Parole

Non so cosa rispondere. Certo, io preferirei che tornasse da dove è venuto, ma chiedere ad un essere testardo come un ragazzo di rinunciare ad una gita di tre giorni è impossibile. D'istinto prendo lo zaino per un lembo e lo tolgo dal sedile.

Cos'ho fatto? No, no, no, non può essere.

Non riesco a dire una parola, la bocca mi rimane aperta, senza un motivo. Lui si siede e mi dona un sorriso dolcissimo, devo ammetterlo. Solo adesso riesco a mormorare un debole: "Sì, certo...". Ed è a questo punto che si solleva dall'autobus uno sciame di bisbigli del tipo: "Hai visto? Marco si è seduto da Iris..." Tutti ci guardano, tutti tendono le orecchie verso di noi. Ci sono abituata, ma ogni volta è straziante. Sapevo che non avrei dovuto farlo sedere accanto a me, adesso la mia gita è ufficialmente rovinata.

Giro la testa verso il finestrino, è coperto di umidità. Con l'indice inizio a disegnare i contorni di un occhio. Gli occhi sono la mia fissazione, li disegno ovunque: sui libri di scuola, nei quaderni... Ho appena finito di tracciare le lunghe ciglia inarcate verso l'alto, che l'umidità fa scendere piccole gocce d'acqua lungo il finestrino del bus in partenza. Accelerano, rallentano, si uniscono, si separano, si fermano, e ricominciano la loro danza. "Bello" una voce mi distoglie dalla mia immaginazione. Marco guarda il mio disegno seriamente, come se fosse un capolavoro. "Grazie, ma non è niente di che..." Ed è vero, ormai l'occhio è straziato dalle 'lacrime', se così vogliamo chiamarle. Lui tira fuori dalla tasca il cellulare, si avvicina a me, e scatta una foto al mio disegno. "Ehi!" Mi viene naturale dire. "Scusa, se vuoi la elimino..." Lui mi mostra la fotografia: ebbene, non è l'occhio ad essere in primo piano, ma il mio profilo. È riuscito a fotografarlo senza che io me ne accorgessi, ammirabile. "Wow, bella immagine. Davvero" Lui arrossisce, i suoi occhi verdi e profondi diventano una fessura, sopra ad un sorriso tra i più sinceri che abbia mai visto.

Per un momento, ma solo per un momento, mi sembra un bel ragazzo. Impossibile, non potrei mai innamorarmi di uno che mi scatta le foto senza che me ne accorga... o forse sì?

In quel momento dai sedili posteriori si alza una risata. Forse stanno giocando ad un gioco stupido, o hanno sentito quello che ci siamo detti io e Marco. Sembra che lui mi legga nella mente: "Lasciali stare, non capiscono niente." Ha ragione, non capiscono nulla. Non capiscono che tutto ciò che dicono è insensato, sono sicuramente gelosi. Le persone vogliono esprimere tutti i loro sentimenti tramite parole, e spesso ciò che vogliono dire è crudele. Loro vogliono solo ferire le persone più deboli usando frasi, parole, lettere, pungenti più di un ago nel cuore.

Tutte quelle inutili parole.

Io le conosco bene, noi le conosciamo bene.

Per questo non le utilizzo per rispondere a Marco, mi limito ad incurvare leggermente le labbra, come ha fatto lui prima. Il mio sorriso non ha niente a che vedere con il suo, ma io ci provo ugualmente. Spero che rimanga impresso nella sua mente come è successo a me con lui.

E ci sono riuscita.

"Ti va di ascoltare un po' di musica?" "Certo" rispondo, questa volta più decisa, mentre lo guardo infilare gli auricolari nel cellulare. Apre Spotify e mi porge una cuffia, tranquillamente, come se per lui fosse la cosa più semplice del Mondo, o almeno così vuole farmi credere. Io sono indecisa su cosa fare: devo accettare l'invito o rifiutarlo? Di sicuro questo sarebbe stato l'argomento al centro delle conversazioni della classe per un mese. Ecco altre stupide, inutili, parole che mi avrebbero fatto soffrire. Rimango un po' così, con la mano a mezz'aria. Finché una forza strana, che non avevo mai sentito in me mi permette di allungare le dita ed afferrare le cuffie.

Cosa me ne importa di loro? Adesso posso essere felice, e lo sarò.

Parte una canzone a me conosciuta: Perfect, di Ed-Sheeran. In silenzio ascoltiamo la musica. I found a love, sì, anche io ho trovato l'amore, e se non è amore sarà un'amicizia che durerà nel tempo. Ne sono certa.

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