Specchio

Accendo il cellulare: sono le sette e mezzo del mattino. Adesso le altre dovrebbero svegliarsi.

Infatti, dopo dieci minuti siamo tutte già vestite e preparate per la colazione.

Io, che non ho mai prestato attenzione ai dettagli, oggi ho passato gran parte del tempo che avevo a disposizione per sistemarmi il ciuffo ribelle che mi cade sulla fronte e per trovare i giusti leggins da abbinare alle Vans (che avevo messo solo pochissime volte prima).

"Iris! Quanto ti serve ancora? Siamo in ritardo!"

La voce di Rebecca mi riporta al Mondo, devo andare da Marco! Assolutamente e immediatamente.

"Arrivo!"

Mi appunto rapidamente i capelli dietro alla nuca e raggiungo le altre quasi correndo. Sono consapevole che non dovrò dare a vedere a nessuno della nostra 'relazione' (se così può essere chiamata), ma ho ancora sulle labbra il sapore del suo bacio, e di certo non voglio dimenticarlo.

"Dimmi un po', Iris... Ti sei rimessa a nuovo per qualcuno?" Le ho appena viste e già iniziano con le domande stupide.

"Sì, per il prof. Di Arte..." Almeno sanno cosa significa la parola 'sarcasmo' e non fanno ancora battutine da bambini dell'asilo. Ma io non sono ancora felice, forse è perché mi sento -almeno un po'- più sicura di me, dopo ciò che è successo stanotte.

"Quindi voi siete uscite?"

Le quattro ragazze si scambiano uno sguardo imbarazzato, tutte cercano una risposta negli occhi dell'altra, ma nessuno sembra trovarla.

Finchè la bugia immensa di Elena non rompe il silenzio. "Sì, ci siamo molto divertite... Siamo andate un po' in giro per l'hotel... Vero, Ely?"

Elisa sgrana gli occhi, incapace di continuare la menzogna iniziata da Elena, la quale è molto felice di essersi tolta un peso. "S...Sì, verissimo"

Mi giro dall'altra parte, soffocando una risata. In quel mentre passiamo davanti alla porta dei ragazzi, all'interno della quale regna un silenzio di tomba. È molto strano, quasi impossibile, ma ciò non toglie la possibilità che siano già arrivati nella sala da pranzo. Mi aggrappo a questa speranza e continuo a scendere i grandi scalini di marmo, sforzandomi di partecipare alla conversazione delle altre.

Durante il tragitto si aggiungono a noi gli altri due gruppi: quello delle ragazze dell'altra sezione (con le quali non abbiamo mai legato) e un alcuni super popolari. Ma del gruppo di Marco e dei suoi 'amici' non c'è traccia.

Arriviamo nella sala da pranzo nella quale regnano ancora i particolari giganteschi. Ma ora è anche enormemente deserta.

Il cuore mi batte a mille nel petto. Dove sono i ragazzi? Dov'è Marco?

Con il passare dei minuti tutti cominciano a sussurrare qualcosa del tipo:

"Ma gli altri?"

"Che fanno?"

Ogni lettera mi colpisce come un proiettile d'argento uccide un lupo mannaro. Ma questa volta le parole non sono inutili, sono terribilmente vere.

Provo ad assaggiare un biscotto, sperando che siano comprati, ma purtroppo anche questi oggi non vogliono essere d'aiuto: rivoltanti come la cena di ieri.

Per distrarmi dal sapore orrendo della colazione guardo il gruppo di insegnanti in fondo alla sala. Non si sono seduti a nessun tavolo, e sono completamente in ansia. Due professori, armati di telefono, sembrano comporre tutti i numeri possibili e immaginabili, gli altri si portano continuamente le mani ai capelli ed una sta piangendo in silenzio.

Il mio briciolo di speranza è sfumato via, ancora una volta.

Con la scusa di prendere una fetta di torta vado al banco vicino a dove sono i professori e cerco di ascoltarli, senza farmi notare.

"Ho chiamato tutti i ragazzi, non rispondono..."

Dice una voce.

"Che facciamo?"

Un'altra.

"Io chiamo la Polizia, ho deciso."

Sussurra la voce di prima.

"No! Ne potrebbe risentire la reputazione della scuola! Ti immagini? Tutti i giornali parlerebbero male di noi!"

"Ma che importa! Sarebbe peggio se li trovassero dentro ad un fiume!"

Sobbalzo. Non può essere.

"Andrea, non essere esagerato. È solo una scappatella da adolescenti, che ti aspetti... Comunque la Polizia andrebbe chiamata..."

Basta. È troppo. Metto nel piatto una fetta di crostata alle arance e torno a sedermi. Speravo che almeno questa fosse decente, ma a quanto pare sbagliavo ancora.

"Reb, vado un attimo in bagno, ok?"

Non ce la faccio più a stare qui, ho bisogno di rinfrescarmi le idee.

"Ok"

Torno in camera percorrendo di nuovo il tragitto al contrario, barcollando su ogni scalino. Cerco di non piangere, ma credo sia impossibile.

Il mio cuore è fatto di fiori. Ho sempre pensato così.

E oggi i fiori si sono gelati, completamente.

Entro nella camera 64 e corro in bagno. Faccio uscire dal lavandino l'acqua più fredda che posso e me la lancio con violenza in faccia. Ora non capisco quali gocce siano lacrime, e quali siano semplicemente acqua. Ripeto l'azione per altre tre volte, e poi mi accascio lentamente sul pavimento, con la schiena che scivola sul grande specchio a muro che arriva fino al pavimento.

Inclino la testa verso l'alto, guardando il soffitto.

"Non può essere. Marco non può essere fuggito. Non può avermi abbandonata... Non può essere affogato dentro ad un fiume..."

Mi giro verso lo specchio, è completamente ricoperto da gocce d'acqua. Vedo la mia immagine riflessa: la pettinatura che avevo fatto con tanta concentrazione si è completamente rovinata e la T-shirt bianca è fradicia. Per non parlare della mia faccia: sono semplicemente sconvolta.

È possibile che si possa cambiare così tanto in poche ore? A quanto pare sì.

Alzo la mano destra e la poggio lentamente sulla superficie liscia e umida dello specchio. Penso che anche Marco, ovunque sia in questo momento, stia toccando uno specchio, o un qualsiasi pezzo di vetro, in cui si vede riflesso, immaginando che ci sia proprio io dall'altra parte.

Impossibile. Queste cose succedono solo nei libri, o nei film. Ma non nella realtà.

La realtà ormai è ben lontana dai pensieri, gira intorno solo a telefoni o a altre cose superflue.

Telefoni?

Mi alzo di scatto e arrivo al letto dove dormo, dove il mio telefono cellulare è ancora sulle coperte.

Un messaggio in segreteria.

Da Marco.

Non credo ai miei occhi: almeno so che non è morto!

Lo apro subito, è un vocale. Mi assicuro che non ci sia nessuno intorno e lo faccio partire.

Iris, quando ascolterai questo messaggio probabilmente ci starete già cercando. Ma non lo fate. Torneremo tra poco, stai tranquilla, STAI TRANQUILLA, mi raccomando. Non dire a nessuno di questo messaggio e non scrivermi. Quando posso lo farò io. Cancella il messaggio. Ciao.

Fine. Otto secondi di messaggio vocale nel quale mi dice di non cercarlo e stare zitta. Fantastico. Ora sì che posso stare tranquilla. Abbozzo qualche domanda da mandargli, ma mi blocco sul momento dell'invio. Come mai non vuole che gli scriva? Una cosa è certa: se non vuole non lo farò.

Sento delle voci soffuse oltre la soglia della porta: arrivano. Cancello il messaggio, spengo il cellulare e me lo metto in tasca: non voglio che mi scoprano. Prendo una felpa a caso dalla valigia e la indosso, solo per nascondere la maglietta bagnata.

La porta si apre. Ho fatto appena in tempo.

"Ehy, perchè hai la felpa?" Mi chiede Rebecca, guardandomi in un modo strano.

"Ho..ho...ho solo freddo..." Cerco di trovare una scusa in fretta e furia, e trovare scuse non è la mia specialità: sono quasi trenta gradi al sole.

"Ah, va bene. Comunque preparati, andiamo a San Marco."

Non capisco: "Che? Nonostante mezza classe sia sparita?"

Elena fa spallucce: "Sembrerebbe. Comunque meglio andare in giro che rimanere in camera."

"Già." Boh, non so se è giusto andare a divertirci mentre Marco è chissà in quale situazione. Ma io non posso farci nulla.

Anche se non credo che mi divertirò molto...

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Ed ecco il settimo capitolo!

Che ne pensate?

Questo è solo l'inizio di qualcosa di molto più grande, nel quale Marco e Iris saranno coinvolti in prima persona.

Per oggi vi lascio sulle spine...

A presto!








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