-Moral of the story-

La pioggia scrosciante che stava accompagnando i passi delle persone di fretta per andare al lavoro, era inconfondibile. Poi, i bus che correvano da una parte all'altra ripieni di gente, le metro soffocanti in cui ogni volta puzzavano di fritto del ristorante e i piccoli tram che attaccati come insetti ai fili percorrevano le vie del centro, erano tutta roba che per me, Jacqueline Monroe, non era mai andata a genio. Nè ora, ne mai.

Così, mentre gli abitanti di questa enorme metropoli si preoccupavano per il loro lavoro, davanti al nostro muro inconfondibile (lo avevamo ribattezzato "Il muro dei sogni", per tutti quelli che volevano raccontare una parte della loro vita lì) in cui dipingevo sempre con le bombolette a spray, il mio partner Jaden mi scrutava indifferente, come al solito.

<<Che hai oggi?>>

Gli chiesi tagliando corto, mentre i suoi capelli nero scuro ondeggiavano seguendo un ciuffo più luminoso, uno tinto di verde chiaro fluo. Lui alzò le spalle sgarbato, mentre tirava un occhiata veloce al nostro muro: in tutto quel buio che ci attorniava era l'unica cosa che, in un esplosione di colori lucenti, illuminava tutta la strada.

<<Nulla, il solito mood, sai com'è.>>

Mi ripeteva sempre "sai com'è", ma io non lo sapevo mai. Non lo capivo quando diceva così. Se il suo mood era: "Ok, siamo fottu*i, andate allora tutti a fancu*o", siamo messi bene. Perché Jaden, nonostante sia il più figo di tutto il quartiere, con quel suo paio di jeans strappati e la felpa nera oversize che va di moda, rimarrà sempre un tipo sfigato che dice ancora: "Bella frate" o "Come butta Bro?"

Roba ormai avanzata da molto tempo, in sostanza.

<<Che dipingiamo oggi?>>

<<Io avevo in mente un qualcosa riguardante lo spazio.>>

<<Si vede proprio che sei una femminuccia.>>

Ah, già, scusate, piccolo dettaglio importante: è anche uno sfigato perché crede ancora nel maschilismo. Ora mi ricordo il motivo perché spesso gli vorrei proprio dare due ceffoni.

<<Ho capito. Oggi dipingo da sola.>>

<<Tanto finisce sempre così, lo sai bene anche tu, Jacqueline.>>

<<Zitto, sto lavorando.>>

Lo zitti io, mentre con la bomboletta color bianco pallido disegnavo stelle che avrebbero dominato l'opera e meravigliato lo spettatore. Il loro compito che gli stavo dando, era fondamentale per me: far capire cosa c'è oltre un dipinto, un quadro a prima vista banale. 

Perché è questo che gli artisti fanno: disegnano il mondo facendo notare invisibili dettagli che nessuno riesce a distinguere, trasformando tutta l'opera in magia. Li chiamano fuori di testa quelli così, io li chiamo semplicemente: "artisti".

Con un altro spruzzo color argento, aggiungo più meraviglia alle stelle nel muro formando delle piccole ombre sparse per tutto il disegno. Sembra che stiano cercando la loro madre. La luna. Mentre penso questo, come se Jaden mi avesse letto nel pensiero, la aggiunge grossa e tondeggiante, con una spruzzata di nero.

<<Tutti noi abbiamo una parte invisibile che nessuno di noi fa vedere. Pure i corpi celesti più magnifici.>>

Aggiunge, per poi far partire la nostra canzone preferita: Moral of the Story, di Ashe, a tutta bomba mentre il mondo reale diventava solo un ricordo irrecuperabile.

Some mistakes get made
That's alright, that's okay
You can think that you're in love
When you're really just in pain
Some mistakes get made
That's alright, that's okay
In the end it's better for me
That's the moral of the story, babe.

Ci era sempre piaciuta questa canzone perché rappresentava la nostra adolescenza: Facciamo ca**ate, sbagliamo e continuiamo a farlo al infinito, sperando nel amore e nella amicizia che ci salvi da tutto questo.

Ma sappiamo che infondo, anche se nulla di questo si avvererà, va bene così, girerà ancora così per molto tempo la ruota, nel bene e nel male.

Nei litigi senza fine e le rotture di cuore.

Nelle ferite incucibili e nei pianti notturni.

Nelle cicatrici sulle braccia che bruciano e la droga nascosta.

Negli errori e i pentimenti più fatali.

Perché crediamo nel amore e nel amicizia facendo errori.

Ma va bene così.

Perché questa è la morale della storia.


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