28. Frena gli istinti, stallone!

La proposta di Amanda mi ha lasciata quel retrogusto dolce/amaro. Non me la sono sentita di rifiutare, anche perché ho davvero una gran voglia di conoscerla meglio, ma mi vergogno un po' delle mie condizioni economiche. Insomma, a giudicare dalla sua casa e dal suo abbigliamento è una che non bada a spese, ho davvero il terrore che possa portarmi in qualche boutique di lusso nella quale non potrei permettermi nemmeno un bottone, figuriamoci un vestito. E non ci penso nemmeno ad accettare un suo eventuale regalo, se fosse questa la sua intenzione. Dio, non vorrei darle l'impressione sbagliata. Nel frattempo sono bloccata davanti alla valigia aperta, indecisa su cosa indossare. I jeans, che mi sono sempre piaciuti tanto, mi sembrano un capo d'abbigliamento altamente banale per un'uscita con quella meravigliosa donna. Ho portato solo un vestito per la festa e un tubino nero, fin troppo semplice anche quello. Sono totalmente in crisi, quando sento la porta aprirsi di scatto. Dominik irrompe nella camera e si lancia sul letto, è visibilmente turbato. Dio, non vorrei che mio padre gli abbia detto qualcosa.

«Va tutto bene?» gli chiedo cauta.

«Sì» mi risponde. Non me la bevo, proprio per niente.

«Sicuro?»

«Sì».

«È stato mio padre?» chiedo e il suo sguardo guizza dal muro al mio viso.

«No» dice aggrottando le sopracciglia.

«Hai intenzione di rispondermi a monosillabi fino alla fine dei tempi o ti decidi di dirmi cos'è successo?»

«Non è successo nulla».

«Dom!»

«Helen!» mi fa il verso e se non fosse così turbato gli sarei già saltata al collo. Odio quando mi fanno il verso, è qualcosa che non ho mai sopportato.

Incrocio le braccia al petto e continuo a fissarlo.

«Non dovresti prepararti per uscire?»

«Non finché non mi dici cosa ti passa per la testa».

«Cocciuta...» borbotta.

«E anche manesca, ricordatelo».

E scoppia a ridere.

«Vieni qui» dice allargando le braccia verso di me.

«Non finché non parli. Forza!»

«Ho avuto una discussione con mia madre, okay? Nulla di cui tu ti debba preoccupare».

«Ero io l'oggetto della discussione?»

«No, si tratta di una mia decisione... con cui mia madre non è d'accordo, tutto qui. Ora vieni qui e confortami».

Sbuffo, ma non resisto a quegli occhioni grigi. Mi tuffo tra le sue braccia e mi accoccolo sul suo petto mentre gli accarezzo gli addominali con la mano destra, appena sotto la maglietta.

«Amore, ti ho chiesto di confortarmi, non di eccitarmi. Se continui così temo che non ti farò uscire da questa stanza per i prossimi due giorni».

«Dominik!»

«Non ci posso fare niente...» Mi prende la mano con cui lo stavo accarezzando e la porta proprio lì. «Senti l'effetto che mi fai, cazzo. Senti come reagisco a un tuo semplice tocco».

Sento le guance in fiamme, anche ora. Vorrei tanto essere come lui, sentirmi a mio agio, fargli capire l'effetto che ha lui su di me – lo stesso che faccio a lui –, ma non ci riesco. L'unica risposta che gli do è un bacio.

«Ti amo» gli sussurro, con le labbra ancora poggiate sulle sue. Lui riprende il mio bacio, mi divora le labbra e l'anima, ma non pronuncia quelle parole. Mi fa capire che mi ama, sempre, ma non me lo ha mai detto. Un po' ci soffro, soprattutto perché non ne capisco il motivo, però so di dovergli dare il tempo che gli serve. Prima o poi riuscirà a pronunciarle, fino ad allora continuerò a dirgliele io, per entrambi.

«Dom, ora mi devo preparare per l'uscita con tua madre. Non vorrei farla aspettare» dico divincolandomi dalla sua stretta. Ed è una sofferenza.

«Sei preoccupata?»

«Un po'», mi guarda di traverso, «okay, tanto. Sono terrorizzata, cazzo!»

«Non dovresti. Conosci abbastanza mia madre da non dovertene preoccupare, sai già che le piaci».

«Non è questo. È che... Lascia stare» dico girandomi verso la valigia, decisa a indossare il tubino. Sento le sue mani che mi cingono la vita.

«Parla con me, Helen!»

«Ho paura che mi possa portare in qualche posto di lusso che non potrei mai permettermi».

«Oh, lo farà. La conosco troppo bene, sicuramente ti porterà da Sandy, una sua amica che possiede una piccola boutique di lusso».

«Grazie per l'incoraggiamento, eh».

«Ma non ti devi comunque preoccupare, se ci sarà qualcosa che ti piacerà te lo regalerà lei».

«È proprio questo che voglio evitare».

«E perché mai?» mi chiede facendomi girare verso di lui e alzandomi il mento per farsi guardare negli occhi.

«Non capisci? Non voglio sembrare un'arrampicatrice sociale. Dio, non voglio i tuoi soldi e nemmeno i suoi. Accettando un suo regalo costoso darei esattamente l'impressione che non voglio dare».

«Arrampicatrice sociale? Stai scherzando? Helen, non pensarlo nemmeno. Mi hai conosciuto quando avevo meno soldi di te; fino a qualche mese fa non avevi nemmeno idea di chi sono o di cosa possiedo».

«Certo, tu la pensi così, lei non lo so. Non so cosa pensa realmente di me...»

«Fidati, mia madre è una delle persone più sincere che conosca. Se avesse qualcosa da dire lo avrebbe già detto».

Prendo un profondissimo respiro e mi allontano da Dominik per tirare fuori il tubino dalla valigia. Lo guardo e storco il naso: nessuno dei miei vestiti, nemmeno il più elegante, sarebbe all'altezza di un'uscita con Amanda Kromwell.

«Perché non ti metti i jeans e una felpa?» mi chiede Dom guardando la mia faccia schifata.

«Perché sembrerei una barbona di fianco a tua madre».

«Non dirlo mai più! Cristo, Helen, mi stai facendo incazzare oggi. Perché non riesci a vederti come ti vedo io? Tu faresti sfigurare anche una principessa, lo faresti anche con indosso un sacco di patate. Sei bellissima, Helen...» mi dice sfiorandomi il viso con una mano, alla quale appoggio la guancia e sento una lacrima scendere, «e non hai idea di esserlo, vero?»

Non ho parole per rispondere. Non posso dirgli che è così, che ancora non capisco cosa ci veda di bello in me, che ancora non mi capacito del fatto che stia insieme a una come me quando potrebbe davvero avere una principessa, una donna bellissima e sensuale, l'esatto opposto di me. Non posso dirglielo perché mi smentirebbe, mi direbbe che non devo pensarlo.

«Ora vai, però» interrompe il mio silenzio. «Ho in programma una giornata tra uomini niente male, sai?»

«Giornata tra uomini, eh? Spero non siano incluse spogliarelliste...»

Dominik scoppia a ridere.

«Ma t'immagini tuo padre e io in un Night Club? Mi prenderebbe a calci nel culo se solo accennassi al volerci andare».

«E io ti darei il resto» replico guardandolo in cagnesco.

«Beh, tale padre tale figlia...»

«No, caro mio, la figlia è molto peggio» dico spogliandomi e mi accorgo di non avere più l'attenzione di Dominik: il suo sguardo è sceso nell'attimo in cui ho tolto i leggings. «Frena gli istinti, stallone».

«Sono diventato una specie di cavernicolo, vero?»

«Un po'».

«E tu ancora non mi credi quando ti dico che sei la donna più bella del mondo...»

Tubino indossato. Non ho mai impiegato così tanto tempo per vestirmi. Dominik mi ha appena mostrato come aprire il bagno dal mio smartphone e ora mi sto truccando, con lui che sbuffa dietro di me dicendomi che non ho bisogno del trucco. Inutile dire l'invidia che provo quando indossa il primo paio di jeans che trova – un paio che gli fa un sedere da favola! – e una felpa nera con cappuccio ed è pronto. Potrebbe andare a un gran gala vestito così e nessuno farebbe caso al fatto che non indossa lo smoking.

«Siamo pronti?»

«Tu sì, io devo ancora decidere quali scarpe indossare: quelle rosse che ho scelto per la festa o quelle argentate?»

«Secondo me con le sneakers ti sentiresti più a tuo agio».

«Dom, qui non si tratta di sentirsi a proprio agio... Vada per le décolleté argentate allora».

«Per le cosa?»

«Lascia stare...» dico accompagnando le parole con un gesto della mano, «uomini!» borbotto prima di uscire dalla camera.

Nell'atrio, trovo Amanda ad aspettarmi: come previsto, indossa un abito che le sembra cucito addosso composto da una gonna a vita alta color panna in cotone, ma con una trama che ricorda il pizzo, e una maglietta in raso grigio con una scolatura intrecciata. È meravigliosa.

«Scusami per il ritardo» esordisco timidamente.

«Ma scherzi? Tesoro, non scusarti mai con me. Siamo pur sempre donne, ci serve del tempo per essere bellissime, no?» dice facendomi l'occhiolino.

«Nel tuo caso molto meno che nel mio...»

«Non dire sciocchezze! Sei molto più bella di me, tesoro. Tu sei una bellezza naturale,» poi indica il proprio corpo, «mentre tutto questo non è altro che il frutto di quello che può fare un abito costato uno sproposito».

Abbasso la testa e credo che Amanda abbia colto l'amarezza nel mio sguardo, perché poi aggiunge: «Sono solo abiti, Helen. Cose materiali, effimere».

«Lo so, ma... Vedi, Amanda, non vorrei essere maleducata, ma voglio essere sincera con te: non mi sento all'altezza di tutto questo. Di te, di Dominik...»

Non parla, l'unica cosa che fa è avvicinarsi a me e abbracciarmi forte. Sarà per il ciclo in arrivo, ma appoggio la testa sulla sua spalla e scoppio in lacrime. Dio, che imbarazzo! E non è nemmeno per tutte le mie insicurezze o per le sue parole. No, scoppio a piangere perché quest'abbraccio somiglia molto all'abbraccio di una madre alla propria figlia. Un abbraccio di conforto che non ho mai ricevuto da una figura così tanto vicina a una madre. E prego che l'uscita di oggi riesca a unirci ancora di più, che riesca a rendermi più simile a una figlia per lei.

Come previsto da Dominik, Amanda mi porta nella boutique di Sandy, che è una donna di una dolcezza infinita. Mi ha accolta come se fossi una di famiglia e, vedendomi in imbarazzo, ha spezzato la tensione con qualche battuta. Amanda ha voluto subito iniziare a provare qualche nuovo abito e, nonostante abbia cercato di rifiutare in diversi modi, ho dovuto cedere e provarne qualcuno anch'io. Il più bello? Sicuramente il Valentino. Semplice, nero, con un corpino tempestato di cristalli e pailettes argentate e la schiena lasciata completamente scoperta. Mi sono sentita una regina con quella meravigliosa seta addosso, mi stava così bene che non riuscivo a riconoscermi e a staccare gli occhi dallo specchio, poi, una volta in camerino ho fatto l'enorme errore di sbirciare il cartellino del prezzo e ho pensato seriamente di soffrire di allucinazioni visive: più di seimila dollari! Seimila dollari per un pezzo di stoffa. Okay, un pezzo di stoffa straordinariamente bello, ma sempre di un solo abito si tratta. Dio, se dovessi fare il conto di quello che ho speso per il mio intero guardaroba – scarpe, borse e accessori compresi – non arriverei comunque a quella cifra.

«Ti stava d'incanto, tesoro» esclama Sandy appena metto piede fuori dal camerino e le porgo l'abito accuratamente sistemato sulla gruccia.

«Ha ragione, sarebbe perfetto per la festa di Natale. Potresti abbinarlo a una pelliccetta bianca, cosa ne pensi?» aggiunge Amanda.

«Come questa?» Sandy cammina verso di me con una pelliccia bianca in mano. «Ovviamente sintetica e, fidati, è davvero calda».

«Grazie, siete davvero gentili, entrambe... ma ho già un abito per domani sera».

«Allora lo potresti usare per la festa dell'Ultimo dell'anno; Dominik avrà di sicuro organizzato qualcosa».

«Oh, non ne so niente, a essere sincera» cerco di cambiare argomento.

«Per favore, te lo regalo io. Ti sta così bene che mi sentirei in colpa se non te lo comprassi. Sembra essere stato cucito apposta per te».

«Amanda, ti prego, non posso accettarlo...» Accompagno il tutto con gli occhi di un cucciolo davvero sofferente.

«Okay, va bene, non insisto oltre» dice infine facendo un gesto di resa con le mani.

Tiro un sospiro di sollievo, ma non dura molto: Amanda mi porta in uno dei ristoranti più esclusivi della zona, o almeno così sembra. In pratica, ho paura a toccare qualsiasi cosa. Se non mi fossi resa conto giusto in tempo di quanto sarei risultata ridicola, mi sarei perfino tolta le scarpe all'ingresso, prima di calpestare il tappetto rosso. Dio, che imbarazzo! Non potrò mai permettermi di offrire il pranzo ad Amanda... Figuriamoci, non potrò pagare nemmeno la mia parte, forse soltanto un bicchiere d'acqua, ma ne dubito. Solitamente nei ristoranti l'acqua è gratuita, ma qui ho la sensazione che potrebbe costare più del mio stipendio.

«Buongiorno, signora Kromwell» saluta un cameriere avvicinandosi ad Amanda. «Signorina...», poi fa una mezza riverenza nella mia direzione. Faccio una quasi figura di merda, ma riesco a soffocare la risata fingendo un colpo di tosse. Per un solo attimo mi sono immaginata che Dominik fosse qui ad assistere alla scena: un bel ragazzo della nostra età che mi fa una riverenza, beh, come minimo il bel ragazzo se ne sarebbe tornato a casa con un occhio nero, forse entrambi, dipende da quanto profonda sarebbe stata la riverenza. Dio, non ci posso pensare.

Ancora assorta tra i miei pensieri, mi accorgo giusto in tempo che Amanda sta seguendo il cameriere, che ci accompagna al nostro tavolo. Due menu rilegati, con le copertine in pelle nera, sono già davanti a noi, ma Amanda non lo apre nemmeno.

«Robert, ci porti dello champagne intanto? Poi per me puoi già annottare il solito...»

«Certo, signora Kromwell» e Robert fa un'altra mezza riverenza prima di girarsi e andarsene.

«Guarda pure il menu, però ti dico già che qui fanno della pasta all'aragosta davvero fenomenale. È un ristorante italiano, ma hanno anche qualcosa di americano nel menu, se preferisci».

«Grazie, ma credo che prenderò un'insalata» dico senza nemmeno aprire il menu. Di solito l'insalata è il piatto meno costoso.

«Oh, tesoro, puoi dimenticarti della dieta per una volta. Fidati di me» e, con un gesto della mano, richiama il cameriere. «Anche Helen prende quello che prendo io» gli dice.

«Grazie» aggiungo io.

«Allora, tesoro, mio figlio non ha ancora organizzato nulla per Capodanno?»

«Che io sappia, no. Non ne abbiamo nemmeno parlato, sinceramente. So solo che papà dovrà tornare al lavoro il due gennaio, quindi credo che saremo già in viaggio il trentuno».

«Di già? Mi mancherete tantissimo...»

«Anche tu mi mancherai. È stato davvero bello conoscerti dal vivo».

«Anche per me, davvero. Ora, parlando di cose serie,» dice avvicinandosi la flûte di champagne alle labbra, «mio figlio si sta comportando bene con te?»

«Certo, perché non dovrebbe? Intendo dire, non ci starei di certo insieme se fosse altrimenti» rispondo sincera e spero di non risultare presuntuosa.

«Beh, visti i suoi trascorsi...»

Sgrano gli occhi e mi interrogo mentalmente sul da farsi. Dom non mi ha raccontato molto del suo passato, ma affrontare l'argomento con sua madre non sarebbe una cosa giusta. Soddisferei le mie curiosità, ma mi sentirei in colpa per aver scavato nel suo passato senza averne il permesso.

«Non ne abbiamo parlato molto. Ecco, non credo che Dom sia ancora pronto per raccontarmi del suo passato e, per quanto sia curiosa, preferisco concedergli il tempo di cui ha bisogno».

«Capisco. Sei molto intelligente, Helen, davvero. Io, al tuo posto, sarei partita con una raffica di domande» dice ridendo e mi sciolgo un po' anch'io.

Per il resto del pranzo parliamo del più e del meno: della mia vita in Minnesota, di come si sia ambientato Dominik, del lavoro di mio padre e di quello che farò io. Ho mangiato fino a scoppiare ed era tutto divino, dall'antipasto a base di caviale alle linguine all'aragosta; e mi sento anche la testa un po' leggera a causa della bottiglia di champagne che Amanda e io abbiamo finito insieme, fino all'ultima goccia.

«Ora direi proprio che ci starebbe un bel pomeriggio di relax, cosa ne pensi?»

«Se per relax intendi il tuo enorme e comodissimo divano e una maratona di Sex and the city, allora ci sto» esclamo divertita.

«No, tesoro, per relax intendo un pomeriggio nel salone di bellezza di Diego, un mio carissimo amico: manicure, pedicure e ci facciamo coccolare con un bel massaggio».

«Oddio, Dom si incazzerebbe da morire!»

«Oh, non c'è da preoccuparsi. Diego preferirebbe fare un massaggio a mio figlio piuttosto che a te, fidati» mi informa tra le risate e io arrossisco. «Robert,» chiama alzando la mano, «segna tutto sul mio conto, per favore».

«Certo, signora Kromwell. È stato un vero piacere averla qui».

«Grazie, ci vediamo la prossima settimana, Robert».

Ci incamminiamo verso l'uscita e Amanda estrae il cellulare dalla pochette.

«Tesoro, tu sei in grado di guidare?»

«Beh, ecco... non proprio, a dire il vero» ammetto.

«Io nemmeno» e l'attimo successivo appoggia il cellulare all'orecchio. «Carl, ci vieni a prendere davanti al Marea?»

Poi chiude la telefonata. Resto in attesa, ma non dice niente, poi una macchina nera si ferma davanti a noi.

«Sali» mi ordina Amanda mentre fa il giro per salire dall'altro lato, dove un uomo di una trentina d'anni, in completo nero, le apre la portiera. «Lui è Carl, il mio autista. Di solito si limita a portarmi avanti e indietro dall'ufficio perché amo guidare le mie auto nel tempo libero, ma è sempre pronto per le "emergenze"» dice scoppiando a ridere sull'ultima parola.

Comunica all'autista la nostra destinazione, poi chiude il vetro nero che ci divide dalla parte anteriore dell'abitacolo e poggia la testa sul sedile.

«Sono stanchissima. Forse è colpa dello champagne, di solito non bevo più di una flûte, ma chiacchierando con te ne ho perso il conto».

«Pensa che io non bevo proprio, ma quello champagne era così buono!» esclamo e scoppiamo entrambe a ridere.

«Siamo due sprovvedute! Pensa cosa direbbero Dom e tuo padre se ci vedessero in questo stato...»

«Dio, papà mi ucciderebbe a sangue freddo. Non è che abbia qualcosa contro l'alcol, ma mi considera ancora la sua bambina, per lui non sono più cresciuta dopo i cinque anni. E, da bravo sceriffo, non chiuderebbe certo un occhio».

«Ma hai ventun anni, no?»

«Sì, ma non è un'informazione di rilevanza per lui...» dico ridendo.

«Io invece ho sempre fatto il contrario con mio figlio: l'ho lasciato libero di fare ciò che ha sempre voluto, senza dargli dei limiti. Ho solo voluto che fosse felice, come io non lo ero stata da adolescente, ma ho sbagliato tutto. Avrei dovuto dargli dei limiti, insegnargli il valore del denaro...» dice Amanda improvvisamente seria.

«Non lo so, Amanda, non so cosa sia successo nel passato di Dominik, ma l'uomo che ho conosciuto io è meraviglioso. All'inizio non è stato facile, ma poi si è rivelato davvero dolce, premuroso e amorevole nei miei confronti. Hai cresciuto un brav'uomo, Amanda».

«Ne sei sicura?»

«Sai che lavora ancora, nonostante tu gli abbia restituito le sue carte?» Sgrana gli occhi.

«Non lo sapevo. Perché lo fa?»

«Dice che lo fa sentire bene, appagato con se stesso. Mi ha confessato di aver approfittato in passato del suo patrimonio, ma che da quando è in Minnesota si è reso conto del vero valore del denaro, del sudore che ci vuole per guadagnarlo e della soddisfazione che si ha quando si ottiene qualcosa con le proprie forze».

«Ho cresciuto un brav'uomo, eh?» ripete Amanda incredula.

«E sai cosa ha fatto prima di partire?» Scuote la testa. «Ha regalato una seconda chance al suo migliore amico».

«Una seconda chance?»

«Come dono di Natale, gli ha regalato la sua Lamborghini perché a Pete piaceva da impazzire e anche il denaro per aprire una pasticceria, che è il suo sogno da sempre».

«Quel Pete? Dom mi ha accennato qualcosa di una moglie in Canada da cui vuole divorziare».

«Esatto. Pete è stato un vero amico per Dominik, anche nei momenti peggiori, e ha voluto sdebitarsi, ma ha fatto molto più di questo: ha donato una nuova vita a una persona che credeva di aver finito di vivere prima dei vent'anni».

«Non ne sapevo nulla» sussurra e io sbianco. Torno di colpo in me e mi rendo conto di aver fatto un'enorme stronzata.

«Dio, forse non avrei dovuto...» dico tappandomi la bocca con entrambe le mani.

«Non ti preoccupare, non riferirò a mio figlio la nostra conversazione».

«Grazie, Amanda, davvero. Si incazzerebbe da morire se sapesse che abbiamo parlato di lui».

«Lo so, è pur sempre mio figlio... cocciuto e permaloso!»

Ciao a tutt*!

Mi scuso con chi stava leggendo questa storia per non aver aggiornato per un po', da oggi cercherò di tornare a essere più costante, ma non posso prometterlo. 

Vi confesso anche che credevo di essere agli sgoccioli e chiudere la storia tra un paio di capitoli al massimo, ma non credo andrà così. Helen e Dominik vogliono continuare a raccontare la loro storia, quindi si vedrà andando avanti. Probabilmente ci sarà una seconda parte.

Grazie!

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