Se ti piace affatturare uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore!

Quando vidi il mio riflesso attraverso lo specchio situato ai piedi della torre dei Grifondoro, decisi che Kate Macavoy non sarebbe arrivata al giorno dopo. Non appena fossi tornata dall'appuntamento, mi sarei intrufolata nella nostra camera e le avrei cosparso il letto di polvere pruriginosa. A costo di finire vittima della mia stessa vendetta.

Sembravo un clown. Anzi, un clown era meno truccato di me.

Mi sfiorai la guancia fucsia con le dita; la polvere del phard mi era rimasta sui polpastrelli.

Sospirai: non potevo farmi vedere da Fred conciata in quel modo; con gli occhi bordeaux e le ciglia brillantate. Ero inguardabile.

Intenta a togliermi tutto quel trucco, mi coprii la mano con la manica del maglioncino e me la passai sul viso. Volevo solo risultare guardabile, non m'interessava apparire bella; non se questo comportava sembrare un'esplosione di colori e brillantini. La mia speranza si affievolì non appena i miei occhi tornarono a guardare il mio riflesso: tutto quello che Kate mi aveva messo in faccia si era sbavato, lunghi segni scuri mi colavano dagli occhi fino alla mascella e il phard fucsia mi arrivava alle orecchie.

La mia imprecazione fece voltare tutti i personaggi dei ritratti appesi alle pareti verso di me.

Maledetta Kate e maledetta Cassidy che aveva accettato il suo aiuto!

Dovevo scappare via.

A Fred avrei detto di essermi ammalata: fuori si gelava ed essendo sempre in giardino con Kate e Malcolm, la bugia poteva benissimo passare per verità. Annuii decisa; mai e poi mai Fred mi avrebbe visto conciata in quel modo. Nemmeno se Lord Voldemort in persona fosse tornato e mi avesse minacciata.

"Diggory!"

Nel sentire quella voce, un brivido mi percorse la spina dorsale.

Accidenti.

Mi coprii istintivamente il viso con le mani; i passi di Fred diventavano sempre più vicini, il mio cuore rischiava di uscirmi dal petto. Non potevo credere che tutto questo stesse succedendo davvero.

"Cassidy?" disse Fred confuso.

Rimasi immobile ed emisi un gemito sommesso.

Fred mi prese i polsi, facendomi sobbalzare dalla sorpresa; senza opporre alcuna resistenza, lasciai che mi abbassasse le mani dal viso. Mi stava guardando divertito, gli occhi fissi su di me e la bocca contorta in una smorfia per non ridere. L'imbarazzo si arrampicò dal collo alle guance; la mia pelle formicolava al suo passaggio.

"Weslink, se non ridi finirai per esplodere," soffiai tentando di ignorare la vergogna.

A quelle parole, Fred scoppiò a ridere; allentò la presa sui miei polsi e mi accarezzò una guancia con le dita, prima di scostarmi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.

"Diggory, sei un impiastro," disse Fred dolcemente, un sorriso sincero era comparso sulle sue labbra.

Sentii il mio cuore fare una capriola; i punti in cui Fred mi aveva toccato stavano andando a fuoco.

"Uhm... che ne dici di andare? Sai, non vorrei che si facesse domani," farfugliai.

Il mio intento di rimanere composta fallì miseramente: ero diventata dello stesso bordeaux del maglione che avevo addosso, la voce ridotta a un sussurro.

Fred alzò gli occhi al cielo senza smettere di sorridere, si sistemò la sciarpa dei Grifondoro attorno al collo e aspettò che mi infilassi il cappotto nero.

"Sei pronta a diventare una fuori legge?" mi chiese ammiccante; una mano protesa verso di me e un mezzo sorriso sul volto.

"Oh, Whiskey," risposi con lo stesso tono, "io lo sono già."

Gli presi la mano e gli toccai la punta del naso con un dito; immediatamente, Fred aumentò la stretta e mi trascinò lungo la scalinata che portava al terzo piano. Agili e attenti, balzavamo da un gradino all'altro evitando di imboccare scale in procinto di cambiare direzione. Ancora una volta, Fred si muoveva silenzioso e rapido per la scuola; a volte mi chiedevo come facesse a conoscere così bene il castello: nonostante ci avessi vissuto dentro per sei anni, non avevo la minima idea di dove portassero i vari corridoi di Hogwarts. Le uniche stanze che sapevo raggiungere erano le classi, la Sala Grande, la Sala Comune dei Tassorosso e un paio di altri posti che io e Kate avevamo scoperto durante il secondo anno; mentre Fred si orientava in quel labirinto di pietra come se fosse stato lui ad averlo costruito.

Una volta arrivati al terzo piano, Fred si fermò davanti alla statua di una strega gobba. Lo guardai dubbiosa; se voleva farmi vedere la scultura, sarebbe rimasto deluso nel sapere che era una delle statue più brutte che avessi mai visto.

Fred si accorse della mia perplessità; le sue labbra si incrinarono in un sorriso soddisfatto.

"Come non saprai," disse enfatizzando il più possibile il 'non', "all'interno della scuola ci sono ben sette passaggi segreti che portano a Hogsmeade. Io e George ne siamo a conoscenza dal primo anno, ma purtroppo anche Gazza sa della loro esistenza. Bhe... sa dell'esistenza di quattro passaggi, ma comunque ha limitato le nostre possibilità di fuggire via da questo posto."

Fred rimase in silenzio per qualche secondo; il mio sguardo ancora incerto e le braccia incrociate al petto.

"Sai, senza George che ti finisce le frasi, perdi metà del tuo charme."

Fred fece una smorfia, estrasse la sua bacchetta dal giubbotto e la puntò verso la statua. Mi morsi l'interno della guancia per non scoppiare a ridergli in faccia.

"Posso finire di spiegare?" mi chiese stizzito; le nocche della mano che impugnava la bacchetta erano diventate bianche.

"O provo a indovinare io," con un sorriso malizioso sul volto, mi avvicinai a lui; il braccio appoggiato alla sua spalla e la mano che toccava la gobba di pietra.

"I passaggi che Gazza non conosce sono quello davanti al Platano Picchiatore, quello dietro allo specchio del quarto piano e credo questo," dissi picchiando la mano sulla statua.

Fred strabuzzò gli occhi; le labbra socchiuse e la bacchetta che per poco non cadde a terra.

"E tu come fai a saperlo?" sussurrò, la voce acuta e sconcertata.

Scrollai le spalle.

"Malcolm ha scoperto quello del Platano Picchiatore a sue spese durante il primo anno, questo della statua l'ho provato a indovinare e la frana che ha bloccato l'ultimo passaggio non è stata ... beh non è stata una frana naturale."

Prima che potessi spiegargli come avevo fatto crollare le pareti del tunnel che portava a Hogsmeade; Fred mi afferrò per il colletto del cappotto e mi baciò. Quel gesto avventato scatenò una guerra nel mio stomaco, le gambe molli e le guance in fiamme.

Quando si staccò, i suoi occhi marroni brillavano fissi nei miei.

"Non smetterai mai di stupirmi."

Abbozzai un sorriso, non ero abituata a questo atteggiamento nei miei confronti. Mi schiarii la voce e mi allontanai di un passo, il rossore cominciò ad affievolirsi.

"Davvero pensavi che tu, George e Lee foste gli unici a essere andati in perlustrazione del castello?"

Fred fece una smorfia e alzò le spalle.

"Non si sa mai, questo posto è pieno di zucche vuote."

Scossi la testa divertita.

"Allora, Mr. Hogwarts, vogliamo o non vogliamo uscire di qui?"

Lui mi diede un pizzicotto ridendo e pronunciò l'incantesimo per aprire il passaggio segreto. La gobba della statua si spostò quel tanto che bastava a far passare una persona; Fred mi fece segno di entrare per prima. Con l'adrenalina che mi pulsava nelle vene, non me lo feci ripetere due volte e m'infilai nel buco. Sdrucciolai lungo uno scivolo di pietra, fino a quando non atterrai su un pavimento freddo e umido.

Curiosa, strabuzzai gli occhi per riuscire a vedere qualcosa; la stanza era talmente buia da risultare soffocante. Estrassi la bacchetta dallo stivale e mormorai: "Lumos!"

Non appena il fascio di luce bluastra colpì una delle pareti, Fred ruzzolò al mio fianco.

"Accidenti, dovremmo mettere dei materassi per attutire la caduta."

Spostai gli occhi da lui e mi guardai intorno: eravamo dentro un cunicolo basso e stretto, scavato nel terriccio. Non era diverso dal passaggio segreto che avevo chiuso.

Fred intrecciò le sue dita con le mie e mi fece strada lungo il corridoio arzigogolato; dovetti reggermi a lui un paio di volte per non cadere a causa del terreno sconnesso. Alla fine del cunicolo, dovemmo arrampicarci su una scalinata di pietra; la sua cima coperta dall'oscurità totale. Fred avanzò per primo, la sua mano non si staccò dalla mia, e una volta arrivato alla fine, aprì quella che sembrò essere una botola.

La luce della cantina di Mielandia ci colpì con violenza: socchiusi di scatto gli occhi per proteggermi, ma qualche secondo dopo riuscii a mettere a fuoco le casse e le scatole di legno che occupavano la stanza. Fred si guardò intorno per controllare che la via fosse libera; una volta sicuro che fossimo soli, mi fece cenno di seguirlo sull'ultima rampa di scale che ci separava dal negozio vero e proprio. Fuori dalla cantina, ci ritrovammo dietro il bancone; Fred mi tirò la manica per intimarmi a strisciare di lato. Eravamo arrivati.

Con nonchalance, ci alzammo da terra; mi spolverai e mi sistemai i lembi della gonna che uscivano fuori dal bordo del cappotto.

Intorno a me, c'era il paradiso: gli innumerevoli scaffali del negozio erano colmi di caramelle colorate, divise in contenitori rotondi di vetro. I miei occhi scorrevano da dolce in dolce, si soffermarono sulle caramelle Effetti Speciali, sui blocchi di cioccolato e sui bonbon esplosivi, fino a finire sulle piume di zucchero filato.

Se c'era una cosa che amavo più del Quidditch e dell'Astronomia, erano le caramelle.

"Dimmi che cosa vuoi," mi sussurrò Fred con ghigno.

La sua voce mi fece tornare alla realtà.

"Sai che potrei finire tutto quello che c'è qui dentro in meno di un'ora?" risposi divertita.

"Meglio!"

Dopo averlo convinto a dividere il costo dei dolciumi, prendemmo un po' di tutto. Ero talmente eccitata, che mi sentivo mia madre dentro un negozio di vestiti. Da piccola, i miei genitori dovevano minacciarmi per impedirmi di esagerare con le caramelle. Ma io non potevo farci niente se amavo quei dolci morbidi e colorati; amavo le stringhe di liquirizia rossa e gli orsetti azzurri, le Api Frizzole e i Topoghiaccio. La cosa migliore era che, nonostante la mia dipendenza da zucchero, non mi era mai venuta una carie.

Una volta usciti da Mielandia, girovagammo per le strade sdrucciolate di Hogsmeade, le dita intrecciate e le mani libere che si rifornivano di caramelle. Mentre raccontavo a Fred di come io e Kate avevamo scoperto il passaggio segreto – in seconda il nostro professore di Difesa Contro le Arti Oscure era stato un cinquantenne ben piantato dai capelli brizzolati, che aveva avuto l'abitudine di bazzicare il quarto piano- camminavamo tra i cottage dai tetti di paglia, l'aria ghiacciata colorava di rosso i nostri nasi. Entrammo da Stratchy & Sons, Abbagliamento per Maghi, dove comprai delle calze urlanti per fare uno scherzo a Rickett; passeggiammo attorno alla Stamberga Strillante e Fred mi disse che l'anno prima suo fratello Ron era riuscito a visitarla insieme ai suoi amici. Ci fermammo solo una volta davanti alla vetrina del negozio di scherzi di Zonko, dove Fred sospirò soddisfatto.

"Un giorno io e George avremo un negozio simile," disse, una nota di orgoglio nella sua voce. Lo guardai sorridendo, la mia mano strinse più forte la sua. La sua determinazione era una delle cose che ammiravo di più di lui.

"Vuoi entrare?" mi chiese.

Gli diedi un lieve pizzicotto sulla guancia e sorrisi.

"Il mio negozio di scherzi preferito deve ancora aprire."

Premetti dolcemente le mie labbra sulle sue; Fred mi avvolse la vita con le braccia e io mi alzai in punta di piedi per riuscire a baciarlo meglio. Ci staccammo solo dopo qualche secondo, quando le dita si erano congelate talmente tanto da aver perso la sensibilità. Era buffo: io non mi ero mai sentita così bollente.

Proposi di andare a prendere qualcosa di caldo, così Fred mi portò da Madama Piediburro. La strega ci salutò raggiante e ci scortò al nostro tavolo. L'intero locale era avvolto da una luce soffusa, era accogliente con i suoi tavoli rotondi ricoperti da merletti color pastello. Io e Fred non eravamo gli unici: altre tre coppiette stavano occupando dei tavoli posti in angoli diversi della stanza.

"Strano che non ci chiedano come mai non siamo a Hogwarts," dissi sorseggiando il mio thè alle violette. Fred fece il solito sorriso soddisfatto.

"Bhe, io, George e Lee ormai siamo delle facce conosciute qui ad Hogsmeade."

Alzai gli occhi al cielo.

"Mi dimentico sempre che la tua fama non si limita solo al castello."

Fred ridacchiò, spezzettò un croissant e ne mise un pezzo in bocca.

"Sai, a me non dispiacerebbe lasciare la scuola come una Leggenda," disse dopo aver deglutito, "essere ricordato da tutte le generazioni future."

"Questo ti rende il Serpeverde più serpentoso di tutte le serpi," risi lanciandogli un pezzo di pasticcino addosso.

Fred fece una smorfia divertita.

"Però non sarebbe male lasciare il segno, no?"

"No," ammisi, "ho sempre desiderato diventare importante per qualcosa ed è uno dei motivi per cui volevo partecipare al torneo."

Feci una pausa, le mie dita tamburellavano sulla tazza bollente di ceramica.

"Ma non ho mai fatto niente per meritarmi una cosa del genere e la colpa è solo mia. Non di Cedric, come pensavo. Grazie per avermi fatto aprire gli occhi."

Fred abbozzò un sorriso; per la prima volta in tutta la mia vita ero riuscita a farlo arrossire.

"E, se non posso diventare la studentessa più importante di tutta Hogwarts, farò in modo che Cedric lo diventi, perché se lo merita. Se lo merita davvero."

La mano di Fred si posò sulla mia, i suoi occhi mi guardavano contenti.

"Questo ti rende la Tassorosso più tassosa di tutti i tassi."

A quelle parole, scoppiai a ridere.

Accidenti, lo adoravo davvero quel Fred Weasley. Perché non ero diventata sua amica molto tempo prima? Perché non mi ero decisa a conoscerlo, anziché passare tutto il mio tempo a sabotarlo?

Non feci in tempo a trovare una risposta, che il mio sguardo si soffermò sulla coppia che si trovava al tavolo vicino a una delle finestre. Una ragazza dalla pelle diafana e i lunghi capelli neri era avvinghiata a un ragazzo dalla pelle scura.

Il mio sorriso scemò.

"Diggory, cosa succede?" mi chiese Fred preoccupato; si voltò per capire cosa stessi osservando.

La ragazza si era staccata dal ragazzo e mi guardava, gli occhi strabuzzati e una mano che le copriva la bocca.

"LEE?" esclamò Fred sconvolto.

"CASSIDY?" disse Gwen.

"GWEN?"

"GERONIMO!"

Gwen si girò a dare uno schiaffo alla spalla di Lee. Non ci potevo credere. Gwen... insieme a Lee Jordan?!

DA QUANDO IN QUA LA MIA GWENDOLINE USCIVA CON LEE JORDAN?

E perché non me lo aveva detto? Poteva essere questo il segreto di cui si vergognava?

Madama Piediburro si era girata a guardarci, le guance rosse e un sorriso divertito sul volto.

Solo in quel momento notai che Gwen stava fissando la mia mano nascosta sotto quella di Fred.

"Cosa... uhm... ci fate qui?" chiesi, incrociando di scatto le braccia al petto.

Lee e Gwen si alzarono dalle loro sedie per raggiungerci.

"Potrei chiedere la stessa cosa di voi due," disse Gwen.

Totalmente paonazza, guardai Fred nella speranza che dicesse qualcosa; ma lui rimase in silenzio, lo sguardo sospettoso fisso su Lee.

"Da quando in qua mangi la faccia di Lee?," chiesi con falsa disinvoltura.

Gwen aggrottò la fronte perplessa.

"Mangi? Cosa? Senti, Cassie, possiamo parlare in privato?"

Non feci in tempo a rispondere che Fred si mosse, finalmente libero dalla maledizione che lo aveva paralizzato.

"È questo il motivo per cui sparivi nel nulla senza dire niente a me e George?" domandò curioso.

L'espressione sconvolta era diventata maliziosa, lo stesso ghigno che aveva fatto George la sera prima nell'aula di Astronomia.

Lee batté un pugno sulla spalla di Fred.

"Non fare così, che almeno non hai perso due galeoni per una stupida scommessa!"

I due ragazzi scoppiarono a ridere, come se nulla fosse. Perché c'erano sempre di mezzo delle scommesse?

Gwen mi afferrò per il polso e mi obbligò a seguirla fuori dal locale.

Il freddo autunnale ci investì tagliente, rabbrividii: mi ero dimenticata il cappotto sulla sedia.

"Cassidy era questo che cercavo di dirti questa mattina," sospirò Gwen, "Lee è il mio segreto."

"E perché ti vergogni? Non c'è niente di male se stai con lui," bisbigliai sfregandomi una mano sul braccio per riscaldarmi.

Gwen si sedette su uno dei gradini che portavano all'ingresso del locale.

"Perché sono stupida. Se le mie compagne scoprissero che sto insieme a un Grifondoro mi prenderebbero in giro a vita e non volevo che lo faceste anche voi."

Con un mezzo sorriso, mi sedetti al suo fianco; il mio braccio le circondò le spalle.

"Capisco perfettamente la situazione. E so per certo che né io né Ariel ti avremmo preso in giro... okay forse io lo avrei fatto, ma poi avrei realizzato che l'unico ragazzo che abbia mai avuto è stato un Grifondoro e avrei cominciato a sclerare per il fatto che tu fossi fidanzata."

Gwen scosse la testa trattenendo una risata.

"Lo so, me lo sono sempre detta. E sono stata una stupida a non capire prima che avrei dovuto dirvelo già da giugno."

A quelle parole, inarcai un sopracciglio e mi spostai leggermente.

"Giugno?"

"Ehm... diciamo che io e Lee abbiamo preso insieme lezioni extra di Pozioni per i G.U.F.O. e verso la fine della scuola mi ha baciata. Poi al mare, quest'estate, mi sono ritrovata nella stessa spiaggia che frequenta lui e la cosa è diventata seria."

Parte di me avrebbe voluto arrabbiarsi, ma sapevo che avevo fatto la stessa cosa. Non avevo il diritto di prendermela solo perché lei aveva mantenuto il suo segreto più a lungo di quanto avessi fatto con il mio.

"E Lee ti piace tanto?"

Gwen annuì; i denti che mordevano il labbro inferiore e gli occhi posati sulla finestra che dava all'interno della sala del locale.

"Penso anche di starmi innamorando. Lee è meraviglioso, mi rende tanto felice."

Sorrisi. Non potevo arrabbiarmi di fronte al vero amore! E poi, Gwen era la mia migliore amica: se qualcosa la rendeva contenta, ero contenta pure io.

"E allora fregatene se le tue compagne ti prenderanno in giro. Se lo fanno è perché sono solo invidiose. Non lasciare che questa stupida paura ti impedisca di vivere serenamente la tua relazione."

Gwen soffocò una risata, era tornata a guardarmi.

"Wow, Cassie, che sentimentale! Che fine ha fatto la mia cinica migliore amica?"

Sbuffai dandole una gomitata divertita.

"Si tratta di Fred, vero?" mi chiese ammiccante.

A quelle parole, le mie guance cominciarono a formicolare; di istinto mi coprii il viso con le mani.

"Oh, Merlino!" biascicai, "è tanto evidente?"
Gwen scoppiò a ridere.

"Vi stavate tenendo per mano! E poi ti sei truccata, non lo fai mai se non per le occasioni speciali."

Accidenti, vedere Fred mi aveva fatto dimenticare che avevo la faccia simile a un quadro di Kandinskij.

"Mi vuoi raccontare come è successo? Anche se era abbastanza ovvio che prima o poi vi sareste messi insieme. Come dicono tutti i maghi dall'inizio dei tempi: se ti piace affatturare una strega o uno stregone, prima o poi ci lascerai il cuore senza esitazione."

Mi morsi la lingua per non ridere. Aprii le dita e guardai Gwen attraverso le fessure. Era arrivato il momento di dirle la verità.

Presi un respiro e raccontai per filo e per segno tutto quello che mi era successo: il mio proposito di partecipare al Torneo, la McGranitt che aveva punito Fred e George per il loro scarso numero di G.U.F.O., le ripetizioni di Astronomia, la litigata con Cedric, la pozione e il bacio. Gwen mi ascoltò senza fiatare, la testa che annuiva e un sorrisetto che spuntava ogni volta che nominavo Fred. Alla fine, mi cinse la vita con le braccia e mi strinse a sé.

"Sono contenta che sia andata a finire così," mi bisbigliò tra i capelli.

"Già. Anche Fred mi rende felice," continuai ricambiando la stretta.

Rimanemmo abbracciate per qualche minuto; lo stesso pensiero che ci martellava nella testa.

"Ariel ci ammazzerà quando scoprirà la cosa," sospirò Gwen staccandosi.

Con le mani tra le ginocchia per riscaldarle, abbassai lo sguardo sulla strada di ciottoli. Gwen aveva ragione: se Ariel avesse scoperto che sia io che lei le stavamo mentendo, ci avrebbe fatte baciare da un Dissennatore. Però non era detto che lo avrebbe saputo: potevamo inventarci un'altra storia che coprisse la verità! Mentire per fare del bene non era sbagliato, giusto?

Come se mi avesse letto nel pensiero, Gwen mi diede uno scappellotto sul braccio.

"Non continueremo a mentire, Cassie."

"Lo immaginavo."

Ci rialzammo dal gradino e tornammo al caldo, dentro il locale. Fred e Lee stavano ridendo; seduti al nostro tavolo, avevano spazzolato tutto quello che Madama Piediburro ci aveva portato.

Gwen e Lee ci salutarono e andarono a pagare il conto, lasciando di nuovo me e Fred soli.

"Lo avresti mai detto?" mi chiese Fred indicandoli, mentre passavano davanti a una delle finestre.

Lee aveva circondato le spalle di Gwen con un braccio e lei stava ridendo per una battuta che uno dei due aveva fatto.

"No," risposi, sorridendo.

Fred mi stava osservando insistentemente, dovetti abbassare lo sguardo per evitare di arrossire.

"E tu lo avresti mai detto di noi due?"

"No," rispose, "però l'ho sempre sperato."

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