2. Fratello diseredato e vendere la verginità

BTS, Fire
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L'unica cosa che vorrei fare tutto il giorno è dormire. Dormire per giorni, mesi, anni, secoli, per poi risvegliarmi come Dracula. Ogni mattina è la stessa storia.
Più cerco di aprire gli occhi, più le palpebre sembrano incollate. Magari durante la notte i gemelli mi mettono qualche strana sostanza per non aprire gli occhi al mattino. Tutto è possibile.

Rantolo, mentre rotolo su un fianco e apro lentamente un occhio. Non appena vedo i raggi del sole, chiudo l'occhio e poi, con la mano, cerco a tastoni la tenda, per tirarla e impedire a questo maledetto sole di bruciarmi di prima mattina. Manca soltanto che il mio corpo inizi a brillare come quello di Edward Cullen, che sembra essersi fatto il bagno in una vasca piena di strass, oppure al massimo mi procuro l'anello con il lapislazzulo di Damon Salvatore.

Affondo la testa nel cuscino, premendo la guancia sinistra contro di esso, con le labbra leggermente dischiuse, e faccio una smorfia non appena sento il mio alito. Oh, cristo.
Gemo, mettendo la faccia nel cuscino, ma poi mi rendo conto di non riuscire a respirare. Rotolo nuovamente sulla schiena e appoggio un braccio sopra gli occhi, cercando di continuare il mio sonnellino per almeno altri cinque minuti.

Non appena sento il sonno prendere il sopravvento, ecco che sento un colpo secco e la mia finestra che si sfracella, letteralmente. I pezzi di vetro si diffondono quasi in tutta la stanza, tant'è che un pezzo cade proprio tra i miei capelli, sul cuscino. Ma che cazzo sta succedendo?

Alzo di scatto la testa, spostando il pezzo di vetro sul comodino, per non rischiare di tagliarmi la gola o la faccia accidentalmente. Ancora non ho voglia di morire. Sono troppo giovane.

Mi metto a sedere e prendo le ciabatte, assicurandomi che non ci sia alcun pezzo di vetro, dopodiché me le infilo e mi alzo in piedi, per affacciarmi alla finestra.
Non appena cerco di sporgere di più la testa, esco che spunta Chris, tappandomi subito la bocca, mentre cerca di entrare dalla finestra, senza fare rumore.

« È stato un cazzo di incidente. Juliet e papà non dovranno saperlo mai. Io non sono mai stato qui. Noi due non siamo fratelli, intesi? » dice serio, come se stesse cercando di ipnotizzarmi.

La porta si spalanca di colpo e giriamo la testa a rallentatore, mentre vediamo Juliet con le braccia incrociate al petto e uno sguardo omicida. Osserva il danno, mentre Chris tiene ancora la mano sulla mia bocca, poi, si abbassa e prende la palla da tennis, rigirandosela tra le mani. Schiocca un'occhiata per niente carina a Chris e quest'ultimo finge un sorriso. Toglie la mano dal mio viso e continua a sorridere come un ritardato.

« Questo cretino mi ha rotto la finestra, di nuovo. » dico e Chris mi pizzica il fianco, per zittirmi.

« Non vedevo l'ora di aggiungere qualche giorno in più alla tua punizione. Congratulazioni, Chris! Sei ufficialmente diseredato!» grida Juliet, come farebbe una vera madre, lanciando la palla verso di lui, ma, con la fortuna che ho, colpisce me, dritto in fronte. Juliet è sposata con mio padre da circa quattro anni. Nonostante non sia nostra madre biologica, abbiamo imparato a volerle bene lo stesso, anche perché si comporta come una vera madre a volte. Si è dimostrata sempre affettuosa e comprensiva nei nostri confronti. La nostra vera madre è morta dopo aver partorito i gemelli. Mio padre si è dato un gran bel da fare per prendersi cura di noi, da solo. Abbiamo avuto qualche babysitter da piccoli, ma nostro padre è sempre stato presente per noi. Per anni è stato madre e padre. Non ci ha mai fatto mancare niente.

« Che risveglio di merda...» borbotto, chiudendo gli occhi.

« Tra dieci minuti vi voglio di sotto. E vai a vedere cosa diavolo sta combinando Zack! » grida Juliet, girando poi sui tacchi, andando via.

« Perché diavolo stavi giocando a quest'ora a baseball? » gli chiedo e lui, in tutta risposta, mi dà una spallata, facendomi quasi cadere e gli do una spinta in avanti, mentre lo sento ridacchiare.

Davvero, perché devo avere solo io dei fratelli così idioti?

Prendo una maglietta a maniche corte, rossa, che abbino ai miei jeans neri e converse rosse. Prendo l'intimo e poi vado in bagno, dando un ultimo sguardo al casino che c'è nella mia stanza, e che, sicuro come la morte, dovrò pulire io e Chris non muoverà neanche un dito, anche se la nostra matrigna lo costringerà.

Quando finisco di prepararmi, prendo lo zaino e scendo al piano di sotto, trovando già tutti a tavola. Già so che non finirò la mia colazione.

« Farò colazione con Mandy da McKenzie's. » dico a Juliet, mentre osservo i gemelli abbuffarsi come maiali. Zack rutta nella mia direzione, facendomi poi l'occhiolino e Juliet sbarra gli occhi, guardandolo male.

« Scusa, mi è scappato. Non lo faccio più. » e mentre lo dice a lei, tiene il dito medio rivolto verso di me, da sotto il tavolo. Che bastardo!

« Ho sentito gli Hamilton ieri. A quanto pare il loro figlio- » inizia a dire Juliet.

« Julian! È tornato a casa! » la interrompe Chris, con un ghigno, mentre il suo sguardo si sposta lentamente su di me.

« È fantastico, vero, Avie-Bear? » continua a dire Chris, muovendo le sopracciglia su e giù. Non penso di aver mai odiato un nomignolo più di questo. Ed è tutta colpa loro, direi.
Beh, principalmente penso sia colpa di Chris. Da piccolo non riusciva a dire Avalon, e sicuramente gli costava tanto chiamarmi almeno Ava, ma no, ha pensato benissimo a chiamarmi Avie-Bear, perché secondo lui ero morbida come un orso. Che poi, non si riferiva veramente ad un orso, ma al suo pupazzo del cavolo al quale poi ho dato fuoco.

L'ho già detto che ci amiamo davvero così tanto da prenderci a pugni?

Insomma, non so se smetterà mai di chiamarmi con questo soprannome odioso, soprattutto perché diventa abbastanza imbarazzante quando mi chiama così a scuola o in un altro luogo affollato. I miei amati fratelli sanno dell'odio che c'è tra me e Julian.

Non siamo mai stati grandi amici, anche se ci conosciamo da quasi tutta la vita. A sei anni, proprio quando si è trasferito qui, gli ho rubato il suo pallone preferito e poi gliel'ho bucato. A sette anni gli ho tirato un pugno in faccia, perché mi aveva chiamata "stupida piagnucolona" davanti a tutta la classe ( e sì, sono finita nei guai seri). A otto anni ho voluto rubargli la bicicletta e darla ad un bimbo bisognoso, ma, purtroppo, mi aveva beccata.

A nove anni gli ho spaccato la testa. Letteralmente. Beh, devo dire che sia stato piuttosto fortunato; nessuna commozione cerebrale e, niente, è ancora vivo. Questo fatto penso lo abbia traumatizzato leggermente, perché lo stavo per ammazzare veramente, soltanto perché aveva nascosto un bruco nel mio sandwich durante la ricreazione. Eravamo nel cortile e gli ho accidentalmente lanciato una pietra contro. La mira di certo non era la sua testa sfigata.

Però, la cosa positiva è che al liceo lui ha preso la sua strada e io la mia. Non mi ha dato fastidio ed è andata benissimo così. Fino ad una settimana fa...era perfetto. Insomma, ancora più perfetto senza di lui tra le palle. Ora che ritornerà, spero continui a fare ciò che ha fatto per anni: ignorarmi.

« Siamo in punizione. » dicono i gemelli, mentre saliamo in macchina.

« E io no, ah! Beccatevi questa, idioti! » sogghigno, sporgendo la testa tra i due sedili, e Zack mi dà uno schiaffo sulla fronte.

« Da oggi in poi non sarai più nostra sorella. » dice Chris, con espressione delusa. Questa è tutta scena!

« Sono d'accordo con Chris. Con noi hai chiuso. » lo appoggia Zack. Tra gemelli ci si intende...come tra coglioni, d'altronde.

« Continuate a dirlo da dieci anni...giusto per ricordarvelo. » mormoro e girano le loro teste verso di me.

« Beh, Avie-Bear, ti ricordi la prima frase completa che ho detto da piccolo? » chiede Zack, aspettando con ansia la mia risposta. Il sorriso svanisce dalle mie labbra e riduco gli occhi in due fessure.

« È acqua passata! » alzo gli occhi al cielo, cercando di cambiare argomento.

« Se non sbaglio è stata " Avie è stupida ". » dice, pensieroso.

« Che sarà mai...mi amavate tanto già da allora. » mormoro e loro scoppiano a ridere, per poi smettere di colpo e lanciarmi un'occhiata del tipo " Continua a sognare". Per carità, chi diavolo vuole sognare questi due.

Quando arriviamo a scuola, come sempre, scendo subito dalla macchina, beccandomi qualche occhiata strana da parte degli altri.

« Ho qualcosa sulla faccia? » chiedo ad una ragazza e scuote la testa, dopodiché corre via.

« Ti sembro un pagliaccio? » chiedo ad un'altra ragazza e lei mi guarda perplessa.

« Be', Lively, tecnicamente lo sei. » dice la voce che odio di più al mondo.

« Forse hai ragione...in fondo i pagliacci sono così carini, soprattutto quando ti uccidono mentre dormi. » ribatto, sorridendo perfidamente.

« Patetica! » dice, facendo una smorfia, andando via, spostandosi teatralmente i capelli neri sulla spalla.

Ed ecco a voi Soraya, la regina delle stronze e la persona più ignorante che io abbia mai conosciuto in vita mia. La sua voce è talmente odiosa, che, per fortuna, quella di Julian riesco ancora a tollerarla ogni tanto, ma la sua, no. Neanche per sogno. A volte vorrei tagliarle le corde vocali.

Ma poi, patetica, per cosa?

Cammino indisturbata, fino a raggiungere Mandy, che non fa altro che rigirarsi i pollici, come se stesse per scoppiare da un momento all'altro.

« L'ho visto. » dice, quasi deglutendo.

« Oh, merda. Dove cazzo è il tappeto rosso? » chiedo, ironicamente.
Mandy ignora la mia stupida domanda, e non appena suona la campanella, ci dirigiamo verso le rispettive aule.

« Ci vediamo alla terza ora e poi in mensa. Stai attenta! » mi punta il dito contro e annuisco. Cosa potrei fare di male?

Vado a sedermi al mio posto e dopo alcuni minuti l'aula si riempie.

« Julian Hamilton! Bentornato tra di noi, di nuovo. Mi auguro che tu non finisca in presidenza già dal primo giorno. » dice Mr. Brown, il nostro professore di matematica.

Sento un tonfo accanto a me, e poi giro lentamente lo sguardo verso il T-Rex che si è seduto accanto.
Appoggia il gomito sul banco, e si gira totalmente nella mia direzione, regalandomi quel suo sorriso, che significa soltanto una cosa: ti renderò la vita un inferno, Avalon.

« Mi faccio il segno della croce ora, o magari dopo? » gli chiedo, ridendo nervosamente. Sono davvero finita.

« Sai, Av, mi hai veramente deluso. » dice ad un tratto e gli schiocco un'occhiata confusa.

« Di che diavolo stai parlando? » lo guardo, mentre appoggia in modo annoiato il braccio sullo schienale, e mi guarda di traverso. Lui non è niente di buono. Soprattutto quel suo sguardo. I suoi soliti capelli arruffati, sempre sparati all'aria, la sua mascella pronunciata e i suoi zigomi evidenti, per non parlare dei suoi occhi blu incorniciati da folte ciglia nere.

Eh sì, ogni giorno capisco sempre di più perché è lui ad essere il playboy della scuola.

« Dimmi, Av...», bisbiglia, per poi afferrare la mia sedia e tirarla leggermente più vicino alla sua. « Sei così disperata, tanto da mettere in vendita la tua... verginità? » domanda, e sento quasi le sue labbra sfiorare il mio orecchio e, nella fretta di allontanarmi da lui, per poco non cado dalla sedia.

« Di che cazzo stai parlando, Hamilton? » digrigno i denti, ma sul suo viso spunta un piccolo sorriso.

« Perché diavolo vorresti cento dollari per la tua verginità? Comunque, grazie, mi hai tolto anche un dubbio. Sapevo che la psicopatica Avalon fosse ancora vergine. Insomma, chi cazzo ti vorrebbe scop-» gli tiro un calcio nel polpaccio, facendolo piegare subito e si porta la mano nella zona colpita.

« Esattamente ciò che stavo dicendo, psicopatica. Non pensavo fossi diventata troia. » fa una smorfia, dopodiché mi lancia un'occhiata quasi di rimprovero.

« Mi hai fottutamente dato della troia? » alzo la voce, mentre mi alzo dalla sedia e avanzo verso di lui.

« Lively, Hamilton! Qualche problema? » chiede il professore e Julian sghignazza come un idiota.

« No, professore. Stavamo discutendo su questo problema di matematica. »

« Vi dispiace condividere il risultato? » chiede il professore e stringo i denti.

« La radice quadrata del cervello di Hamilton equivale a zero. » dico, sedendomi al mio posto.

« Sbagliato! La radice quadrata di Lively e Hamilton è uguale a PRESIDENZA, ora. » ci indica la porta e Julian si limita a fare spallucce, alzandosi e andando via.

Non appena ci ritroviamo nel corridoio, mi giro verso di lui. « Perché diavolo non ti ho ucciso a nove anni? »

« Perché diavolo non ti hanno ancora rinchiusa in un manicomio? » mi domanda, invece.

« Vai a farti fottere. » borbotto, incrociando le braccia al petto.

« Be', visto che sei così disperata, puoi fottermi tu. » mi fa l'occhiolino e spalanco la bocca, confusa. Ancora non ho capito di cosa diamine sta parlando.

« Hamilton, ti dispiace spiegarmi? » lui si ferma e si gira verso di me, con espressione annoiata. Poi, prende il cellulare dalla tasca e dopo poco lo gira verso di me, mostrandomi un post sul blog della scuola.

Non appena mi rendo conto che sia proprio il mio profilo, per poco non mi viene un colpo.

« Poco disperata, uh. » mi prende in giro, ma l'unica cosa che voglio in questo momento è spaccare la faccia a Mandy.

Sono sicura che non abbia tolto l'autocorrettore quando l'ha scritto. E io mi sono fidata di lei.

Cazzo, avrei dovuto aspettarmelo!

In fondo, è già successo più di una volta. Diciamo che, quando la dislessia di Mandy e l'autocorrettore si incontrano, è la fine.

Come la volta in cui voleva scrivere condoglianze, su Facebook, alla professoressa di economia, e invece le ha scritto congratulazioni.

Oh, mamma.

« È tutta colpa dell'autocorrettore! » grido, prendendomi la testa fra le mani.

« Su, Lively, troverai un cazzo prima o poi. Non cercare scuse, ora. » dice, prima di fermarci davanti alla presidenza e bussare.

Sono finita.

Spero vi sia piaciuto ❤️ come forse sapete già, aggiorno due volte a settimana:) grazie mille per seguirmi anche qui! Vi adoro ❤️

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