Capitolo Ventuno

Accampamento di Goguryeo

I cavalli chiusi nel recinto nitrivano e scalpitavano dalla scorsa notte, da quando la cerimonia funebre si era consumata in un tripudio di suoni e colori. Persino la terra aveva risentito di quell'accalcarsi di rumore. Yoon Ah osservava gli animali muoversi in un pascolo stretto e nervoso, ma in realtà non stava badando a loro. Il sapore del vino che aveva condiviso con Seung Hyun le era rimasto stretto sotto al palato. Non si era sciolto nemmeno con l'acqua. Anche ora lo masticava insieme alla saliva, come un legame invisibile che era destinato a intrecciare le loro vite.

Si leccò le labbra e incastrò la punta dello stivale nel terreno. I soldati le vagavano accanto con maggiore attenzione, ma la disciplina non era tornata a vigere nell'accampamento. Da quando era stata eletta Generale non aveva riposato che poche ore e come se non bastasse, il fuoco usato durante la cerimonia del gut le aveva bruciato ogni singola parte dello spirito. Si era ritrovata spesso, in quei giorni, a grattare via la pelle che sentiva ustionata anche se non vi era alcuna macchia. Tae Ryu le aveva sempre detto che lei era fatta di fuoco e che se non avesse imparato a moderare il suo temperamento, anziché purificarsi sarebbe stata avvolta dalle fiamme. Quella possibilità non la angustiava. Ciò che le lasciava quel fastidioso strato riarso sulla pelle era la mancata elaborazione del lutto. Anziché onorare la morte di suo padre si era gettata a capofitto nella ricomposizione dell'esercito.

Afferrò una lunga ciocca schiarita. I capelli erano ormai sfibrati e avevano perso l'antica lucentezza. La polvere vi si era infilata dentro e anche la pelle sotto i vestiti ne soffriva. Desiderava immergersi in una fonte d'acqua calda, chiudere gli occhi e lasciare che il fuoco fuoriuscisse da lei, per non bruciare più.

Un filo di vento le sfiorò il collo. Udì passi frettolosi avvicinarsi, mescolati all'erba talmente calpestata da essersi sollevata. Yoon Ah si voltò, lasciando i cavalli alle spalle, e incontrò Tae Ryu nel suo incedere poco elegante e perentorio. Accanto a lui camminava il Principe Senza Sonno: Sam Chung Ho, Principe di Silla. Era trascorso così tanto tempo dall'ultima volta che lo aveva visto. Avanzava in abiti neri come le tenebre notturne. Una fascia di capelli ondulati gli copriva parte del viso, mentre gli altri erano raccolti in una coda bassa. Il fodero dorato di una spada dondolava alla cintola.

Le labbra di Yoon Ah si incresparono in una smorfia. Restia, accennò ad un inchino e sussurrò a denti stretti: «Daegun Mama, non attendevamo una vostra visita.»

Da quando la guerra era scoppiata, Yoon Ah aveva smesso di comportarsi con lui come un tempo. Nelle sue vene scorreva il sangue nobile di Silla e per quanto avesse dimostrato di essere fedele a Daejong, non poteva esserne certa fino in fondo. E lui era di certo mutato dal Principe che era stato. 

Chung Ho, la cui umiltà era stata spesso scambiata per falsa modestia, si inchinò come fosse stato un suo pari. Sollevò gli occhi nascosti dalla fascia di capelli e allargò le spalle. Su di esse sembrava pesare l'intera fatica del mondo.

«Il Principe Sam Chung Ho è incaricato di recapitare un messaggio urgente per volere del Re, Agasshi. Dovremmo offrirgli l'ospitalità che merita» intervenne Tae Ryu, schiarendosi la voce.

Yoon Ah arrotolò la lingua sotto al palato per ingurgitare il rammarico. Chung Ho non era il suo principe, né lo sarebbe mai stato. Onorarlo non era un compito che le spettava ma non poteva ritrarsi. Scontenta, indicò loro di seguirla verso la tenda Generale, ormai ripulita dall'incenso che a volte credeva ancora di sentire impregnato nel tessuto. Attraversò l'accampamento in silenzio, udendo i passi di un giovane uomo simili alla brezza del vento. Leggero, mutevole, invisibile. Il fuoco doveva temere l'aria che era in grado di alimentare le fiamme.

Tae Ryu aprì un lembo della tenda e Yoon Ah entrò, senza mostrare nessun accorgimento nei riguardi dell'ospite. Suo cugino provò ad ammonirla con un nuovo schiarimento di voce, ma non vi badò. Si accomodò sulla nuda terra, dove non aveva predisposto giacigli migliori, soprattutto in vista dei prossimi spostamenti. Le comodità sarebbero state rimandate ad altri tempi.

Chung Ho, con la spada stretta nella mano sinistra, si accomodò dall'altra parte del tavolo. Tae Ryu si premurò di portare una coppa colma di vino di riso e tre ciotole, prima di sedersi accanto a lei.

«Vostro cugino mi ha messo a parte dello spiacevole evento che ha colpito l'accampamento giorni or sono, e di conseguenza il nostro esercito. Il Generale Lee, vostro padre, era un uomo dall'animo nobile e sarà per il Re un estremo dolore venire a conoscenza della sua dipartita» esordì il principe.

Yoon Ah lanciò un'occhiata in tralice a Tae Ryu, il quale non mosse un ciglio, immobile in una posa statuaria. Talvolta era grata che fosse rimasto con lei. La diplomazia di cui era dotato addolciva l'irruenza di lei.

«Tae Ryu vi avrà anche informato, allora, che i soldati mi hanno eletta come nuovo Generale» rispose senza guardarlo.

«Una decisione improvvisa, ma non inspiegabile. Dovuta di certo alle circostanze. Sono sicuro che il Re non avrà ragione di contestare tale scelta.»

La voce di Chung Ho si era mossa come un filo d'ombra nell'aria. Yoon Ah arricciò le labbra e per stemperare il colore rosso che si agitava nel petto, afferrò la coppa di vino per versarlo nelle tre ciotole con poca grazia. Non perché fosse sprovvista di eleganza, ma per dimostrare di essere all'altezza del suo ruolo.

«Il Re ha la mia completa fedeltà, ma mi chiedo se abbia la vostra» lo redarguì.

Tae Ryu chinò la testa e la richiamò con lo sguardo. Non aveva intenzione di dargli ascolto e tornò a fissare Chung Ho, che anziché adirarsi, sorrise. Era la prima volta che vedeva sciogliere da quel viso i colori dell'ombra. Prima di rispondere il principe afferrò la ciotola piena:

«Avevate promesso di non diffidare più di me, Lee Yoon Ah, o lo avete dimenticato?»

Parole. Le parole del vento erano pericolose. Yoon Ah disegnò un sorriso e passò l'indice destro sul bordo della ciotola. Non avrebbe bevuto il vino di riso, che amava ben poco, ma nell'accampamento non vi era nulla che acquietasse di più i pensieri quando di notte diventavano spine avvelenate.

«Non è mio il compito di mettere in discussione il più stretto confidente del re.»

«Lasciamo gli affari di corte alla Corte e occupiamoci della guerra. Sam Chung Ho è arrivato qui con un messaggio del Re e dovremmo ascoltarlo.»

Se Tae Ryu non fosse intervenuto, Yoon Ah non avrebbe placato le provocazioni. Aveva notato come Chung Ho tenesse stretta la spada tra le mani. Da soli, probabilmente, avrebbero finito per sollevare una tempesta. Il principe annuì verso suo cugino e posò la ciotola di vino con cui aveva solo inumidito le labbra. Non vi era uomo più sobrio in tutta Goguryeo, forse per tenere a freno i sonni che lo affliggevano.

«Mesi or sono il Re inviò a Baekje una spia all'interno del Palazzo, per timore che le trattative per un'alleanza sarebbero crollate sotto la pressione di Silla. Il Re di Baekje è stato deposto dopo un colpo di stato solo poche settimane fa, ma la notizia è stata sottaciuta a lungo per ingannare Goguryeo nell'avere ancora un alleato.»

Un sibilo si introdusse nelle orecchie di Yoon Ah. Un sibilo simile ad un serpente ferito, tramortito da una morte improvvisa. Le sopracciglia crollarono e le labbra si tesero tanto da trasformare il volto in una maschera di ghiaccio. Persino Tae Ryu non aveva osato spezzare il silenzio che era calato nella tenda.

«Il Re è a conoscenza dell'emissario che sotto i vessilli di Baekje è stato accolto da voi. Qual è il suo nome?» insisté Chung Ho, chinando la schiena verso di lei.

Yoon Ah non osò rispondere. Aveva smesso di guardare la realtà, per rifugiarsi in un mondo colmo di fili intrecciati. Fra tutti questi vi era anche quello che l'aveva legata ad un inganno. Il respiro si mozzò in gola e per un attimo temette di non ricordare più come respirare. Il ronzio nelle orecchie si interruppe quando Tae Ryu intervenne al suo posto:

«Kim Seung Hyun.»

Chung Ho batté un pugno sul tavolo e il naso si arricciò con malanimo.

«L'infiltrato di Baekje ritiene che sia stato lui ad organizzare il colpo di stato» sussurrò, prima di guardarla «siete stata ingannata, Lee Yoon Ah, qualunque alleanza vi abbia promesso.»

Tae Ryu roteò gli occhi al cielo e strinse i pugni sulle ginocchia. Yoon Ah cacciò via la saliva amara. Il fuoco le divampò nello stomaco. Afferrò la ciotola colma e la scaraventò a terra. La polvere imbevuta di vino si inumidì fino a formare una macchia, simile al sorriso di una tigre. Si alzò in piedi ma le gambe tremarono come fossero state toccate dall'umiliazione. Era stata manovrata con tanta facilità.

«Riferite al Re che Kim Seung Hyun oltrepasserà presto questa vita. Mi occuperò io stessa della sua dipartita» biascicò tra i denti.

Il principe la raggiunse, continuando a stringere la spada nella mano sinistra. L'oro scintillava nel suo pugno come fosse toccato da una creatura divina. Un drago correva sulla fodera laminata.

«Si è dimostrato un temibile avversario» le fece notare.

«Tra una settimana Kim Seung Hyun tornerà insieme ad un contingente» aggiunse Tae Ryu, che era rimasto seduto a terra con le sopracciglia doppie a formare mille pensieri «con la convinzione di entrare nell'accampamento senza ripercussioni. Dovremmo colpirlo nel momento in cui sarà più vicino.»

Tae Ryu non mostrava alcun risentimento verso quell'inganno. Dopotutto, lui si era appoggiato a Seung Hyun per pura convenienza, ma non aveva ceduto la sua fiducia. Lei invece lo aveva fatto. Yoon Ah mosse la testa in segno di diniego. Portò le mani ai fianchi e guardò le punte degli stivali, prima di voltarsi. Le unghie si conficcarono fin sotto gli strati di tessuto, per toccare una pelle infiacchita da false ustioni.

«Con il rischio che fugga? No, non posso permetterlo. Seguiremo i suoi piani. Lo accoglieremo come un alleato e non appena avrà la certezza di averci ingannato, lo cattureremo.»

Chung Ho inspirò a fondo: «Rimarrò qui ad aiutarvi, se me lo permetterete.»

Yoon Ah sollevò un lembo della tenda e prima di tornare all'aria aperta, senza guardarlo, concluse: «Tornate alla capitale, dove sarete più utile al Re. Non conosciamo le sorti della battaglia e un principe di Silla morto entro i confini di Goguryeo metterebbe il nostro Regno in una posizione ben peggiore di quella in cui si trova.»

Non gli diede tempo di rispondere ed uscì.

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