IX
Il ponte di corridoio, un livello sopra la stiva, un luogo completamente avvolto dall'oscurità ormai da troppo tempo che Peter aveva attraversato solo in rare occasioni senza mai buttarci l'occhio più attentamente. Scesa la seconda rampa di scale seguendo il signor Benson, e con Virgil alle spalle, il ragazzo attese che il più vecchio accendesse le lanterne piazzate in vari punti del piano prima di avvicinarglisi. Il marinaio sembrava conoscere a menadito quel posto, in effetti non era nemmeno troppo polveroso, si vedeva che, per quanto le sue forze glielo avessero concesso, aveva tentato di mantenervi un certo ordine. Aprendo sopra una cassa un foglio ripiegato, l'uomo cominciò ad esporre il suo progetto, Peter cercò di stargli dietro, ma spesso utilizzava termini tecnici troppo complessi e quindi gli capitò di perdersi di quando in quando. Alla fine non è che gli servisse più di tanto ascoltare, aveva ben altro per la testa, soprattutto cose che riguardavano il Capitano, prima l'abbraccio e poi la questione del cibo lo avevano mandato in confusione. Era stato felice di ricevere il permesso di partecipare ad una delle riunioni dell'equipaggio ed avrebbe dato fino all'ultima goccia di sudore in quel progetto per ripagare il signor Starkey. Ricevendo un colpetto sul petto dall'armaiolo, si ridestò dai propri pensieri e tornò a concentrarsi su quello che stava dicendo, sperò solo che non si fosse reso conto di nulla.
"Bene, cominciamo subito, mangeremo piu tardi! Tu, visto che non puoi stare al Sole, dopo aver spostato i cannoni, andrai dal damerino al piano di sopra a farti dare un cambio mentre noi apriamo per pulire. Non impuzzolentirai l'armeria con l'olezzo di cambusa!" Osservando la propria canotta unta ed i pantaloncini imbrattati, Peter ci diede un'annusata e capì che l'altro aveva ragione. Con tutto il lavoro che aveva avuto da fare aveva a malapena trovato il tempo di dormire, figurarsi per cambiarsi o lavarsi. In effetti nemmeno ciò che aveva addosso gli apparteneva, era stato vestito così dal medico di bordo durante la convalescenza e non aveva mai domandato altri abiti, nemmeno si aspettava di poterne avere essendo solo un semi intruso a bordo. Ormai era così abituato al puzzo da non farci nemmeno caso, ma si sentì in imbarazzo nell'essersi presentato così all'equipaggio.
"Ora cominciamo, basta perdere tempo! Muovetevi!" Prendendo Virgil come esempio, Peter si avvicinò al primo cannone disponibile e, facendo forza su bracia e gambe, cercò di spostarlo. Fu meno difficile di quanto aveva immaginato, con i primi cinque, ma mano a mano che li posizionavano a lato, le braccia cominciarono ad intorpidirglisi e così, dopo una quindicina, si ritrovò senza fiato e con ancora l'intera riserva di palle di cannone ad aspettarlo. Dandogli una pacchetta sulla schiena, la vedetta gli fece un cenno verso le scale. Il signor Sullivan gli era sembrato spaventoso inizialmente, ma in realtà era gentile, mangiavano perfino insieme da qualche tempo, e, anche se l'altro non era un grande oratore, Peter era contento di passare del tempo con lui. Era certo che, una volta abituati alla reciproca compagnia, sarebbero riusciti a fare un po' di conversazione.
"Pan, puoi andare, ma cerca di sbrigarti! Oggi voglio riuscire a svuotate totalmente questo posto prima di cominciare a lavorare alla parte più seria"
"Sì, signor Benson" Facendo un cenno anche alla vedetta, il ragazzo cominciò a salire le scale diretto agli alloggi del piano superiore, intanto, sotto di sé, poté sentire aprirsi i vecchi portelloni dei cannoni. I raggi solari cominciarono ad entrare dall'esterno abbagliandolo, quindi dovette mantenere gli occhi fissi davanti a sé, dove c'era più buio e l'unica fonte di illuminazione erano delle sporadiche lanterne dalla luce tenue. Cercando di orientarsi, finì nella zona delle brande, alle assi più resistenti dell'imbarcazione erano state fissate delle grandi amache, una per ogni componente della ciurma, l'odore di sudore era molto forte e, in uno dei giacigli, riuscì ad intravvedere la figura addormentata e russante di Clifton, intento a godersi un po' di riposo dopo il pasto. Era entrato in quella zona solo una volta, dopotutto era solo un mozzo, nemmeno gli era stato affidato un letto, non faceva parte dell'equipaggio, quindi sarebbe stato ingiusto offrirgli un agio simile. Si guardò intorno alla ricerca del Gentleman Starkey, ma di lui non c'era traccia, così fece per andarsene e fu allora che incappò proprio nel marinaio.
"Tu, che ci fai qui? Chi ti ha dato il permesso?" Sbadigliando e stiracchiandosi, l'uomo non lo lasciò nemmeno spiegarsi, lo scostò da parte con un gesto della mano e fece per entrare.
"Mi servono dei vestiti puliti" Bastò quello per farlo fermare, la sua espressione cambiò totalmente, da seccata divenne radiosa, gli avvolse perfino un braccio intorno alla spalla trascinandolo con sé nella direzione opposta.
"Perché non l'hai detto subito!? Vieni! Vieni!" Alla fine giunsero fino al capo opposto della Jolly Roger, in una stanzetta ben tenuta separata dagli alloggi. Sarà stata la metà della cabina personale di Uncino e, al suo interno, vi era un piccolo oblò, dal quale Peter si tenne ben alla larga, un grosso armadio, uno specchio a figura intera e un tavolino sul quale erano appoggiati vari oggettini. Il pirata andò subito all'armadio e cominciò a frugarvi all'interno. Per un po' Peter lo osservò scavare tra vari indumenti sparpagliati ed ammucchiati, ma ben presto si stufò e gettò un'occhiata agli ammennicoli abbandonati alla rinfusa sul piano di lavoro. Fu allora che ne riconobbe uno in particolare e, prendendolo tra le mani, arrossì e sorrise nostalgico.
"Che ne dici di questo? Ti starà un po' grande, ma posso accorciartelo... Ehi Pan, mi stai ascoltando?" Voltandosi verso il marinaio, rimise subito tutto al suo posto nascondendo le mani dietro la schiena.
"S-Sì, signor Starkey!"
"Che stai facendo? Rubi?" Affiancandoglisi, l'uomo prese fra le mani l'oggetto e lo osservò confuso.
"Che ci volevi fare con il mio ditale?" Lo appoggiò di nuovo sul tavolo e poi posizionò davanti al suo busto una camicia che, tempo addietro, doveva essere stata di un bel color turchese. Ormai il tessuto si era sbiadito ottenendo una tonalità molto più chiara, quasi impercettibile.
"Ditale? Non è così che lo chiamo io..."
"Beh, scordati di prenderlo. Mi serve per cucire... Togliti quei vecchi stracci. Ormai non sono buoni nemmeno per pulire il ponte della nave. Provati questo, ti cerco un paio di calzoni decenti e poi vedo di sistemarteli" Eseguendo subito gli ordini ricevuti, Pan rimase nudo, era la prima volta che aveva un po' di tempo per osservarsi bene, lo specchio della stanza gliene diede l'occasione. Era cambiato, un totale estraneo, non solo nel fisico, ma anche nello sguardo.
"Wow... Beh, niente male, Pan"
"Grazie, immagino. Mi fa sentire strano essere così. Sono più debole, impacciato, peloso... Un adulto insomma" Porgendogli un paio di calzoni e delle mutande pulite, il pirata gli sorrise.
"Beh, è questo che sei ora. Eri dimagrito tantissimo dopo la gabbia, io avevo scommesso che saresti morto, ma ora ti sei rimesso. Anche se pensavo avresti preferito mettere fine alla tua vita piuttosto che restare qui obbedendo a coloro che, per molti anni, sono stati tuoi nemici" Prendendo fra le mani gli indumenti, Peter si rivestì in fretta.
"Sono felice di essere il mozzo della Jolly Roger. Voglio solo entrare nella ciurma e ripagarvi per tutto quello che sto imparando grazie al vostro aiuto. È questo il mio posto adesso" Bloccandolo alla parete, il marinaio scrutò il suo sguardo e, afferrando il pugnale che teneva legato in vita, glielo puntò alla gola obbligandolo a stare fermo e non opporre resistenza, anche se non aveva alcuna intenzione di farlo.
"Divertente, pensi davvero che una cosa del genere potrebbe mai accadere? Io conosco il Capitano, non so il motivo per cui ancora ti permetta di restare in vita, ma non appena avrà raggiunto il proprio obiettivo, ti ucciderà con le sue stesse mani. Mettitelo in testa, tu non potrai mai essere uno di noi" Messa l'arma al proprio posto, l'uomo se ne andò lasciandolo solo, immerso nel silenzio. Libero dalla morsa, Peter finì di chiudersi la camicia e, non appena l'ebbe fatto, osservò il proprio riflesso e si tirò su le maniche ripiegandole fino al gomito. Fu allora che una lacrima gli sfuggì lungo la guancia, la scacciò rapidamente, prese un bel respiro e si voltò un'ultima volta verso il lucente ditale abbandonato sul tavolo per poi uscire ed avviarsi di nuovo al ponte di corridoio. Scese solo pochi gradini e poi si sedette, scorgendo ancora la luce del giorno riempire l'intero livello della nave, fu incerto su come e se proseguire, quindi rimase in attesa. Le parole del signor Starkey lo avevano ferito molto, inutile nasconderlo, ma, allo stesso tempo, gli diedero una spinta in più. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma aveva intenzione di fare tutto il necessario pur di rendersi indispensabile, impegnandosi ogni giorno avrebbe infine ottenuto il suo posto a bordo. Lui non era più "il bambino che non crescerà mai", con la cattura era diventato un nessuno, un intruso, ma il Capitano gli aveva offerto una nuova identità. Per il momento era Peter, il mozzo della Jolly Roger e, un giorno, un pirata di Uncino.
Lyle Virgil Sullivan, il nome di suo padre, quello di suo nonno ed un cognome che mai avrebbe smesso di amare fino alla propria morte, perché se lo era scelto liberamente. Lui era nato schiavo, come tanti altri giovani della sua età, con un prezzo sulla testa, sostituibile e privo di facoltà decisionale, senza identità, senza futuro. Anche da bambino era sempre stato un adulto, un lavorante, non aveva mai giocato oppure fatto bei sogni, c'era solo la fatica ed una probabile morte precoce per sfinimento ad attenderlo. O almeno così era stato fino a quando i suoi padroni non avevano scoperto casualmente le sue doti canore facendolo passare da semplice zappaterra ad un vero e proprio accessorio di svago durante le loro serate o i viaggi di piacere. Era stato proprio durante uno di questi ultimi che la sua vita aveva davvero subito una svolta portandolo a calpestare per la prima volta il ponte della Jolly Roger e, su essa, capire cosa significasse essere libero, e imparare come fare veri sogni. Era stata la "Provvidenza" ad accogliere il suo canto di preghiera in quella mattina soleggiata, un nome azzeccato per la nave mercantile che avrebbe cambiato il suo destino. Sul ponte, posto su un palchetto di casse, intratteneva l'equipaggio, sia i marinai che i nobili a bordo. Stanco di ascoltarsi, aveva finito per rendersi sordo alla propria voce, proseguiva, ma con la mente era altrove e, come essa, anche i suoi occhi vagavano oltre la platea. Fu allora che lo incontrò per la prima volta, inizialmente notò solo l'ampia giacca vermiglia e la piuma sull'ampio cappello, ma ne restò spiazzato. Nella propria ignoranza, pensò fosse il diavolo in persona intento a nascondersi tra le assi della nave. Tutti erano distratti dalla sua performance, era stato l'unico a vederlo, fu tentato di dare l'allarme, ma l'intruso, con il suo sguardo profondo, gli fece cenno di restare in silenzio e così fece. Chiuse lentamente le labbra e rimase dove si trovava tutto il tempo. Un colpo di pistola e scoppiò il panico, il suo padrone finì a terra riversando il proprio sangue su tutto il mercantile, poi fu il turno della signora e dei loro figli, gole tagliate, vite spezzate che, nella morte, perdevano ogni cosa, status, ricchezze, valore, scendendo al suo livello. Fu il solo a venir risparmiato dall'assalto, ancora una volta, grazie alla propria voce. Uncino gli aveva in seguito confermato che ne era rimasto ammaliato, eppure, anche dopo quella rivelazione, non lo aveva mai obbligato a cantare e, come lui, nessun altro a bordo. Il suo bisogno di silenzio lo portò fin sull'albero più alto, dove solo il vento ed i gabbiani osano spingersi, e così aveva trovato il suo posto nel mondo, diventare la vedetta della Jolly Roger. Fin dal loro primo incontro, Pan gli aveva ricordato sé stesso, i suoi occhi erano vispi come quelli di un bambino, ma era stato incatenato a quel ruolo da altri, era schiavo di esso, nato e vissuto in catene senza rendersene conto. Se il Capitano era riuscito a cambiare il suo destino, Virgil era certo che ci sarebbe riuscito anche con Peter. Sapeva che avevano già deciso le sorti del ragazzo, l'odio per le sue azioni passate era ancora forte, ma ora che stava imparando a conoscerlo davvero, cominciava a sentire la sete di vendetta dissiparsi. Quello non era più lo stesso nemico di un tempo, era qualcosa di nuovo e spettava a loro il compito di mostrargli una via diversa da quella che l'isola gli aveva affidato, almeno fino a quando non fosse arrivato il momento di mettere la parola fine.
"Virgil... qualcosa non va? Hai smesso di mangiare, è troppo salato?" Scuotendo la testa, si voltò verso le iridi verdi del mozzo e gli diede una spintarella con la spalla prima di prendere un nuovo boccone. Metà dell'armeria era avvolta nel buio, l'altra invece era aperta e lasciava entrare il profumo del mare attraverso le finestrelle dei cannoni, la luce era tenue e calda, segno che il Sole stava ormai tramontando. Il signor Benson li aveva lasciati soli ed era andato a riposare, quindi potevano prendersi un po' di pausa dopo aver spostato artiglieria e munizioni tutto il giorno.
"Dopo dobbiamo smontare le varie mensole e casse di materiale... Spero solo di fare un buon lavoro, è la prima volta che uso un martello"
"Se togliamo tutto questa notte, domani ci aiuterà Barnabas. Oltre che medico è anche il carpentiere di bordo" Finendo la cena, Peter appoggiò il piatto a terra e si accovacciò pensieroso, in effetti era da quando era tornato che sembrava giù di tono. Concluso di mangiare, Virgil appoggiò il piatto sopra il suo e poi sollevò una mano scompigliandogli i capelli. Peter sussultò per il suo gesto e il suo viso prese un po' di colore, aveva gli occhi lucidi, era chiaro che qualcosa lo stesse turbando, ma non avrebbe sicuramente fatto lui il primo passo. Essere adulti non significava solo diventare più alti ed assumersi le proprie responsabilità, ma anche saper abbassare la testa e chiedere auto quando necessario senza lasciare che gli altri lo facessero per te.
"Tu... Credi che potrò mai... entrare nella ciurma un giorno?" Una risposta sincera a quella domanda era impensabile, soprattutto se davvero Peter stava mettendo in discussione la cosa. Non restava che girarci intorno.
"Il Capitano è stato chiaro. O ti guadagni il posto nella ciurma o te ne vai dall'isola" Alzandosi in piedi, aiutò il ragazzo a fare lo stesso, il tramonto era ormai calato a sufficienza da non rappresentare più un problema, potevano ricominciare a lavorare anche subito.
"Solo tu puoi decidere se vuoi impegnarti per far sì che accada o no" Strofinandosi gli occhi, Peter annuì e tirò su con il naso, anche se il suo aspetto era cambiato, nel profondo era ancora un bambino, certo, stava maturando, ma aveva ancora molte insicurezze che solo il tempo avrebbe potuto scacciare.
"Hai ragione! Lavorerò ancora di più! Diamoci da fare!" Un martello a testa ed i chiodi cominciarono a venire via uno dopo l'altro, l'armeria si fece mano a mano più vuota mentre mensole e casse venivano smantellate e riposte in un angolo per recuperarne i materiali in un secondo momento. Continuarono per ore e, anche se non osò lamentarsi nemmeno una volta, agli occhi esperti di Virgil non sfuggì quanto Peter fosse stanco dopo quella prima giornata. Se non avesse riposato almeno un po', a breve il suo corpo avrebbe ceduto. Non aveva la giurisdizione per concedergli di dormire, era il signor Benson a doversene occupare, ma ancora non tornava, probabilmente non si sarebbe fatto vedere sino al mattino dopo. L'unica cosa che il marinaio poté fare fu di chiedere al giovane di riportare in cambusa i piatti sporchi, almeno per riposare le braccia, ma nulla di più. Ormai la Luna era sorta oltre il livello dell'orizzonte, ma erano ancora distanti dal concludere il lavoro, Virgil cominciò a sentire il sonno premere, per un secondo pensò anche di ritirarsi qualche ora per riposare gli occhi, e fu allora che vennero interrotti. Dal piano superiore, arrivò il nostromo Smee sbadigliando, probabilmente doveva trattarsi di qualcosa di importante se l'aveva anteposto al sonno, forse stavano facendo troppo rumore. Il secondo in comando rimase in silenzio ad osservarli per qualche minuto, ma, alla fine, richiamò la loro attenzione schiarendosi la voce.
"Signor Sullivan, dov'è il signor Benson?" Spugna non gli piaceva nemmeno un po', era troppo altezzoso, si credeva al di sopra di tutti, anche del Capitano stesso, ma in realtà era un codardo e quella sua facciata spavalda era solo un modo di nasconderlo. Non gli rispose, si limitò ad indicare il piano superiore e, in cambio, ottenne un sospiro seccato.
"Non mi va di svegliarlo, quindi informo te. Il Capitano ha richiesto la presenza di Pan, ha detto che è per una questione piuttosto lunga, quindi puoi anche andare a dormire se vuoi" Voltandosi verso il ragazzo, lo vide mettersi be dritto ed abbandonare a terra l'utensile, era chiaramente emozionato al pensiero di incontrare Uncino, forse anche un po' troppo. Incontrando il suo sguardo, Peter gli sorrise.
"Ci rivediamo domani, Virgil. Grazie per il tuo aiuto. Mi sento in colpa, hai lavorato senza sosta solo perché sono lento... Sei stato gentile a farmi compagnia tutto il giorno, ti sono debitore" Raggiungendo il nostromo, il mozzo salì le scale rapidamente.
"Di niente" Sussurrò a sé steso la vedetta rilassando le spalle. Dopo tanto tempo passato in silenzio ad osservare le persone, aveva sviluppato un ceto intuito per quanto riguardava i sentimenti e le emozioni. Il Capitano diceva sempre che aveva un'innata capacità di immedesimarsi nel prossimo, l'aveva definita empatia, ed Uncino non parlava mai a sproposito. In quel momento, nell'espressione e nei movimenti di Peter, riconobbe un'emozione rara di cui sua madre gli aveva parlato in passato. Sperò solo di essersi sbagliato.
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