Capitolo Cinque (Parte I)
Di rado Yoon Ah aveva varcato le tre grandi porte del monastero di Nangnang. Non era mai stata in grado di abbandonare le impurità terrene. I luoghi sacri non avevano valore, per lei, nonostante suo padre le avesse insegnato a rispettare i precetti del buddhismo. I suoi sutra erano più simili ai lamenti dei soldati caduti sul campo, che alle cantilene recitate dagli uomini rasati con i rosari in legno fra le mani. Per questo aveva lasciato che fosse suo fratello a parlare con il prefetto del tempio, affinché preparasse un alloggio consono per il Principe Ereditario.
Alcuni monaci non avevano accettato di buon grado la presenza di soldati armati e se non fosse stato, ancora una volta, per Yoon Sik lei avrebbe sfoderato la spada per affrettare la sistemazione. La pazienza non veniva fuori nemmeno in un posto silenzioso come quello.
Chung Ho aveva sorriso nel vederla così impacciata, minacciosa contro i sant'uomini, e lei aveva risposto con un'arricciata di naso. Lo aveva seguito fino alla sala principale del tempio, dove Daejong si era accomodato per dare inizio ai cicli di preghiera.
Yoon Ah si affacciò, tenendo un braccio attorno a una colonna rossa che sosteneva il tetto con le tegole rivolte al cielo. Il Principe Ereditario era in ginocchio davanti alla statua dorata di Buddha. Durante il viaggio la ferita alla spalla si era aperta di nuovo e aveva perso molto sangue. La palanchina su cui lo avevano trasportato era diventata inutilizzabile. Era tornata persino la febbre che aveva intaccato il corpo e imbiancato le labbra fredde, ciononostante aveva deciso di proseguire e raggiungere Nangnang.
Meglio perdere un po' del proprio sangue, che camminare su quello che mio padre farebbe spargere per me.
Così aveva detto Daejong.
Yoon Ah non era certa che quelle parole fossero state dettate da un sincero amore per i sudditi, quanto più nascondevano la volontà di mantenere puro il proprio nome. Nelle sue vene scorrevano le origini dei Tang, qualunque mossa avesse compiuto lo avrebbe atterrito, se fosse stata quella errata.
«E' forte, si riprenderà.»
La voce di Chung Ho la richiamò alla realtà. Ecco un altro Principe totalmente fuori posto. Lui, nemmeno sarebbe dovuto essere a Goguryeo.
Scorse le sue mani umide di sangue. Era stato lui ad occuparsi della ferita di Daejong, e non si era nemmeno ripulito. La stanchezza adombrava il viso pallido, i capelli mossi scendevano cupi sulla fronte. Con quell'espressione poteva essere nato solo annunciato da un corvo, anziché da una gazza.
Yoon Ah tirò fuori un fazzoletto bianco su cui, una volta, era stato ricamato un fiore. Non ricordava più nemmeno quale fosse. Era l'unica cosa rimasta di sua madre, che dopo esser stata esiliata, aveva nascosto. Il ricamo si era sgretolato sotto le lacrime versate e non rimaneva che una forma imprecisa, impossibile da ricalcare persino con le dita. Non aveva più motivo di tenere quel pezzo di stoffa con sé, perciò lo consegnò a Chung Ho.
«E voi siete forte abbastanza da sopportare la sua sofferenza?» lo provocò.
Lui, afferrando il fazzoletto candido, ci avvolse le dita. Un sorriso tiepido si delineò sulle labbra.
«Il mio compito è quello di sopportare, non di sentirmi leggero.»
Yoon Ah annuì, ascoltando le preghiere silenziose di Daejong che con fatica si prostrava davanti alla statua. Anche lei aveva vissuto con un peso a schiacciarle il cuore.
«Ispezionerò i dintorni per assicurarmi che non ci tenderanno agguati» mormorò, staccandosi dalla colonna.
Chung Ho inarcò un sopracciglio.
«Per quale motivo dovrebbero tentare di assassinare il Principe nel tempio?»
«I templi sono i luoghi più pericolosi» rispose Yoon Ah in un sospiro «non conosciamo ancora chi sia il mandante, né fin dove sia disposto ad arrivare.»
Lo lasciò, dando le spalle alla sala di preghiera. Ancorò una mano al pomo della spada e si guardò attorno. Quando incrociò Yoon Sik, fermo dietro a una lanterna di pietra, fece per avvisarlo della sua presenza ma si fermò quando si rese conto che suo fratello si stava nascondendo. Non solo, stava spiando qualcuno.
Poco distante da lì sorgeva una pagoda in pietra sollevata su un piccolo dosso. Attorno ad essa camminava una donna, intenta a strofinare i palmi e a mormorare parole troppo flebili per essere udite. Il baluginio dell'ultimo sole si intrecciò all'abito amaranto. I capelli lunghi correvano fino alla vita, una treccia posticcia attorniava la testa formando una voluminosa acconciatura.
Yoon Ah coprì la distanza da suo fratello, e si accostò al suo fianco. La coda bassa di capelli picchiò la schiena al punto da sentirne i fili pizzicare contro la pelle.
«Orabeoni» sussurrò, perché la sua voce non richiamasse la giovane donna in preghiera. «Dovresti porgerle i tuoi saluti, anziché guardarla da lontano.»
Yoon Sik posò una mano sulla lanterna grigia, sostenuta su quattro leoni rampanti. Schiacciò uno di quei musi, come a voler scacciare il grido che teneva nascosto dentro. Il dolore, ancora non lo aveva cancellato.
«Non sono degno di avvicinarmi» confessò in uno schiocco di lingua. Raddrizzò la schiena e legò la fascia grigia che correva attorno alla fronte. «Andrò a comunicare al Principe Ereditario che sua sorella Sun Hee si trova qui al tempio.»
Gli occhi di Yoon Sik danzarono sotto le ciglia. Yoon Ah provò a fermarlo, ma lui sfuggì alla sua presa. Non aveva ancora dimenticato le ferite che anziché diventare cicatrici erano rimaste aperte. Un po' del fuoco tramandato dalla famiglia Lee lo aveva anche lui.
Rimasta sola, si avvicinò alla pagoda di pietra. La Principessa Sun Hee, compiuto l'ultimo giro di preghiera, uscì dal perimetro. Le gonne si gonfiarono a un soffio di vento e si immobilizzarono solo davanti a lei. Doveva averla vista sin dall'inizio, e forse anche suo fratello.
«Gongju Mama[1]» si inchinò Yoon Ah, la spada tintinnò nel fodero.
«Lee Yoon Ah» sorrise l'altra, congiungendo le mani. «Mio fratello è davvero qui, come prometteva nella lettera.»
Non avrebbe dovuto guardarla a lungo in viso, ma Sun Hee aveva la grande particolarità di essere tutto il contrario di Daejong. Se i lineamenti dell'uno erano stati disegnati dalla mano di un pittore, quelli dell'altra erano stati battuti col ferro. Vi era forza, e tenacia, nella sua fisionomia, nelle labbra rosse che spiccavano su un sorriso ironico e gli occhi tondi entro cui sfilavano sfumature verdi.
«Vi scorterò da lui, Gongju Mama. Seguitemi.»
Si voltò troppo in fretta, e la lunga coda bassa la seguì sulla spalla. La Principessa non mosse un passo, si diresse anzi dalla parte opposta, verso la lanterna di pietra dove poco prima si era nascosto Yoon Sik. Si chinò davanti al muso di uno dei quattro leoni e lo accarezzò.
Yoon Ah la raggiunse, masticando saliva amara sotto al palato. Da bambine avevano trascorso molto tempo insieme. Talvolta aveva persino creduto che un giorno sarebbe diventata la sua guardia del corpo, se il padre non l'avesse trascinata in guerra così spesso. E Sun Hee, per anni, era stata mandata fra i Tang nella speranza che la Corte di Goguryeo avrebbe accettato i due principi mezzosangue.
Di ciò che erano state non era rimasto nulla.
«Daejong viene al tempio solo nei momenti di difficoltà» esordì Sun Hee, raddrizzando la schiena. «Sebbene sia mio fratello, non risponderà mai con sincerità, perché teme che io possa preoccuparmi più del dovuto. Non posso nemmeno cercare informazioni da Sam Chung Ho, so che rispetterà sempre la volontà del Principe Ereditario. Perciò, rimanete solo voi.»
Un lampo verde, nascosto nelle iridi di Sun Hee, la colpì. Yoon Ah portò una mano al collo e accarezzò i nodi creati sotto la nuca. Suo padre era stato chiaro: non avrebbe dovuto rivelare a nessuno cosa era accaduto dal ritorno dei Tang, nemmeno ad un membro dei reali.
Sun Hee, di fronte al suo silenzio, sorrise. Una lacrima si affacciò sotto l'occhio destro, ma la scacciò, sollevandola con un dito.
«La vostra fedeltà nei confronti del Generale Lee è comprensibile. Anche i silenzi sono eloquenti, e credo abbiate sciolto i miei dubbi.»
YoonAh strinse una mano dietro la schiena. Socchiuse le palpebre e trasseun respiro profondo.
«Ilvostro cuore ha già compreso, Gongju Mama, il motivo per cui Daejongabbia deciso di fermarsi al tempio. Vostro fratello ha lottato controla morte sin dall'infanzia, e ormai non ha più importanza come venga presodi mira. Pensate solo a stargli accanto.»
«Hoassistito così tante volte, troppe, ai tentativi di omicidio che hasubito nel corso della sua vita. E sempre, si è sempre rialzato congrande dignità , come se non avesse mai avuto veleno iniettato nelle vene» la voce di Sun Hee tremò, solo per unistante. «Nonostante cerchi di tenermi lontana dalla sua sofferenza,non sono così cieca da non rendermi conto quando ha rischiato la propria vita.»
«Perquanto poco possa valere, Gongju Mama, il Principe non è solo.Abbiate fiducia in lui.»
Yoon Ah si inchinò ancora, stringendo i pugni sulle ginocchia. Sun Hee scacciò via l'espressione contratta. Si ravvivò le guance, come un tempo, quando suo fratello temeva che fosse troppo pallida.
«Portatemi da lui.»
Alla sua richiesta annuì.
**
Note: [1] Gongju Mama: Sua Altezza la Principessa.
Come potete vedere il capitolo è brevissimo. In realtà non avrei voluto spezzarlo, ma gli argomenti si differenziano perciò ho preferito creare uno stacco e concentrarlo più su Sun Hee. Tenetela a mente perché sarà uno di quei personaggi che tornerà anche al di fuori dello spin-off! E uno a cui tengo di più.
Aggiornerò con la seconda parte molto presto (forse anche fra due giorni), grazie a chi continua a seguirmi ^^.
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