Capitolo Dodici

La luce delle candele non era più necessaria ad illuminare la grotta. Sul fondo, nascosto da tende pesanti, vi era un antro aperto, affacciato su un precipizio. Il sole filtrava appena, come fosse stata perennemente l'alba, attraversando le macchie fitte di alberi arroccati sul dorso della roccia. Yoon Ah aveva lasciato Chung Ho al di là di quelle tende, con la promessa che sarebbe stato presto liberato, non appena avesse ripreso i sensi.

Sua madre sedette dietro a un tavolo di pietra levigata. Su di esso giacevano libri, ciotole piene di polveri colorate, code di animali che fungevano da amuleti. Da un incensiere si spandeva nell'aria un'essenza profumata. Yoon Ah rimase in piedi, guardandosi attorno.

«Di tutto ciò che mi preme sapere, una cosa mi sta particolarmente a cuore. Siete stata voi a lanciare il sortilegio contro Tae Ryu?»

Parlare di sé, del passato, non sarebbe stato un buon inizio. Non riusciva ancora a guardare in viso una madre da cui era stata allontanata.

La mudang passò una mano sulle labbra, le trecce di capelli scesero sulla veste marrone che si stringeva in vita. La ricordava come una donna così bella, con i suoi lineamenti morbidi che contrastavano lo sguardo incontrollato, selvaggio. Forse suo padre si era invaghito di lei per questo, perché rappresentava due mondi ambivalenti. Nel mondo in cui vivevano, però, si doveva fare una scelta. Non si poteva essere entrambe le cose.

«Il ragazzo ha scelto infine di abbandonarmi» sussurrò lei in un mezzo sorriso, poi cercò i suoi occhi. «Sì, sono stata io a renderlo temporaneamente muto, come il resto di coloro che vivono per la mia stessa causa.»

Una precazuone così dura doveva rendere i suoi propositi deboli. Yoon Ah continuò a vagare nella stanza rocciosa, passando in rassegna ogni angolo, come fosse stato un segugio.

«Per quanto tempo Tae Ryu ha vissuto con voi? Credevamo fosse fuggito.»

«Tae Ryu non è più un uomo normale, Yoon Ah. Temo tu non lo abbia notato, ma tuo cugino è diventato uno sciamano. E' stato iniziato molto tempo fa.»

Di fronte a quelle parole si voltò per scoccarle addosso uno sguardo di fuoco. Si avvicinò al tavolo e posò le mani sui bordi.

«Questo è impossibile, non esistono sciamani uomini.»

«Lui è il primo» confessò sua madre, spostando le trecce dietro la schiena. «Quando il Re di Goguryeo punì le mudang con l'esilio, avevo intenzione di portarti via con me. Volevo fare di mia figlia una mudang per mantenere la discendenza. E' stato tuo padre ad opporsi a questo destino, non poteva permettere che la sua preziosa creatura diventasse... come me. Lo sai anche tu, essere una mudang non è un dono, ma un enorme peso.» Tirò su le spalle, come se fosse stata pronta a scusarsi. «Dovevo portare con me qualcuno che un giorno avrebbe ereditato le mie qualità, e ho scelto Tae Ryu.»

La sola idea che la sua vita sarebbe potuta essere così diversa le strinse lo stomaco. Vivere lontana da suo padre, da Yoon Sik, dalla guerra, era totalmente folle.

«Lo avete trascinato via e costretto ad una iniziazione forzata? Sarebbe potuto morire!»

Ecco perché lo sguardo di Tae Ryu era mutato. Del ragazzino allegro, ingenuo, che aveva conosciuto non era rimasto più nulla. Yoon Ah trattenne un singulto, e cadde a sedere con pesantezza sulla sedia.

«Ed è quasi morto durante il processo. Ciononostante ha vissuto una vita piena, insieme abbiamo oltrepassato la Via della Seta. Ha potuto vedere i templi d'Occidente, costruiti con la pietra, e persino Roma, tanto amata dai mercanti. Ho forzato la sua natura, perché superasse gli ostacoli sovrannaturali. Ho dovuto rischiare, gettandolo nel fuoco quando era ancora un bambino. E il fuoco lo ha sputato via. Sul suo braccio era incisa una cicatrice, il morso di una terribile creatura, che lo ha aiutato a controllare ogni elemento. Ai confini dei Tang è stato chiamato il Suddito della Luna e il Figlio delle Fiamme.»

Gettare un bambino nelle fiamme. Ecco quel lato selvaggio che la contraddistingueva, e di cui suo padre doveva aver avuto paura. Yoon Ah morse le labbra con una tale enfasi da sentire il sapore del sangue.

«Avete macchiato l'innocenza di un bambino, perché si trasformasse in ciò che siete voi. Non posso perdonarvi.»

Sua madre si lasciò andare a una risata leggera come le nuvole del tramonto, rosse di sangue.

«So che non puoi, e non devi. Ora che Tae Ryu è nelle tue mani, non dovrò più preoccuparmi del tuo futuro. Potrai usarlo come strumento a tua difesa.»

Yoon Ah batté un pugno sul tavolo. La pietra scosse le ossa fino a percuotere il braccio.

«Non userò nessuno come scudo.»

«Arriverà un giorno, Yoon Ah, in cui il tuo cammino si incrocerà con quello di una tigre. Una tigre nata durante l'eclissi di luna, e chiunque sarà accanto ad essa subirà enormi sofferenze.»

Ancora profezie. Quelle stesse profezie avevano portato via sua madre dall'essere tale. Yoon Ah piegò le sopracciglia e arricciò il naso con rabbia.

«Non temo le bestie feroci.»

«Questa non lo è. Miele sulle labbra, pugnale alla cintola[1]. Ricordatelo, quando la incontrerai sul tuo cammino.»

Sciocchezze. Non credeva a parole che affondavano in un futuro incerto. Se il destino era immutabile, non aveva senso preoccuparsene.

Non poté ribattere, perchè le grida di Chung Ho scrosciarono oltre le tenda.

«Il Principe di Silla deve essere tornato in sé.»

Yoon Ah guardò sua madre che si sollevò in piedi con lentezza esasperante. Lei fece lo stesso.

«Eominim[2], credete che andrò via di qui senza avervi fermata? Per quale motivo cercate di attentare alla vita di Daejong?»

La mudang socchiuse le palpebre e congiunse le mani in grembo. I suoi occhi scuri guardarono verso la luce che entrava dalla grotta aperta sul pendio della montagna.

«Per salvare Goguryeo. Se salirà al trono, il Regno cadrà.»

«Non credo alle profezie.»

«Non bisogna credervi perché si avverino.»

Yoon Ah aggirò il tavolo, passando le dita sui libri colmi di polvere, sulle code dei più diversi animali, saggiandone la consistenza molle.

«Ora che conosco le vostre intenzioni, Eomonim, dovrò portarvi con me a Nangnang.»

Sua madre squarciò la severità con un sorriso. Le posò una mano sulla guancia e la accarezzò con dolcezza.

«Yoon Ah, sei qui solo perché io ho deciso in questo modo.»

Non riuscì a comprendere le sue parole, se non quando si rese conto che la vista iniziò ad offuscarsi. Gettò uno sguardo verso l'incensiere da cui si espandeva l'essenza profumata. Doveva essere... 

*

I muscoli del corpo erano così intorpiditi da non riuscire a muoverli. Yoon Ah era come sospesa a un filo, in bilico fra due mondi. Il rumore di una corrente d'acqua si precipitava nelle orecchie. Le bastò sollevare le palpebre, con una fatica immane, per rendersi conto che un fiume scorreva al suo fianco e lei giaceva sui fili di erba umidi. Si puntellò sui gomiti, sollevando la schiena, e il mondo tornò a oscurarsi. Ciò che aveva inalato nella grotta doveva averla stordita al punto da indebolirla.

Seduto sulla riva del fiume vi era Chung Ho. Si sciacquò il volto più volte, strofinandolo con una tale forza che avrebbe potuto strapparlo via. La tensione dei lineamenti si dislocava fino alle spalle, e alle braccia, che nervosamente spazzavano via la corrente di acqua dolce.

«Cosa è successo?» gli domandò, una volta raddrizzata la schiena.

Chung Ho si voltò a guardarla, e smise di prendersela con il fiume. Si alzò in piedi e si spolverò la veste nera.

«Ho ripreso i sensi solo poco fa» disse, incrinando le labbra «ma chiunque sia stato, ci ha riportato a valle.»

«Quindi ce le siamo fatti sfuggire.»

Yoon Ah si stropicciò gli occhi con forza. La luce era fastidiosa, e tenerli aperti sarebbe stata una tortura. Li lasciò chiusi per un po'.

«Non avremmo avuto modo di fare alcunché, soltanto noi due. Siamo stati fortunati nel ritrovarci qui, entrambi vivi.»

Spiò Chung Ho dalle fessure delle palpebre. Era adirato anche lui, sebbene cercasse di non mostrare nessun mutamento del suo animo.

«Dobbiamo rientrare al Palazzo e tornare sul monte Daeseong con uomini armati» suggerì, e stanca di starsene seduta come una bambola spezzata, forzò le gambe per alzarsi in piedi.

«Riesci a camminare?»

La premura di lui la infastidì. Non voleva mostrarsi debole, soprattutto dopo aver perso la rara occasione di catturare i disertori,  sua madre inclusa. Avrebbe potuto dimostrare di essere una donna capace, e non importava se i suoi sedici anni fossero stati ancora troppo pochi.

«Certo che riesco a caminare, perché non dov-», le parole morirono in gola quando una gamba cedetta e il ginocchio finì schiacciato a terra. Impedì a Chung Ho di avvicinarsi, tenendolo lontano con un gesto della mano. «Posso farcela da sola.»

«Devi aver inalato una sostanza che ti ha indebolita. Non ti riprenderai prima di domattina, perciò se vogliamo far ritorno a Nangnang entro il tramonto dovrai scendere a un compromesso» la incalzò il Principe, che si inginocchiò dandole la schiena.

Aggrapparsi a lui era fuori questione. Avrebbe preferito tornare alla capitale strisciando, ma sui suoi piedi.

«Non lo farò.»

Chung Ho la guardò in tralice, posando il mento sulla spalla. I capelli ondulati non mascherarono l'espressione indispettita.

«Non lo sto facendo per te, ma per me. Nonostante ti abbia seguita fin qui non ti sono stato di aiuto e non sono riuscito nemmeno a difenderti. Perciò, lasciami fare almeno questo.»

Yoon Ah fece schioccare la lingua sotto al palato. Le fu difficile rispondere persino a tono, con la testa che vorticava come se fosse stata su una nave immersa nella tempesta. Avevano bisogno di tornare alla capitale il prima possibile, e rendersi ostinata avrebbe solo complicato le cose. Perciò, con riluttanza, salì sulla sua schiena.

Chung Ho, rispettoso del suo temperamento, non la canzonò per la decisione arrendevole e si sollevò in piedi, sostenendola per la gambe. Yoon Ah si aggrappò alle sue spalle per non cadere. Si rese conto solo allora che una scia di sangue correva fra le onde dei capelli. Dovevano averlo colpito alla testa, per tenerlo addormentato.

Costeggiando il fiume, nel momento in cui il silenzio era diventato eccessivamente pesante, Chung Ho tirò fuori dalla jeogori un pezzo di carta che le consegnò fra le mani.

«Cos'è?»

«Le indicazioni per spezzare il sortilegio di tuo cugino. Quando mi sono svegliato, poco fa, lo avevo indosso.»

Yoon Ah lo stritolò fra le dita con la poca forza che le era rimasta.

«Cosa è accaduto nella grotta, Yoon Ah? Perché ci hanno lasciato andare via?»

Ora che Chung Ho aveva avuto il coraggio di porle quella domanda, lei non riuscì a mentire. Avrebbe dovuto, per sotterrare quel senso di vergogna che le era cresciuto dentro.

Si strinse di più alle sue spalle, e sussurrò:

«Ho incontrato mia madre.»

Il passo di lui si arrestò. Yoon Ah incontrò i suoi occhi preoccupati, avvertì la tensione che ne irrigidì le spalle.

«Tua madre, la mudang? Non capisco.»

«Sì, mia madre, la mudang che è stata cacciata quando ero poco più di una bambina. E' a capo dei disertori.»

«Yoon Ah...»

Detestava quando la chiamavano per nome. Aveva sempre la sensazione che fosse un modo per rimproverarla. Si morse le labbra e guardò verso il fiume che continuava a scorrere in basso, dove loro si stavano dirigendo.

«Non dire nulla.»

«Cosa farai?» insisté lo stesso, Chung Ho.

Trattenne una risata, che avrebbe compromesso le ultime forze che stava cercando di trattenere. Spiò gli angoli del suo volto, che il vento tenne scoperti. Temeva di incontrare i suoi occhi, come temeva di non farlo. Cosa avrebbe pensato di lei, a quel punto?

«Sembra uno scherzo del destino, non trovi? Ti ho sempre considerato come un pericolo per il Regno, ma alla fine ciò che davvero rischia di esserlo sono io, perché mi trovo in bilico fra due scelte: salvare la mia famiglia o perseguire ciò in cui credo.»

Il silenzio rispettoso di lui la incitò a continuare.

«Dimmi, come puoi essere fedele a Daejong se la tua famiglia è a Silla, se un giorno potresti diventarne il Re?»

Le labbra di Chung Ho sorrisero appena. Il passo si fece più mite, e la sua presa più morbida. Yoon Ah fu costretta ad avvinghiarsi con maggiore forza alle sue spalle per non cadere indietro.

«Ho deciso che non lo diventerò. Non credere sia stato semplice. Per anni ho desiderato di incontrare mia madre, mio padre, di esplorare Silla e conoscere il mondo da cui provengo. Col tempo ho capito che non mi sarei sentito a casa, che Daejong era la mia unica casa, che Goguryeo sarà l'unico Regno che servirò.»

«Così tradirai la tua famiglia?»

«Dovrei dunque tradire me stesso?»

Yoon Ah socchiuse di nuovo le palpebre e si lasciò cullare per il resto del cammino. Non sapeva più se fosse l'effetto dell'essenza ad averla indebolita, o l'idea di dover compiere una simile scelta.

**
Note:
[1] Miele sulle labbra, pugnale alla cintola: un detto cinese, che troverete più avanti nella storia, riferito a un certo personaggio. 
[2] Eomonim: Madre

Per chi sta leggendo Il Crisantemo probabilmente avrà colto il riferimento: la mudang che ha predetto tanta sofferenza a Seung Hyun è stata proprio la madre di Yoon Ah, che la mette in guardia dalla tigre :D. Ma lo avete già capito, Yoon Ah non ama ascoltare gli altri e farà di testa propria. 

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