-People I don't like-
Il suono della campanella scolastica risuonava nella mia testa, senza fermarsi, mentre si formava un remix a bomba insopportabile, diventando la hit preferita dal mio cuore. Già, per mia sfortuna vado ancora a scuola, a sopportare millecentotre studenti in totale in tutto un istituto. Un miracolo ancora che sono sana e vegeta dopo 4 anni di questo inferno.
<<Ehy, Jacqueline, come va?>>
Maicol. Maicol Hall. Identità: ragazzo della mia stessa età, che ha il mio stesso corso di fisica e biologia, che pensa di stare simpatico a tutti mentre nessuno lo sopporta. I suoi ricci biondi naturale mi ricordano spesso dei piccoli vulcani colorati pronti a esplodere, soprattutto se sono abbinati al suo paio di occhiali preferito, quelli con la montatura arancione arancia matura. Sono sicura che quando sarà adulto, sarà rinchiuso in un ufficio a lavorare come una bestia, per il suo quoziente intellettivo molto avanzato.
<<ALLA GRANDE! Tu?>>
Gli risposi con la mascella serrata per fare un bel sorriso anti: "tI oFfEnDi sEmPrE, cHe pErMaLoSa cHe sEi!". Roba che odio da pazzi. Mi sale il nervoso a mille a sentire solo questo genere di frasi.
<<Bene grazie! Oggi ho fatto Storia con la professoressa Smith e bla, bla, bla...>>
Ma perché mi sta ancora parlando? Meno male che io nel cervello ho un tasto per non ascoltare tutto quello che dicono gli idioti, o sarei già esplosa in mille pezzi a causa loro. Soprattutto con questo: Maicol ha vinto il Nobel per essere la persona più pesante mai esistita...
<<Uhhh....Io devo andare, ho la lezione tra poco, sai com'è...A dopo!>>
Lo saluto mentre velocemente fuggo in un'aula completamente a caso, senza che me ne importi che ci sia qualcuno dentro pronto a rimproverarmi. Per fortuna, non c'era nessuno a parte me. Solo io e la solita solitaria aula. Però, se dobbiamo essere precisi, era quella di arte.
E sapevo già cosa fare lì dentro.
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Con il colore che si era sparso su tutta la mia maglia color bianco neve, osservavo il mio quadro sulla tela soddisfatto.
Avevo cosparso (senza un ordine preciso) su tutta l'opera dei colori rosso fuoco brillante che facevano da sfondo, mentre in primo piano una scritta nera a caratteri cubitali, richiamava l'attenzione dello spettatore.
FUCK THE SYSTEM.
Fancu*o il sistema, tradotto dal inglese. Perché? Perché in questa società in cui viviamo fa tutto schifo.
O siamo troppo grassi, o siamo troppo magri. O siamo troppo alti, o siamo troppo bassi. O siamo troppo duri, o siamo troppo gentili. O siamo troppo intelligenti, o siamo troppo stupidi. O siamo troppo così, o siamo troppo cosà.
Direi che è tempo di ribellarci, no?
Esco, dalla stanza dalla finestra mentre me ne torno a casa.
Non mi importava più di seguire le lezioni, ora sarei tornata a casa simulando un mal di pancia. Facile. Troppo facile per passarla liscia, ovviamente.
Appena arrivai a casa, mia madre che era in presente in casa non mi disse nulla.
Solo continuò a lavare i piatti in silenzio, senza spiccare parola. La casa è un mortorio con tutto quel silenzio.
E io ODIO il silenzio, anche se oramai ci ho fatto l'abitudine.
Da quando è morto mio fratello minore tutto ciò che era colorato e pieno di colori, non esisteva più. Si era tutto prosciugato nei miei genitori. Nella loro camera.
Nei dipinti appesi in corridoio. E nelle vecchie foto di famiglia.
Ma mai in me.
Dentro il mio cuore, c'è ancora qualche granello di colore che spera di ritrovare mio fratello, in tutti i suoi colori esplosivi.
Perché sono sempre stata alla ricerca di un' opera che avesse tutti i colori del mondo assieme, uniti in un unico quadro.
Il dipinto perfetto.
Ed era mio fratello ad esserlo.
Vivace, gentile e protettivo, il bambino perfetto dove si trovavano tutti i colori del mondo, uno coordinato al altro.
A testa bassa, sospiro.
Nessuno si è mai accorto della mia presenza e mai nessuno se ne accorgerà. E' terribile sentirsi così...vuoti.
Senza nulla da dire e senza nessuno che ti ascolti. E quella sensazione non ti lascia mai.
Trasforma la tua abitazione che chiamavi "casa" in un luogo comune in cui semplicemente vivi.
E fa schifo come tutto sei cambiato in così pochi attimi, senza che nemmeno io me accorgessi.
Sul mio letto, sono poggiate dei disegni scarabocchiati, oramai tutti strappati e distrutti dalla altra notte.
Che cosa è successo, lo so solo io. E non voglio confidare a nessuno cosa è successo. Le persone non sanno ascoltare nessuno, nemmeno loro stessi. E a chi interessa la storia di un adolescente?
A nessuno.
Per questo le persone fanno schifo. Sono egoiste e stronz*, sperano solo che loro stiano bene, mentre gli altri a quel paese.
Mentre la sera cala sul mio viso e lascia che il freddo gelido mi accarezzi il viso, raccolgo la mia roba velocemente, prestando attenzione a non fare rumore.
I miei indumenti, denaro e oggetti importanti sono tutti spariti nel mio zaino della Eastpak militarizzato, mentre come un gatto veloce sparisco nella notte illuminata da piccoli puntini bianchi.
Un foglio giace sul mio letto, e con parole scandite riferisce:
"Abbiate la forza e la speranza di continuare a vivere, nonostante il mondo vi sia crollato addosso."
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