VI
Quando entrò in cambusa per la prima volta, l'unica cosa che Peter riuscì a percepire fu un fortissimo odore di marcio. Fare un solo passo dentro sarebbe stato impossibile, c'erano pile e pile di piatti ovunque, pentoloni bruciati ed incrostati ed altri arnesi di cui non conosceva nemmeno l'utilizzo. Ridendo alle sue spalle, il signor Clifton lo spinse a lato e cominciò ad ammassare le stoviglie liberando un percorso fino ai fornelli.
"Inizia pure, ho fatto portare tutte le vettovaglie che nessuno si è mai preso la briga di pulire" Il marinaio gli lanciò una vecchia spugna ed un grambiule per poi indirizzarlo al catino, pieno fino all'orlo di acqua rancida. Qualcuno aveva pensato che quello fosse il posto migliore in cui appoggiare una vecchia marmitta metallica che ora galleggiava semi arrugginita insieme a vari bicchieri e posate. Sistemata la traversa, Peter si fece forza, quello era solo uno scalino che lo avrebbe portato più vicino ad entrare nella ciurma e, dopo aver sperimentato la gabbia, non sembrava nemmeno così alto. Dopo diversi giorni passati correndo avanti ed indietro, per cambiare il contenuto del catino, intervallandosi con il ramazzare notturno, i pasti e qualche ora di sonno, finalmente le ultime pile di piatti si fecero sempre più vicine. Durante quel periodo di tempo, aveva potuto osservare il signor Clifton all'opera e, anche quel pomeriggio, mentre stringeva ancora tra le mani l'ultimo pentolone da tirare a lucido, finì per sporgere leggermente la testa, incuriosito. L'uomo possedeva una maestria dietro i fornelli inaspettata per qualcuno che puzzava di alcol in modo così forte. Usava il coltello abilmente, scavava le interiora del pesce e le eliminava in pochi semplici gesti, era veloce, preciso.
"Cucinare sembra... Divertente" Le parole gli erano scappate dalla bocca, voltandosi, tornò al lavoro, sperando di non ricevere una sgridata.
"Lo è" Tra un motivetto e l'altro, il cuoco gli fece cenno di farsi più vicino al tavolo. Il ragazzo non se lo fece ripetere, abbandonò tutto e si affiancò al marinaio osservandolo con grande interesse. Non sapeva se gli era permesso fare domande, ma decise di provare, se l'altro poco prima lo aveva ascoltato, magari aveva voglia di fare conversazione.
"Dove ha imparato?" Passandogli una mela e un coltello curvo, l'uomo gli mostrò in che modo sbucciava il frutto invitandolo ad imitarlo. Peter di solito non toglieva la buccia alla frutta, gli piaceva al naturale ed era anche meno faticoso, ma non si mise a polemizzare, non gli andava di tornare a lavare piatti.
"Dai miei" Il pirata concluse con un breve rutto che mandò alle narici del giovane uno spiacevole olezzo di rum, ma ormai ci era abituato. A dire il vero, non aveva ben capito a cosa si stesse riferendo il cuoco dicendo "miei", anche perché era molto più concentrato sull'evitare di tagliarsi.
"Tuoi?"
"I miei genitori! Oh già... Dimenticavo. Tu non li hai mai avuti" Riuscì a percepire una leggera tristezza nella voce dell'altro, ma non fu in grado di comprenderne la causa. Quell'argomento non era importante dopotutto. Conclusa la rimozione della buccia, fu sul punto di mostrare il risultato al signor Clifton, ma finì per sprofondare dalla vergogna. Mentre lui ne aveva finita solo una, il pirata era già arrivato a cinque. Passò subito alla seguente, doveva metterci molto più impegno se voleva rendersi utile non solo nel lavare pile interminabili di vettovaglie.
"Non m'importa. Erano solo adulti, ce ne sono tanti in giro... Sono felice di non averli mai conosciuti" Per un po' il silenzio calò nella stanza, questo aiutò Peter a concentrarsi in ciò che stava facendo, erano quasi arrivati alla fine della cassetta quando qualcuno bussò alla porta. Entrò il nostromo Smee portando un vassoio argentato coperto da una cupola, impossibile dire cosa ci fosse al di sotto. I due uomini parlottarono fra loro e poi si voltarono a guardarlo, era chiaro, non lo volevano lì. Temendo di aver fatto qualcosa di sbagliato, Peter appoggiò il coltello.
"Torno a lavare i piatti, signor Clifton?" Lasciando passare il superiore, il cuoco si grattò la barbetta incolta, rifletté per un secondo e poi ebbe un'illuminazione.
"No! Ho un compito per te! Mi servono più... cipolle! Vai a prenderne una cassa nella stiva!" Non sembrava molto convinto eppure gli si spostò sul fianco e cominciò ad indirizzarlo alla porta. Prima di lasciarlo andare, prese una mela a caso dalla montagnola di quelle che avevano preparato, e gliela mise tra le mani.
"Tieni, un premio. Ora vai!" Venendo letteralmente sbattuto fuori dalla cambusa, il ragazzo rimase un attimo interdetto, ma poi ricordò la propria posizione.
"Non devo fare domande! Ho avuto un ordine, devo eseguire!" Infilando il frutto in tasca, si avviò ai livelli inferiori della nave, tre rampe di scale che sprofondavano nell'oscurità, ma, anche senza una lanterna, non ebbe problemi, ormai i suoi occhi erano abituati al buio. Con l'odore di chiuso di nuovo nelle narici, si sentì più a proprio agio, inoltre, avendo passato la convalescenza nella stiva, trovò subito ciò di cui aveva bisogno. Afferrate un paio di cassette belle piene, tornò sui propri passi, poteva sentire le cicatrici sulla pelle tirare, in più era fuori allenamento, quindi fu piuttosto faticoso, ma non cedette. Superò il ponte di corridoio, dove si trovava l'armeria, e quello di batteria con gli alloggi, era quasi arrivato al livello giusto quando finì per sbattere distrattamente contro qualcuno. Cadde a terra e qualche cipolla rotolò lontano, aveva fatto l'ennesimo guaio. Alzando gli occhi, si rese conto di essere sormontato da un'alta figura dalla pelle scura, la quale, nonostante lo scontro, non si era mossa di un millimetro. Ripresosi dallo spavento, Peter raccolse subito la verdura sfuggita dalle cassette.
"Mi dispiace, signor Sullivan!" Mettendosi in piedi, il ragazzo diede un'occhiata al robusto marinaio per assicurarsi di non averlo ferito.
"S-state bene? Non volevo!" Improvvisamente, sentì la mano del pirata appoggiarsi sulla testa e, senza dire una parola, questi gli scompigliò i capelli arruffati per poi fargli un lieve sorriso che lo fece sentire meglio. Felice di non aver fatto danni, Peter fu sul punto di riprendere il lavoro, ma poi gli venne un'idea e recuperò dalla tasca la mela lasciatagli da Clifton. La osservò per un attimo e poi la porse alla vedetta.
"Per voi! Scusate ancora!" L'altro accettò il dono, ma il mozzo non se la sentì di disturbarlo oltre, quindi riprese la propria strada sino alla cambusa prestando più attenzione. Quando arrivò, il cuoco di bordo era inginocchiato a terra, stava cercando qualcosa sotto i piani d'appoggio, ma, non appena notò la sua presenza, si rimise faticosamente in piedi e gli corse incontro.
"Peter! La mela! Quella che ti ho dato! Dimmi che non l'hai mangiata!" Lo afferrò per le spalle saldamente.
"Ecco... no"
"Grazie a Nettuno! Restituiscimela!" L'uomo cominciò a frugargli nelle tasche, doveva trattarsi di una questione importante.
"Ecco, a dire il vero... Non ce l'ho più. L'ho data al signor Sullivan. Ma se vuole ne sbuccio un'altra signor..." Scuotendolo con forza, il marinaio gli fece cadere di mano le cassette le quali gli finirono accidentalmente sul piede. L'uomo emise un acuto grido di dolore.
"Ce l'ha il nero!?!" Il cuoco lo trascinò per la canotta, zoppicando fino agli alloggi, sudava e ansimava, l'intera situazione sembrava davvero preoccuparlo, anche se il ragazzo non riusciva a capirne il motivo. Alla fine, per fortuna, trovarono la vedetta, l'uomo era seduto su una delle amache rialzate e stava ancora ispezionando il frutto, intatto tra le sue mani. Dandogli una spinta in avanti, Clifton si schiarì la voce ottenendo così l'attenzione dell'altro membro dell'equipaggio su di loro.
"Fattela dare indietro. Tu hai combinato questo guaio e ora lo risolvi" A dirla tutta, Peter non aveva ben capito quale errore avesse commesso, ma se quelli erano i suoi ordini, non poteva fare nulla.
"E-ecco... signor Sullivan. M-mi dispiace, ma..." Incerto, si girò verso il cuoco per un secondo, ma lo vide irrigidito a causa della mole del compagno pirata, doveva essere arrabbiatissimo, il ragazzo non ebbe il coraggio di alzare la testa per assicurarsene di persona.
"P-potrei riavere la mela?" Chiuse gli occhi e strinse i denti.
"P-prometto che, in cambio, vi darò la mia razione di oggi! Tutta! M-ma mi occorre" Fu un piccolo tocco gentile a spingerlo a riaprire le palpebre e così vide davanti a sé la mano dell'altro protratta verso la propria. Gli stava restituendo il regalo di poco prima. Recuperato il frutto, il ragazzo lo diede indietro al cuoco il quale lo controllò velocemente per poi correre verso le scale ancora claudicante. Voltandosi verso il marinaio, Peter si sentì in imbarazzo per averlo disturbato e per essersi fatto restituire il regalo, non sapeva cosa dire per scacciare quella sensazione, ma poi ricordò di aver già vissuto una situazione simile. Quando Uncino lo aveva salvato dalla gabbia nella tempesta, aveva percepito il medesimo nodo allo stomaco.
"Grazie, signor Sullivan" Ed ecco che il macigno sparì.
"Ora devo tornare a lavoro, ma, come promesso, più tardi vi porterò la mia razione. Buon riposo" Detto ciò tornò subito in cambusa, dopotutto c'era ancora una vecchia pentola incrostata ad aspettarlo.
"Forse, sarebbe stato meglio per Uncino non essere mai nato" E così, ancora una volta, la sua piuma d'oca riportò quella frase sulla pagine bianche del suo personale diario di bordo. Lasciando cadere i resti nel posacenere, Uncino ispirò un altro tiro tra le labbra. Aveva creato da solo uno strumento a doppia imboccatura per poter fumare contemporaneamente due sigari alla volta e venir avvolto con maggior densità dal profumo di cioccolato che ne scaturiva. Lo aiutava a tirarsi su quando le giornate gli sembravano più grige e solitarie, riempiva la cabina con una coltre bianca e scriveva ancora ed ancora, principalmente di sé, per poi cancellare tutto e ricominciare. A volte era davvero un narcisista, soprattutto quando si improvvisava cantastorie, odiava quel lato del proprio carattere, ma esso ogni tanto prendeva il sopravvento e ciò incrementava ulteriormente il disprezzo per l'uomo che era. A quel punto non sarebbe mai potuto cambiare, poteva solo convivere con l'immagine che ogni mattina vedeva allo specchio, bramando la sola cosa in grado di tenerlo ancorato alla vita, la vedetta. Osservando il bicchiere che il signor Clifton gli aveva portato qualche ora prima, lasciò da parte la scrittura e lo prese ispezionando il colore aranciato del liquido in esso contenuto. Non ci pensò due volte, spostò la pipa appoggiandola sulla scrivania e, con un gesto rapido, inghiottì l'alcol in un sol sorso sentendolo bruciare lungo la gola. Mezza pinta di rum, un quarto d'acqua, un cucchiaio di zucchero e una buccia di limone, il tutto servito per metà prima di mezzogiorno e l'altra metà a fine giornata. Ormai buttava giù quella razione di Grog come una medicina, ma, di base, tutto per Uncino aveva un sapore insipido e privo di piacere. L'ora di pranzo si stava avvicinando sulla Jolly Roger e, a differenza di quell'ultimo periodo, in cui anche i piatti che più preferiva, si trasformavano in sabbia sul suo palato, una piccola novità aveva riportato in lui un po' di curiosità, doveva solo attendere e gli sarebbe stata presto recapitata. Girò a ritroso le pagine del giornale di bordo sino a quella in cui erano riusciti a catturare Pan, c'erano solo due parole, scritte a caratteri cubitali e tremolanti, era stato troppo emozionato per riuscire a riportare altro, ma fu sufficiente rileggerle per fargli tornare il sorriso.
"The End" Bussando cautamente alla porta, il signor Smee gli chiese il permesso di varcare la soglia, così il Capitano chiuse il quaderno rimettendolo al suo posto e, solo allora, concesse al nostromo di entrare.
"Capitano, non dovreste fumare poco prima di pranzo, vi rovinate l'appetito. Ci credo che poi non avete fame. Dovreste davvero pensare di più alla vostra salute" Divertito dalle preoccupazioni del proprio sottoposto, Uncino spense entrambi i sigari ed aprì una finestra in modo da far arieggiare l'ambiente. Nel frattempo, il vassoio argentato con il suo pasto, venne appoggiato sulla sua scrivania da Spugna, il quale, prima di uscire, si premunì di apparecchiargli il tutto. Se l'avesse lasciato fare, quel vecchio si sarebbe perfino offerto di imboccarlo come si fa con i bambini, si preoccupava troppo, in fondo, nonostante quegli sporadici momenti di malinconia che giungevano di quando in quando, stava bene. Sollevando il coperchio, il secondo in comando si mise in attesa, probabilmente voleva sapere il suo responso per comunicarlo al cuoco, ma che cosa mai avrebbe potuto dire davanti ad una semplice mela sbucciata se non qualcosa di altrettanto semplice.
"Credo che oggi mangerò con la ciurma"
"Oh! Capitano, ne saranno sicuramente felici! Corro subito ad avvisarli e a farvi preparare un tavolo all'ombra" Guardandolo uscire, Uncino prese tra le mani il frutto e ne tastò i bordi resi irregolari dalla pelatura. Lui preferiva solitamente lasciare la buccia alle mele, gli piacevano al naturale, trovava che avessero più sapore, ma si trattava comunque del primo risultato del suo nuovo mozzo, quindi non c'era motivo di lamentarsi. Alzandosi in piedi, uscì dalla cabina, trovò i vari componenti dell'equipaggio intenti a preparare la tavolata, l'armaiolo, il signor Benson, gli sistemò subito una sedia a capotavola e così prese posto. Non diede nemmeno un morso al frutto sino a quando non furono tutti sistemati con il rancio davanti. Erano seduti ai soliti posti, meno che uno, infatti, per qualche ragione, il signor Sullivan aveva insistito per stargli accanto, ma decise di chiedergli spiegazioni in seguito. Grazie alla campanella, Spugna diede il via al pasto e così, finalmente, il Capitano poté mangiare, ma fu mentre dava il primo morso che la vedetta gli si avvicinò all'orecchio. Cominciò a metterlo al corrente di vari fatti accaduti quello stesso giorno dei quali però nessun altro si era premunito di informarlo, nemmeno il nostromo stesso, e questo era piuttosto strano in verità. Puntando lo sguardo profondo dritto verso il signor Clifton, Uncino diede un ultimo morso al proprio frutto e ne appoggiò il torsolo sul tavolo, preoccupandosi prima di raccoglierne un paio di semi e fornirli al Gentleman Starkey per i suoi esperimenti di botanica. Preso il bicchiere e sollevato leggermente, attirò l'attenzione generale in un attimo.
"Volevo ringraziare il nostro cuoco di bordo, per il pasto che stiamo consumando, e anche tutti voi, per avermi ospitato al vostro fianco. Infine, signor Porter, vi invito a raggiungermi nella mia cabina una volta concluso, ho bisogno di parlare con voi di una questione importante. Detto ciò, vi auguro una buona giornata" Bevuto un sorso d'acqua corretta con rum, il Capitano abbandonò la tavolata e si ritirò nei propri alloggi, non prima di aver fatto un ultimo cenno al signor Sullivan. Ora che la minaccia di Peter Pan si era dissipata l'equipaggio stava iniziando a prendersi un po' troppe libertà, era un bene sapere che, fra loro, vi era almeno qualcuno di così fedele da rischiare di attirarsi l'astio di tutti gli altri solo per rispetto nei suoi confronti. Dopo poco che ebbe varcato la soglia, Uncino venne raggiunto dal medico di bordo il quale si diede una rapida pulita alla barba utilizzando l'avambraccio per poi ingoiare l'ultimo boccone e, solo allora, gli parlò.
"Sono qui, Capitano Hook! Ho fatto il prima possibile! Cosa volevate chiedermi?"
"Niente di preoccupante, non deve temere, signor Porter. Diciamo che si tratta di una richiesta personale come Capitano" Andando a sedersi, il corvino fece avvicinare l'altro alla scrivania.
"Si tratta di Pan, giusto?"
"Precisamente... Sono venuto a conoscenza di alcune cose oggi ed avrei bisogno di un paio di occhi discreti in più nella cambusa. Ho bisogno che lei mi tenga informato su Pan. Non solo sulle sue condizioni di salute giornaliere, ma anche ciò che riguarda il rapporto con il resto dell'equipaggio, soprattutto il signor Clifton. Al minimo responso che riterrà importante, dovrà venire da me. Questa conversazione resterà fra noi. Ha compreso tutto?"
"Certo, Capitano Hook! Comunque avevo già intenzione di fare controlli frequenti al ragazzo, ora che so di avere il vostro permesso, va ancora meglio" Barnabas Porter, un uomo di principi fin troppo sani per essere un pirata, ma fedele fino al midollo, in più era molto ben visto nel resto della ciurma, in fondo era lui ad occuparsi di loro nei momenti di maggior fragilità fisica, di certo la persona più adatta a cui affidare un compito del genere. Il signor Sullivan gli aveva chiesto di poter investigare personalmente su quella questione, e non è che Uncino non si fidasse abbastanza di lui, ma purtroppo, la sua pelle scura era un problema per alcuni dei componenti dell'equipaggio, così come la sua reticenza all'uso della parola. Spesso bastava un solo movimento della vedetta per mettere all'erta persone deboli sia fisicamente che caratterialmente come il signor Clifton o il signor Benson, dunque lo aveva scartato subito per quel compito di tale importanza, ciò nonostante non gli avrebbe impedito di tentare per i fatti propri. Ora sapeva come tenere d'occhio il ragazzo anche a distanza.
"Bene, non c'è altro che dovevo chiedervi, quindi potete pure andare"
"Buona giornata, Capitano Hook" E così Uncino rimase solo ancora un volta nei propri alloggi, la doppia pipa ad attenderlo invitante in un angolo del tavolo mentre, la carta dell'Isola Che Non C'è, lo osservava beffarda, celando alla sua vista esperta il proprio segreto. Un mistero che aveva a lungo cercato di risolvere, per il quale si era spinto oltre i limiti dell'oceano e delle stelle sino a raggiungere quell'Inferno senza fine e senza tempo. Infilzando la protesi metallica sull'ultima serie di coordinate che aveva segnato, le strappò, era solo l'ennesimo foglio inutile di una serie infinita di altri. Non c'era modo per lui di farcela senza la chiave di lettura, un solo tassello che a lungo gli era sfuggito, ancora ed ancora, e che, finalmente era entrato in suo possesso ed ora bramava per ottenere le sue attenzioni. Peccato che ancora non fosse il momento giusto per utilizzarlo, ma presto sarebbe giunto e, fino ad allora, avrebbe stretto al suo collo la più solida delle catene.
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