III
Ogni volta che Peter chiudeva gli occhi a causa del caldo, rivedeva la scena ancora ed ancora nella sua testa e, senza volere, sorrideva. Era sempre stato crudele, non gli importava di ferire gli altri né con le parole né con le azioni, che avesse torto o ragione, eppure, nel vedere quell'uomo piegato sotto le sferzate di Uncino, anzi, del Capitano, aveva sentito una gioia nuova. Non solo aveva avuto giustizia per aver detto la verità e non aver disubbidito, ma era riuscito ad ottenerla nonostante fosse solo un intruso sulla Jolly Roger ed un nemico mortale per tutto l'equipaggio. In effetti, nonostante fosse un adulto e un pirata, Uncino era sempre stato un avversario corretto ed un uomo di parola, forse sottostare ai suoi ordini non sarebbe stato così terribile, certo, per nulla facile visti i loro trascorsi, ma forse avrebbe dato un nuovo senso a quella vita così vuota. Riaprendo le palpebre, il giovane vide che il Sole ancora non era calato, non avrebbe saputo dire quanto tempo fosse rimasto incosciente e si guardò intorno, quattro pirati erano seduti dall'altra parte del ponte e stavano parlando animatamente, sembravano allegri. Quando li ebbe messi a fuoco, riconobbe fra loro quello che era stato punito, agitava un barattolo tra le mani, non sembrava arrabbiato e nemmeno triste per quanto era accaduto, era una reazione diversa da quella dei bimbi sperduti quando ricevevano una punizione. Loro tenevano il muso, scappavano, anche per giorni e, dopo poco, ripetevano lo stesso errore più e più volte. La verità era che lui non aveva mai voluto essere il capo di nessuno, troppe responsabilità, stava meglio da solo, ma, allo stesso tempo, soffriva la solitudine terribilmente, forse, obbedire al Capitano per un po', gli avrebbe permesso di vedere le cose sotto un'altra prospettiva. Stava per tornare a dormire quando, l'omaccione corpulento del giorno prima, Porter se non ricordava male, si alzò dal gruppo ed andò nella sua direzione afferrando la gabbia e trascinandola verso il resto del quartetto. Stringendosi il più possibile, Peter rimase in silenzio, non chiese neppure spiegazioni, si guardò solo intorno incuriosito. I marinai non dissero nulla, semplicemente utilizzarono la sua prigione come se fosse un tavolo, la parte superiore, essendo una lastra chiusa di metallo, fornì loro una superficie piana dove potersi appoggiare e, nello stesso tempo, lui si ritrovò protetto dalle loro ombre e riuscì finalmente a chiudere gli occhi e riposare senza i raggi del Sole a cucinarlo. Dormì così bene e a lungo che, quando riaprì le palpebre, il buio era già calato e tutto taceva a bordo della Jolly Roger. Cercò di tirarsi su, ma non ci riuscì, provò anche a riprendere sonno, ma la testa gli pulsava troppo forte quindi provò a concentrarsi sul rollio della nave. Le onde sembravano più forti della notte precedente, fu grato di non aver guadagnato un altro bagnetto notturno. Era sul punto di riprendere sonno quando un fulmine fu visibile all'orizzonte, e, poco dopo, un tuono rombò nell'aria. Totalmente sveglio e all'erta, Peter allungò faticosamente una mano oltre le sbarre in attesa di sentire su di sé le prime gocce di pioggia, non aveva intenzione di bere, solo di cercare un po' di ristoro, ma si ritrovò le falangi schiacciate da un piede. Gemette di dolore e ritrasse la mano, non si era accorto di essere controllato, anche se avrebbe dovuto immaginarlo. Non riuscì a distinguere bene la figura davanti a sé, era troppo buio e, perfino nei rari momenti in cui il ponte veniva illuminato dalle saette, faticò a metterla a fuoco.
"N-non... berrò, lo giu-ro" Tornando nelle tenebre da cui era emerso, l'uomo andò a cercare riparo e così Peter poté rinfrescare mani e piedi per poi tornare subito dentro i limiti della gabbia. Il temporale si fece sempre più forte ed il vento con esso creando delle correnti molto fredde sul ponte della Jolly Roger. Le onde alte si infrangevano sulla nave portando con se anche qualche pesce. Spaventato nel sentire la gabbia scivolare seguendo il movimento dell'oceano, Peter cercò di tenersi alle assi del pavimento, ma non servì a nulla, un getto più forte e la prigione pattinò sulla superficie semi acquosa facendolo quasi finire contro il parapetto. Un altro colpo del genere e sarebbe caduto in mare ed annegato in poco tempo, era troppo debole per muoversi, figurarsi per trattenere il respiro. Fu allora che il marinaio di prima lo raggiunse, ma, invece di trascinare la prigione in una zona più centrale, si strappò qualcosa che teneva al collo e, avvicinandosi alla serratura, la aprì liberandolo. Tentare di sollevare la testa completamente fu difficile per Peter, i suoi muscoli non rispondevano, non era in grado di uscire da solo. Il pirata lo sollevò e, lottando contro le intemperie, lo trascinò alla porta più vicina. Il ragazzo chiuse le palpebre, aveva male dappertutto, le gocce di pioggia, ma anche il contatto con i vestiti bagnati dell'altro erano un inferno per la sua pelle, a causa del Sole e dell'acqua salata praticamente era in carne viva. Quando fu finalmente al chiuso, dopo quasi tre giorni di prigionia, sospirò sereno, un'emozione che scomparve l'attimo seguente, quando si rese conto che, a sorreggerlo, era proprio il Capitano e che, in quel momento, si trovava nei suoi alloggi personali.
"U-Unci... C-Capitano!" L'altro gli lanciò uno sguardo severo.
"L'educazione, Pan. Ringrazia" In effetti non aveva tutti i torti, se non avesse deciso di farlo uscire prima del tempo a quell'ora sarebbe sicuramente morto, ciò nonostante, non essendo abituato a ringraziare, fece piuttosto fatica.
"G-Grazie, Capitano..." Uncino era bagnato dalla testa ai piedi, i suoi capelli, normalmente curati e dalle punte arricciate in boccoli, erano ora un misto fra il liscio e il crespo, la camicia bianca che portava, di un tessuto leggero e pregiato, era ormai trasparente, aveva i calzoni neri aderenti alle cosce e, stranamente, non indossava la protesi metallica. Quell'ultimo dettaglio sorprese Peter il quale però non si permise di domandare e lasciò che l'altro lo sdraiasse sulla propria branda. A contatto con le coperte, per un attimo, il ragazzo si sentì meglio, ma poi, anche a causa dell'acqua, le sentì attaccarsi alle ferite, tutto il suo corpo prese a bruciare. Spostandosi alla scrivania, il Capitano indossò la giacca rossa ed avvitò l'uncino al suo posto per poi dirigersi alla porta. Quando lo vide passargli accanto, Peter lo afferrò per la giacca, come aveva fatto nella gabbia, e così ne attirò l'attenzione fermandolo.
"Resta qui. Io vado a chiamare il signor Porter, è il medico di bordo, si occuperà di te. Dopotutto non posso permettere che, la nostra prima recluta dopo tanti anni, resti in queste condizioni. Che Capitano sarei altrimenti?" A quelle parole, il ragazzo lasciò andare la presa e chiuse gli occhi, non voleva restare solo, sentiva che sarebbe potuto morire da un momento all'altro. Avvolto nelle tenebre, ripensò a come aveva vissuto fino a quel giorno e si sentì triste, era rimasto chiuso in un infinito circolo senza via d'uscita, senza scopi, desideri particolari o sogni per il proprio futuro. Non aveva mai combattuto per ottenere nulla, non c'era qualcosa a cui tenesse particolarmente, né persone intorno a sé che gli dessero una ragione per svegliarsi e ricominciare d'accapo quell'avventura infinita che era la sua esistenza. Avrebbe voluto lasciarsi sprofondare, ma, mentre rivedeva i propri ricordi, lo percorse un brivido nel ripensare ai suoi scontri con Uncino. Quelli sì che lo facevano sentire vivo, sapere che c'era qualcuno che, in ogni momento della giornata, pensava a lui, con odio, ma almeno ci pensava, lo fece sentire felice. Quante volte avevano combattuto faccia a faccia, sempre con lui vincitore ed invece ora eccolo lì, alla mercé del più temibile fra i pirati, con l'unico desiderio di entrare nel suo equipaggio. Sorpreso, si rese conto che era vero, finalmente c'era qualcosa che voleva, per cui stava lottando.
"V-voglio...Voglio essere un suo pirata!" Aprì le palpebre con calma, era tutto buio intorno a sé. Non era nell'alloggio di Uncino e le scottature, per quanto sentisse la pelle tirare, non dolevano più così tanto, erano come immerse in una pastura ghiacciata e piacevole. Sentiva un caldo infernale, ma, allo stesso tempo, un freddo pungente contro le ossa, ma era comunque sopravvissuto, ancora una volta. L'ingresso della stanza si aprì e vi entrò il medico di bordo, Porter, tenendo fra le mani una ciotola, era accompagnato da Mr Chips il quale grugniva allegramente. Non appena il pirata si rese conto che era sveglio, andò velocemente al suo fianco, sorrise e si sedette tastandogli la fronte con la sua enorme mano.
"Finalmente ti sei svegliato. Ci sono volute due settimane, ma hai aperto gli occhi, il Capitano sarà felice di saperlo"
"D-due..."
"A proposito, lascia che sia il primo a congratularmi. Benvenuto sulla Jolly Roger, recluta"
Da quando Pan era stato posto sotto le cure del medico di bordo, l'umore di Uncino si era incupito rapidamente, mangiava poco e dormiva a fatica, preferendo passare le notti a suonare il clavicembalo. Almeno una volta al giorno scendeva in coperta ed andava a controllare lo stato di salute del ragazzo, non si tratteneva mai a lungo per non rischiare che, la sua impazienza nel vederlo, venisse scambiata per affetto dal resto della ciurma. Picchiettando le dita sulla mappa aperta sulla scrivania, prese il pennino in piuma d'oca e lo intinse nell'inchiostro intenzionato a dare un senso a quella giornata quando la porta della cabina si aprì all'improvviso facendogli prendere un colpo. Era il nostromo Smee, sembrava agitato e questo mise all'erta il Capitano il quale si alzò in piedi e lo guardò fisso.
"È per Pan? È morto?!" scuotendo la testa, Spugna sorrise e ciò lo fece sentire più leggero.
"Si è svegliato, Capitano! E chiede di voi" Mettendosi ben dritto, Uncino si diede una rapida occhiata, era un vero disastro, non poteva farsi vedere in quel modo. Non si presentava mai trasandato. Si avviò al proprio armadio personale, ne spalancò le ante e gettò uno sguardo ai completi appesi. Il suo secondo in comando entrò e richiuse la porta avvicinandoglisi, volendo fornirgli supporto durante la vestizione. Provò vari abiti, ma alla fine decise di optare per il classico rosso fiammante con gli orli ricamati d'oro. Uscì dalla camera a grandi falcate, impaziente e, diretto verso la stiva, ne trovò l'ingresso bloccato dall'intero equipaggio, a quanto pare erano tutti curiosi di vedere le condizioni in cui versava il loro nuovo protetto, ma come biasimarli. Uncino si annunciò schiarendosi la gola e, immediatamente, tutti i presenti si scostarono ai lati permettendogli così di entrare, era stata una buona idea lasciare il signor Sullivan di guardia, aveva svolto egregiamente il suo compito impedendo a chiunque di varcare la soglia, meno che al medico di bordo. Lui doveva essere il primo a vedere Pan. Non appena fu entrato nella stiva, un insopportabile odore di chiuso gli penetrò nelle narici obbligandolo a coprirsele con un fazzoletto. Difficilmente scendeva così in profondità nel vascello, ma non avrebbe perso quell'occasione per niente al mondo. Quando i suoi occhi si furono abituati alla penombra, vide la luce di una lanterna verso poppa e vi si avvicinò, il signor Porter era lì e, al suo fianco, stava Lui, seduto, intento a mangiare qualcosa da una ciotola. Sentendo i suoi passi, entrambi si voltarono verso la sua direzione e, immediatamente, il marinaio si alzò, prese il proprio maiale, e fece per uscire facendogli un cenno del capo in segno di saluto. Era solo con Pan. Si fece più vicino al ragazzo portandosi ai piedi del suo giaciglio e ne osservò il corpo fasciato alla luce della fiamma, i bendaggi dovevano essergli stati sostituiti da poco, erano ben stretti e puliti, eppure non riuscivano a nascondere totalmente i segni di bruciatura sulla maggior parte della sua pelle. Certo, ormai le ustioni si erano schiarite, forse gli sarebbe rimasta qualche cicatrice, ma nulla di troppo invalidante per il suo aspetto.
"Bene, Pan. Vedo che riesci già a mantenerti seduto da solo ed a muovere almeno braccia e mani..."
"S-scusi, Capitano" abbassando la testa, il ragazzo strinse il rancio tra le mani e chiuse gli occhi. Il fatto che, non solo lo chiamasse con il giusto titolo, ma utilizzasse perfino il lei, lo soddisfò pienamente, ora non restava che istruirlo a dovere, il suo piano procedeva con una perfezione disarmante.
"Per cosa ti stai scusando, Pan?" Non poteva davvero aver funzionato così bene, sarebbe stato folle pensarlo.
"Io non... sono riuscito a restare nella gabbia fino all'alba come mi aveva ordinato. In più sono stato incosciente per un sacco di tempo. Chiedo scusa per questi motivi, Capitano" Ed invece era proprio accaduto l'impensabile. In quel momento, seduto ai suoi piedi, non c'era più lo stesso impertinente ragazzetto che lo aveva privato della mano destra, ma qualcosa di totalmente nuovo, un pezzo d'argilla che avrebbe potuto plasmare a proprio piacimento senza nemmeno faticare troppo. Inginocchiandosi al fianco del biondino, senza però lasciare che i calzoni toccassero la polverosa superficie della stiva, Uncino gli fece un lieve sorriso e, con l'utilizzo della mano uncinata, lo obbligò ad alzare il mento ed a rivolgere lo sguardo nel suo.
"Sei uscito per mio volere quella notte, non dimenticarlo. Avrei potuto lasciarti cadere in mare, ma non l'ho fatto. Riesci a spiegarmi il perché?" Ottenne in risposta uno scuotimento di testa, normalmente non gli piacevano le risposte a gesti, preferiva la parole, un movimento può essere frainteso, ma un vero uomo deve saper far fronte a ciò che dice, soprattutto se sbaglia. Ciò nonostante, superò quel mero errore dell'altro, dopotutto non poteva immaginare quali fossero le sue preferenze, ma le avrebbe imparate presto.
"Perché, quando hai accettato di restare imprigionato sino al giorno successivo, avevi già dimostrato quanto forte fosse il tuo desiderio di entrare nell'equipaggio. I miei uomini se ne sono accorti, infatti ti hanno protetto dalla calura con la scusa di utilizzare la gabbia per i loro giochi" Dal modo in cui l'altro strabuzzò gli occhi, fu chiaro che aveva capito a quale avvenimento si stava riferendo.
"Ora non sei più un prigioniero, ma hai molta strada da fare prima di diventare parte della ciurma. Ti avevo già avvisato che non sarebbe stato facile, sei ancora disposto a farlo?"
"Sì! Sì, Capitano!" L'entusiasmo con cui Pan gli rispose fu un'ulteriore vittoria. Spostò l'uncino da sotto il suo mento, ma l'altro non smise di guardarlo, sembrava impaziente di cominciare, ma c'erano ancora un paio di punti da chiarire prima che la sua vita da pirata iniziasse davvero. Rimettendosi in piedi, Uncino si pulì il mantello impolverato e lo guardò seriamente.
"Ecco i tuoi primi ordini. Riposa e, quando il signor Porter confermerà il tuo pieno recupero, mandalo subito a chiamarmi. Ovviamente, fino ad allora, non uscire dalla stiva e, nel caso in cui fossi obbligato a farlo per cause di forza maggiore, non hai il permesso di salire sul ponte" Il ragazzo rimase ad ascoltarlo attentamente fino alla fine e, non appena ebbe concluso, strinse i denti e lo guardò, era chiaramente nervoso, ma, allo stesso tempo, pieno di volontà, gli avrebbe obbedito ciecamente, ne era sicuro.
"Ai suoi ordini, Capitano. Non la deluderò!" Uncino tornò alla porta senza voltarsi indietro e, una volta uscito, il resto dell'equipaggio lo osservò trepidante. Indicando loro con la mano le scale verso il ponte di corridoio e gli alloggi, salirono tutti insieme sino all'esterno e, una volta lì, il corvino sorrise.
"È nostro ora" Fu grande festa fra gli uomini, avevano appena superato la fase più delicata del piano concordato e la loro gioia era più che giustificabile. Il Capitano non ordinò nemmeno al nostromo di riportare la calma e, al contrario, diede un raro permesso speciale. Quella sera stessa, avrebbero festeggiato insieme al chiaro di Luna, usanza che avevano perduto ormai da tanto tempo. Vennero organizzati dei turni di guardia alla porta della stiva e, non appena Uncino sciolse i ranghi, cominciarono i preparativi. L'aver dato quell'ordine non era solo un modo per sollevare l'umore proprio e della ciurma, nascondeva un altro piccolo tranello, infatti, per procurare abbastanza rum e libagioni per tutti, i suoi uomini sarebbero stati costretti ad entrare nella stiva più e più volte. Non solo avrebbero tenuto d'occhio Pan, ma il ragazzo avrebbe intuito che, la sua decisione di diventare un suo pirata, era stata gradita e ben accettata da quelli che sarebbero potuti essere i suoi futuri compagni di viaggio. Non obbligò a nessuno il silenzio sulla questione festa e questo gli diede l'assoluta certezza che presto il biondino ne sarebbe venuto a conoscenza e che, nella sua mente e nel suo cuore, il desiderio di venir accettato, diventasse la spessa catena che l'avrebbe imprigionato a sé.
"Capitano! Scusi se la disturbo dalle sue riflessioni..." il Gentleman Starkey gli si avvicinò, emozionato quanto gli altri marinai. Non gli disse nulla, ma l'altro capì perfettamente che, essendo l'unico responsabile della loro vittoria di quel giorno, lui era lì, pronto ad ascoltarlo e, se possibile, ad accettare qualsiasi sua richiesta.
"Pensavamo che sarebbe meraviglioso se, questa sera, lei potesse allietarci con i suoi racconti. Non esiste miglior cantastorie nei sette mari, ed è da molto che non ci narra qualche avventura. Le andrebbe, Capitano?" Anche se indaffarati a pulire il ponte, improvvisamente tutti i suoni circostanti prodotti dall'equipaggio si fecero più flebili, volevano sapere la sua risposta. La verità era che Uncino amava i racconti, amava crearne ed amava che altri li ascoltassero, era da diverso tempo che quella vena artistica si era assopita, ma quale occasione migliore poteva esserci di quella per riportarla a nuova vita.
"Visto che proprio voi, l'eroe del momento, me lo domandate, come potrei rifiutare? Accetto con gioia la vostra richiesta, mastro Starkey. Questa notte, sotto il cielo stellato, potrete ascoltare le mie storie migliori"
"Evviva il Capitano!" le voci di tutti si unirono in una sola e, nel guardare i volti sorridenti dei propri uomini, sperò di poter scorgere fra essi quello di Pan.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top