CAPITOLO 6

AVVISO

In questo capitolo potrebbe essere presente un uso del linguaggio un po' "spinto". Buona lettura.

CAPITOLO 6

Era arrabbiata con il mondo intero, o almeno credeva di esserlo. Non era mai stata veramente arrabbiata prima di allora. Insomma, la bontà fatta persona poche volte perdeva le staffe. Lei era sempre così… pacata, buona, dolce e gentile con tutti. Eppure tutta quella situazione la stava mettendo a dura prova e non era nemmeno poi tanto sicura di essere lei l’eroina di tutto quel caos.

Caos.

Quella parola non le era nuova… ma certo! Caos era il mostro contro cui la nonna ha combattuto… il “vuoto oscuro”.

Camminando – anzi, incespicando – tra gli alberi, era arrivata a quel famoso lago di cui aveva tanto parlato ai suoi amici. Ma era davvero così? Erano suoi amici? E per quanto? tempo qualche giorno e quando tutto sarà finito ognuno tornerà alla sua vita? Ovviamente.

Sospirò.

Oltre Kim e alla sua migliore amica, non aveva mai avuto nessun altro su cui poter contare, o almeno pensava di non averne bisogno.

E così, rendendosi conto di quanto possa essere vera questa constatazione, si sentì vuota e sola.

-       Reb? – si girò di soprassalto.

-       Oh, mi avete seguito… - non seppe se questa cosa le diede fastidio o sollievo.

Tengono a me.

-       Non devi affrontare tutto questo da sola, ok?

Le si inumidirono gli occhi.

-       Voi non c’entrate nulla, è colpa mia. Non potete rischiare per me.

-       E’ anche un nostro compito, ed è nostro volere non lasciarti sola.

-       Lo volete davvero? Ho è soltanto un obbligo morale che vi siete imposti?

Aquaman avanzò verso di lei che, quasi impaurita, indietreggiò. Ed ora cosa vuole?

L’afferrò per il gomito e le disse, sinceramente,

-       Lo vogliamo davvero, ragazzina.

Spalancò gli occhi sorpresa e il cuore cominciò a batterle all’impazzata. Li osservò uno ad uno con occhi pieni di lacrime e li ringraziò.

-       Si ma ora dove siamo diretti?

-       A casa. E’ meglio che torniamo ed organizziamo un piano, con calma e precisione. – sentenziò Diana e tutti furono d’accordo.

Avanzarono tutti verso la meta, Aquaman a chiudere la fila, ma nell’andare via qualcosa andò storto. Un animale – un coccodrillo per la precisione – avanzò feroce verso di loro e si stagliò contro Arthur. Gli bloccò la caviglia tra le sue fauci e cominciò a strattonarlo a destra e sinistra.

-       ARTHUR! – urlò spaventata Rebeccah. Gli corse incontro cercando di afferrare la sua mano, ma il rettile lo trascinò con sé nell’acqua dolce. La ragazza non esitò un attimo e si tuffò, seguita dai suoi compagni pronti a soccorrerli. L’acqua non era molto profonda, ma i suoi abiti bagnati la rallentavano. Si tolse la lunga giacca e la gettò via, cercando di correre più che poteva ma Arthur fuggiva sempre più lontano da lei, nel mentre che la bestia tentava di mangiarlo.

L’eroe cercava di dimenarsi e combattere contro l’animale, tentò di parlargli e farsi capire, essendo ‘padrone’ dell’acqua, ma questi sembrava non ascoltarlo, anzi!

Il respiro della ragazza divenne affannoso e la sua voglia di salvarlo aumentava, unita alla paura di non potercela fare. Lacrime di disperazione le rigavano il volto mentre un’inaspettata adrenalina la spinse sempre più verso il supereroe. All’improvviso – non seppe chi e come – qualcosa la sollevò dalle profondità e la spinse verso Arthur ad un’estrema velocità. Senza pensarci molto, quasi accecata dalla rabbia, combatté contro l’animale che – dopo aver emanato uno strano verso nella sua direzione – battè in ritirata.

Becah prese Arthur per il polso e nuotò sempre spinta da quella forte energia, osservata con stupore dal suo amico.

Per lei accadde tutto a sua insaputa, si era ritrovata addosso qualcosa che non sembrava appartenerle ma la prese con se e ne fece cosa sua. Non seppe spiegare come accadde, ma ormai era compiuto. Era tutto al di fuori del suo controllo.

Uscirono fuori dall’acqua e raggiunsero i loro amici.

-       Aiutatemi a portarlo al cottage, presto!

La ferita non era molto profonda e, con la sua guarigione accelerata, Arthur si riprese in fretta e tornò – seppur un po’ instabile – al cottage sulle sue gambe.

-       Potevo farcela da solo! – sbraitò verso Rebeccah.

Dal canto suo la ragazza aveva esaurito la sua adrenalina ed ora paura e preoccupazione fecero strada nel suo cuore.

-       Sì certo, ho notato! Cosa credi, che me ne sarei stata ferma sul posto mentre un mio amico era in pericolo?! – urlò di rimando e si avvicinò a lui – io non abbandono nessuno.

-       Hai riscoperto tutto questo da pochi giorni e già ti credi un’eroina?! Lascia che ti dica una cosa: ancora non sei nessuno finché non salvi il mondo da questa situazione hai capito?!

Becah spalancò gli occhi sorpresa e ferita da quelle parole.

-       Ma si può sapere che diavolo ti prende?! – gli occhi cominciarono a pizzicarle ma poi, guardando quella luce brillante verso il basso capì e le scappò un ghigno divertito.

-       Già, ottima domanda! Vuoi sapere davvero che diavolo mi prende?! Dall’ultima volta che ho combattuto con questa squadra di smidollati, credevo e speravo con tutto me stesso fosse davvero la prima ed ultima, di volta. Nonostante mi fossi divertito da matti, sul serio! – alzò le mani in segno di ‘resa’ – solo che anch’io ho paura di non farcela a volte, non sono così sicuro ad essere pronto di rischiare tutto. Eppure, se non lo faccio io… se non lo facciamo noi, chi altro sennò?! E mentre continuo a pensare che Barry inciampi nei suoi piedi e nei miei, e che Diana era, è e resterà sempre uno schianto. Oh, cosa ti farei – aggiunse sussurrando nella sua direzione. Rebeccah non apprezzò molto quel commento, fu come ricevere un pugno nello stomaco.

-       Ci sei tu – Arthur riprese il suo discorso ricevendo la completa attenzione della ragazza - la nuova arrivata nonché futura eroina e attuale compagna di squadra che gioca a fare la difficile e DIO quanto adoro questo tuo lato.

La rossa sorrise divertita ma un po’ disgustata e, decisa, fece un cenno di diniego verso Diana e ritirò il suo lazo d’oro.

-       Bel discorsetto, davvero. Ma, caro Aquaman – si avvicinò pericolosamente a lui permettendo ai loro nasi di sfiorarsi. Trattenne il fiato per l’emozione, ma continuò questa parte -  l’uomo che ‘sussurrava ai pesci’ e poi non riesce a tenere a bada il suo, di pesce? Davvero, sei patetico.

Detto questo si girò, prese una bottiglia di whisky tra le mani e tornò nella sua stanza.

-       Ah! Non c’è di che! – urlò senza voltarsi e sollevando il braccio con cui impugnava la bottiglia mostrando il dito medio.

Sentì gli altri sghignazzare e Arthur imprecare.

-       Davvero Diana, di nuovo?!

Era già a metà bottiglia ed erano passati circa cinque minuti da quando aveva scoperto un altro simbolo inciso sulla sua pelle, precisamente sulla caviglia: un’onda. Acqua.

-       Eee.. questo va ad aggiungersi a quell’altro! – disse riferendosi al tattoo rappresentante una foglia verde presente sul polso destro: Terra. Continuava ad osservarsi allo specchio.

-       Ed ora, cos’altro?! Magari un paio di ali, eh? CHE NE DICI?! – urlò con la testa rivolta verso il cielo, verso qualunque divinità presente lì su.

Bussarono alla sua porta.

-       OCCUPATO!

-       Non ricordavo fosse un bagno – una testa bionda sbucò oltre la porta che richiuse una volta entrato in camera.

-       Che vuoi adesso, Arthur?! Non credi sia abbastanza per oggi? – chiese esausta Rebeccah, barcollando nel tentativo di raggiungere il letto e sprofondarci sopra.

I lunghi capelli erano sparsi a ventaglio, le braccia rivolte verso l’alto e le gambe penzolanti oltre il bordo del letto. Sospirò.

-       Voglio chiederti scusa.

-       Non ne hai bisogno. Abbiamo provato ad andare d’accordo ma non funziona, siamo destinati ad odiarci. Aspettiamo che tutto questo sarà finito e ti dimenticherai di me, d’accordo?

-       Chi ti dice che voglia farlo?

Questa domanda spiazzò la ragazza che si ritrovò costretta a sollevare la testa per osservarlo incuriosita.

-       E’ vero, noi due non andiamo d’accordo – avanzò verso lei e si sedette al bordo del letto, imitato subito dopo dalla rossa.

-       Continua, ti ascolto.

-       Ma… è proprio questo che adoro del nostro rapporto. Sapere di poter contare l’uno sull’altro nonostante tutte le parole che ci diciamo. Amo litigare con te ed amo ancor di più quando facciamo pace.

-       Non facciamo mai esplicitamente pace.

-       Che ne dici di recuperare, allora? – si avvicinò a lei, decisamente troppovicino.

Rebeccah inspirò il suo profumo di brezza marina ed il suo alito di… alcool.

-       Sul serio, hai bevuto?!

-       Giusto un tantino, ma non preoccuparti sono abituato… e piuttosto lucido. – fece un sorriso sbilenco.

-       Vai al diavolo, Arthur. – si alzò nel tentativo di allontanarsi ma la bloccò prendendola per il polso e facendola voltare verso lui, cosa al quanto difficile considerato lo stato della ragazza che – prevedibilmente – cadde sul compagno.

-       Oh, così va già meglio ragazzina.

-       Ricordi ciò che ti ho detto prima? – tentò di formulare una frase di senso compiuto cercando di apparire abbastanza ‘cazzuta’, nonostante il cuore minacciasse di fuoriuscire dal petto – tieni a bada il tuo pesciolino.

-       Ehi! Non usare il diminutivo con Arthur Senior! E poi, amo quando sei così … ‘tosta’.

-       Davvero gli hai dato un nome? E tu cosa saresti, Arthur Junior?!

-       Si, probabilmente è più grande di me, vuoi vederlo?

-       Disgustoso, io vado via. 

Si alzò – seppur riluttante - dalle gambe del biondo, pronta ad abbandonare la camera.

-       Ehi no aspetta, stavo scherzando. Non volevo fare quel tipo di battute con te. Insomma… non ti considero sotto quell’aspetto..

-       Ah no? Troppo poco per te, vero? Ti faccio così schifo?!

-       Non intendevo dire quello! Oddio sto peggiorando tutto, vero? Perché siete così difficili voi ragazze?

-       Perché voi ragazzi siete troppo coglioni, qualcuno deve pur mettervi a tacere!

-       E tu vorresti farlo con me? – la guardò malizioso.

-       Ok ok la smetto, scusa. Quello che intendevo dire è che io… per me non sei la solita ragazza da portare a letto una volta e via, meriti molto di più. Tu vali MOLTO di più.

-       Oh.. – mormorò Rebeccah, abbassando la testa imbarazzata.

-       Ecco, questa sei tu – le si avvicinò accarezzandole una guancia – la ragazza più forte, valorosa e dolce che abbia mai conosciuto – le sorrise dolcemente per poi baciarle la guancia e sussurrarle un ‘Buonanotte, Reb’. Uscì dalla camera richiudendo lentamente la porta e lasciando all’interno una Rebeccah sconvolta, con le gambe molli ed il cuore a mille.

Si sfiorò quella guancia dove Arthur aveva posato un dolce bacio e sorrise. Ne sentiva ancora la forma delle labbra, il profumo della sua pelle…

- Buonanotte – sussurrò ed andò a dormire.

NOTA AUTRICE
Hi guyyys! Come va? Spero bene.
Volevo darvi una bella notizia ovvero che questo scempio non durerà molto anzi! Siamo quasi giungendo al termine eheh.
C'è da dire che questo è uno dei miei capitoli preferiti, e il vostro? Cosa ne pensate? Fatemi sapere lasciando un commento!
Scusate eventuali errori grammaticali.
See you friday! (?)

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