Soli
Raggiungo frettolosamente la stanza e spalanco la porta, ho voglia di gridare al Mondo intero la mia felicità.
"Marco! Ce ne andiamo!"
Le ante dell'armadio si aprono ed il ragazzo esce dal mobile, iniziando una corsa sfrenata verso di me. Quando mi raggiunge, tra mille schizzi, le sue braccia mi cingono la vita in un dolce abbraccio.
"Grazie." Sussurra. "Grazie di tutto."
Lo stringo ancora più forte, è solo questo quello che riesco a fare. Le parole giuste non mi escono dalla bocca neanche a pagarle. Ma tanto sono inutili, no?
Credo che questo possa diventare il nostro motto.
Mi libero dalla presa di Marco e mi siedo sul letto più vicino. Ci sono ancora troppe cose da chiarire, troppe vette da superare. E di certo non le oltrepasseremo senza far nulla.
"Noi ora torniamo a casa, ma te? Come fai a venire via?"
Sbianca. Non ci aveva pensato. Possibile tocchi sempre a me trovare le soluzioni più strane?
"Non lo so. Non ci avevi già pensato te?"
Sgrano gli occhi.
"Cosa? Mentre tu eri chiuso nell'armadio che hai fatto? Non ti è neanche passato per la mente?"
Scuoto la testa, non serve a nulla litigare adesso. Prendo il telefono dallo zaino, fortunatamente asciutto, ed inizio a cercare siti su siti su Internet.
I taxi sono fuori uso per la pioggia.
I pullman non partiranno fino a domani mattina (credo il nostro faccia eccezione).
L'unica opzione sono i treni. Certo, mandare un ragazzo cercato in tutta Italia da solo in un Freccia Rossa non è il massimo, ma credo di non avere scelta.
Senza chiedere l'autorizzazione a Marco estraggo un fogliettino dallo zaino ed inizio a compilare un biglietto a nome di un certo Tommaso Mazzi, 15 anni, residente a Verona, che paga con una PayPal con lo stesso codice di quella di mio padre. Che strano caso.
Premo 'Invio' e ripongo il biglietto, con scritto il codice della carta di credito, nello zaino.
Mi ricordo ancora quando presi l'appunto, alcune settimane fa. Trovai la carta gialla sul tavolo della cucina, così pensai subito di scrivermi i numeri sul retro. Pensavo che ci avrei potuto comprare una maglietta, o dei pantaloni, di certo non immaginavo neanche minimamente di dover ordinare un biglietto del treno per un ragazzo in pericolo. Ma tutto può succedere.
Porgo il telefono a Marco. "Tieni."
"Che ci faccio?"
"Ti ho comprato un biglietto del treno. Oggi alle 10.05. Nella stessa stazione del nostro autobus. Ricordati che sei Tommaso Mazzi e viaggi da Venezia alla stazione vicino a casa nostra. Il biglietto lo trovi nella casella di posta, mostrarlo dopo al controllore."
Prende il cellulare in mano e sorride, stupito.
"Ma grazie!"
Gli scompiglio i capelli mori sulla testa, ancora un po' umidi.
"La password è 0101."
Ride. "Però! Che fantasia!"
"Se fosse stata un'altra non te la saresti ricordata."
"Probabile..."
Mi mordo il labbro inferiore e mi aggiusto i capelli dietro all'orecchio.
"Come ti immagini Tommaso Mazzi?"
"Beh, con occhiali da sole neri, un ciuffo di capelli in stile 'calciatore' e giubbotto di pelle. Sì, me lo immagino così."
"Preferivo Marco, ma non importa. Cerca gli occhiali e il giubbotto, io intanto prendo il gel per capelli."
Mi alzo e vado in bagno, intanto sento: "No? Davvero! Mi prendi alla lettera?"
Per risposta continuo: "Occhiali e giacca!"
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Venti minuti dopo, Marco è diventato una sorta di pop-star degli anni '80. Con tanto di leccata di mucca in testa.
Mentre si guarda allo specchio io commento: "Non mi piaci..."
Lui fa spallucce: "Io invece credo di star bene. Fai i complimenti a Laura per gli occhiali e a Elisa per il giacchetto."
"Sì, certo." Dico, con una nota di sarcasmo nella voce.
Guardo l'ora nel telefono: sono le nove e mezzo.
"Marco, vai. È tardi... Dovresti arrivare alle tre del pomeriggio, aspettami al parco davanti alle scuole."
"Va bene... Allora a dopo..."
"A dopo..."
Apro la portafinestra e Marco varca la soglia. Spero vada tutto bene, ma il nostro futuro è già stato scritto.
È stato scritto da un autore di drammi, ne sono certa. Perchè dentro adesso mi sento un dramma.
Sola.
Io sono sola.
E lui è solo.
In un Mondo che ci odia.
Delle voci si dissolvono nel corridoio, sono arrivate. Chiudo la porta e inizio a prepararmi per partire.
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È inutile raccontare cosa è successo nel viaggio. I soliti giochi stupidi, a cui, come al solito, non partecipo. Mi sono seduta da sola, nello stesso sedile dell'andata. Non è mai piovuto, così non c'è stata l'umidità adatta per disegnare un occhio sul finestrino. Ci sono stati momenti in cui mi sarei volentieri messa a piangere pensando a Marco e a cosa sta passando adesso. Anche se sono riuscita a trattenermi. Insomma, il solito viaggio.
Sono scesa dal pullman da poco più di tre minuti e mi trovo già per la strada di casa. A quest'ora non c'è nessuno che mi possa venire a prendere, il che non mi dispiace affatto. Riesco benissimo a fare un chilometro a piedi.
Un passo dopo l'altro mi ritrovo davanti al portone della mia abitazione: una villetta a schiera sviluppata su due piani, niente degno di descrizione.
Prendo le chiavi ed entro. Come mi aspettavo è tutto deserto, proprio come mi occorre. Corro in camera ed inizio ad ammucchiare lo stretto indispensabile per alcuni giorni fuori casa. Alcuni abiti di ricambio, qualche biscotto, panini al prosciutto, acqua, caricabatterie, fazzoletti, torcia, corda, soldi, ombrello portatile...
Metto tutto in un enorme zaino di mio padre e lo indosso. Vado in cucina e scrivo nella lavagnetta nera appesa al muro:
'Sono fuori con Rebecca e Laura. Torno stasera.'
Penso alla mia famiglia, come reagiranno quando non mi vedranno arrivare? Non voglio farli soffrire per colpa mia, ma a volte bisogna prendere una decisione, corretta o sbagliata che sia. E io ho fatto la mia scelta.
Mentre prendo le chiavi di casa vedo un'altra cosa che attira la mia attenzione: quelle della bici.
Non si sa mai... Potrebbe sempre servire.
E così faccio, chiudo la casa e vado in garage a prendere la mia Mountain Bike. Mentre esco mi viene un altro dubbio: Marco?
Torno nella stanza raso-terra e inforco la bici di mio padre: abbastanza grande per portare il guidatore ed un passeggero sul portapacchi.
Così mi dirigo al parco.
Cosa mi aspetto? Non lo so.
Ma questi giorni mi hanno insegnato che è inutile ragionare giorni interi su un piccolo particolare della mia vita, tanto lei farà solo e soltanto come vuole.
Giro l'angolo per ritrovarmi nella strada principale del paese, svolto a destra e arrivo di fianco al parco dove vedo Marco aspettarmi seduto sulla panchina più nascosta, quella dove vai quando non vuoi farti vedere da nessuno.
Questo è un ottimo esempio.
Entro nel parco e pedalo fino alla panchina, dove Marco mi accoglie venendomi incontro.
"Ciao, Tommaso." Dico, scendendo dalla sella.
"Ciao! Ora che si fa?"
Va dritto al punto. Ha fretta. Lo capisco.
"Si torna a scoprire la verità."
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Ed ecco anche il tredicesimo capitolo. Come mi aspettavo oggi non è lunedì, ma non importa.
Il piano sta andando per il verso giusto, ma cosa accadrà nei prossimi capitoli? Quale sarà la verità?
No, niente spoiler!
Cosa aggiungere?
Al prossimo capitolo!
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