2. Ho intenzione di recuperare tutto il tempo perduto
Ed eccoci qui, è di nuovo sabato e mi ritrovo, per l'ennesima volta, a fissarmi allo specchio e a cercare la voglia di prepararmi. Tra poco April sarà qui, con la sua maledetta gioia di vivere, e cercherà, di nuovo, a farmi reagire. Lo so, l'essere stata mollata non è poi una tragedia così grande, c'è chi sta peggio di me. Credetemi, lo so. Ma fa male lo stesso. Sentire il ragazzo con cui stavi sin dai tempi del liceo che prima ti chiede una dannata pausa, per poi dirti che, mentre tu continuavi a pensarlo e ti costringevi a lasciargli lo spazio che voleva nella speranza che la vostra relazione ne sarebbe uscita rinforzata, lui si dava alla pazza gioia con altre ragazze fino a giungere alla conclusione che è quella la vita che vuole fare. Mi ha lasciata con le testuali parole: "Mi dispiace, ma voglio godermi appieno i vent'anni, il che include feste e ragazze, non di certo una relazione seria". Ah, ovviamente, visto il codardo che è, le testuali parole sopracitate sono arrivate in uno stramaledetto messaggio.
Quindi ora eccomi qui a cercare di reagire, di reinventarmi, di capire di nuovo cosa voglio fare della mia vita. Mi sento così vuota senza Connor, tanto da non trovare senso in nulla, nemmeno nella vita stessa. Ed è una maledetta tortura dover continuare a vivere senza di lui e ancor di più dover rinunciare a tutti i nostri progetti. Stavamo insieme da così tanto tempo che il fatto che un giorno ci saremmo sposati e avremmo avuto dei figli non era una possibilità nella mia mente, bensì una certezza. Io quella casetta con la porta rossa e il portico in legno bianco l'ho immaginata in ogni dettaglio, tante di quelle volte da essere sicura che un giorno vi avremmo abitato insieme; io, Connor e i nostri due figli. Mi è sempre piaciuto sognare a occhi aperti, ma credo che non avrò più il coraggio di farlo per il resto della vita. Fa troppo male veder andare in fumo tutto quanto.
«Helen!» sento gridare la mia migliore amica. «Sei pronta?» urla poi e io mi riscuoto del tutto dallo stato di trance in cui ero finita.
Non rispondo, tanto riesco a sentire i tacchi di April sulle scale, tra poco la porta si aprirà e farà la sua comparsa, lo so. Lancio un ultimo sguardo allo specchio. Per quanto mi sia sforzata, ho ancora l'aspetto di una che ha avuto un incontro ravvicinato con un camion, dritto in faccia, ma sono riuscita a coprire un po' le occhiaie dovute in parte alla mancanza di sonno e in parte al pianto quasi incessante dell'ultimo mese. Già, è passato un mese dalla rottura con Connor e sto ancora di merda, forse non mi riprenderò mai. E vederlo girare per il campus ogni giorno con una ragazza diversa non è un bene per il mio cuore infranto. Maledetta quella volta che abbiamo deciso di andare nello stesso college. Non che avessimo molta scelta. Il college che frequentiamo è l'unico pubblico nella piccola cittadina in cui abitiamo.
«No, no, no! Tesoro, ti voglio bene, ma non esci con me vestita così» esclama April appena spalanca la porta della mia camera.
«Ciao anche a te, April!»
«Oh, non cercare di tergiversare. Vediamo...» dice aprendo le ante del mio armadio.
«Cos'ho che non va stavolta? Indosso i jeans... e una T-shirt bianca di tutto rispetto».
«Certo, sicuramente meglio della tuta di sabato scorso, ma, Helen, tesoro, questa sera devo proprio usare il pugno di ferro con te, mi dispiace. Mi ringrazierai tra qualche mese, fidati» dice mentre guarda attentamente due vestitini davvero minuscoli, che ora come ora non me la sento proprio di indossare.
«Scordatelo, non metto un vestito, non sono ancora pronta, April. Nemmeno per uscire, figuriamoci per indossare uno di quelli».
«Invece lo farai eccome! Indosserai questo delizioso abitino verde – che di sicuro metterà in evidenza quei due occhioni che ti ritrovi – e ti dirò di più: metterai anche quei sandali tacco quindici neri. Perché tu, stasera, cara mia, seppellirai dentro di te quel gran figlio di puttana, ti stamperai in faccia un gran sorriso – vero o falso, non me ne frega un cazzo – e farai pure delle conquiste» mi dice la mia amica sventolandomi davanti un indice affusolato dall'unghia rossa come il vestito che indossa.
«No, ti prego, non ce la posso fare. Non sono ancora pronta, okay?» cerco di convincerla lanciandomi sul letto.
«E nemmeno questo m'interessa. Sarei una pessima amica se ti permettessi di restartene rintanata qui dentro a piangere per quel fottuto stronzo. E fissati quest'immagine in testa, se ti può aiutare: mentre salivo in macchina per venire qui l'ho beccato nella sua auto, nel parcheggio del campus, con il cazzo in bocca alla capitana delle cheerleader. Magari è stato morso da una vipera proprio lì e la biondina gli stava succhiando il veleno, se così la vuoi mettere, ma credo sia più plausibile l'altra spiegazione che ho in mente...»
«Sei una gran stronza, lo sai, vero?»
«Oh, tesoro, non hai nemmeno idea del livello di stronzaggine al quale posso arrivare. E non lo faccio mica per te... ma davvero non ho alcuna voglia di dovermi cercare una migliore amica a metà del secondo anno, okay? Sarebbero quanti, cinque anni forse, di energie buttate al vento».
«Okay, okay, ora smettila sennò mi fai cambiare idea di nuovo» dico prendendole dalle mani il vestito verde e appena lo indosso mi rendo conto che aveva ragione: mi sta d'incanto e risalta il verde dei miei occhi.
Sono stata davvero una pessima amica nell'ultimo mese, mentre April è stata meravigliosa con me. Ha passato la prima settimana praticamente nel mio letto, a mettere a dura prova la sua linea mangiando quintali di gelato ai frutti di bosco insieme a me. E ora sono due settimane che cerca di farmi uscire dal guscio che mi sono costruita attorno. Mentre ci troviamo nel campus si prende la briga di controllare che giri sempre per i corridoi a testa alta, ma anche a lanciare maledizioni a Connor ogni volta che lo incrocia, tanto che credo stia evitando più lei che me. Ha addirittura fatto i compiti al posto mio nei giorni in cui non ero nemmeno in grado di alzare la testa dal cuscino. Credo davvero di doverle un'uscita come si deve, lei è una che non mancherebbe a una festa nemmeno a causa di una calamità e quest'ultimo mese si è messa un guinzaglio che non le si addice a causa mia; è arrivata l'ora di toglierglielo.
«Dove andiamo di preciso?» le chiedo mentre aggiungo un po' di mascara, dietro gentile richiesta della mia migliore amica.
«Come dove? Nella confraternita, no?»
«Dobbiamo proprio?»
«Beh, hanno organizzato una di quelle feste epiche per il compleanno di Vince, ovvio che dobbiamo!»
«Ma ci sarà anche...»
«Esatto, ed è proprio perché ci sarà quel figlio di puttana che ti devi mettere in tiro ed entrare in quella casa a testa alta. Tesoro, è passato un mese, è ora che cominci a goderti per davvero la vita al college, come fa lui».
Annuisco titubante. So che ha ragione, ma so anche di non essere ancora pronta. April ha un carattere esuberante, sa divertirsi, è sempre al centro dell'attenzione, mentre io faccio sempre da tappezzeria alle feste o sono quella che fa la palla al piede della gran figa della sua amica. È così che vengo vista. Prima, per via di Connor non potevo darmi alla pazza gioia come April, non potevo e non volevo mettermi troppo in mostra. Ora, anche se Connor non fa più parte dell'equazione, so che verrò vista ancora così perché non sono pronta a cambiare. Ma ci devo provare.
Prendo la borsa, una minuscola pochette nera, e siamo pronte per uscire. Io nel mio striminzito vestito verde che continuo a tirare giù cercando di coprire più cosce possibile e April nel suo tubino rosso, un colore che le dona tantissimo. April è bellissima: ha una magnifica pelle color cioccolato, una cascata di ricci ben definiti che le arrivano a metà schiena e due occhi neri che sa bene come usare per far cadere ai suoi piedi qualsiasi esemplare di genere maschile. Io sono l'esatto opposto: una mozzarella con le gambe, i capelli quasi biondi e gli occhi verdi troppo grandi per il mio viso. Non mi reputo brutta, non ho mai avuto problemi di autostima, ma non posso nemmeno competere con lei. Diciamo pure che sono una nella norma fisicamente, poi si aggiunge la mia goffaggine a farmi scendere di qualche posto nella classifica.
«Ci siamo... Pronta per la tua prima festa da single, amica mia?» mi chiede mentre parcheggia di fronte alla casa della confraternita.
Annuisco riluttante e scendo. La casa della confraternita si trova appena dentro il campus, abbastanza distante dai dormitori e questo permette ai suoi abitanti di organizzare questo genere di feste senza dar troppo fastidio. È enorme, con un grande open space al piano terra e tre piani disseminati di camere da letto e bagni. Ci abitano circa venti confratelli, ma continuano a far entrare nuovi membri, quindi non sappiamo mai il numero esatto, comunque la maggior parte di loro sono giocatori della squadra di football del college, quindi anche Connor dato che è il quarterback. Gli è perfino stato proposto di diventarne il leader, ma visto che non abita nel campus ha rifiutato per non doversi trasferire nella casa, almeno era così finché stava insieme a me, ora potrebbe anche cambiare idea.
Appena ne varchiamo la soglia, mano nella mano – la mia tremante e sudata, quella di April perfettamente salda –, veniamo investite da una musica assordante e la prima cosa che vediamo è un mucchio di ragazze e ragazzi che si muovono al ritmo di quella stessa musica. Non sono una gran ballerina, mai stata, mentre ad April brillano gli occhi solo al sentire un po' di ritmo. Da piccola ha seguito un corso di danza, l'ha fatto fin a quando non si è trasferita qui con la sua famiglia, al primo anno del liceo. Dice sempre che ama la danza, ma non si è mai vista come una ballerina professionista, per lei è solo una grandissima passione e glielo si legge in faccia ogni volta che sente della musica.
«Andiamo a prendere da bere e poi balliamo un po'?» mi grida nell'orecchio e io annuisco più per la prima parte che per la seconda.
Non dovrei farlo, dato che mio padre è lo sceriffo, ma ne ho un dannato bisogno stasera. Poi lui è di turno fino a domani mattina, dovrei riuscire a smaltire la sbornia per allora. E c'è anche un altro punto a mio favore: mancano solo tre mesi ai miei ventun anni. Quindi mi faccio coraggio e seguo April verso la zona della cucina, nell'angolo sinistro del piano terra. È un po' difficoltoso farsi spazio fra tante persone, soprattutto quando preghi di non fare una figura di merda inciampando sui tacchi troppo alti, ma ce la facciamo e arriviamo sane e salve davanti al bancone dell'isola gremito di bottiglie di ogni forma e dimensione.
«Ciao ragazze! Siete venute...» sento gridare e alzo lo sguardo di scatto, trovandomi davanti Vince, il leader della confraternita nonché festeggiato.
Vince è all'ultimo anno e oggi compie ventidue anni e devo dire che sono contentissima di realizzare che tra qualche mese se ne andrà per la sua strada e non sarò più costretta a incrociarlo per i corridoi. È un bel ragazzo, con un fisico palestrato, i capelli biondi e due occhi azzurri, ma ci prova spudoratamente con me dal giorno in cui ho messo piede nel college. Il problema è che ci prova con tutte le studentesse del college e credo di essere l'unica che non ha ceduto al suo fascino, quindi con me è particolarmente pesante il più delle volte, lo era anche quando stavo insieme a Connor, ma ora che sono tornata "sulla piazza" è diventato un vero e proprio stalker.
«Terra chiama Helen!» esclama passandomi una mano davanti al viso e mi rendo conto che mi stava parlando mentre io ero totalmente incantata.
«Scusami... dicevi?»
«Stavo dicendo che vi aspetto sul retro, stiamo giocando con i ragazzi e ci manca qualche ragazza. La tua amica ha già accettato, quindi non puoi tirarti indietro, pasticcino» mi sussurra all'orecchio. Sentire il suo fiato caldo sul collo e l'odore di birra mi dà il voltastomaco, ma deglutisco silenziosamente e annuisco appena.
April mi porge un bicchiere pieno di un liquido opaco e trasparente, che afferro senza replicare.
«Alla nostra grande serata!» esclama sbattendo il suo bicchiere contro il mio.
«All'essere entrambe single!» esclamo a mia volta. Non sono ancora felice di esserlo, ma è la prima volta da quando ci conosciamo che siamo entrambe single e siamo a una festa, quindi cercherò di godermela per lei. «Si può sapere perché hai accettato l'invito di Vince?»
April sbuffa. «Perché tu eri persa nel tuo mondo e quello me l'ha menata con gli occhioni da cucciolo smarrito... si è giocato la carta del compleanno, cosa dovevo dirgli?»
«Di andarsene a fanculo?»
«Beh... dai, ci saranno anche altri ragazzi fuori, no? Vediamo se c'è qualcuno di decente».
Sorrido, forse per la prima volta nell'ultimo mese, e seguo April verso l'uscita sul retro. Il giardino è illuminato a giorno e scorgo alcuni ragazzi e ragazze seduti in cerchio sull'erba, mentre Vince alza una mano e ci fa segno di avvicinarci.
«Ragazze, sedetevi pure».
Nel gruppetto riconosco alcuni visi conosciuti, la maggior parte dei ragazzi sono all'ultimo anno, ma ci sono anche ragazze del primo e secondo, tra le quali riconosco Valentina, la capitana delle cheerleader alias la biondina che April ha visto con Connor. Per fortuna non mi sono ancora imbattuta in lui, anche se sono certa sia qui da qualche parte, non mancherebbe alla festa di compleanno di Vince, sono molto amici. April e io cerchiamo di sederci vicine, ma Vince ci ferma spiegandoci che la sua regola è che ogni volta che si gioca a qualche stupido giochino ci si deve sedere tutti alternati, quindi si alza e viene a infilarsi tra noi due. Ottimo direi!
«A cosa giochiamo?» chiede una ragazza con la voce impastata sicuramente a causa dell'alcol.
«"Obbligo o verità"?» propone Valentina.
«No, ci abbiamo giocato prima» spiega Vince, «che ne dite di "Io non ho mai"?»
Gli altri ragazzi annuiscono e io sono contenta, dato che è un gioco al quale non mi sono mai ubriacata. Di solito si parla per lo più di esperienze sessuali e io ne ho fatte talmente poche che non devo quasi mai bere. Connor è stato il mio primo ragazzo... e l'ultimo per ora, una cosa alla quale so che dovrei porre rimedio al più presto se voglio davvero andare avanti con la mia vita. Ma devo dire che l'idea non mi fa impazzire, è strano pensare di andare a letto con qualcuno che non è lui.
«Inizio io, dato che sono il festeggiato. Allora... Io non ho mai... fatto sesso con un ragazzo» dice scoppiando a ridere e tutte le ragazze del gruppo bevono lo shottino che si trovano davanti. Furbo, il ragazzo.
«Io non ho mai baciato Kevin» dice una ragazza che non ho mai visto prima e capisco che si riferisce al ragazzo che le è di fronte.
Andiamo avanti di questo passo e io non ho più dovuto bere, come dicevo non mi ubriaco mai a questo gioco. Poi arriva il mio turno.
«Io non ho mai... fatto sesso occasionale» dico dopo averci pensato un po' ed effettivamente ho avuto una grande idea dato che tutti bevono a parte me.
April comincia a essere allegra, come tutti gli altri, mentre Vince continua a sussurrarmi all'orecchio cose varie, come suggerimenti per il gioco o proposte di vario genere, che fingo di non capire. In fin dei conti un po' mi sto divertendo, è un gioco carino per scoprire come dovrebbe essere il divertimento al college. Ed è in questo momento che ho una specie di epifania: io mi sono persa tutto questo a causa di Connor ed è proprio per vendicarmi di lui che ho intenzione di recuperare tutto il tempo perduto. E se l'unico a filarmi stasera fosse Vince, allora vorrà dire che inizierò da lui. Così, quando mi posa una mano alla base della schiena non mi sposto di un millimetro. E tocca di nuovo a me.
«Io non ho mai fatto sesso con Vince» grido quasi e vedo alzare più bicchieri di quanto avrei creduto, compreso quello di April. La guardo con gli occhi spalancati e lei fa spallucce, mentre Vince mi sussurra all'orecchio: «A questo possiamo rimediare...» accompagnando il tutto con un eloquente occhiolino.
Sinceramente, il fatto che sia andato a letto con la mia migliore amica mi fa cambiare piano, ma continuo a flirtare con lui ancora per un po', finché non decidiamo di porre fine al gioco visto che la maggior parte del gruppo è ubriaca o poco manca.
«Davvero sei andata a letto con Vince?» chiedo a April appena restiamo sole.
«Beh... è capitato solo una volta, l'anno scorso».
Mentre parliamo animatamente, dato che April mi sta raccontando certi dettagli che non ho bisogno di sentire e io cerco di tapparmi le orecchie, sbatto letteralmente addosso all'unica persona al mondo che non vorrei vedere questa sera: Connor.
«Ciao Helen, anche tu qui?» dice penetrandomi con quegli occhi azzurri.
«Ciao Connor...» pronuncio per educazione, che se ne va appena faccio scorrere lo sguardo sul suo braccio e mi rendo conto che sta tenendo per mano una delle cheerleader. Prima la capitana, ora le altre, mi sembra giusto. Sbuffo per la rabbia e afferro la mano di April, tirandola il più lontano possibile da lì, verso la cucina.
«Prima o poi sarebbe successo, Helen, lo sai. E sai anche che se la fa con le cheerleader, non farti rovinare la serata, okay?»
«Hai ragione! Lui si è portato a letto chissà quante ragazze... prima e dopo di me e, chissà, magari anche durante. Io ho avuto solo lui, quindi ora finisco questo drink che ormai è caldo e fa schifo, ne prendo un altro e porrò rimedio a questa ingiustizia» dico in tono fermo, alzando il mento e facendo scoppiare a ridere la mia amica.
«Questa è la mia Helen! Abbiamo una missione, quindi?»
«Esattamente! Che la missione "prima scopata occasionale di Helen" abbia inizio» rispondo risoluta, per poi scoppiare a ridere a mia volta.
«Vince sembra parecchio interessato a scoprire cosa c'è sotto il tuo vestito...»
Faccio una faccia schifata, per poi risponderle: «È venuto a letto con te, non potrei mai».
«Beh, se la metti così allora dovrai cambiare college per trovare uno con cui spassartela...»
«Non dirai sul serio!» replico spalancando gli occhi e April fa spallucce con nonchalance. «April!»
«Cosa vuoi? Forse tutti tutti no, ma sai che mi piace divertirmi e non mi piace impegnarmi. Il mio motto è: mai due volte con lo stesso ragazzo. Ora che mi ci fai pensare, credo di aver sbagliato sesso quando sono nata...»
«Sei una scema!»
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