3. Un incontro ravvicinato

Il turno di lavoro al pub finisce che è quasi l'alba e non vedo l'ora di tornare nella mia fottuta stanza del dormitorio. Sono sfinito. Stanotte c'è stato il pienone e, come non bastasse, ho anche dovuto sedare una dannata rissa perché il buttafuori se la stava facendo con una nei bagni del locale. Non mi lamento, Pete è quello che si avvicina di più a un amico da queste parti e mi fa piacere dargli una mano. Anche lui lavora nel pub nei fine settimana, ma lo fa per arrotondare dato che di giorno fa il meccanico e lo stipendio è davvero da fame; ha finito il college due anni fa e non ha ancora trovato di meglio in questo buco di città.

Appena arrivato nella stanza sono crollato senza nemmeno cambiarmi i vestiti. La settimana appena trascorsa ci sono stati gli esami di fine semestre e ho studiato molto. Non è da me, quindi sono letteralmente sfinito. Ma non posso mollare, visto che sono finito in questo college di merda e ho dovuto rinunciare al football, l'unica cosa positiva che posso fare è uscirne con il massimo dei voti, così da potermi iscrivere a un'università il più prestigiosa possibile. Non so se riuscirò a entrare a Harvard o Columbia, ma che io sia dannato se non ci proverò con tutte le mie forze. E non lo faccio solo per me stesso, ma anche per dimostrare a mia madre che quello che è successo è stato un enorme scivolone sul mio percorso, che non sono un idiota totale e che posso ancora lavorare al suo fianco.

È da quando ho iniziato a progettare il mio futuro che mi immagino a lavorare con lei, prima immaginavo di farlo dopo un periodo da giocatore professionista, ora i piani da quel lato sono cambiati, quindi immagino di cominciare a lavorare nel suo studio subito dopo la laurea. Il problema è che il Kromwell&Bennet è talmente affermato ed esclusivo che potrò entrarci solo per merito e solo se andrò in una delle università della Ivy League, l'essere figlio della socia dirigente non fa alcuna differenza. Il problema è che per essere ammesso a una di quelle università dovrò dimostrare molto più di quello che non dovevo un mese fa, dato che i miei casini mi seguiranno; basterà una piccola ricerca – che per prassi fanno – e salterà fuori tutto, quindi dovrò far vedere di essere cambiato e di essere pronto a cambiare ancora di più, nonché di essere preparato a livello academico, anche se in questo maledetto college non è facile emergere. Una bella merda, eh?!

«Buongiorno, Dominik! Hai fatto nottata di nuovo?» mi chiede la voce squillante di Quattrocchi, che non sa del mio lavoro al pub non essendone un frequentatore e io non ho la minima intenzione di raccontargli i fatti miei.

«Non sono affari tuoi, Quattrocchi!»

«Beh, il tuo cellulare non fa che vibrare, vedi di farlo smettere» replica poi.

Afferro il telefono dal comodino e mi rendo conto che sono le tre del pomeriggio. Non è una novità, dato che, tra la chiusura al pub e il tragitto per tornare al dormitorio devo essermi addormentato verso le sette del mattino. E ho decisamente bisogno di una doccia, credo di puzzare parecchio. Mia madre mi ha chiamato cinque volte e ho qualche messaggio da Pete che mi chiede se può offrirmi il pranzo per sdebitarsi con me per averlo coperto, poi mi invita a cena dato che non ha ricevuto risposta. Accetto il suo invito, prendo un asciugamano, lo shampoo e il docciaschiuma ed esco con l'intento di richiamare mia madre nel tragitto verso i bagni.

«Ciao tesoro! Come mai mi richiami solo ora?»

«Ho avuto il turno di notte al pub, stavo dormendo» replico in tono duro. Voglio un gran bene a mia madre, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto, ma non mi è ancora andato giù il fatto che mi abbia tagliato i fondi. Finire nella cazzo di Minnesota non è colpa sua, ma l'avermi lasciato completamente al verde sì, è stato il suo modo per punirmi.

«Bene, era ora che iniziassi a sudare un po'...»

«Sudavo di più con il football».

«Dom, tesoro, non è colpa mia se non giochi più, lo sai».

«Va bene. Non mi avrai chiamato solo per farmi la paternale, giusto?»

«Giusto... ti ho chiamato per chiederti se saresti tornato a casa per le vacanze di primavera».

«Non posso, ho un lavoro, ricordi?»

«Bene, ma quanto siamo responsabili! Non hai idea quanto mi faccia felice sentirtelo dire».

«Ciao, mamma!» replico in tono stizzito. Non sopporto quando fa così, mi fa sentire come se prima di trasferirmi qui fossi un fallito totale.

«Tesoro, sono fiera di te, lo sai, vero?»

Annuisco anche se so che non può vedermi e riattacco. È difficile parlare al telefono con lei, ogni volta mi tornano in mente le ragioni per cui sono qui e la delusione che ho visto nei suoi occhi quando ha scoperto quello che avevo fatto.

Nel frattempo sono arrivato alle docce, ovviamente in comune. Dopo essermi tolto letteralmente di dosso la nottata al pub, esco dalla doccia e mi rendo conto di non aver preso il cambio prima di uscire, dato che avevo fretta di chiamare mia madre. Non è la prima volta, quindi mi lego l'asciugamano in vita ed esco. Incrocio qualche sguardo femminile che mi fa la radiografia, cosa che mi fa piacere, ovviamente. Cammino imbronciato per i corridoi, a petto nudo e con i vestiti sporchi in braccio, quando giro l'angolo che mi porta verso la mia stanza e qualcuno mi sbatte addosso, facendo sparpagliare i miei vestiti su tutto il pavimento.

Avete presente quelle scenette assurde nei film romantici dove due si scontrano e il mondo sembra andare in pausa? Di solito a finire sul pavimento è il contenuto della borsa di lei oppure dei libri, non di certo dei vestiti. E di solito nessuno dei protagonisti è quasi nudo. Insomma, quelle scene che fanno battere il cuore alle donne e in cui due idioti qualsiasi si guardano negli occhi e basta quello a far partire una melodia smielata... e a portarli all'altare qualche mese più tardi. Ecco, toglietevela dalla testa.

Però mentre sono accucciato a riprendere i miei vestiti non posso fare a meno di lanciare uno sguardo a chi mi ha sbattuto contro, se fosse un ragazzo potrei anche dirgliene quattro, ma quasi sento partire quella dannata melodia quando incontro il viso della più incantevole creatura di sesso femminile che abbia mai avuto l'onore di vedere.

«Scusami, davvero! Non ti ho visto...» si scusa lei e anche la sua voce ha qualcosa di angelico.

Mi rendo conto di fissarla imbambolato mentre entrambi afferiamo la mia maglietta, così scuoto la testa e le rispondo.

«Non ti preoccupare, non è successo nulla».

Cazzo! È bella davvero e indossa un vestito che lascia gran poco all'immaginazione. Poi mi alzo, con alcuni dei miei indumenti tra le braccia, mentre lei ne sta raccogliendo altri da terra.

«Wow! Però...» la sento esclamare e mi acciglio, poi la guardo e capisco: mentre mi alzavo ho perso l'asciugamano, quindi in questo momento la ragazza sta avendo un incontro ravvicinato – molto ravvicinato – con il mio amichetto del piano di sotto.

«Oh, cazzo!» esclamo a mia volta portando i vestiti che ho in braccio verso quel punto per coprire le mie grazie, che – tanto per puntualizzare – stavano già reagendo alla vista del suo vestitino attillato.

«Eh, sì, proprio lui...» risponde lei con gli occhi ancora sbarrati e scoppiamo entrambi a ridere. Chissà che spettacolo abbiamo dato, ma non me ne frega nulla perché in questo momento sto guardando solo lei, che – con un sorrisino malizioso – mi porge i vestiti e l'asciugamano e se ne va, portandosi via tutta la sua bellezza, l'abito che le fascia alla perfezione le bellissime curve che si ritrova e un pezzo del mio cuore.

Okay, sono un po' melodrammatico, è vero. Insomma, non ho mai avuto problemi con le ragazze, mi è sempre bastato uno sguardo per rimorchiare e non mi sono mai innamorato, ma da quando sono qui non ho ancora avuto alcuna esperienza. Tra il cambiamento, la stanza in comune e il lavoro, è passato più di un mese dall'ultima volta che ho fatto sesso, sarà per questo che i miei ormoni sono impazziti come quelli di un tredicenne. Però devo dire che quando ero il quarterback era molto più facile arrivare alle ragazze, a quanto pare hanno un debole per gli sportivi e qui io non lo sono. Però ho ancora il mio bel fisico e sono anche abbastanza affascinante, lo so e so come usarlo a mio vantaggio. Quindi, nuova missione: ritrovare la bellezza incontrata in corridoio e farle provare quello che sembra aver apprezzato poco fa.

La domenica passa in fretta, per la maggior parte della giornata mi immergo nello studio, per poi uscire con Pete. Ci siamo dati appuntamento nel diner all'interno del campus. Anche lui ha studiato qui fino a un paio di anni fa, quindi conosce bene il college e il campus e anche alcuni degli studenti dal terzo anno in poi, quindi miei compagni di corso.

«Hai l'aria un po' stralunata oggi, va tutto bene?»

«Sì, sono solo stanco. Ho dormito fino a tardi e ho studiato fino a poco fa. Poi stavo pensando alle vacanze di primavera».

«Torni a casa?»

«No, devo lavorare» rispondo deluso e credo che mi si legga in faccia.

«Chiedi le ferie a Minerva, alla fine mancherai solo un paio di weekend, no?»

«Ho bisogno dei soldi, Pete».

«Ma dai, amico, chiedi qualcosa a tua madre, non ne hai davvero bisogno».

«Sì invece. A parte che mia madre gode troppo nel vedermi sgobbare, quindi sono certo non mi darebbe proprio nulla. Avresti dovuto sentire come gongolava oggi al telefono quando le ho detto che non sarei tornato per via del lavoro».

«Sgobbare? Ma se lavori due notti a settimana? Dai, Dom, non voglio farti la predica, ma sgobbare è tutt'altro» mi dice con un sorriso semplice stampato in viso e so che ha ragione, lui si fa il culo, non certo io.

«Hai ragione, ma stavo pensando di aumentare i miei turni appena gli esami finiranno, magari lavorare durante la settimana e tenermi qualche weekend libero. È una vita che non mi diverto un po'».

«Che non scopi vorrai dire...»

«Beh, anche. Oggi mi sono scontrato con una tipa nel corridoio del college e per poco non le saltavo addosso lì, su due piedi» gli racconto e scoppiamo entrambi a ridere. «In mia difesa: era una gran bellezza!»

«E cosa ci fai qui con me, allora? Ti sarai fatto dare il suo numero, no? Chiamala».

«In realtà non ne ho avuto il tempo, ero troppo impegnato a nascondere il mio cazzo alla vista di tutto il college...»

Pete sbarra gli occhi, così gli racconto l'incidente e lui non la smette di ridere. Lo faccio anch'io, è stata davvero una scena assurda, ma con una punta di ammarezza. Non riesco a togliermi quella tipa dalla testa. A giudicare da quello che indossava, era reduce da qualche festa, magari stava sgattaiolando fuori dalla stanza di uno dei giocatori di football. Non so nemmeno se frequenta il college.

Chissà se avrò mai l'occasione di rivederla.

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