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"Tu non sai cosa mi è successo!" sussurrai a Mara, durante la lezione di italiano.

Mi guardò con occhi vispi, sempre pronta a sentire scoop, per sfamare il suo animo da pettegola, tipico di ogni ragazza.

"Sofia ha detto che collaborerà con me al progetto! E lei-" mi interruppi subito. Non volevo raccontare alla mia migliore amica della domanda che mi aveva posto quella ragazza tutta pepe.

"E lei? Dai continua, non farmi rimanere sulle spine!" mi rimproverò.

Come non detto: ecco che apparve in tutto il suo splendore la 'pettegola numero uno'.

"E lei ha bevuto un ginseng." Non potevo formulare una risposta che avesse un filo logico con il discorso precedente?!

"Mi stai prendendo in giro?" squittì Marta, beccandosi un'occhiataccia dall'insegnante.

La mia amica si rimise a guardare la lavagna sbuffando, mentre io tirai un sospiro di sollievo: non avrei dovuto giustificare la cavolata appena detta.

Dopo tre ore di lezione potei, finalmente, ritornare a casa e buttarmi sul letto. Non avevo neanche molta fame, così decisi di dormire, cullato dalle note di Mozart.

Amo la musica classica. Lo so, è strano per un ragazzo di 18 anni.

Però, già da subito, avevo messo in chiaro di essere diverso dagli altri...

Mi addormentai per circa due ore, quando il telefono iniziò a vibrare sul comodino, dove lo avevo lasciato, assopendomi.

"Pronto?" risposi,con la voce impastata.

"Tesoro, ciao! Ma ti ho svegliato?"

"N-no tranquilla, mamma. Dove sei?"

"Sono a New York, per quella conferenza di cui ti avevo parlato. Papà è qui con me. Lui ne avrà un'altra questo pomeriggio. Argomento: malattie infettive."

"Interessante! Quando porterete anche me negli Stati Uniti? E quando ritornerete a casa?"

"Ma è anche noioso, infatti andrò a fare un po' di shopping. Presto tesoro, prest-" la interruppi.

"Dici sempre così..." sbuffai.

"Quando io e tuo padre avremo le vacanze nello stesso periodo, ti ci porteremo. Promesso. Comunque dovremmo ritornare fra tre giorni."

Mia madre continuò a parlare e a ripetere le solite raccomandazioni che sentivo da diciotto anni.

"E, infine, non accettare caramelle dagli sconosciuti..."

"Mamma?! Tra poco avrò vent'anni! Saprò cosa mangiare e cosa no" buttai gli occhi al cielo.

Era incredibile...mi trattava ancora come se fossi un bambinetto.

"Ora devo andare, ciao! Salutami papà." riagganciai.

Passai tutto il pomeriggio a fare i compiti, cercando di non pensare al giorno dopo: avrei saputo di che morte morire per storia.

Dopo cena andai a farmi una doccia calda: l'acqua danzava fra i miei capelli castani, alcune gocce mi accarezzavano gli zigomi.

Iniziai ad insaponarmi e la mia mente vagò, fino a quando riuscì ad approdare in Sofia.

Come avrei fatto a convivere con una ragazza così ribelle e menefreghista?

Ad un certo punto l'acqua divenne gelida: chissà da quanto tempo ero sotto la doccia!

Mi infilai il pigiama e mi distesi sul letto, prendendo un libro dalla mia piccola biblioteca personale: ero arrivato nel momento in cui il bad boy si dichiarava alla ragazza.

'Che teneri!' pensai, mentre un po' di invidia si insidiava nel mio cuore.

È un libro, dannazione! Queste cose non succedono nella vita reale.

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Mi ero addormentato con il libro in faccia e la luce accesa...tipico!

Avevo sognato che Sofia mi avesse legato ad una sedia e mi stesse lanciando delle torte addosso.

Quanto amore...si vedeva che ero terrorizzato da quella figura.

Sentii un rombo profondo che proveniva dalla strada e, a poco a poco, aumentò sempre di più.

Mi affacciai dalla finestra di camera mia e vidi, nell'oscurità, una figura magra ed aggraziata che scendeva da una moto.

Si avvicinò al cancelletto della mia villetta a schiera e si tolse il casco.

Con un colpo della testa, i capelli si liberarono e scoprirono un volto angelico.

No. Che dico. Quello era il diavolo in persona.

Alzò lo sguardo su di me e le sue labbra fecero un ghigno.

"Ciao Lombardi"

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