19. C'est l'amour
Ci sono andato un po' riluttante alla festa di Vince, ma l'ho fatto principalmente per vendere la Honda. Dopo avermi offerto da bere, Vince mi ha presentato Connor, il tizio interessato alla mia moto, che conosco di vista perché è il quarterback della squadra di football, ergo la ragione per la quale dovrò aspettare l'anno prossimo per entrare in squadra. Devo ricordare a me stesso qual è il motivo per cui sono qui, così vado dritto al punto e gli chiedo di uscire per vedere la moto. La guarda, la prova nel parcheggio del campus e poi mi chiede quanto voglio ricavarne. Sinceramente, mi bastano millesettecento dollari, ma è pur sempre una moto che ne vale quindicimila.
«Diecimila dollari» gli dico senza indugiare oltre.
«Affare fatto» risponde porgendomi la mano, che stringo immediatamente. Mi sto contenendo, ma in questo momento vorrei fare dei salti di gioia alti un metro, cazzo.
Mi fa subito gli assegni, dato che gli ho chiesto il favore di farmene due: uno da duemilacinquecento dollari e l'altro per i restanti. Non batte ciglio e mezz'ora più tardi sono fuori dalla casa della confraternita, a piedi, ma con i miei due assegni in tasca. Visto che ho ricavato più soldi di quanto avrei mai sperato con la moto, ho deciso di aggiungere qualcosa all'assegno per Helen, potrebbero esserle utili. A dire la verità, le avrei dato anche tutti i soldi, ma sono consapevole di non poter restare a lungo senza un mezzo di trasporto. Mi serve per andare al lavoro e alle lezioni. Stavo pensando a un'auto, ma da quando Helen mi ha confidato che le piacciono le moto ho deciso che devo assolutamente comprarne un'altra. E un casco per lei.
Cristo, mi sa che mi sto buttando troppo in questa cosa – qualsiasi cosa sia – con lei. Non so nemmeno che significato abbia avuto il sesso per lei, se ne ha avuto uno. Magari voleva soltanto distrarsi dai suoi problemi e ha usato me per farlo. Io l'ho fatto tante volte con altre ragazze. Ma lei non è me.
Ho dormito con il suo assegno sotto il cuscino. Sì, come un autentico idiota, ma temevo davvero di non ritrovarlo al mio risveglio. Per me significa molto, per lei quell'assegno è tutto. L'ho inserito in una busta sulla quale ho scritto solo il suo nome, mentre dentro ho aggiunto un bigliettino. Mi è venuto il dubbio che potesse sentirsi offesa dal mio gesto, anche se non saprà mai che sia stato io a farlo. Potrebbe comunque essere talmente orgogliosa da non usare i soldi. E io voglio che lo faccia, quindi gliel'ho scritto nel biglietto. Sono partito all'alba per passare da casa sua prima delle lezioni e una volta lì ho inserito la busta nella fessura sotto la porta e me ne sono andato per la mia strada. Mi sono sentito un po' Batman ed è stata una bella sensazione, bellissima. E vorrei tanto poter assistere al momento in cui aprirà quella busta, invece dovrò attendere venerdì per vederla di nuovo. Potrei andare a trovarla durante le lezioni, ma non so se sia il caso, non ci tengo a essere respinto di nuovo.
E invece, alla fine delle mie lezioni, trovo una meravigliosa sorpresa ad attendermi davanti al mio Dipartimento. Cristo, indossa un paio di leggings neri che non lasciano proprio niente all'immaginazione. Un moto di gelosia mi investe, ma non ho il tempo di ragionarci su che Helen mi salta in braccio e mi bacia, dandomi la bella notizia. Il cuore mi scoppia nel petto mentre guardo i suoi occhi pieni di felicità e credo di aver perso del tutto la ragione quando mi dà appuntamento a questa sera stessa. Non potrei esserne più felice. Tutto quello che dovrò fare è farmi prestare l'auto da Pete.
Chiamo un Uber per andare a casa, ma ci mette così tanto ad arrivare che avrei fatto prima a piedi. Tendo a dimenticarmi che abito in un piccolo angolino dell'inferno. Una volta a casa, mi preparo l'outfit per questa sera: jeans scuri, T-shirt bianca e giacca abbastanza elegante. Voglio stupirla, ci tengo, anche se non ho idea di dove portarla. Mi ha detto di vederci dopocena quindi niente ristoranti. Di pub ne conosco solo uno in zona e non è il caso di portarla nel nostro posto di lavoro. Chiederò a Pete anche questo. E, mentre penso proprio a lui, sento sbattere la porta d'ingresso. Corro come uno scemo per l'appartamento finché non gli sono davanti.
«Cazzo, Dom, mi vuoi far morire d'infarto?» grida portandosi una mano al petto. «Non credevo fossi in casa... dove hai parcheggiato la moto?»
«L'ho venduta. Storia lunga, te la racconterò un altro giorno».
«Hai venduto la moto? E sei tutto felice... Che succede, Dom?»
«Succede che ho un appuntamento questa sera. Con una bellissima ragazza...»
«Helen?» mi chiede strabuzzando gli occhi.
«L'unica e la sola. Cazzo, Pete, sono fuori di me dalla felicità, è normale?»
«Oh... C'est l'amour, amico».
«Eh?»
«Lascia stare. Dunque, dove pensi di portarla?»
«Ecco, è qui che devo tirarti in ballo, amico mio... avrei bisogno della tua auto e di un consiglio su dove portarla visto che usciamo dopocena e io conosco solo il Minnie's in zona».
«Okay per l'auto, ma mi serve domani mattina alle otto, cerca di essere a casa per quell'ora».
«Ricevuto. Grazie, ti devo un favore enorme».
«Per quanto riguarda il posto, ho un'idea» mi comunica infine facendomi l'occhiolino.
Ed è così, con un mazzo di rose corallo – ho seguito il consiglio della fiorista che mi ha detto che quel colore di rose significa desiderio, direi perfetto per far capire a Helen ciò che provo – e il cuore a mille che parcheggio nel vialetto di casa sua. Dove ho una grandissima sorpresa: l'auto dello sceriffo è parcheggiata proprio davanti a casa. E sto quasi per fare dietrofront. Cristo santo! Le sono stato alla larga il più possibile proprio per evitare casini con lo sceriffo e ora devo dirgli apertamente che voglio uscire con sua figlia, con la sua principessa, che ho tutte le intenzioni di far accomodare sul mio pisello, di nuovo. Suono il campanello ed è solo quando lui apre la porta e sposta lo sguardo sul mazzo di rose che mi maledico per non averlo lasciato in macchina. E se conoscesse il significato dei fiori? Allora sono fottuto.
«Buonasera, sceriffo Farrow» esordisco mostrandomi rilassato.
«Tu sei?...» mi chiede con un'espressione dura.
«Oh, giusto, mi scusi. Sono Dominik» Il tizio che toglierà le mutandine a tua figlia per la seconda volta nel giro di tre giorni appena, aggiungo tra me e me, non è il caso di farglielo sapere.
«Non ti ho mai sentito nominare... Frequenti mia figlia?» mi chiede poi con espressione sempre più dura mentre porta la mano destra alla pistola d'ordinanza. Indossa la divisa da lavoro, quindi deduco sia appena arrivato o stia per andare al lavoro. Vuoi vedere che è a causa dei miei dieci minuti di anticipo che mi sono imbattuto in lui?! «Allora?»
Oddio, qual era la domanda? Oh, sì, frequento sua figlia? La frequento? Non la frequento? E che cazzo ne so io?!
«Ehm, ecco, vorrei. Vede, questo è il nostro primo appuntamento e spero non sia l'ultimo... con la sua benedizione, naturalmente». Cristo, che impacciato! "Con la sua benedizione"? Davvero?
«Entra» mi invita spostandosi dall'uscio. Lo seguo verso la cucina cercando di non dar a vedere che ho già messo piede in questa casa.
«Dammi cinque minuti!» sento urlare dal piano di sopra e non credo che la voce di Helen sia mai stata così bella. «Non ucciderlo, papà, ti prego» aggiunge e non so se scoppiare a ridere o nascondermi da qualche parte.
Non è che sia un codardo totale, anzi non lo sono mai stato, ma lo sceriffo mette davvero soggezione: tanto per cominciare, è più alto di me – e io arrivo al metro e novanta –, deve fare più palestra di me perché ha un fisico alla Hulk davvero niente male, in una situazione diversa gli avrei fatto i complimenti; è anche pelato, il che lo fa somigliare parecchio a The Rock. Ora voglio proprio vedere se uno nelle mie condizioni, che ha intenzione di uscire con sua figlia – che considera una principessina che non ha l'età per bere, figuriamoci per fare altro – e per di più si presenta con un mazzo di rose che vogliono dire: "Ti desidero da impazzire, ti prego, apri le gambe per me!" possa restare calmo.
«Siediti, non ti mangio. E non ascoltare Helen, non sono solito uccidere i suoi presunti ragazzi...», mi squadra dalla testa ai piedi, «mi limito a farli soffrire, molto, soprattutto se le spezzano il cuore».
«Ricevuto».
«Sono per Helen?» Resto un attimo imbambolato, poi lui mi fa segno verso i fiori e annuisco. «Dalli a me, li metto in un vaso».
Gli porgo le rose e me ne resto immobile sullo sgabello mentre cerco di non pensare a Helen nuda proprio nel punto in cui appoggio le braccia.
«Vuoi una birra?» mi chiede all'improvviso.
«No, grazie, sceriffo. Non vorrei rifiutarla, ma devo guidare» dico e mi batto il cinque da solo mentalmente per aver superato la sua prova, perché è chiaro che di quello si trattava.
«Bene. Ti posso offrire qualcos'altro?» mi chiede.
«No, papà, ora ce ne andiamo» sento parlare alle mie spalle e mi giro di scatto, scontrandomi con i più meravigliosi occhi verdi che abbia mai visto. Vorrei tanto tirare un gran sospiro di sollievo, ma temo perderei dei punti con lo sceriffo Hulk.
«Di già? Ma se ci stavamo appena conoscendo?» replica il padre e Helen scoppia a ridere.
«Papà, lo stai spaventando. Dom, tranquillo, è un gigante buono, fidati» risponde lei prendendomi per mano. Tento di ritirarmi per paura che possa non essere una mossa da fare davanti allo sceriffo, ma lei mi tira a sé ancora di più.
«Arrivederci, sceriffo Farrow» biascico prima che Helen mi trascini fuori senza lasciarmi nemmeno il tempo di salutare.
«Non ne sono sicuro...» lo sento sussurrare. «Ciao, tesoro, non divertirti troppo».
Helen non gli risponde.
«Dov'è la tua moto?» mi chiede appena ci chiudiamo dietro la porta di casa sua.
«Ho pensato di chiedere in prestito la macchina a Pete».
«Okay. Scusa per mio padre».
«L'hai fatto apposta, vero? Volevi mettermi alla prova?»
«In realtà speravo non vi incontraste mai, ma oggi quando ti ho chiesto di passare a prendermi ero talmente euforica che mi sono completamente dimenticata che papà sarebbe stato a casa. Davvero, scusami».
«Nessun problema...»
«Davvero? Non ti ha spaventato nemmeno un po'?»
«Beh, avresti potuto avvisarmi che tuo padre è The Rock in persona, ma se non lo guardi negli occhi può funzionare» confesso e lei scoppia a ridere. «Sul serio? Ora ridi di me?»
«No... è che fa sempre questo effetto alla gente, forse anche per questo ha avuto tanto successo nella sua carriera nelle forze dell'ordine, ma davvero non è capace di far del male a una mosca. Di minaccioso ha solo l'aspetto».
«Sono felice di sentirtelo dire, ma credo che continuerò a comportarmi bene, non si sa mai».
«Davvero hai intenzione di tenere le mani apposto?» mi chiede ridendo e guardandomi attraverso quelle ciglia che mi fanno perdere il contatto con la realtà.
«Ho detto che mi comporterò bene, il che comprende anche farti provare tanti di quei orgasmi da renderti la donna più felice sulla faccia della terra. Felice tu, felice tuo padre quindi io porto a casa la pelle, anzi le palle, giusto?»
«Il tuo ragionamento non fa una piega» ribatte continuando a ridere e scoppio anch'io in una risata che mi aiuta a sciogliere un po' dell'agitazione.
«Comunque, tuo padre conosce il significato dei fiori?» le chiedo dopo un breve silenzio.
«Dipende... perché?»
«Perché potrei aver combinato una cazzata. Vedi, ti avevo portato un mazzo di rose... color corallo...»
«Oddio!» Helen scoppia a ridere, con tanto di lacrime. «Davvero? Rappresentano il desiderio, giusto?» Annuisco e lei continua a ridere. «Sono le stesse che lui portò al primo appuntamento con mia madre... per regalarle a sua madre. Papà mi ha raccontato che mamma lo prendeva sempre in giro perché aveva regalato alla sua futura suocera dei fiori che significavano desiderio. Lui allora non ne conosceva il significato, adesso direi che lo conosce bene...»
«Dio, non posso crederci di aver fatto una figura di merda del genere!» esclamo mentre Helen si fa aria con una mano e si asciuga le lacrime con l'altra. «E tu smettila di ridere, altrimenti ti riporto a casa e passi la serata con il gemello di Dwayne Johnson».
«Per quanto voglia bene a mio padre, preferisco passarla con te, credimi» mi dice e fa un gesto che mi lascia sbalordito, e che mi piace da impazzire: posa la mano sopra la mia, sul pomello del cambio.
«Dove mi stai portando?» mi chiede dopo qualche minuto di silenzio.
«Lo vedrai quando arriveremo» rispondo criptico. Non so se ho fatto bene a seguire il consiglio di Pete, ma non avevo molte alternative, non la conosco abbastanza per sapere cosa le piace o non le piace fare.
«Ci vuole ancora molto?»
«Poco più di mezz'oretta».
«Bene, allora ho il tempo di farti qualche domanda...»
«Domanda? Vuole continuare il nostro giochino, signorina Farrow?»
«Oh, può dirlo forte, signor Kromwell. Ho una domanda in sospeso: come mai sei venuto ad abitare qui?»
«È una storia lunga, Helen» cerco di sviare.
«Abbiamo più di mezz'oretta».
«Non voglio raccontarti i dettagli. Ho solo combinato un casino che mi ha fatto espellere dallo Stanford e l'unica opzione è stata finire il college qui, fattelo bastare per ora» rispondo secco. E le ho detto già troppo.
«Okay, scusami, non volevo farti arrabbiare, ma davvero voglio conoscerti meglio».
«E come mai? Intendo dire: fino a qualche giorno fa sembrava volessi starmi alla larga, cos'è cambiato?»
«Non lo so, so solo che voglio darti una possibilità».
«Una possibilità concreta? È un primo appuntamento questo?»
«Può essere...» mi risponde sorridendo timidamente.
«Perché è quello che ho detto a tuo padre, quindi è meglio che sia così».
«Sul serio? Hai detto a mio padre che questo è il nostro primo appuntamento?»
«Anche che vorrei frequentarti. Insomma, mi ha preso in contropiede, cosa potevo dirgli? "Sa, sceriffo Farrow, in realtà mi sono già portato a letto sua figlia, proprio qui, sul piano della vostra cucina". Non mi sembrava il caso...»
«Vero, detta così suona davvero male» dice scoppiando a ridere di nuovo. È strano che il mio cuore sembri impazzire ogni volta che la faccio ridere? Non è solo per il suo bellissimo sorriso, ma perché sono io a farla ridere, sono io la fonte della sua felicità, anche se lei non saprà mai fino a che punto.
Nel frattempo siamo arrivati, mi fermo poco prima della biglietteria e noto un sorriso sul viso di Helen.
«Un drive-in?»
«Non so se sia la scelta giusta, non so nemmeno quali generi di film preferisci guardare e cosa sia in programma questa sera. Se vuoi cambiare posto possiamo farlo» le dico.
«È un primo appuntamento perfetto, signor Kromwell» mi risponde riservandomi un sorriso con le fossette davvero meraviglioso. «Anche perché temo che a nessuno dei due importerà il film» aggiunge poi arrossendo leggermente.
Se la mette così, allora sono davvero fortunato oggi.
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