6. La caduta di un cosmopolitan

Arrivata a casa mi feci una doccia per prepararmi alla serata che mi aspettava: non ero sicura di ciò che avrei dovuto affrontare.

Ancora in accappatoio decisi di togliere la plastica dal vestito che avrei dovuto indossare. Appena ebbi finito rimasi senza fiato: l'abito era di colore rosso, fermo in vita per poi aprirsi in una gonna squadrata. La scollatura era abbastanza profonda ed era decorata da alcuni dettagli in oro.

Lo provai subito e mi accorsi che mi stava perfettamente. Successivamente mi ricordai che quando mi ero presentata per quel lavoro mi avevano chiesto anche le taglie di vestiti e scarpe.

Indossai un paio di tacchi molto semplici, gli unici che avevo della MC Twist. Pensai che fosse un po' strano che non mi avessero dato delle scarpe di quella marca per la serata, ma Anne mi era sembrata abbastanza distratta quel pomeriggio.

Afferrai la pila di fogli riguardanti il mio "obiettivo" di quella sera e iniziai a sfogliare le varie pagine, raggiungendo quella degli interessi. La lista comprendeva mostre d'arte, dipingere, una grande passione per van gogh, passeggiare e gite in montagna.

In particolare la voce "gite in montagna" aveva un asterisco e un paragrafo di approfondimento dove venivano elencate anche le località che era solita frequentare. A queste persone piaceva fare le cose nei dettagli.

Detti rapidamente una lettura a tutto ciò che potevo e poi iniziai ad asciugarmi i capelli. Dopo aver guardato l'orologio decisi di non avere tempo per fare una piega decente quindi li sistemai in uno chignon di fortuna.

Scendetti le scale di corsa ed entrai in macchina, dopo di che partii verso la residenza dei Brown. Attraversai il mio quartiere e mi diressi verso quello più alla moda della città. Le strade erano più ampie e costeggiate da un largo marciapiede.

Quella zona vedeva la presenza di numerose ville, tutte accessoriate con ampi giardini, piscine e grandi vetrate. In alcune era possibile vedere le auto parcheggiate: Maserati, Porsche, Mercedes e in una addirittura una Ferrari.

Arrivai alla mia destinazione e parcheggiai l'auto nel poco spazio rimasto sulla strada. Attivai la cuffia e la indossai, dopodiché scesi dall'auto.

Le porte della villa erano spalancate e vi si trovava un maggiordomo che aveva il compito di accompagnare gli ospiti nel salone principale. Avevo l'impressione di essere tornata indietro nel tempo all'Ottocento.

Entrai e mi ritrovai in una stanza con una trentina di persone. Alcune erano intente a sorseggiare un cocktail, altre mangiavano tartine raffinate, il tutto accompagnato da lunghe conversazioni.

Iniziai a studiare i vari invitati finché non intravedetti il mio obiettivo: Joanna Menson si trovava seduta su un divanetto, intenta a bere un Cosmopolitan e a chiacchierare con un signore dall'aspetto distinto che doveva avere una decina di anni in più rispetto a lei.

La donna indossava un semplice tubino azzurro e un ciondolo a forma di cuore con incastonato uno zaffiro. Sembrava divertita dalla conversazione, probabilmente intenta a smorzare i tentativi di avance dell'uomo.

Mi avvicinai alla coppia, interrompendo la loro conversazione: <Buonasera, scusate se vi disturbo, ma l'ho riconosciuta da lontano e non potevo sprecare questa occasione, sono Rebecca Stabria, piacere> dissi, porgendo la mano a Joanna.

Lei mi osservò con uno sguardo stupito e afferrò la mia, stringendola. L'uomo mi osservò con l'espressione di chi è stato appena interrotto da un fastidioso contrattempo. Rivolsi anche a lui un saluto, senza preoccuparmi di capire chi fosse. Errore peggiore non avrei potuto fare.

Mi squadró un attimo prima di commentare <Non sapevo che la mia segretaria avesse mandato degli inviti anche a stagisti che cercano di farsi strada nel complesso mondo della moda ma che non riconoscono le persone davvero importanti>. Il tono tagliente della sua voce mi fece sentire terribilmente in colpa.

<Mi scusi, io non l'avevo riconosciuta, anche se non lavoro in questo campo la conosco per fama e mi permetta di farle i complimenti per l'apertura della sua nuova sede> dissi, cercando di risolvere la situazione senza offendere il suo orgoglio.

Lui mi osservò sprezzante, come se il fatto di non averlo riconosciuto fosse un crimine da pena capitale. Effettivamente questa era una figuraccia da aggiungere alla mia collezione.

Joanna non sembrava turbata dalla situazione, avevo l'impressione che fosse grata dell'interruzione. David si mosse di scatto facendo rovesciare sul mio vestito il cosmopolitan della donna.

Finse uno sguardo dispiaciuto e si allontanó senza neanche scusarsi. Probabilmente non si riteneva responsabile dell'accaduto.

Io riuscivo solo a pensare alle parole di Anne "Pagheremo noi le spese della tintoria ma che non diventi un'abitudine". Joanna si alzò dal divanetto appoggiando il bicchiere ormai vuoto su un tavolino lì accanto e mi accompagnò verso il bagno. Sembrava conoscere bene quella casa.

Passammo vicino alla stanza dove aveva lasciato la borsa da cui prese un vestito. Arrivammo alla toilette e lei mi porse l'abito <Cambiati con questo, poi dammi l'altro così lo pulisco>.

Indossai lo splendido tubino nero dalla particolare trama disegnata da dei brillantini e uscii porgendole l'altro. Joanna lo prese, aprì l'acqua e iniziò a sfregare con del sapone liquido. <Oltre all'arte vedo che ama anche i bei vestiti> commentai io. Lei sorrise e disse <Si, mi piace tutto ciò che è bello esteticamente. La mia passione dell'arte è nata proprio così, poi ho scoperto che le opere avevano ognuna la propria storia e mi sono appassionata molto >.

Ero incredibilmente affascinata da quella donna, sembrava una persona con molto vissuto alle spalle. <Ho avuto modo di capire che non ti occupi di moda, in che campo lavori allora?> mi chiese. Il "tu" mi lasció un po' interdetta però presi coraggio e le diedi la stessa confidenza. <Lavoro per un club qui in città che organizza eventi legati all'arte> risposi.

Lei sembrò riflettere qualche secondo, poi mi domandò: <Sembra molto interessante, posso chiederti se esiste un modo per parteciparvi ?>.

Io rimasi stupita per la fortuna che avevo avuto ma decidi di giocare bene la mia carta e di dissimulare la sorpresa <Solitamente non prendiamo iscrizioni in questo modo, ma sono abbastanza inserita nel giro e posso occuparmene io. Lasciami un recapito e ti farò sapere appena concludo>.

Lei mi dettó il numero di telefono che prontamente salvai in rubrica, poi mi lasció dicendomi che voleva salutare alcuni invitati.

Dopo essere rimasta sola mi accorsi che l'apparecchio che avevo all'orecchio, di cui mi ero completamente dimenticata, stava gracchiando. Provai ad alzare il volume e sentii la voce di Anne dall'altro lato <Rebecca! Ci sei?>.

<Ci sono! Scusami ma non sentivo nulla, probabilmente avevo lasciato basso il volume. Hai sentito tutto?> chiesi. <Sì, complimenti, sei riuscita a coinvolgere il primo obiettivo. Il vestito è pulito?> ribatté lei.

<Joanna ha lavato via la macchia perfettamente, non preoccuparti. Posso congedarmi e tornare a casa mia?> domandai. <Ovviamente, ci vediamo domani> rispose, dopodiché sentii un click e poi il silenzio.

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