V

I giorni per Peter trascorsero lenti all'interno della stiva della Jolly Roger, certo, non quanto quelli nella gabbia, almeno ora riceveva delle visite giornaliere dal medico di bordo e, anche se meno di frequente, da qualche altro componente della ciurma. Aveva imparato i cognomi di tutti, conosceva la loro mansione nell'equipaggio, ma alcune di queste, restavano ancora un mistero. Il cuoco o il medico erano semplici, poi c'era il carpentiere e l'artigliere, intuibili, ma poi si passava a quelle più specifiche come il quartiermastro, il nostromo e il redazzatore. Ora che era un pirata voleva saperle, anche alla lontana, ma il signor Porter non intendeva rispondergli, a quanto pare il Capitano aveva in programma di fargli fare esperienza diretta dei ruoli piuttosto che spiegarglieli. Lui non era mai stato un ragazzo intelligente, era un tipo pratico e, l'essere cresciuto di qualche anno, non aveva cambiato le cose, quindi, nonostante la curiosità, trovò quella di Uncino una decisione sensata. Passeggiando nella stiva, stando attento a non disfare i bendaggi, Peter si stava dedicando al suo ultimo passatempo, frugare nelle casse e nelle botti per scoprirne il contenuto. Sperava di rendersi utile nonostante la convalescenza, era certo che, se avesse dimostrato buona volontà, lo avrebbero fatto uscire prima cominciando ad istruirlo sulla vera vita di mare. Quando era troppo stanco, o sentiva avvicinarsi dei passi alla porta, tornava a stendersi e a dormire, riposava così tanto che ben presto, nelle notti silenziose del vascello, si ritrovò insonne a guardarsi intorno e, proprio durante una di esse, aveva scoperto un nuovo modo per sentirsi un po' più a casa. Sotto la scaffalatura più vicina alla porta, c'era un tubo cavo, non troppo grande e forellato che correva lungo la parete. A prima vista gli aveva ricordato il suo flauto, ora senza più proprietario, a prendere polvere nell'Albero dell'Impiccato, così gli aveva dato una ripulita e, quando la solitudine si faceva più forte, creava di nuovo della musica. Gli rallegrava lo spirito facendolo sentire meglio anche fisicamente, non ne aveva ancora parlato con nessuno, gli mancava il coraggio, se fosse stata una cosa proibita e gli fosse stato negato anche quell'ultimo svago sarebbe ammattito del tutto. Ben presto Peter ebbe il serio dubbio di star sbagliando qualcosa, forse ancora non poteva uscire perché l'equipaggio non si fidava totalmente di lui, forse aveva adirato Uncino in qualche modo, forse quest'ultimo si era dimenticato della sua esistenza, forse non avrebbe più visto la luce del giorno. Quei pensieri cominciarono ad imprimerglisi nella mente, frantumarono il suo desiderio di suonare e fu allora che, inatteso, giunse il giorno che aspettava. La porta della stiva si aprì e il Capitano fece il suo ingresso accompagnato dal signor Porter. Subito, Peter si mise in piedi dritto e lasciò che il medico gli sciogliesse le fasciature senza mai togliere gli occhi dal corvino, attendendo una sua parola, un suo ordine, qualsiasi cosa che gli facesse capire che andava tutto bene e si era preoccupato inutilmente. Avvicinandogli la lanterna al corpo, Uncino ispezionò le cicatrici lasciate dalle ustioni, erano ancora arrossate, in alcuni punti in rilievo, ma grazie agli impacchi tiravano molto meno e non gli causavano alcun dolore.
"Bene, direi che ha fatto un ottimo lavoro, mastro Porter" Si rimise dritto e poi si rivolse direttamente al marinaio, senza concedergli neppure un cenno o uno sguardo.
"Grazie, Capitano Hook, ma ho avuto un buon paziente" sorrise il medico affiancandoglisi e appoggiandogli una mano sulla spalla, cosa che lo fece sentire ancora più piccolo.
"Come avete ordinato, non ha mai avuto bisogno di lasciare la stiva ed in più ha imparato a medicarsi autonomamente. Da oggi gli basterà usare il solito unguento e anche il rossore delle ustioni si affievolirà, forse gli resteranno delle cicatrici, ma saranno un bel ricordo da potare sempre con sé. Le ferite incarnano il mestiere, e il mare ne lascia parecchie" dandogli un paio di pacche, il pirata lo lasciò senza fiato, Peter cercò di sorridere, ma in verità sentiva come un peso addosso, una paura a lancinargli lo stomaco. Era terrorizzato al pensiero che Uncino lo obbligasse a restare ancora lì, che lo tenesse rinchiuso. Sentì gli occhi diventare lucidi ed ebbe il primo istinto di chiedere del proprio destino quando il Capitano gli appoggiò una mano sulla testa e gli scompigliò i capelli in un gesto incredibilmente caloroso che lo sciolse.
"Spero tu ti sia riposato a sufficienza in questo periodo perché da oggi avrai a malapena il tempo di mangiare o dormire. Sei pronto, Pan?" Alzando la testa, il ragazzo sorrise pieno di determinazione, era quello che aspettava. Niente più inutile moccioso buono solo per dormire o mangiare a scrocco, sarebbe finalmente diventato un membro produttivo della ciurma, anzi, necessario, insomma un vero uomo. 
"Sono pronto per cominciare, Capitano! Quali sono i suoi ordini?!" Il signor Porter non riuscì a trattenersi e scoppiò a ridere, Uncino si concesse un sorriso e, togliendo la mano dai suoi capelli, tornò verso la porta.
"Vieni, Pan" Seguendo l'altro lungo la scala verso i piani superiori, il ragazzo respirò aria sempre più fresca, non si rese conto di quanto stantio fosse l'ambiente nella stiva fino a quando non si trovò all'aperto, sul ponte, immerso dal buio della notte. C'erano molte stelle ed un gran silenzio, soffiava un vento sottile e piacevole che fece rabbrividire Peter come dell'acqua fresca versata direttamente lungo la schiena. Si guardò intorno, non sembrava esserci nessuno a parte loro tre, ma poi, da dietro l'albero di maestra, comparve una figura imponente, lo riconobbe, era l'uomo che, insieme al signor Porter, lo aveva gettato in mare nella gabbia e poi riportato a bordo. Non ricordava di averlo mai sentito pronunciare nemmeno una parola e gli ritornò in mente ciò che aveva detto il cuoco Clifton a proposito di coloro che non rispondevano prontamente al Capitano. Venne paralizzato dalla paura. Forse gli era stata strappata la lingua da Uncino stesso. Immaginando la scena, indietreggiò di un passo finendo così contro il petto del medico.
"Non dirmi che hai paura del signor Sullivan, ragazzino. So che può sembrare spaventoso, sopratutto per il suo aspetto. Forse non hai mai visto un nero prima da così vicino?" La sua carnagione era scura come la notte, così come la sua barba, ma non era stato quello il motivo della sua agitazione. Che avesse la pelle di quel colore o di un altro non c'era alcuna differenza, non avrebbe cambiato la realtà dei fatti, era un adulto e, perciò, un pirata, proprio come lo sarebbe diventato presto anche lui.
"Problemi, Pan?" Uncino lo fissò e Peter riprese un contegno, non voleva mostrarsi debole, neppure davanti alla prospettiva di perdere la lingua per mano sua.
"No, Capitano. Sto solo aspettando i suoi ordini" Avvicinandosi al marinaio, il corvino prese dalle sue mani un secchio colmo d'acqua e uno strano utensile che non aveva mai visto prima, forse si trattava di un qualche tipo di arma. Aveva un lungo manico in legno e, alla sua base, era stata fissata una piccola asse rettangolare sotto la quale c'erano una serie di filamenti di paglia fitti come i denti delle balene, stretti fra loro e dritti come aculei. Gli porse entrambi e Peter li accettò osservando soprattutto il bizzarro arnese. Fu allora che si rese conto di averlo già visto una volta in passato, forse durante il secondo giorno di prigionia, ma il caldo aveva reso tutto confuso. Lo stava sicuramente usando uno dei marinai sul ponte, ma non seppe dire con certezza per fare cosa.
"Da oggi in avanti, calato il Sole, verrai sul ponte e lo ramazzerai da cima a fondo prima dell'arrivo dell'alba. Una volta che avrai concluso, scenderai negli alloggi della ciurma e potrai riposare fino a quando il nostromo Smee ti darà le indicazioni sulle mansioni che dovrai svolgere durante la giornata. Tutto chiaro?" Per un po' il biondo fu incerto se chiedere o meno spiegazioni, ma poi pensò che, se davvero voleva svolgere al meglio il proprio compito, era inutile vergognarsi di non sapere determinate cose, era appena arrivato, ma avrebbe imparato più in fretta se si fosse sforzato di chiedere.
"S-Solo una cosa, capitano! Io... non so... a cosa serve questo" Alzando l'oggetto, non ottenne le risate che aveva immaginato, solo sguardi confusi anche se, forse, quello di Uncino, era più comprensivo degli altri.
"Il signor Sullivan ti mostrerà come utilizzare la ramazza. Domanda sempre se hai dubbi. Piuttosto che incorrere in punizioni, chiedi"
"Sì, Capitano!"
"Molto bene, ora l'ultima regola, la più importante di tutte. Trasgredisci e farai il tuo primo giro di chiglia. Le possibilità di sopravvivere ad esso nelle tue condizioni sono così basse che equivale ad una condanna a morte, tanto per essere chiari" Peter attese con ansia stringendo il manico del secchio nella mano.
"Non dovrai uscire al Sole. Nessun raggio dovrà mai appoggiarsi sulla tua pelle, ci siamo capiti?" A quel comando, il ragazzo sentì un'improvvisa tristezza, non capì il motivo di quell'ordine, ma non discusse.
"Agli ordini, Capitano"

Si prospettava una lunga notte insonne, ma per nulla al mondo Uncino si sarebbe perso la scena di Pan a lavoro per la prima volta. Seduto sulla propria sedia favorita, davanti alla porta della cabina, il Capitano se ne stava in silenzio, sorseggiando una tazza di tè per cercare di rilassarsi. Ogni tanto gettava uno sguardo alle stelle e poi tornava su Pan godendosi la sua imbranataggine con la ramazza. Anche il signor Sullivan, nonostante avesse finito le proprie spiegazioni, era voluto restare lì ad osservare ed ora se ne stava in piedi al suo fianco. Apparentemente poteva sembrare una punizione insulsa, rispetto a ciò che aveva fatto subire loro il ragazzo durante quegli anni, ma non si trattava che del principio. Sarebbe stato troppo facile ucciderlo o torturarlo, la morte è una liberazione, non un punizione e le cicatrici, presto o tardi, scivolano via nella memoria, ma lui aveva in mente qualcosa di molto meglio, lungo da attuare forse, ma deliziosamente crudele ed indelebile. I segni lasciati dalle ustioni erano stati un buon benvenuto, visti i passi avanti raggiunti con essi, ma erano solo l'inizio. Il ragazzo stringeva nelle mani il manico più saldamente che poteva, ma era chiaro quanto l'inattività forzata lo avesse indebolito, ogni colpo di ramazza era più debole del precedente, ma, nonostante ciò, non sembrava voler cedere. Ora dopo ora, proseguì lungo il ponte, i palmi delle mani e le piante dei piedi nudi coperti di abrasioni da legno, le braccia tremanti per la tensione, gli occhi bassi che, solo di rado, osavano poggiarsi nei suoi, quasi il giovane volesse assicurarsi che stesse ancora valutando il suo operato. Con il passare delle ore, le stelle seguirono la loro ronda nella notte, ed infine anche il signor Sullivan si ritirò in coperta per riposare, ma Uncino no. Lui restò, di quando in quando si alzò per sgranchire le gambe, ma nulla di più, non perché temesse una fuga del minore, semplicemente il sonno era scivolato via solcandogli le palpebre per poi svanire nel nulla. Una volta che furono soli, sfilandosi la giacca e il cappello, il corvino si avvicinò a Pan che, in risposta al suo movimento, si fermò mettendosi dritto da brava recluta. 
"Capitano! Ha altri ordini?" Si portò davanti al ragazzo e, con la mano buona, il bucaniere ne intrappolò il volto tra le dita e lo portò verso il proprio incrociandone lo sguardo per qualche secondo. Percepì l'altro tremare per il suo gesto, ma non gli importò, si prese tutto il tempo necessario per scrutarne le iridi e, una volta soddisfatto, lo lasciò andare. L'espressione confusa che ne ricavò lo lasciò indifferente, semplicemente superò con eleganza il mozzo e si appoggiò con la schiena al parapetto della Jolly Roger. 
"Non ti ho detto di fermarti. L'alba è vicina ed hai ancora una buona porzione di ponte da dover finire, Pan" Tornando in sé, il ragazzo arrossì violentemente e tornò al proprio dovere dandogli le spalle. Quel periodo di convalescenza aveva reso il fisico del suo nemico più debole e fragile, sottile come uno stecco, ma presto si sarebbe ripreso, doveva solo portare pazienza e lasciare che la vita di mare compisse la sua magia. Dopo il suo comando, Pan cominciò a lavorare con molta più energia e, quando ormai l'est andava rischiarandosi all'orizzonte, finì e corse subito a svuotare l'ultimo secchio prima di tornare al suo cospetto. Aveva il fiatone, puzzava di sudore, eppure non riusciva ad evitare di sorridere, sembrava felice di aver concluso con successo il suo primo compito. Per il corvino fu una piacevole soddisfazione con cui iniziare quel nuovo giorno.
"H-Ho fatto, Capitano!" Torturando il manico della ramazza, Pan faticò ad articolare le parole a causa delle labbra impastate.
"La volevo solo... ringraziare per la compagnia, non era necessario che rinunciasse al suo riposo per me" si lasciò sfuggire uno sbadiglio, ma subito si tappò le labbra imbarazzato. 
"O-Ora vado in coperta prima che il Sole..." 
"Capitano!" La voce del nostromo Smee attirò entrambi i loro sguardi, Uncino fu felice di vederlo, a quanto pare, nonostante l'impegno dimostrato, il ragazzo avrebbe dovuto posticipare l'orario del riposo in seguito. Avvicinandosi a loro, il suo secondo in comando si sistemò frettolosamente gli abiti ancora disordinati dopo il risveglio tentando di rendersi più presentabile, ovviamente non si aspettava la sua presenza. 
"Potevate chiedere ad uno degli uomini di tenere d'occhio il mozzo! Dovreste imparare a curarvi di più della vostra salute!" lo rimbrottò per un attimo, ma poi spostò le sue attenzioni al biondo e gli diede una pacca contro il petto con la mano, essendo più basso e vecchio, usò il tono per rimetterlo in riga.
"Non stare lì imbambolato, mozzo! Porta la giacca al Capitano e poi scendi subito in coperta se non vuoi ricevere frustate dal tuo primo giorno!" Per un secondo, il giovane parve incerto su come agire, guardò nella sua direzione attendendo una qualche conferma e così Uncino gli fece un cenno. Subito Pan corse ad eseguire gli ordini ricevuti. 
"Nostromo Smee, per prima cosa spiegate la gerarchia della nave a Pan, poi affidatelo al signor Clifton"
"Come, al cuoco? Pensavo di farlo iniziare con il signor Benson! Vede Capitano, da molto tempo l'armaiolo vuole modificare la disposizione dell'armeria. Pan è giovane e forte, spostare palle di cannone da prua a poppa della nave gli farà bene, si tratta di un lavoro logorante. Mi sembrava una scelta perfetta farlo faticare sino allo stremo, così imparerà da subito come funzioneranno le cose per lui da oggi in avanti!" Correndo da loro, il ragazzo tornò con la giacca e gliela porse, ma Uncino, invece di prenderla, aprì le braccia e lo guardò negli occhi.
"Aiutami ad indossarla, Pan, poi vai in cambusa dal signor Clifton. Da oggi sarai affidato alle sue cure" 
"Sì, Capitano!" Essendo la prima volta che aiutava qualcuno a mettere qualcosa, il biondo fu un po' impacciato, ma eseguì ed infine sparì in coperta, giusto in tempo per evitare i primi raggi caldi del Sole sulla pelle. Sistemando la giacca, Uncino ignorò i brontolii del nostromo e s'avviò alla propria sedia. Messo il cappello, si affiancò a Spugna e sorrise sistemandosi i capelli dietro la schiena. 
"Non intendo trasformare Pan in un lavorante. Sforzi fisici possono frantumare le sue ossa, strapparne i muscoli obbligandolo alla totale inerzia motoria, ma è la sua mente ed il suo cuore che vanno spezzati. Il desiderio di libertà e ribellione vanno eradicati, non incoraggiati" Lasciandosi alle spalle il nostromo, Uncino andò a suonare la campana della sveglia e, ben presto, l'intero equipaggio si presentò sul ponte rispondendo al suo richiamo. Gettando uno sguardo all'ingresso, ai livelli inferiori della Jolly Roger, il corvino vi scorse la figura di Pan, celato dietro l'angolo, in ascolto, dove il Sole non poteva raggiungerlo. Dando rapidamente il via alla giornata, il Capitano lasciò che l'equipaggio si dedicasse ai propri compiti e, prima che potesse sfuggirgli, si avvicinò al cuoco di bordo prendendolo da parte, ma in un punto da cui anche il ragazzo potesse vederli. 
"Capitano, sembrate stanco, volete un sorso dei miei famosi tonici? Vi riempiranno di energia!" Il solo pensiero di mandar giù anche una sola goccia di uno degli intrugli superalcolici dell'altro fece venire il mal di testa ad Uncino.
"No, signor Clifton. Vi avviso, da oggi, Pan sarà affiancato a voi"
Emozionato, l'omaccione si tolse il cappello stropicciandolo tra le mani.
"Davvero, Capitano?! Ma è grandioso! Non immaginavo sarei stato il primo ad avere questo onore!"
"Voi siete un componente fondamentale della mia ciurma, saprete certamente istruire Pan al vostro ruolo nel migliore dei modi. Potete disporre di lui come meglio credete, badate solo a tenerlo in vita ed in salute. Non voglio ritrovarmi con un mozzo preda di nausee e mal di testa da alcol, ci siamo capiti?" Ridendo sguaiatamente, il cuoco di bordo si rimise il cappello.
"Agli ordini, Capitano!" detto ciò barcollò sotto coperta e, non appena varcò la soglia e trovò il ragazzo, gli diede una pacca sulla spalla trascinandolo via con sé. Preso da quel gesto, Uncino si accorse a malapena dell'arrivo al suo fianco del signor Porter il quale si schiarì la voce.
"Scusate se mi permetto, Capitano Hook. Volete che tenga d'occhio la situazione, solo per sicurezza?" Sollevando la mano, il corvino sospirò zittendo l'altro. 
"Prima il nostromo ed ora voi... Da quando i miei ordini possono essere contestati?"
"Non è per discutere, Capitano Hook, è per il ragazzo. E se..." Ma il medico non finì la frase, comportamento che fece seccare ulteriormente Uncino, il quale, forse anche a causa della mancanza di sonno, sentiva di essere poco propenso ai giri di parole e all'insubordinazione quel giorno. 
"Se cosa?" Massaggiandosi lo spazio fra gli occhi, il corvino si sentì improvvisamente stanco. 
"Niente di importante, Capitano Hook. Chiedo scusa per avervi trattenuto" E così, Uncino si avviò alla propria cabina. Trascinatavi dentro la sedia che lo aveva accolto nella veglia, la abbandonò davanti alla porta e si stese sul proprio letto, ormai senza forze.                     

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top