Silenzi di tomba
Nel corso della nostra vita, io e Cedric avevamo litigato solo tre volte.
La prima avvenne per causa mia: quando avevo cinque anni, durante un pomeriggio autunnale, avevo deciso di provare la sua scopa giocattolo– la cosa a cui teneva di più al mondo- per volare giù dal tetto di casa. A cinque anni non ero ancora abbastanza intelligente per capire che le scope giocattolo volano a un'altezza media di un metro, così mi ero lasciata cadere dal tetto senza alcuna esitazione. Per fortuna mio padre, che aveva visto in tempo il mio salto, era riuscito a farmi levitare a terra. La scopa, invece, era precipitata, schiantandosi contro l'erba del giardino. Quando Cedric ebbe visto ciò che era rimasto del suo gioco preferito, si era limitato a guardarmi ascetico, non dicendo niente; non aveva pianto, non mi aveva accusata di essere una disgrazia davanti ai nostri genitori e non si era lamentato. Era rimasto nel silenzio più totale per una settimana.
Io, al contrario, avevo pianto. Ma non per la scopa o perché mio padre avesse deciso di punirmi chiudermi in camera per tutto il resto del weekend; ma perché venire ignorata da mio fratello era la cosa più orribile che potesse accadermi.
La seconda volta, invece, avvenne quando Cedric fu nominato capitano della squadra di Quidditch. Invidiosa, oltraggiata e delusa dai miei compagni – ero sicura di essere molto più brava di lui a giocare – avevo sabotato la prima partita della stagione per far vedere a tutti che Cedric non era un buon capitano. Inutile dire che mio fratello lo scoprì a metà partita e, con uno scatto improvviso, era riuscito lo stesso ad afferrare il boccino portandoci alla vittoria. Ancora una volta fui fortunata: Cedric non disse a nessuno quello che avevo fatto, ma non mi fece giocare per un mese con la scusa che dovevo recuperare i brutti voti che avevo preso in Pozioni ed Erbologia. Non mi parlò per tutta la durata della mia espulsione, facendomi sentire terribilmente in colpa.
Cedric era sempre stato così: non gli piaceva urlare e men che meno gli piaceva litigare. Preferiva il silenzio, obbligandoti a riflettere su quello che avevi fatto per farti capire i tuoi sbagli. Altro motivo che lo rendeva perfetto.
Io, invece, ero molto lontana dalla perfezione: litigavo, insultavo e quando ero arrabbiata, facevo la prima cosa che mi passava per la testa, non curandomi delle conseguenze.
Proprio come successe durante quel fatidico giorno.
"CEDRIC PHOBOS DIGGORY!"
I pochi Tassorosso presenti nella Sala Comune interruppero ciò che stavano facendo e si voltarono a guardarmi. Ero in piedi davanti alla porta; le braccia rigide lungo i fianchi e le mani strette in due pugni. Fissavo furiosa Cedric, il quale si osservava intorno confuso; trovatosi al suo fianco, Herbert gli mise una mano sulla spalla. Voleva proteggere il suo migliore amico? Faceva bene, perché io ero sul punto di avada kedavrizzarlo.
"VUOI PARTECIPARE AL TORNEO TREMAGHI?" Gli chiesi.
Mi avvicinai al tavolo dove lui, Herbert e Halinor stavano studiando Erbologia; il rumore dei miei passi riecheggiava nella stanza.
"Sì, Cassie... è un problema?"
Cedric sembrava disorientato; la sua fronte era corrugata e i suoi occhi grigi mi stavano guardando come se volessero sapere che cosa mi stesse passando per la testa. Appoggiai di scatto i palmi delle mani sul tavolo di legno, sporgendomi verso di lui.
"SI CHE È UN PROBLEMA! PERCHE' VUOI FARLO? PER OTTENERE LA GLORIA?" ruggii, "L'HAI GIA', MERLINO! E NON POSSO CREDERE CHE TU VOGLIA SEMPRE STARE AL CENTRO DELL'ATTEZIONE PER FAR VEDERE AL MONDO QUANTO TU SIA MAGNIFICO, INCREDIBILE E PERFETTO!"
Halinor alzò gli occhi al cielo e sbuffò. Sia io che Cedric la ignorammo; lui si appoggiò allo schienale della sedia e incrociò le braccia al petto.
"Io non sono così e lo sai... Cassidy, non riesco a capire il punto."
"NON CAPISCI MAI IL PUNTO! NON CAPISCI MAI L'EFFETTO CHE HANNO LE TUE AZIONI SUGLI ALTRI E NON RIESCI MAI A CAPIRE COME MI SENTA IO."
A differenza del mio viso, rosso dalla collera con gli occhi iniettati di sangue come un prigioniero di Azkaban ritratto sulla Gazzetta del Profeta, quello di Cedric si era addolcito, pieno di compassione.
"Cassidy, sai che io voglio sapere come ti senti e..."
Cedric tentò di stringermi una mano, ma io la ritrassi, allontanandomi dal tavolo. Non volevo sentirlo preoccuparsi per me, non volevo che il suo dannato buonismo rovinasse il momento; se mi avesse anche solo chiesto spiegazioni, avrei ceduto. E io volevo continuare a essere convinta delle mie ragioni.
"No, non capiresti."
La mia voce si incrinò. Sentivo le lacrime pungermi gli occhi.
"Merlino, Cassidy, sei una bambina," disse Halinor con un altro sbuffo.
In procinto di piangere, uscii velocemente dalla Sala Comune, ignorando i numerosi richiami di mio fratello.
Ero una bambina? Poteva essere, ma avevo raggiunto il limite. Non avrei lasciato che Cedric si prendesse anche il titolo di Campione del Torneo Tremaghi, non quando era quello che volevo ottenere io. Non riuscivo a credere che le cose andassero sempre allo stesso modo: quando volevo qualcosa, subentrava Cedric e se la prendeva. Era successo quando era diventato capitano, quando era diventato prefetto e stava per succedere di nuovo, perché se Cedric si fosse iscritto, sarebbe stato scelto di sicuro. Partendo dal fatto che mancava meno di un mese al suo diciassettesimo compleanno e non avrebbe dovuto imbrogliare, lui era talmente bravo in tutto e buono d'animo che la sua vittoria era inevitabile. In quel modo, avrei dovuto sopportare l'intera scuola acclamare Cedric, mentre io l'avrei visto ancora una volta superarmi, rendendomi più patetica e inferiore di quanto non fossi già.
Mi passai una mano sugli occhi per asciugarmi le lacrime.
Odiavo piangere e in quel momento, stavo odiando anche me stessa per essere così debole.
Volendo stare da sola, raggiunsi la torre di Astronomia; il mio posto preferito in tutta Hogwarts.
Sollevata, aprii la porta della classe, ma quello che vidi mi fece venir voglia di tornare a piangere.
Fred e George erano seduti alla cattedra, entrambi chini su delle pergamene. Era strano vederli lavorare in silenzio; di solito, evitavano tutto ciò che riguardasse lo studio. Osservandoli meglio, però, notai che stavano facendo due cose differenti: George scriveva imperterrito, borbottando qualcosa tra sé e sé, mentre Fred aveva una mano tra i capelli e una che appuntava qualcosa su un libro. Senza pensarci due volte, mi feci avanti.
"Che cosa ci fate voi due qui?"
I due ragazzi alzarono le teste di scatto; George nascose in fretta la sua pergamena e Fred chiuse il libro. Quando si resero conto che fossi io, Fred roteò gli occhi, mentre il suo gemello cercò di trattenere una risata.
"Perché sei sempre in mezzo alle bacchette, Diggory?" mi chiese scocciato Fred.
Gli sorrisi di traverso e mi avvicinai.
"Perché io amo le bacchette, Winzely."
Il ragazzo si sporse sul tavolo per coprire il libro, i suoi occhi mi stavano guardando berci. George, al contrario, continuava a essere divertito.
"Sai che stavamo parlando di te, Cassie?" disse George con un ghigno, "o meglio, il qui presente Fred stava parlando di te."
Strabuzzai gli occhi, presa alla sprovvista. Il mio viso cominciò a formicolare; avevo paura di essere arrossita. Perché diamine avrebbe dovuto parlare di me? Se avessi scoperto che mi stava insultando, tutta la rabbia che avevo accumulato per Cedric si sarebbe riversata sulla sua faccia.
Fred diede un pugno contro la spalla di George, che si ritrasse ridendo.
"Gli ho detto che hai lo stesso effetto di una Caccabomba: sei asfissiante."
Questa volta a sorridere fu Fred. Alzai gli occhi al cielo: era la battuta peggiore che potesse fare.
"A proposito di Caccabombe," intervenne George, "non ti consiglio di andare nel corridoio del terzo piano, potrei averne messa una come saluto di "Ben Ritrovato" a Gazza."
Accennai un sorriso. Quando la signora Weasley era rimasta incinta di Fred e George, i geni simpatici e intelligenti della famiglia si erano di sicuro concentrati solo su quest'ultimo. Gli diedi una gomitata amichevole sul braccio.
"Sei sempre geniale, Weasley," dissi lasciandomi sfuggire una risata.
Lui si passò una mano tra i capelli rossi, sorridendo compiaciuto. Fred allargò le braccia esasperato.
"Perché con lui azzecchi il cognome? Diggory, non hai notato che siamo gemelli?" mi domandò.
"Forse è rimasta confusa dalla mia bellezza, si sa che il più figo tra i due sono io," aggiunse George in mia difesa.
"Frena, Gred. Questo è quello che ti dice la mamma per farti un piacere."
"Almeno me lo dice qualcuno, Forge."
Trattenni una risata; anche Fred e George si stavano impegnando a rimanere seri. Nonostante Fred fosse in cima alla mia lista nera, avevo sempre invidiato il rapporto che aveva con George; un rapporto che io e Cedric non avremmo mai potuto avere. Amavo mio fratello, ma quello che era diventato mi impediva di comportarmi come se fosse uno dei miei migliori amici. In meno di un secondo, tornò tutta la tristezza che mi aveva spinta a nascondermi nella Torre di Astronomia; lo sguardo pietoso di Cedric nella mente. I due ragazzi se ne accorsero, perché rimasero zitti a guardare il tavolo. Come se non bastasse, farmi vedere abbattuta davanti a loro due – o meglio, davanti a Fred – peggiorava la situazione. Gonfiai le guance per dire qualcosa, ma il suono della campanella mi precedette, rompendo il silenzio.
George sbuffò e prese sottobraccio la pergamena.
"Rimarrei con voi, ma se non sono in prima fila a Erbologia, la Sprite mi trasforma in pus di Bobotuberi."
George mi sorrise, prima di guardare per diversi secondi Fred. Solo quando il suo gemello ebbe annuito, George ci salutò e uscì dalla classe.
Inarcai un sopracciglio.
Da quando in qua i gemelli Weasley, che secondo me facevano insieme pure il bagno, non frequentavano le stesse lezioni? In effetti, anche Fred era solo durante Astronomia. Incuriosita e confusa, mi sedetti al posto di George per chiedere spiegazioni.
Fred mi fulminò con lo sguardo; il libro davanti a lui era ancora coperto dalle sue braccia.
"Hai intenzione di stare qui per sempre?" mi chiese, "non hai lezione?"
Scossi la testa. In realtà avevo lezione, ma non sopportavo l'idea di stare in classe con Cedric; sapevo che mi avrebbe guardata tutto il tempo per cercare di parlarmi e non ero ancora pronta a farlo.
Fred sbuffò seccato; cominciò a picchiettare le dita sul tavolo. Non sapevo nemmeno io perché volessi rimanere lì, qualcosa mi teneva incollata alla sedia.
"Perché non sei a Erbologia con George?" domandai.
Fred corrugò la fronte.
"Perché io non faccio Erbologia, Diggory," rispose con un sorriso, "tu perché sei venuta qui, invece?"
I suoi occhi marroni mi stavano fissando, aspettandosi delle spiegazioni. Mai avrei detto a Fred Weasley quello che era successo con mio fratello: di sicuro, per lui sarebbe stato solo un altro motivo per prendermi in giro. Alzai le spalle sistemandomi un ciuffo di capelli dietro le orecchie; mi sentivo a disagio.
Fred non smise di guardarmi; aveva la stessa espressione di Malcolm quando voleva sapere a tutti i costi cosa mi succedesse.
Irritata, inarcai un sopracciglio.
"Lo so che sono irresistibile, ma mi stai consumando," celiai, "piantala di fissarmi."
"Diggory, ma ti svegli così acida o ti fai il bagno nel limone?"
Nel dire quelle parole, Fred si alzò dalla sedia dimenticandosi del libro che stava nascondendo. Con mia sorpresa, strabuzzai gli occhi; un debole sorriso comparve sul mio volto.
"Stavi studiando Astronomia?"
La mia voce doveva essere uscita più entusiasta del previsto, perché Fred, colto alla sprovvista, prese di scatto il libro e mi guardò truce.
"Non sono affari tuoi."
"Guarda che non c'è niente di male... sei a scuola, dovresti studiare." continuai con uno sbuffo innervosito.
Fred non parve rilassarsi; continuò a stare in piedi, con le braccia rigide strette al libro.
"Allora dovremmo farlo tutti e due."
Così dicendo, uscì dalla classe, lasciandomi sola.
Nonostante fossi rimasta interdetta dal suo comportamento, evitai di capire come mai stesse studiando Astronomia. Esclusi a priori il fatto che gli piacesse: che si stesse applicando in una materia o meno, rimaneva sempre Fred Weasley, colui che non si era mai impegnato a scuola.
Non parlai a nessuno di quell'episodio fino a domenica pomeriggio, quando Kate mi obbligò a seguirla in giro per la scuola. Lei e Malcolm mi avevano rapita da Gwen e Ariel per parlarmi e, non potendo replicare, mi ero ritrovata a girovagare per i corridoi del castello senza avere una meta precisa.
"Non dico che hai fatto male ad arrabbiarti così con tuo fratello," mi disse Malcolm, mentre tentava di stare al passo, "ma potresti tornare a parlargli. Ogni volta che siete insieme nella Sala Comune, fa talmente tanto freddo che sembra di essere al Circolo Polare Artico."
Malcolm arrancava dietro Kate; il suo viso bonario era rosso e ogni sua parola veniva scandita da un respiro affannato. Sembrava un piccolo Panda stremato da una maratona lunga chilometri.
"Mal, non puoi capire."
Avrei dovuto immaginare che il loro rapimento era un pretesto per parlare di me e Cedric; ancora una volta si erano auto-proclamati miei psicologi. Era un mio problema se non rivolgevo la parola a mio fratello da quattro giorni e, di certo, non stava a loro sistemare le cose.
La mano paffuta di Malcolm mi strinse un braccio, costringendomi a guardarlo.
"Hai ragione, non posso capire," ansimò, "ma puoi dirmi perché ti comporti in maniera strana da quando siamo arrivati ad Hogwarts?"
In quel momento Kate smise di guardarsi in torno e ci rivolse la sua attenzione; passò una mano tra i suoi riccioli biondi.
"Malcolm ha ragione. Sei nostra amica e, anche se sembri perennemente arrabbiata con il mondo, ti vogliamo bene."
"Siamo preoccupati per te e vogliamo aiutarti, Cassie."
Sospirai.
Benché non fossi entusiasta all'idea che qualcuno venisse a sapere cosa stavo passando, era inutile ignorare i continui tentativi di Malcolm e Kate di essere miei amici. Dopotutto, non avevo svelato ancora a nessuno il mio piano per partecipare al Torneo Tremaghi e avevo bisogno di una mano per preparare la pozione Invecchiante. Cercando di risultare meno patetica possibile, raccontai loro come mi sentivo ogni volta che Cedric veniva lodato o si mostrava migliore di tutti; aggiunsi anche quanto fossi stata male durante l'estate, chiusa in casa, mentre mio fratello veniva premiato dai miei parenti in tutti i modi possibili. Presi un respiro cercando di non badare ai loro sguardi pietosi e gli raccontai, infine, del Torneo Tremaghi.
Nel frattempo, eravamo giunti al terzo piano del castello; i corridoi erano immacolati: Gazza doveva averli puliti dalla Caccabomba di George.
"Oh, Cassie!" esclamò Malcolm stringendomi a sé, "non è vero che sei inferiore a Ced! Sei bella, intelligente, simpatica e noi sappiamo che vali tantissimo. Non sei la migliore a scuola e allora? Non devi fasciarti la testa per questo, sei bravissima in altre cose."
Nonostante stessi morendo soffocata, mi sentii meglio ad aver vuotato il sacco. Il cuore era più leggero, la tristezza si era affievolita.
"Esatto!" confermò Kate. Aveva ripreso la sua ricerca; gli occhi verdi vagavano in giro senza sosta, "sei la migliore giocatrice di Quidditch della squadra -se non dell'intera scuola- e hai due gambe che fanno invidia a quelle di Silente!"
Malcolm sciolse l'abbraccio e, insieme, guardammo senza parole Kate. La ragazza scrollò le spalle.
"Che c'è? Sotto quel mantello ci devono essere due gambe da urlo."
Scoppiai a ridere, mentre Malcolm si diede uno schiaffo sulla fronte. Mi sentivo decisamente molto meglio; seppur fossero due finti psicologi, erano i migliori che potessi desiderare.
"A quanto pare i cinquantenni non sono più abbastanza; ho sempre detto che i centenari come Silente hanno più fascino," commentai passando un braccio attorno alle spalle di Kate.
La mia amica ridacchiò, ma Malcolm interruppe il momento alzando una mano.
"Aspetta, signorina Diggory," disse austero, "non cambiare discorso: secondo te, vale la pena imbrogliare per partecipare al Torneo Tremaghi – cosa che potrebbe darti un biglietto di sola andata per casa tua –per provare a ottenere la fama e la gloria?"
Mi ammutolii.
Detto così, sembrava un gesto spregevole ed egoista; ma io non ero ancora disposta ad abbandonare il sogno di far vedere a tutti che non vivevo nell'ombra di mio fratello. Il desiderio di mostrare le mie capacità all'intera scuola mi stava consumando; non riuscivo a vedere nient'altro che la mia vittoria.
"Ne vale la pena," affermai decisa.
"Anche se andrai contro le regole della scuola per iscriverti a un torneo in cui non è detto che verrai scelta come partecipante?"
Annuii.
Malcolm e Kate si guardarono per alcuni secondi.
"Bene, domani andrò in biblioteca per vedere se c'è qualche libro che parla di una pianta che possa aiutarci a preparare la Pozione," concluse Malcolm.
"E io vedrò se nell'aula di Pozioni c'è qualcosa che possa fare al caso nostro," disse Kate.
Incredula, spalancai la bocca. Volevo ringraziarli, ma non riuscivo a credere che Malcolm e Kate- i due ragazzi che per paura di finire in punizione quando avevamo fatto crescere una foresta nello spogliatoio di Corvonero, avevano pianto per tre ore consecutive- mi volevano aiutare davvero. Provai a dire qualcosa, ma la sorpresa era talmente tanta da lasciarmi senza parole.
"Cassie, te lo ripeto: sei nostra amica e faremo di tutto per farti felice, quindi non dire niente. A meno che non sia una lode alle nostre impavide gesta, ovvio."
Sorrisi e abbracciai di nuovo Malcolm. In quei giorni ero stata talmente tanto occupata a odiare il mondo, che mi ero dimenticata di quanto volessi bene ai miei amici.
Improvvisamente, Kate diede una sberla alla spalla di Malcolm e ci spinse contro il muro del corridoio. Dall'altra parte del piano, Moody stava zoppicando verso il suo ufficio.
"Abbiamo fatto il giro di tutta la scuola solo per spiare il professor Moody?!" sputò Malcolm cercando di non farsi sentire.
Kate annuì; i suoi occhi brillavano. La ragazza non riusciva a smettere di sorridere, saltellando sul posto eccitata, sotto il nostro sguardo perplesso.
"Non è bellissimo?" sussurrò.
"A questo punto preferisco Piton," dissi sarcastica.
Kate non smetteva di fissare Moody, il quale aveva appena estratto una delle sue fiaschette da cui bevve un sorso. Malcolm fece finta di vomitare.
"Ma non vedete quanto è bello e tondo il suo sedere? Secondo me è stato scolpito dalle Veela,"
Kate ci guardò estasiata; ma prima che Malcolm potesse rimettere sul serio, una mano callosa e attraversata da una miriade di cicatrici, si posò sulla parete accanto a noi.
"Vi ho sentiti."
L'occhio blu di Moody saettò nella nostra direzione.
Malcolm urlò, mentre Kate sbiancò dalla vergogna; senza pensarci due volte, afferrai i polsi dei miei amici e corsi via, il più lontano possibile dal professore.
Solo nel momento in cui arrivammo in giardino, scoppiai a ridere, cadendo in ginocchio sull'erba. In preda alle convulsioni, mi tenni le braccia strette attorno alla pancia. Anche Malcolm stava ridendo, le lacrime gli rigavano le guance arrossate. L'unica che non pareva divertirsi era Kate, che si era seduta a terra; il viso coperto dalle mani.
"Non posso crederci!" ululò disperata.
Malcolm si aggrappò alla sua spalla per dire qualcosa, ma le risate gli impedirono di parlare.
Passammo dieci minuti a rotolarci sull'erba, ripetendo quello che aveva detto Kate sul fondoschiena di Moody. Lei, invece, non smise di piagnucolare: le parole del professore non smettevano di tormentarla.
"Ho deciso: porto un ragno gigante nel castello e mi faccio espellere a vita da Hogwarts!" stabilì Kate, dopo aver aspettato che ci calmassimo; la sua decisione indurì l'espressione del suo viso arrossato.
Malcolm si asciugò le lacrime e miei occhi si posarono su due ragazzi immersi nello studio; erano entrambi nascosti all'ombra di un albero, le teste rosse a un centimetro dai libri.
"Bizzarro, vero?" mi chiese Malcolm.
Lo guardai confusa, ma quando fece un cenno verso Fred e George, annuii.
"Già, l'altro giorno ho beccato Fred studiare Astronomia. È stata la cosa più strana dopo Silente vestito da sirena al Ballo d'Autunno di due anni fa," dissi.
"Pensa che George fa Erbologia con me e Kate perché è stato obbligato a frequentare un corso in più. Ha preso solo tre G.U.F.O. e a fine Ottobre dovrà dare un esame di recupero,"
Come i tasselli del mio puzzle del Puddlemere United, tutte le cose strane a cui avevo assistito in quei giorni si unirono, diventando più chiare: il motivo per cui la McGranitt si era arrabbiata con Fred e George il primo giorno di scuola doveva per forza essere collegato al fatto che i due ragazzi stessero studiando; e se George era stato obbligato a prendere un M.A.G.O. in Erbologia, Fred era stato costretto a prenderne uno in Astronomia.
Tutto quadrava alla perfezione e in quel momento, ebbi l'idea più stupida della mia vita.
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