Capitolo Quattro
Yoon Ah posò l'orecchio contro la porta che separava la stanza in cui alloggiava il Principe dal corridoio. Risate soffuse emersero vive dalla carta di riso. Daejong aveva un sorriso sempiterno, ma quello che mostrava al mondo era colmo di una tristezza mite. Quando invece era in compagnia del suo fedele compagno, Chung Ho, il sorriso diventava sincero e puro. La relazione che li legava entrambi sembrava più forte di una solida amicizia, o di una fraternità scelta. Il modo in cui lo sguardo di Daejong si riempiva in presenza di Chung Ho era carico di dolcezza, e la cura con cui Chung Ho si occupava dell'altro era altrettanto sensibile.
Quei giorni, però, non potevano bastare a farla ricredere sul Principe di Silla, ma aveva promesso che almeno avrebbe tentato di fidarsi, per la buona convivenza di tutti.
Quasi le dispiacque interrompere le loro risate quando entrò nella stanza. Daejong sedeva nella sua dignitosa compostezza, nonostante la ferita alla schiena bruciasse ancora. Accanto a lui, a gambe incrociate, Chung Ho lo teneva d'occhio come un cane da guardia. Il medico se ne era da poco andato, dopo aver preparato dei tonici. Le sedute di agopuntura gli avevano donotato un colorito migliore.
Yoon Ah si inchinò, sostenendo il soban fra le mani, e si inginocchiò fra loro. Daejong le sorrise con la fragilità delle nuvole. La seta rosa su cui correvano ramificazioni d'argento gli illuminavano il viso. I capelli lunghi, pettinati con cura, avevano alcune trecce di perle bianche e una piuma bianca sormontava da un orecchio. Chung Ho, nei suoi abiti neri, sembrava solo la sua ombra. Nel domandarsi se la ferita alla spalla facesse ancora male, dove pochi giorni prima lo aveva colpito, finì per versare male il tè. Il liquido caldo colò sulle mani di Daejong, anziché nella ciotola che aveva sollevato.
«Jeoha![1]» esclamò, spostando il soban.
Chung Ho, in anticipo, asciugò le dita del Principe con un panno. Quest'ultimo non mostrò una sola ombra di dolore, nonostante la pelle arrossata. Un altro principe, al suo posto, le avrebbe gridato contro.
Yoon Ah curvò la schiena in segno di supplica: «Jeoha, perdonate le mie carenze. Non ho mai imparato a versare il tè.»
«Il dolore non è immutabile, non ve ne rammaricate.»
Daejong alzò i lunghi occhi su di lei, sorridendole con dolcezza. Yoon Ah crollò a sedere, cancellando subito la mortificazione. Quel ragazzo era un fiore in sboccio. Non aveva idea di come fosse sopravvissuto in quel difficile mondo, indossando come corazza solo il suo incarnato pallido.
Le fu più chiaro quando Chung Ho servì il tè. I suoi movimenti erano sicuri, fluidi, le sue mani non tremavano e la fermezza che suscitavano emenavano una sicurezza colma di calore. Ecco come aveva fatto. Chung Ho lo aveva protetto, trasformando la sua pelle in squame di drago, forti abbastanza per sostenere entrambi.
Nonostante Yoon Ah non avesse sollevato la ciotola per ricevere il tè, Daejong lo servì per lei. Non meritava di essere onorata in quel modo, ma non riuscì a pronunciare una sola parola. Guardò altrove, mentre i pugni si chiudevano sulle ginocchia.
Da bambina aveva trascorso lunghi periodi con lui, quando suo padre aveva ricevuto l'ordine di proteggerlo negli spostamenti dai Tang a Goguryeo. Non era mai cambiato da allora. Nessuno lo aveva mai sostenuto a Corte, la sua vita era stata costellata da pericoli continui, ma non aveva mai mostrato risentimento verso nessuno. Lei, al suo posto, avrebbe bruciato il mondo intero.
«Avete consegnato la mia lettera a qualcuno di fidato, Lee Yoon Ah?» le domandò Daejong.
Annuì, sollevando la ciotola piena.
«Verrà recapitata a Palazzo entro l'ora della capra[2], è in buone mani. Posso chiedervi il motivo di tanta urgenza?»
«Non dovete temere, il Generale ritiene che sia preferibile non far sapere a nessuno della mia ferita, ma conosco mio padre il Re, se non mi vedrà tornare entro il tempo prestabilito sguinzaglierà i suoi uomini per cercarmi.»
«Dunque lo avete rassicurato in quale modo?»
«Ho mentito, dicendogli che ho espresso il desiderio di fermarmi al monastero della capitale per pregare.»
Yoon Ah provò a ribattere, ma Chung Ho intervenne.
«Dovremmo recarci al monastero l'indomani, Jeoha. Vostra sorella è solita frequentarlo e se non vi troverà alimenteremo i sospetti.»
Dietro la corazza di drago del Principe di Silla vi era preoccupazione. In quei suoi occhi tondi, castani, vibrava il timore. Forse Yoon Ah lo aveva giudicato troppo in fretta, ma ciò che aveva imparato da suo padre è che non poteva fidarai di nessuno, mai. Le idee degli uomini cambiano a seconda della direzione del vento e persino un cuore sincero può diventare impuro. E il vento di Chung Ho era incontrollabile.
«Vi scorteremo fino al monastero, Jeoha. Lasciate che me ne occupi io. Per oggi, vi prego di riposare» disse Yoon Ah, alzandosi in piedi.
Si inchinò e uscì dalla stanza senza guardarsi indietro. Posò la schiena contro la porta e ricevette solo silenzio. Non era abituata ai tempi fermi, né alla calma del tè, o a occhi tanto profondi che cercavano di scavarle dentro. Le parole che Chung Ho le aveva rivolto giorni prima non l'avevano abbandonata: giurare fedeltà a una persona anziché ad un'idea le avrebbe garantito uno scopo più importante che servire solo il proprio clan.
Scacciò via quegli sciocchi pensieri. Contrasse i muscoli e si allontanò dal corridoio. Uscì sotto al porticato della casa che si schermava dal sole flebile dell'inverno. Presto sarebbero sbocciate le azalee nel verde dei campi, fino alle cime delle montagne e il bianco si sarebbe sciolto insieme ai maehwa.
Al centro del cortile recintato da mura in pietra Yoon Sik si stava allenando con una mezza lancia. I piedi sorvolavano sulla neve sciolta, tenendo le ginocchia così piegate che avrebbe potuto toccare terra. Il manico della lancia scorreva fra le sue mani con una rapidità tale che la barba rossa, attaccata sotto alla punta metallica, svaniva del tutto.
«Hai intenzione di rimanere a guardare per molto o prima o poi ti unirai a me?» le chiese, senza fermarsi.
Yoon Ah sorrise e con le mani chiuse dietro la schiena coprì la distanza. I capelli lunghi le sfioravano i polsi in una carezza ghiacciata. Yoon Sik piantò la lancia a terra e si voltò a guardarla. L'occhio destro, semichiuso, si mosse appena più dell'altro. La fascia grigia copriva la fronte alta e parte dei capelli raccolti in cima alla testa spuntavano fuori a circondare il viso squadrato.
«Credi di potermi battere ancora? Sono cresciuta, ormai» lo stuzzicò, in un arricciamento del naso propenso alla sfida.
Lui non colse le sue parole e la guardò in tralice, prima di voltare lo sguardo altrove.
«Nostro padre vorrebbe che diventassi una samurang[3].»
Yoon Sik non era mai stato bravo a mantenere un segreto, o a scegliere il momento adatto per fare la propria confessione. Il respiro si mozzò nella gola di Yoon Ah. Le sopracciglia caddero in un'espressione contrita.
«Un samurang?» mormorò «Dovrei allontanarmi da voi, vivendo come un'eremita solo per imparare a tagliare la carta con la spada?»
Le uscirono con troppo disprezzo quelle parole che grattarono sotto al palato. Non aveva bisogno di diventare uno di quei guerrieri.
«E' l'unico modo che nostro padre ha per coprire i sensi di colpa, Yoon Ah. Sa di non averti istruita come una donna del tuo rango e sa anche che lo seguirai in tutte le sue guerre. Per questo vuole che le tue abilità siano le migliori di Goguryeo.»
Il dolore che era passato all'altezza della fronte tornò, e Yoon Ah si trovò a sfiorare la ferita nascosta sotto alla frangia di capelli. Nel duello era superiore a molti, ma non a tutti. Se il suo punto di forza era la potenza, la velocità era una grave mancanza. Ciononostante non voleva trascorrere parte della vita all'ombra di un maestro soltanto. Estrasse la lancia abbandonata da suo fratello e gliela puntò contro.
«Sei stato allievo di un samurang, insegnami tu.»
Yoon Sik sorrise sghembo e scosse la testa.
«Sono un samurang a metà, sai bene che il mio maestro è morto prima che potessi completare l'addestramento.»
«Rifiuterò qualunque altro samurang» gli rispose, affondando la lancia verso il suo fianco.
A Yoon Sik bastò evitarla scartando di lato.
«Non cambierai idea, non è così?»
Senza darle il tempo di rispondere suo fratello superò la punta acuminata e le sottrasse il manico, facendo leva contraria sulla sua presa. La spinse a terra e Yoon Ah si ritrovò nella coltre di neve ghiacciata.
Scoppiò a ridere, gettando la testa indietro. Per un attimo le era sembrato di essere tornata bambina, quando suo fratello sapeva ancora come sorridere, senza quel velo di rabbia a coprire lo sguardo. Quando Yoon Sik le porse un braccio e lei lo afferrò, si accorse che dalla manica fuoriusciva un fazzoletto nero. Lo tirò via e lo stirò davanti al viso. Al centro era disegnata una camelia bianca e un grumo di sangue secco ne percorreva i bordi.
Yoon Ah corrugò la fronte. Quel simbolo le trapassò il cuore. Non ricordava quale fosse il significato, ma un brivido corse dietro la schiena. Suo fratello impallidì e le strappò dalle dita il pezzo di seta nera per rinfilarla nella manica della jeogori.
«Cos'era, Orabeoni?[5]»
«Nulla di cui tu debba preoccuparti.»
Il sorriso di Yoon Sik divenne meno trasparente. Il labbro inferiore tremò appena. Giocò con la lancia, puntellandola a terra, e indietreggiò.
«E' ora che vada a mostrare i miei rispetti al Principe» disse, per congedarsi con un'insolita fretta.
Yoon Ah controllò le lacrime affacciate sotto le ciglia. Rimase immobile, sgretolando le punte degli stivali sulle lastre di ghiaccio. Non voleva mandarlo via così, e non sapeva nemmeno spiegarsene il motivo.
«Domani lo scorteremo fino al monastero» aggiunse, spostando i capelli dietro le spalle «lei potrebbe essere lì. Se dovessimo incontrarla, riuscirai ad affrontarla?»
Yoon Sik, prima di andare, si voltò di tre quarti. Un velo scuro si dipinse negli occhi. Si limitò ad annuire, come se il cuore avesse ricevuto un annuncio di morte.
Yoon Ah lo guardò andare via, chiudendo le braccia al petto. L'affetto che provava nei confronti di suo fratello non era mai stato abbastanza. Qualcosa che si era spezzato non era mai stato cucito.
**
Note: [1] Jeoha: Princpe, Vostra Altezza.
[2] L'ora della capra nell'astrologia cinese corrisponde alle 13:00 - 14:59.
[3] Samurang: Grandi ufficiali del Regno di Goguryeo, trasmettevano le tecniche di combattimento con la spada a un solo discepolo alla volta. In realtà non esiste un reale riscontro storico su queste figure, si pensa anzi che la parola "samurang" non sia nata prima del XX secolo. Ho deciso di menzionarli in ogni caso, visto che nel Crisantemo parlerò dei Hwarang (storicamente accertati), volevo inserire anche qui una corporazione simile.
[4] Orabeoni: Fratello maggiore.
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