corvino appoggiò l'uncino sulla sua spalla, riusciva a percepire attraverso esso i tremori del corpo del minore, peccato non fosse possibile valutarne la causa, se il freddo, la pioggia, o la paura. Agganciando la coperta, il Capitano la fece cadere a terra lasciando Peter privo anche di quella minima protezione dal maltempo e dall'aria sempre più gelida.
"Si da il caso però che, almeno per il momento, Pan sia solo un prigioniero, anzi, sarebbe più corretto definirlo... una recluta. Quindi, basandomi su questa constatazione, sulla testimonianza, non solo del signor Starkey, ma di tutti i presenti e dati anche i recenti comportamenti dell'imputato, ho trovato una punizione adeguata che, confido, sarà approvata di comune accordo"
Facendo forza sulla spalla del mozzo e con un colpo di stivale accurato dietro il suo ginocchio destro, Uncino lo costrinse in ginocchio. Mentre tutti aspettavano in silenzio che si spiegasse, il nostromo Smee si fece avanti e gli porse una corda, grossa e rigida, già precedentemente sciolta da una delle estremità per formare un gatto a nove code. Era davvero di ottima fattura, Spugna era sempre stato abile nel creare fruste in grado di scavare in profondità e con precisione nella carne e nei muscoli. Anche se il corvino avesse ancora avuto la propria mano, era certo che difficilmente avrebbe saputo fare di meglio. Porgendo l'oggetto al Gentleman, il Capitano si rivolse a tutti i presenti.
"Due frustate, inflitte personalmente da ogni componente dell'equipaggio. Visto che Mr Chips non è in grado di adempiere a questo compito, ed essendo il signor Starkey ad aver sofferto maggiormente, avrà il diritto di percuotere quattro volte"
Lanciando uno sguardo a Peter, immaginandolo impaurito, tremante e pronto a supplicare la sua grazia, venne accontentato solo in parte. Il ragazzo tremava, eccome, ma non si voltò, non aprì nemmeno bocca e lasciò scivolare la camicia lungo le proprie spalle per poi scollarsi di dosso il tessuto zuppo e riporlo accanto a sé. La sua schiena scoperta aveva ancora degli impercettibili rimandi alle ustioni solari e alla nottata a mollo che gli avevano riservato al suo arrivo, in più qualche botta sporadica, causata dai suoi pisolini sul pavimento della nave. Con i muscoli irrigiditi dal freddo, le frustate sarebbero arrivate molto più in profondità, martoriando la carne con maggiore ferocia.
"Se qualcuno è contrario o insoddisfatto da quanto ho sancito, si lamenti ora. Non possiamo sottrarre troppo tempo al lavoro"
Silenzio, nessun contrario, proprio come si aspettava. Nonostante la chiara simpatia che alcuni a bordo avevano cominciato a provare verso Peter, non avrebbero mai perso l'occasione di prendersi quell'insignificante vendetta su Pan. Anche se avesse voluto dire sfogarsi su qualcuno che ormai sembrava non esistere più, la rabbia ed il rancore erano molto più forti della razionalità. Quello non era più lo stesso demonio che aveva tormentato le loro vite in quel limbo eterno, ma pur di sfogarsi andava bene lo stesso. Deciso rapidamente l'ordine di esecuzione della pena, giunse il momento di solcare indelebilmente la pelle intonsa del ragazzo che, nel frattempo, era rimasto fermo, in attesa. Per raddrizzare un elemento indisciplinato in un vero uomo, e fargli capire una volta per tutte qualche fosse il suo posto fra loro, una ventina di frustate erano il minimo. Il signor Starkey fu il primo e si mise in posizione, impaziente di cominciare. Aveva un'espressione colma di soddisfazione, era pronto a percuotere la prima sferzata con tutta la forza a propria disposizione, ma Uncino ne bloccò il braccio mentre era ancora in aria.
"Un'ultima precisazione credo sia necessaria. Conclusa la punizione, la colpa sarà cancellata. Nessuno avrà più il diritto di disprezzare o allontanare Pan per questa questione. Chiaro?"
"Sì, Capitano"
E, dopo che il coro si spense, il primo schiocco solcò la schiena di Peter. Dalle labbra del ragazzo si liberò un lamento strozzato. Era chiaro che stesse cercando di non urlare e dimostrarsi forte. Uncino si chiese per quanto a lungo ci sarebbe riuscito, si augurò non troppo, altrimenti lui e l'equipaggio ne avrebbero ricavato una minor soddisfazione. Se una punizione era troppo lieve avevano la tendenza a colpire con sempre maggiore crudeltà, ma erano pirati, erano fatti così. Come aveva immaginato, scontento di non essere andato abbastanza in profondità da far sanguinare il ragazzo, con le sferzate successive, Starkey fu ancora più deciso e lento. Ogni singolo colpo portò la pelle a spezzarsi in due, gonfiarsi e diventare violacea, ben presto Peter dovette appoggiarsi alla scala del ponte superiore, altrimenti non sarebbe stato in grado di mantenere la schiena in tensione. Se accadeva che un grido troppo forte sfuggisse al suo controllo, cosa che divenne molto frequente da metà punizione in poi, il mozzo tirava una testata alle assi di legno. Che fosse un'autopunizione per non essere in grado di trattenersi o un movimento istintivo, quando Uncino ebbe il gatto a nove code nella mano, decise di metterci un freno. L'altro non aveva il permesso di causarsi ferite che lui non aveva autorizzato. Il corvino si voltò indietro e fece un cenno rivolto alla vedetta. Virgil lo raggiunse subito.
"Signor Sullivan, gli impedisca di farsi del male, se non le dispiace"
Il pirata annuì al comando e, afferrato Peter per i capelli, ormai abbastanza lunghi da offrire una presa più che salda, gli tirò indietro la testa e lo tenne ben saldo. Fu allora che Uncino raggiunse il reale obiettivo di quella punizione. Quando la vedetta sollevò le ciocche bionde e ramate del ragazzo, lungo il collo di quest'ultimo spiccarono evidentissimi i segni che gli aveva lasciato la notte prima. Il suo monito giunse agli sguardi dell'intero equipaggio. Ora era chiaro a tutti, Peter era suo. Inflitte le proprie frustate, gettò a terra l'arma e richiamò l'attenzione dei propri uomini, ancora concitati a causa della rivelazione e della violenza perpetrata. Uncino riuscì a calmare gli animi della ciurma e fece loro segno di mantenere il silenzio su quanto visto. A differenza sua, tutti sembravano soddisfatti, in effetti, ciò che aveva fatto con il ragazzo la notte prima, per quanto fosse stato solo un assaggio, lo aveva coinvolto molto di più di quella flagellazione.
"La riunione può dirsi conclusa. Ora, in armeria! Cominceremo immediatamente e, a causa del ritardo, questa notte andremo a dormire un'ora dopo! Signor Sullivan, lascio il resto sotto la sua custodia, buon lavoro"
Ovviamente non si riferiva solamente al vascello. Virgil fu abbastanza intelligente da capirlo, infatti, quando l'equipaggio cominciò a defluire sotto coperta, la vedetta fermò il medico di bordo. Uncino li osservò mentre aiutavano Peter a mettersi seduto, fu solo allora che riuscì a scorgerne il volto, lo sguardo incorniciato da lacrime e sangue e, soprattutto, il sorriso lungo le labbra cianotiche. E, così, cadde la prima neve.
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