XIX

La stiva aveva lo stesso odore che, dopo la convalescenza, era tornato spesso a tormentarlo nei sogni. Un miscuglio di vari olezzi aleggiava nell'aria stantia, i più intensi dei quali provenivano da casse mal sigillate di verdura, dalle scorte segrete di grog del signor Clifton e dalle botti piene d'acqua dolce, corretta con l'alcol per evitare la formazione di alghe. La stiva era anche buia, come il ponte dalla postazione di vedetta in quella notte senza stelle, ma non c'era alcuna lanterna a rischiararla, nemmeno un mozzicone di candela, quindi poteva solo continuare a sperare che, presto, i propri occhi si sarebbero abituati all'oscurità totale. Seduto in un angolo, Peter teneva le orecchie aperte, sapeva che prima o poi sarebbe arrivata l'ora del rancio, doveva pazientare ancora un po', solo qualche minuto e Virgil lo avrebbe raggiunto con la sua razione. Era ancora stordito, nonostante il passare delle ore, si sentiva come se, la notte prima, il tempo si fosse congelato. Avere impresse nella mente l'espressione furiosa del Capitano e le lacrime ad imperlargli le guance, non fece altro che aumentare la sensazione di profondo disagio e disperazione a masticarlo dall'interno. Come aveva immaginato, pronunciare il nome di Uncino si era rivelato un gravissimo errore, anche se era stato proprio il corvino ad ordinargli di farlo, si sarebbe dovuto rifiutare. Asciugandosi il viso ancora una volta, Peter si rese conto che, finalmente, la vista sembrava essersi abituata a sufficienza da permettergli di spostarsi in sicurezza senza urtare nulla o inciampare. Appoggiando una mano sulla cassa più vicina, si rimise in piedi e, dovendo attendere il ritorno della vedetta, decise di sgranchirsi un po' le gambe intorpidite dal freddo vagando nel buio e concentrandosi sui propri cupi pensieri. Doveva trovare un modo per risolvere la situazione e far tornare alla normalità il rapporto con il Capitano, ma non aveva idea di come riuscirci. Era la prima volta che, invece di evitare il confronto con qualcuno che avesse offeso, stava invece pensando a come scusarsi ed ottenerne il perdono. Era sul punto di aggirare una pila di casse, quando, con il piede, urtò un piccolo oggetto sul pavimento che, emettendo un suono cristallino e metallico, rotolò a poca distanza attirando la sua attenzione. Piegate le ginocchia, Peter si allungò recuperando il misterioso tubicino, gli bastarono pochi istanti per metterlo a fuoco e, incredulo, lo rigirò fra le mani. Se ne era completamente dimenticato, era il flauto improvvisato che gli aveva tenuto compagnia durante la sua convalescenza nella stiva, era un po' impolverato, ma ancora integro. Mettendosi seduto, posizionò le dita sui piccoli fori laterali, erano solo tre, ma, per creare la melodia giusta, non gli serviva altro. Pulito il beccuccio sul maglione, ne portò la punta fra le labbra, chiuse le palpebre e cominciò a suonare, tentando, anche se in maniera piuttosto incerta, di imitare la canzone composta da Uncino. Guidato dal ritmo, lasciò che le note lo trascinassero lontano e prese a danzare. Schivò ogni ostacolo nonostante gli occhi chiusi, con naturalezza, liberando la mente passo dopo passo. Stava già iniziando a sentirsi meglio quando, improvvisamente, gli giunse alle orecchie un applauso che lo riportò alla realtà  facendolo inciampare su una cassa coperta da un telo.
"Peter!"
Massaggiandosi la gamba, venne aiutato da Virgil a rialzarsi. Non si era reso conto dell'arrivo dell'altro, lo aveva spaventato. Per fortuna niente danni, forse gli sarebbe spuntato un livido, ma non aveva il tempo di preoccuparsi di simili sottigliezze. Abbandonando il flauto sul pavimento, il ragazzo afferrò la casacca della vedetta e, sentendo tornare tutta l'ansia scemata poco prima, strinse la presa.
"Virgil! Allora? C-Che cosa ha detto il Capitano? è tanto arrabbiato? V-Vuole che me ne vada via? Mi rimanderà nella gabbia? Verrò preso a frustate? Dovrò fare un giro di chiglia?"
Appoggiando le grandi mani sulle sue, l'amico gli sorrise dolcemente. Quando allentò la stretta, più rilassato, la vedetta si spostò sulle sue guance rigate di lacrime e gliele asciugò lentamente con i polpastrelli dei pollici. Era pronto a ricevere qualsiasi punizione, per quanto crudele potesse rivelarsi, sapeva che sarebbero stati giusti nell'infliggergliela. Si sentì un perfetto idiota, compiere un errore sciocco come il mancare di rispetto ad un superiore era inaccettabile. Abbassò la testa, mortificato. Dal suo arrivo era stata la prima regola che aveva dovuto imparare, tutti a bordo avevano fatto i salti mortali per inculcargliela nella testa, esservi venuto meno non era solo una sconfitta personale, ma dell'intero equipaggio. Che fosse proprio Virgil a metterlo davanti alla propria incapacità e non Uncino in persona, era solo l'ennesima conferma di quanto quest'ultimo fosse rimasto deluso.
"Niente di tutto questo. Il Capitano non è arrabbiato con te"
Tornò subito ad incrociare lo sguardo con il maggiore, interdetto. Era una risposta del tutto diversa da ciò che si sarebbe aspettato. Forse aveva capito male, anzi, sicuramente era andata così. 
"M-ma... Lui... Mi ha cacciato dalla cabina... Era furioso! Pensavo mi avrebbe ucciso..."
"Devi aver frainteso la sua reazione. A volte, quando è molto stanco, il Capitano risponde in modo seccato e scontroso..."
Non era seccato e non era stata sicuramente la reazione di una persona stanca che ha solo bisogno di riposare. Uncino aveva sfogato ogni briciolo della propria ira urlandogli contro e, se non fosse stato un uomo di profondi principi ed onore, lo avrebbe sgozzato all'istante. Doveva vederlo, subito. Superando la vedetta, Peter salì le scale diretto al piano superiore fino all'armeria dove trovò il resto dell'equipaggio al lavoro. Una rapida occhiata ai dintorni fu sufficiente ad individuare il corvino. Non perse nemmeno un secondo, procedette con sicurezza, ignorando gli sguardi dei presenti, ma, quando furono a pochi metri di distanza, l'altro sollevò le iridi blu provocandogli una scossa elettrica lungo tutto il corpo e paralizzandolo. Il Capitano si alzò, il suo volto era calmo, fin troppo posato, ma Peter riuscì a percepirvi una pressione schiacciante, sempre più intensa e difficile da sostenere mano a mano che si faceva più vicino. Voleva parlare, ma la paura ed il disagio erano troppo forti, ne venne sommerso e travolto fino alle lacrime. Il corvino non disse nulla, diede un'occhiata ai propri uomini e lo afferrò trascinandolo su per le scale, fin nello stanzino del Gentleman Starkey, per poi chiudersi la porta alle spalle. In un gesto automatico, il giovane si portò una mano alla tasca sul petto della camicia, per assicurarsi che il Bacio fosse ancora al suo posto e, percependolo contro la pelle, indietreggiò, preoccupato al pensiero che il maggiore volesse toglierglielo come punizione. Bloccando l'uscita, Uncino si scostò i capelli dal volto con un gesto della mano e sospirò.
"Ti ricordo che oggi sei sotto la custodia del signor Sullivan, Pan. Se hai qualche problema parlane con lui"
Se già sentirsi chiamare in quel modo non era piacevole per Peter, la freddezza ed il distacco nel tono dell'altro peggiorarono la sua condizione. Al pianto si aggiunsero i singhiozzi, ormai tentare anche solo di formulare una frase di senso compiuto sarebbe stato del tutto impossibile. Imbarazzato nel mostrarsi così fragile, cercò di fare dei respiri profondi, ma i mille pensieri a vorticargli nella testa diventarono pesanti macigni e lo fecero sprofondare. Ad un tratto, percepì un "clic" e, per un battito di ciglia, tutto divenne buio, nonostante non avesse chiuso le palpebre. Non aveva idea di cosa fosse accaduto, ma si sentì un po' più leggero, abbastanza da recuperare la voce e, finalmente, parlare.
"I-io... Volevo solo... Scusarmi con lei per... Per ieri..."
"Ieri non è accaduto niente di importante"
Il Capitano rimase immobile. Appoggiato all'uscio chiuso, teneva la mano buona nella tasca dei calzoni, mentre, con la punta dell'uncino, scavava piccoli solchi contro il legno della porta. Non lo guardava mai direttamente, era voltato di lato e le sue pupille vagavano in ogni altra direzione possibile. Non era mai sembrato così insicuro, il pirata sanguinario, composto e freddo, con la situazione sempre sotto controllo, non c'era più. Il corvino che conosceva era come un falco, fiero, orgoglioso e letale, ma ora assomigliava più al pettirosso che normalmente ghermiva tra i propri artigli. Quello più in sofferenza fra loro era lui. Stupito, Peter si strofinò il viso, mortificato per il crollo emotivo. Doveva smettere di farsi trascinare dal terrore, anche se non aveva capito bene in che modo, aveva comunque messo il proprio Capitano in difficoltà, doveva rimediare.
"I-o... io invece credo di sì!"
Un luccichio attraversò lo sguardo del maggiore, ma non disse nulla, si limitò ad incrociare le braccia al petto.
"I-io l'ho ferita, Capitano! Mi dispiace! Mi dispiace davvero tantissimo! Ma non riesco a capire cosa ho fatto di male... La prego. La prego! Me lo dica!"
Incurvando il labbro, Uncino gli diede le spalle battendo il pugno contro la porta ed appoggiandovi la fronte. Era la prima volta che l'uomo gli mostrava la schiena così a lungo, anche nei momenti privati non si era mai reso altrettanto vulnerabile. Un uomo come lui era sempre pronto a reagire ad un possibile attacco a tradimento.
"Non sono ferito, semplicemente deluso... Grazie alla tua risposta, ho capito che, io e te, possiamo lottare quanto vogliamo, ma resteremo sempre e solo due fantocci ... Pan, l'eroe vincitore, ed Uncino, il nemico sconfitto"
"Aspetti... Che... Che cosa vuol dire? Io non capisco"
Il corvino prese un bel respiro, raddrizzò testa e spalle e, concluso quel piccolo movimento, recuperò la propria naturale compostezza. Non si voltò, si limitò ad afferrare  la maniglia senza abbassarla. Peter abbandonò definitivamente la preoccupazione per le eventuali ripercussioni ed afferrò il maggiore per la manica della camicia. Attraverso il tessuto leggero, riuscì a sentire che l'altro stava tremando, anche se indurì il muscolo per evitare di essere scoperto, non fu abbastanza rapido. 
"Capitano..."
"Ti concedo due giorni per capire quale sia stato il tuo errore e decidere in autonomia come rimediare... Se per allora non ci sarai riuscito, non mi resterà altra scelta che ricominciare da zero con te, Pan"
Un lieve spostamento della testa del pirata e Peter si ritrovò immerso nel suo sguardo cupo, impossibile capire quale emozione stesse guidando l'uomo visto come riuscì abilmente a nasconderla tra le ciocche corvine.  
"Se con il caldo la gabbia ti è sembrata un inferno, ed a stento sei sopravvissuto, con questo freddo magari avremo più fortuna. Buon lavoro, Pan"
Se ne andò, scivolando via dalla sua fragile presa, lasciando dietro di sé solo l'eco di quella minaccia, nemmeno troppo velata. Ciò che Peter aveva imparato e sperimentato dal proprio arrivo si stava trasformando in cenere. Le cure amorevoli di Barnabas, i giorni trascorsi in cucina con Clifton, le chiacchierate con Virgil, il minimo rapporto faticosamente raggiunto con Starkey, Benson e perfino con il nostromo Smee, ma, soprattutto, quel sentimento profondo che sentiva crescere dentro di sé nei confronti di Uncino. Se avesse fallito, avrebbe perso tutto, di Peter non sarebbe rimasto niente. 

Quando trascorri tutta la vita in mare, tendi a vederne di ogni e non riesci più a sorprenderti di nulla, ma, quando ci passi un'eternità, allora sì che anche l'impossibile diventa banale, eppure quel giorno, i vecchi occhi navigati di Spugna, si posarono su qualcosa di nuovo. Il miglior Capitano con cui si fosse imbarcato, sempre integerrimo ed intransigente davanti ai propri uomini, ma altrettanto gelido ed elegante con i nemici, se ne stava piegato in due sul pavimento degli alloggi dell'equipaggio, incapace di parlare a causa dei singhiozzi. Fu felice di aver seguito il superiore quando si era allontanato con il mozzo, anche senza aver assisto personalmente all'accaduto, quantomeno fu pronto a prestargli aiuto, ne aveva davvero un gran bisogno. Da solo Uncino non sarebbe mai riuscito a calmarsi e superare una tale esplosione emotiva. Per un po' il nostromo riuscì a mantenere il controllo per entrambi, ma presto non ne fu più in grado e, preso un bel respiro, seguì a ruota l'altro nella più grossa e sguaiata risata mai fatta in vita propria. Vedere un uomo impettito come Uncino soccombere all'ilarità, fu davvero coinvolgente, lo scosse dalla testa ai piedi mandandogli dolori in tutto il corpo e contagiandolo con il forte singhiozzo. Il tutto si prolungò per diversi minuti e, scemato il momento, se ne andarono insieme in cambusa per bere qualcosa e recuperare l'autocontrollo prima di scendere in armeria. Spugna avrebbe voluto chiedere spiegazioni, la curiosità lo stava uccidendo, ma conosceva il Capitano fin troppo bene, gli avrebbe rivelato tutto a tempo debito. In effetti non era mai stato bravo a mantenere i segreti e frenare la lingua, se si fosse lasciato sfuggire tutto prima che la ragione di tale divertimento fosse arrivata a termine, sarebbe incorso in una punizione indimenticabile. Così, come faceva sempre, se ne restò tranquillo, occhi e orecchie bene aperti per non perdersi lo spettacolo. Nonostante l'incursione del mozzo e quella piccola pausetta fuori programma, il resto della mattinata procedette senza altre stranezze, ma Spugna restò con la guardia alta in attesa spasmodica di una sola cosa, l'ora del rancio. 
"Ehi, Spugna"
Affiancandoglisi quatto quatto, il signor Benson gli posò davanti una cassa piena di munizioni, la stessa che aveva controllato poco prima, come ben testimoniava la "X" disegnata sulla sommità. Stava per far notare l'errore quando l'uomo gli fece cenno di fare silenzio. 
"Dà un'ultima occhiata a questa" 
Invece di rivolgergli quell'ordine direttamente, il pirata restò girato da tutt'altra parte. Seguendone lo sguardo, vide che si stava accertando della posizione del Capitano così capì. A quanto pare non era il solo preda della curiosità. In effetti il resto della ciurma non poteva immaginare ciò che era accaduto, l'inquietudine era comprensibile, per di più sul viso di Uncino era stampato un sorriso di sincero divertimento. In un uomo così sanguinario non faceva presagire nulla di buono. Gli altri però non sapevano che fosse il mozzo il bersaglio degli oscuri pensieri del corvino, naturale che vi fosse quel nervosismo generale. Appoggiando una mano sulla spalla di Grant, lo rassicurò con un paio di pacche amichevoli.
"Avvisa Samson, Barnabas e l'elegantone. Il Capitano ha in serbo qualcosa di grosso per il nostro ospite"
Un suono di vettovaglie giunse dalle scale e, poco dopo, ne scese Virgil accompagnato da Pan con il pranzo per tutti. Voltandosi subito verso il Capitano, Spugna ne vide il volto incupirsi istantaneamente anche se, un piccolo sbuffo emesso tra le labbra serrate, ne tradì una risata soffocata che coprì prontamente con un colpo di tosse. Era una di quelle rare volte in cui, essere stato nominato nostromo, giocava a suo favore. Ebbe il diritto di precedenza per andare a prendere il rancio e, giacché Uncino non sembrava intenzionato ad avvicinarsi per reclamare la propria porzione, si fece dare anche quella. Ora aveva una buona scusa per affiancarlo e provare a farsi dire qualcosa in più. In paziente attesa di ricevere la propria gavetta piena, Spugna scrutò l'espressione distrutta del mozzo, gli occhi rossi rivelavano un pianto recente, così come l'umore sotto le scarpe. Il ragazzo non riusciva a smettere di spiare il Capitano, ne seguì ogni passo o gesto fino a quando quest'ultimo non andò ad affacciarsi ad una delle aperture sul lato dello scafo. Sedendosi con le gambe a penzoloni, il corvino se ne stava di spalle, la testa bassa ed il viso intristito illuminato dalla pallida luce di un Sole invernale. Si era messo nel solo punto in cui Pan non poteva andare, dovendo rispettare il veto sui raggi solari. Tutto calcolato, come al solito. Preso il rancio, Spugna fece per raggiungere il superiore, ma venne afferrato per il braccio, rischiando di far finire tutto a terra.
"S-scusi, nostromo Smee"
"Non hai del lavoro da fare, Pan?"
Facendo un passo indietro, il ragazzo sbiancò e, la bottiglia che stringeva nella mano, cominciò a tremare. Fu osservandola che Spugna si rese conto che si trattava del vino per il Capitano, così, giostrandosi come meglio poté, liberò un paio di dita, lo stretto necessario per sorreggerla, e la strappò di mano al mozzo. 
"Oh, quasi dimenticavo! Chissà, magari non sei inutile come sembri"
Nonostante non avesse detto nulla di particolare, l'umore del giovane parve risollevarsi, ma non vi diede troppo peso e riprese a camminare fino a quando non giunse al fianco di Uncino. Mettendosi seduto, porse all'altro il pranzo, questi lo prese, vi buttò un'occhiata rapida e lo svuotò tra le onde attirando una coppia di gabbiani. 
"Capitano, perché l'avete fatto?"
"Non è evidente?"
Rimase assorto a fissare il mare. Girandosi, Spugna fece fatica a scorgere Pan, colpa del resto dell'equipaggio che, avvicinandosi a loro, probabilmente per parlare ad Uncino, gli occluse la vista. Si alzò, anche se fu un bello sforzo, alla sua età ci metteva poco per restare incriccato a causa dell'aria gelida, ma almeno poté godersi il momento in cui il giovane sprofondò totalmente nello sconforto finendo per andarsene via. Vista la situazione, era probabile che il Capitano stesse progettando di rimandarlo a morire di stenti nella gabbia, ma, in fondo, quello era il posto giusto per un prigioniero. Non si fidava del cambiamento caratteriale improvviso di Pan, doveva trattarsi di un trucco ben congegnato per far abbassare loro la guardia e salvarsi la vita. Avere quel temibile nemico libero di vagare per la Jolly Roger, con accesso non solo all'armeria, ma perfino alla stiva e alla cucina, era una follia, in fondo niente gli avrebbe potuto impedire di farli fuori tutti avvelenandoli senza che lo notassero. Il vociare della ciurma tutt'intorno cominciò a seccarlo, Uncino non proferiva parola, ma loro volevano sapere. Anche lui era curioso, ma quantomeno era capace di mantenere un po' di autocontrollo.
"E va bene, viso che insistete tanto, vi darò un piccolo indizio"
Scostò con una spinta Grant, era il più mingherlino, quindi fu facile, e si mise in prima fila.
"Ma, Capitano, credevo che..."
"Suvvia, signor Smee. Un conto è se solo lei avesse insistito, ma qui anche i signori Benson, Starkey, Porter e Clifton richiedono spiegazioni. Non sarei il Capitano Hook, unicamente conosciuto come Uncino da Pan, se non concedessi anche minime soddisfazioni ai miei uomini, non crede?"

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