Capitolo Sei (Parte II)

Nonostante la grande scalinata – che collegava il piazzale principale del monastero ai suoi confini – fosse coperta da lastre di ghiaccio, Yoon Ah saliva i gradini con poca attenzione. Le calzature imbottite vi scivolavano sopra senza nessuna aderenza. Aveva affrontato terreni peggiori di quello, e ora aveva per la testa un affare più importante.

Consegnata una missiva a uno dei soldati, lo aveva pregato di farla arrivare a suo padre. Il Generale Lee aveva affidato a lei, e a Yoon Sik, la sicurezza del Principe Ereditario, ma aveva chiesto di loro di rimanere continuamente in contatto. Lui avrebbe fatto ritorno il giorno seguente, mentre perlustrava le montagne per trovare nuovi indizi.

Yoon Ah si strinse nella pelliccia. Il tramonto era scivolato via troppo in fretta e il monastero di Nangnang, colpito dai raggi della prima luna, appariva spettrale. Non si sentiva al sicuro, lì. Nelle notti come quella ci si aspettava che accadesse qualcosa. Il chiaro di luna, con la sua luce argentea, illuminava così bene la terra da renderla un prezioso campo di battaglia. E quella sera le stelle erano coperte da un'eccessiva luminosità.

Si fermò sull'ultimo gradino e guardò in basso, verso la scalinata ghiacciata. Non aveva da temere spiriti e mostri che correvano nell'abisso della notte. In fondo, non era lì da sola. Non era come una delle escursioni solitarie che suo padre le aveva fatto praticare sin da bambina, per imparare a cavarsela senza l'aiuto di nessuno. Eppure, il mondo a metà le aveva sempre trasmesso timore. Quel mondo che era appartenuto a sua madre, e che lei aveva rigettato per rimanere al fianco del padre.

«Yoon Sik!»

Una voce cristallina, appuntita come un ago di ghiaccio, vibrò nelle orecchie.

«Yoon Sik!»

Yoon Ah tornò a guardare davanti a sé. Sotto al Padiglione, affacciato sulla scalinata, Sun Hee avvolta da un mantello arancione scuoteva un corpo crollato sulle gambe. Il volto di suo fratello era contratto, le gambe fremevano come giunchi al vento.

Saliva amara si incastrò sotto la lingua. Le membra gelarono al nuovo grido della Principessa. Non riuscì a muovere nemmeno un passo verso di loro, le dita vibrarono intorpidite dal gelo. Aveva visto così tante volte i suoi compagni contorcersi per il dolore, per il sangue perso, per la paura. Suo fratello, però, era una questione diversa. Non vi era nessuno a cui tenesse tanto.

Orabeoni.

Il grumo di codardia incastrato in gola si sciolse. Il coraggio, lei, lo aveva nelle vene. Non importava quanto le sarebbe costato. Scattò in avanti, ma scivolò sull'ultimo gradino. La spada tintinnò al fianco come l'ululato di un lupo ferito. Se una mano non l'avesse afferrata per il polso, avrebbe battuto la fronte a terra. Il calore, e il freddo, si mescolarono sotto la pelle. Quel tocco era impresso di veleno, di sacro, di inavvicinabile.

Si ritrovò davanti agli occhi castani di Chung Ho: braci ardenti che avrebbero riscaldato la neve, solo per poi gelarla di nuovo. Yoon Ah non resse il suo sguardo. Vi era qualcosa di oscuro, luminoso, nel fondo delle sue iridi.

Passò sotto al suo braccio e si liberò dalla presa. Non era lì per giocare, ma per correre da suo fratello. Chung Ho, però, la bloccò per una spalla e la spinse contro il tronco del pino che cresceva sulle sporgenze della scalinata.

Il Principe di Silla portò un dito alle labbra e le chiese di fare silenzio. Onde scure di capelli caddero sulla fronte. Yoon Ah batté un pugno contro la sua spalla ferita, e lui anziché ritirarsi continuò a tenerla ferma. La presa non era nemmeno così forte. Se solo avesse voluto si sarebbe divincolata con estrema facilità. Qualcosa la tratteneva. Di nuovo la paura, la consapevolezza di averne. Smise di contrastarlo solo quando le grida di Sun Hee terminarono. E Chung Ho la lasciò andare solo allora.

«Perché mi hai fermata?» lo colpì al petto, per allontanarlo. I capelli sciolti dalla coda bassa le finirono sulle spalle, spettinati, ghiacciati. Quella sera avrebbe fatto cadere qualunque onorifico.

Chung Ho lanciò un'occhiata verso il Padiglione.

«Il tuo intervento non sarebbe stato risolutivo. Non avrei dovuto ascoltare la loro conversazione, ma credo che tuo fratello abbia preferito così.»

Yoon Ah digrignò i denti e passò una mano sulle labbra secche per scacciare via il sapore amaro.

«E ritieni ancora che io sia nel torto se ti considero una spia?»

«Continui a non fidarti di me? Lo hai promesso: avresti smesso di trattarmi come un nemico se ti avessi sconfitta in duello, e così è stato. Dovresti mantenere la parola data.»

Non vi era rimprovero nella sua voce. Anche nelle avversità era come una carezza fatta di seta. Aveva iniziato a comprendere perché Daejong lo avesse tanto a cuore. Vi era qualcosa, nel Principe di Silla, che lo rendeva degno di essere seguito, e ammirato. Questo, però, non poteva permettere che accadesse a lei.

Lasciò correre. Si limitò a dargli le spalle e conficcò le unghie nella corteccia del pino. Sun Hee aiutò suo fratello ad alzarsi ma lui, anziché seguirla, si congedò per recarsi dalla parte opposta. Si erano divisi, anche quella volta, senza una parola. Spesso Yoon Ah si era sentita sciocca per non aver spinto Yoon Sik a sposare la donna che aveva amato, e che di sicuro amava ancora. Il timore che Sun Hee, con il suo sangue straniero, avrebbe indebolito il Generale Lee aveva prevalso, persino sui sentimenti di suo fratello.

Socchiuse le palpebre solo per un istante. Posò la fronte sul dorso della mano.

«Mia madre, prima di essere cacciata da Goguryeo, mi pregò di occuparmi di lui» rivelò ad alta voce. Le confessioni non le erano mai piaciute, ma credeva che sotto la luna piena queste potessero purificarsi. «Il cuore delle persone gentili, non potendo contenere tutto l'amore del mondo, diventa più grande, sempre più grande, fino a indebolirsi.» Un brivido freddo corse lungo la schiena. «A quel tempo non avevo compreso cosa intendesse dire, ma ora so che il suo intento era quello di avvisarmi. Avrei dovuto prendermi cura di Yoon Sik, invece non ho fatto altro che fingere che stesse bene. Come se non fosse afflitto da una grave malattia. Lui crede che io non lo sappia, ma non sono cieca.»

Chung Ho adagiò una spalla al tronco dell'albero. Incrociò le braccia al petto e voltò la testa abbastanza da poterla guardare.

«Chi soffre di mali incurabili non li ostenta. Lee Yoon Sik è fiero della propria dignità, non permetterebbe alle sue debolezze di venir fuori tanto facilmente. Vivere in modo normale è qualcosa a cui ambisce chi soffre sempre.»

Yoon Ah si soffermò sulla forma lunga del suo naso. Leggermente adunco, spinto verso terra. Stava parlando di sé. E ora che le tornava alla mente, in quei giorni non lo aveva mai visto riposare, né dormire, se non a intervalli irregolari. La stanchezza aderiva lungo tutte le sue membra, scosse da leggeri tremiti. Persino i suoi occhi erano cerchiati di nero.

Smise di guardarlo, quando lui lo notò e le sorrise. Yoon Ah cacciò indietro un ringhio. Solo allora si accorse che sui polsi si stendevano tracce di sangue. Si volse verso di lui e gli afferrò entrambe le mani. I palmi erano coperti da una lunga macchia rossa.

«Non è il mio» la rassicurò, come se ne fosse preoccupata «la ferita di Daejong si è aperta ancora una volta. I monaci sono riusciti a fermare l'uscita del sangue e ora sta riposando.»

«Dovrebbe essere curato da un medico reale, non trovarsi qui.»

«Ha bisogno di tempo.»

«Per cosa? Non è un bambino. Se teme le reazioni del padre, quando salirà a trono temerà anche quelle della Corte» sbuffò, allontanandosi dal pino.

Si avviò verso il piazzale attorno a cui si ergevano gli edifici per gli ospiti. La pelliccia si fece più pesante sulle spalle, i capelli attaccati accanto alle guance divennero sempre più freddi. Non ebbe bisogno di guardare indietro per capire che Chung Ho l'aveva seguita. Stirò le labbra in una smorfia e si voltò verso du lui.

«Non mi capacito di come un sangue reale, possibile erede al trono di Silla, si comporti come una sacrificabile guardia del corpo.»

Chung Ho la superò, con le braccia schiacciate contro i fianchi. Vestito in quel modo leggero, senza mantello, avrebbe rischiato di ammalarsi. Eppure sembrava che il freddo non scalfisse la sua pelle. Le rivolse un mezzo sorriso.

«Sono più adatto a servire che a governare.»

«Tutte sciocch-» non riuscì a contestarlo.

Il vento schioccò contro le fronde dei pini. Aghi ghiacciati si disseminarono nel piazzale. Yoon Ah guardò verso la scalinata. Un nuovo soffio le sollevò parte dei capelli. Qualcuno, qualcuno stava respirando così forte da scuotere il cielo. Un soffio più potente la investì. Cadde a terra, battendo il mento. Chung Ho le rotolò accanto e la coprì con un braccio quando li raggiunse un nuovo vortice. La polvere mescolata alla neve li avvolse. Yoon Ah tossì, strisciò indietro e sollevò una mano per coprire gli occhi. Fra le fessure delle dita riconobbe una sagoma poco distante da loro.

Argento. Un abito d'argento sembrava aver strappato il colore della luna e fasciava un corpo robusto. Su spalle larghe si depositavano capelli sfibrati, tagliati in modo così rude da renderlo uno spirito inciampato nella notte. Metà del volto era coperto da un fazzoletto nero. Su un lato era ricamata una camelia bianca.

Yoon Ah perse il fiato. Non per quello spirito risalito dalle tombe, ma per il fiore. Lo stomaco si torse fino a scuotere le viscere.

«Porta Daejong e la Principessa lontano da qui» mormorò a Chung Ho. Lo spinse in piedi e indicò con un gesto di allontanarsi.

«Non ti lascio sola.»

Yoon Ah posò un ginocchio a terra e lo lacerò con lo sguardo.

«Questo non è un tuo problema: non sei la mia guardia del corpo. Vai!»

Chung Ho, restio, si allontanò solo dopo qualche istante con la mano stretta attorno al pomo della spada. Yoon Ah lo seguì con la coda dell'occhio e una volta svanito nell'edificio in legno tornò a guardare verso lo spettro d'argento.

L'uomo tendeva un arco verso di lei. La freccia puntava contro il suo cuore. Il braccio fremeva appena nel freddo della notte. I suoi occhi grigi, scuri, fusi con le ombre, erano colmi di fuoco.

«Chi sei?» 

Yoon Ah tenne la lama bassa, su cui si riflettevano gocce di luna. Fatta eccezione per la scalinata non vi erano vie di fuga. Doveva permettere a Chung Ho, quando fosse uscito con Daejong e Sun Hee, di dirigersi da quella parte. 

L'uomo non rispose. Continuava a tenere l'arco immobile, in una minaccia silenziosa. Se solo avesse voluto a quella distanza l'avrebbe colpita in pieno petto. Eppure non scoccava. Yoon Ah aggrottò le sopracciglia. Mosse un passo avanti. Tirò fuori dalla cintola un coltello e lo lanciò verso la mano che stringeva la curva dell'arco. Lo spirito si limitò a schivarlo, ma non rispose alla provocazione.

La pazienza non era mai stata nelle sue corde. Yoon Ah coprì la distanza fra loro, strinse il pomo della spada con leggerezza e, piegando la schiena, mirò alle sue gambe. L'uomo saltò in alto abbastanza da non ricevere il colpo. Tornando a terra, anziché prestare attenzione ai suoi giri di spada, corse verso la luce di candele accese nell'edificio in cui era ospite il Principe. Non aveva fatto altro che aggirarla per trovare la strada sgombra.

Chung Ho uscì dalla porta fasciata di carta di riso. Daejong, semisvenuto, si teneva aggrappato alle sue spalle. I lunghi capelli neri erano mescolati al sangue della ferita. Sun Hee, avvolta nel lungo mantello arancione, lo sosteneva da dietro perché non rovinasse a terra.

L'uomo d'argento tese di nuovo l'arco. Lo puntò verso il Principe.

Yoon Ah scattò verso di lui, ma la freccia partì prima di poterlo fermare. Sun Hee avvolse Daejong col proprio corpo per tenerlo lontano da ogni male.

«Gongju Mama!» gridò Yoon Ah, la voce si spezzò nel vento.

Le palpebre si chiusero per timore che il cuore salisse in gola. Un suono metallico le fece riaprire gli occhi. Uno scudo rotondo aveva deviato la freccia, dietro di esso si ergeva Yoon Sik. Aveva spinto a terra Sun Hee, per evitare che la freccia la colpisse al posto del fratello.

L'arciere non vi badò e slittò verso il punto in cui Chung Ho stava correndo, tenendo Daejong ancorato a sé. Yoon Sik tirò lo scudo verso di lui e lo disarmò prima che scoccasse una nuova freccia. L'uomo d'argento cadde a terra e rotolò nella polvere ghiacciata.

Yoon Ah lo raggiunse e puntò la spada al viso mascherato. I capelli sfibrati coprivano occhi lunghi, piccoli. Vi trovò un'ombra di passato. Lui, ancora una volta, rimase immobile. La guardò nella sua assenza di lamenti. Non provò nemmeno a liberarsi della lama che vibrava sul naso. Si limitò solo a chiudere gli occhi, come se quella disfatta lo avesse liberato. Yoon Ah si inginocchiò e strappò via il fazzoletto nero.

Gli zigomi bassi, il viso tondo, le guance raccolte su se stesse in una pienezza che ricordava la luna. Ora, persino quegli occhi le furono familiari. La spada le sfuggì di mano e disarmata lo afferrò per la jeogori, tirandolo a sedere. I capelli tagliati con così tanta rudezza finirono sul viso a coprire un manto di vergogna.

«Tae Ryu» sussurrò. 

**

/ La camelia bianca. Cosa vorrà dire la camelia bianca, a cosa sarà ricollegata? E' uno degli indizi che Yoon Sik ha nascosto. E Tae Ryu - per chi non ha letto la prima versione della storia - chi è? 
Vi lascio con queste piccole domande prima del prossimo aggiornamento <3.

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