Capitolo Sei (Parte I)
La notte non aveva ancora portato via gli ultimi strascichi di sole. La luce pallida, che stava scivolando via, batteva contro le lastre di ghiaccio formate lungo la terra battuta del monastero. La neve arroccata sui tetti pioveva a terra per diventare solida. Nonostante il freddo, e la pelliccia che si era infilato sulle spalle, Yoon Sik tremò per un flusso caldo che corse lungo la schiena. Il tepore, misto al gelo, era sgradevole.
Seduto sotto al Padiglione, dove ancora giaceva il soban che aveva accolto il tè del Principe Ereditario, soffiava fra le mani per scaldarle. Nella teiera non era rimasto nulla, scuoterla nella ciotole abbandonate non aveva senso. La lasciò da parte e tirò le labbra in una smorfia.
I monaci avevano smesso di recitare i loro sutra, le campane non suonavano più. Le orecchie, però, vibravano nel silenzio della sera. Solo i pini, con le loro foglie aghiformi, cantavano al respiro del vento. Se fosse rimasto ancora lì, l'indomani ne avrebbero trovato una statua di ghiaccio, ma c'era qualcosa di piacevole nel sentire le dita atrofizzate. Nella leggera sofferenza vi era un bagliore di vita.
Una gonna arancione si parò davanti alla vista. Mani congiunte lo fissavano con rimprovero. Quando sollevò il mento incontrò due occhi disegnati in cui si disgregavano angoli di verde. Yoon Sik chiuse le palpebre: non riusciva nemmeno a guardarla. Si inginocchiò per alzarsi, e andare via, ma Sun Hee lo pregò di restare. Si sedette accanto a lui, come un tempo. Un tempo che faceva parte solo dei ricordi.
Il sorriso di lei non era mai mutato: scavato nella pelle candida, incisivo, forte. Se solo suo fratello avesse avuto la metà dello spirito di Sun Hee, e lei avesse avuto l'avvenenza sconsiderata di Daejong, Goguryeo avrebbe sofferto meno. Quel Regno sarebbe germogliato se lei ne fosse diventata la Regina, ma la Corte non lo avrebbe mai permesso.
«Puoi evitarmi, Yoon Sik, ma il miglior modo per eludere qualcuno è affrontarlo. Non credi?»
La sua voce era un bagno caldo, calmo, riuscì persino a rilassare i muscoli contratti. E rimase lì, seduto accanto a lei. Dopotutto, non aveva più senso correre via. Un guerriero non nasconde la propria vergogna.
«Non ti ho cercato per renderti intollerabile questo momento, e se la mia presenza sarà troppo gravante, prometto che andrò via presto» continuò, senza chiudersi nel lungo mantello pesante che la avvolgeva «non sarei qui se non fossi l'ultima persona da cui mi sia possibile conoscere la verità. Chung Ho non tradirà la fiducia di mio fratello, né Yoon Ah andrà contro il volere di vostro padre. So che sarai sincero di fronte a qualunque mia domanda.»
Yoon Sik chinò la testa. Una nuvola di respiro uscì dalle labbra. Invidiava l'impassibilità di Sun Hee, nonostante la tempesta. Il controllo del corpo, delle dita ferme, della lotta contro il freddo. Quelle di lui, invece, tremavano.
«Non provo stima nei confronti di Daejong» si azzardò a dire, in memoria della loro antica vicinanza «ma conosco il cuore che muove un fratello. Tenere all'oscuro i propri cari è un modo che abbiamo per salvaguardarne la serenità. Temo, però, che non abbia ancora compreso che voi, Gongju Mama[1], abbiate forza abbastanza per sostenere la sua e la vostra sofferenza.»
Gli occhi tondi di Sun Hee si inclinarono e divennero più oscuri. Non aveva mai tollerato che qualcuno osasse offendere il fratello, ma se il sangue non li avesse legati, che opinione avrebbe potuto avere di lui?
«Daejong, questa volta, è quasi morto. Mio padre e i suoi uomini sono stati attaccati poco prima di raggiungere i confini di Nangnang. Vostro fratello è stato ferito sotto la scapola, e non è ancora in grado di sollevare completamente il braccio. Ha perso molto sangue, credo ne perda ancora, la ferita è profonda e tarda a rimarginarsi. Se non avesse ripreso conoscenza non avremmo potuto somministrare i tonici adatti, e sarebbe morto nell'arco di pochi giorni, ma immagino che sia stato fortunato, o avesse un disperato desiderio di sopravvivere.»
Era la verità che tanto desiderava? Eccola, non l'avrebbe nascosta. Non si era nemmeno preoccupato di distendere il tono della voce, di rendere il resoconto in modo più accogliente. Era così sciocco, così folle, credere in un Principe Ereditario più morto che vivo, più odiato che amato.
Sun Hee schioccò la lingua sotto al palato. Non vi era barlume di lacrime nei suoi occhi. Se non l'avesse conosciuta a fondo, l'avrebbe dipinta come tutto il resto della Corte: impassibile, priva di emozioni, gelida come il ghiaccio. E non era nulla di tutto questo. Quella facciata lei l'aveva costruita col tempo.
«Dunque si è nascosto qui, al tempio, per evitare che mio padre il Re ne venisse a conoscenza. E per dare il tempo al proprio corpo di guarire» sussurrò, volgendo lo sguardo verso la lunga scalinata in pietra che conduceva in un giardino sottostante. «Tutto il tempo che ho dedicato alle preghiere non fa che diventare inutile. Sin da bambina ho vissuto più come una monaca, che non come una Principessa, nella speranza che parole gettate al vento placassero gli attentati subiti da mio fratello. Non posso più permettere alle parole di superare le azioni.»
Yoon Sik si umettò le labbra. Una nuova ondata di calore corroborò la spina dorsale. Il braccio sinistro formicolò al punto che per eliminare il torpore dovette scuoterlo. Lo nascose dietro la schiena e si lasciò andare a un sospiro. Guardarla, ancora, rendeva la sua vicinanza più difficile.
«Sun Hee-ah[2]» pronunciò il suo nome con lentezza esasperante. Senza onorifici, senza titoli. Come avrebbe fatto in passato. Non voleva saperne più di Daejong e di quei ridicoli intrighi di Corte. Voleva tornare indietro, a ripescare tutto ciò che aveva perduto. «Non provi nemmeno un po' di rammarico nei miei confronti?»
Sarebbe più facile se ne provassi. Mi odierei di più.
Lei sollevò le sopracciglia. Finalmente il corpo tornò a muoversi. Si chiuse nel mantello dai colori del tramonto, e la prima luce della luna lo bagnò di argento. I capelli arrotolati sulle spalle, sormontati da una pesante treccia sulla testa, profumavano di olio di camelia. Avrebbe preferito fosse stata un'essenza diversa.
«Sono passati tre anni, ormai, da quando tua moglie ha oltrepassato questa vita, ma tu porti con te ancora lo stesso rimpianto» lo rimproverò, allungando una mano verso la sua destra. La raccolse nella propria. «Come potrei averti in odio? La scelta di sposare la figlia del Primo Ministro ha portato grande sostegno a tuo padre, che aveva bisogno di un appoggio politico molto forte. Se avessi sposato me, come il tuo cuore ti chiedeva di fare, in cambio avresti ottenuto una principessa mezzosangue disprezzata dalla Corte. Hai scelto la tua famiglia, e questo lo comprendo.»
Coprì un singulto quando la mano sinistra tremò. Continuò a tenerla nascosta, mentre l'altra si abbandonava alla carezza fredda di Sun Hee.
«Per me sarebbe stato abbastanza» mormorò, cercando i suoi occhi «e invece ho superato il limite della mia natura. Quella innocente ragazza mi è stata devota, come ci si aspetterebbe da un'ottima moglie. Nonostante abbia vissuto con lei per dovere, non le ho mai rivolto più attenzioni del necessario. Sono stato freddo, pungente, distaccato. Talvolta l'ho persino odiata, perché mi aveva allontanato da te. Sapeva che non avrei mai potuto amarla, e lei mi ha restituito indietro solo affetto.»
La voce si macchiò di una nota stonata, rauca, che graffiò la gola. Il braccio sinistro tremò ancora e un nuovo flusso caldo irrorò nel petto.
«Quando morì, dando alla luce un bambino morto, sono quasi impazzito. Ho serrato le stanze perché nessuno entrasse in un posto tanto impuro. Ho cullato mio figlio come se quell'ultimo gesto disperato potesse farlo tornare in vita. L'amore che non ho ricambiato mi si è ritorto contro. Li ho uccisi entrambi nella freddezza del mio cuore, due spiriti innocenti condannati a morte a causa mia, solo perché non ho avuto il coraggio di sposare chi amavo davvero.»
Le lacrime fluirono fuori dalle ciglia. Umide, salate, solcarono il viso. Così spesso non era riuscito a guardare quelle mani che erano affondate nel sangue del parto, quelle mani che solo dopo giorni erano riuscite a staccarsi dalla carne morta. Se suo padre, il Generale Lee, non avesse fatto irruzione nella sua casa, di lui non sarebbe rimasto che un corpo vuoto.
Sun Hee strinse con più impeto la sua mano. Divenne più vicina, più fredda, più calda. Non la meritava.
«Non imputarti colpe che non hai» gli disse «come possiamo forzarci ad amare? Sai bene cosa disse quella mudang alla mia nascita. Sono destinata a sposare qualcuno che amerò grandemente, ma che sarà causa della mia rovina. Forse, abbiamo spezzato questo destino.»
Yoon Sik lasciò andare le sue dita. Anche per questo aveva deciso di rinunciare al matrimonio. Non poteva farsi carico, codardo, di una condanna simile.
Non ebbe la forza di rispondere. Il respiro si mozzò in gola. Il braccio sinistro tornò a formicolare. Batté un pugno al petto nel momento in cui il cuore iniziò a palpitare senza controllo. E d'improvviso fu come non averlo più.
Si accasciò di lato, piombando sulle gonne di Sun Hee. Un grumo di saliva fuoriuscì dalle labbra. Le grida di lei divennero eco e il mondo esplose in una luce accecante. Forse era finalmente arrivato il momento, il suo corpo lo stava abbandonando. Carne inutile, impura, buona a nulla se non alla morte.
Invece, il cuore riprese a battere. Lentamente, sempre più costante, e il respiro si affacciò di nuovo. Le membra tremarono in un lungo brivido.
Non ebbe la forza di rimettersi in piedi. Rimase lì, con la testa poggiata sulle gambe di lei. Le dita di Sun Hee passarono sul suo viso, tremanti. Questa volta doveva avere le lacrime attorno agli occhi, ma non ebbe il coraggio di guardarla. Fissò la teiera vuota. Avrebbe impiegato diverso tempo prima che la paura scivolasse via.
«Yoon Sik» lo chiamò «la tua malattia...»
«Non si guarisce da una infiammazione al cuore» mugugnò lui, togliendo il sudore dalla fronte. «Sun Hee-ah, non rivelarlo a mia sorella.»
E sarebbe stato meglio così. Spesso la moglie che aveva avuto lo aveva incoraggiato a oltrepassare la Via della Seta, a cercare medici saraceni che potessero aiutarlo ad alleviare la sua malattia, ma non le aveva mai dato ascolto. Se la vita aveva scelto per lui quel destino, l'avrebbe accettata.
«Yoon Ah non ne è a conoscenza?»
«Dovrebbe sopportare una sofferenza inutile. Come potrei dirle che il mio cuore potrebbe fermarsi da un momento all'altro?»
Ogni volta che accadeva, però, non era mai l'ultima. Avvinghiò le unghie attorno alle sue gonne e le strinse. Almeno per un po' quella sera desiderava trascorrerla così, in bilico fra la vita e la morte, fra le braccia di un amore che aveva rigettato.
**
Note: [1] Gongju Mama: Principessa, Vostra Altezza.
[2] Sun Hee-ah: "-ah" è una particella utilizzata per chiamare qualcuno in modo amichevole, intimo.
Ed eccoci qui con questo nuovo capitolo.
Sun Hee accenna ad una profezia che riguarderà l'uomo che sposerà. Yoon Sik, credendo di essere lui quello che l'avrebbe portata alla rovina, ha deciso di non sposarla. Ma, ehi, si sa quanto siano infime le profezie e anziché aver spezzato il destino, lo hanno instradato. Questa parte di storia però non verrà affrontata qui, ma nella storia principale, dove comparirà questo "qualcuno che amerò grandemente, ma che sarà causa della mia rovina". In questi spin-off sto lanciando molti, molti ami che verranno poi ripresi, e che qui fanno solo da base.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top