Per Merlino, Morgana e Silente
"PER MERLINO, MORGANA E SILENTE!"
Con un unico movimento, tutta la classe di Trasfigurazione si voltò a guardare me e Malcolm. Rimasi immobile nella speranza di non destare sospetti, lo sguardo abbassato sulla mia pergamena e la piuma stretta tra le dita della mano destra. Sentii la McGranitt dare un colpo di tosse, Malcolm avvicinò ammutolito la sedia al banco. Perché avevo deciso di riferire a quel pachiderma rumoroso i miei progetti? Aspettai che la professoressa continuasse la spiegazione per guardare di sbieco il mio amico.
"Mi raccomando, la prossima volta menziona anche Artù e tutti i cavalieri della tavola rotonda," sibilai tentando di non farmi sentire.
Malcolm mi posò una mano sul braccio e avvicinò il più possibile il suo viso al mio orecchio.
"Ti rendi conto che ...," si fermò un secondo, la McGranitt si era girata vigile nella nostra direzione, "hai stretto un'alleanza con il nemico?"
Alzai le spalle. Avrei dovuto immaginare che non sarebbe stato d'accordo con il mio piano: da quando Fred aveva approfittato del nostro allenamento quotidiano di Quidditch per mettere una tarantola nelle mutande di Malcolm, si era beccato il disprezzo del mio amico diventando l'unica persona che avesse mai odiato.
"In questo modo impedisco a te e a Kate di mettervi nei guai a causa mia," risposi con un sussurro, "e lo terrò d'occhio nel caso faccia qualche passo falso."
Malcolm scosse la testa.
"Lui è Fred Weasley... non sai mai cosa gli passa per quella mente malefica!"
Mi trattenni dall'impulso di sbuffare; improvvisamente tutto l'astio che provava nei suoi confronti mi dava fastidio. Sebbene mi piacesse quando la gente stava dalla mia parte, in quel momento non trovavo necessaria tutta quella diffidenza; non mi era sembrato falso o malefico quando aveva accettato la mia proposta. E poi io ero Cassidy Diggory! Ero in grado di badare a me stessa contro qualsiasi imbroglio!
"Ho tutto sotto controllo."
I grandi occhi di Malcolm mi scrutarono per diversi secondi; finsi di aver perso interesse per la nostra conversazione e appuntai qualche scarabocchio sulla pergamena. Avevo davvero tutto sotto controllo? In quel momento, la mia sicurezza sembrò vacillare. Non avevo mai dato ripetizioni in vita mia, non sapevo nemmeno da dove cominciare; e se fossi stata troppo occupata a pensare all'Astronomia anziché controllare Fred? In questo modo gli avrei permesso di prendersi gioco di me. Malcolm aveva ragione: non conoscevo Fred e non sapevo come si sarebbe comportato. Eppure, parte di me voleva credere che sarebbe andato tutto bene, nonostante i numerosi dubbi che mi stavano attanagliando la mente.
"Signorina Diggory, che ne dice di trasformare quella piuma in pietra?"
La voce della McGranitt mi fece tornare alla realtà e a malincuore abbassai lo sguardo verso la piuma posta affianco al calamaio.
"Voglio vedere se ha capito la lezione."
Deglutii. Non avevo ascoltato neanche per un secondo quello che aveva spiegato, non sapevo nemmeno che cosa dovessi fare! Perché queste cose succedevano soltanto a me? Rassegnata, le rivolsi un sorriso, impugnando talmente forte la bacchetta da farmi male alle dita; sentivo gli occhi di tutti i miei compagni di classe addosso, in attesa che io facessi qualcosa. Sospirai e puntai la bacchetta in direzione della piuma.
"Lapidem," dissi nella speranza che gli dei avessero ascoltato le mie preghiere.
Un fascio di luce bluastra colpì la piuma, che si alzò di qualche centimetro dal banco. La guardai con gli occhi strabuzzati, sperando che l'incantesimo fosse quello giusto. Prima che la McGranitt potesse dire qualcosa, la piuma scoppiò in mille sassolini di pietra, che vennero scaraventati in ogni direzione. Un urlo impaurito si levò dalla classe; alcuni ragazzi si nascosero sotto il banco per evitare di venire colpiti, mentre altri si misero le mani sulla testa per proteggersi. Rimasi immobile a osservare i sassi atterrare rumorosi sui banchi e sul pavimento, incapace di fare qualcosa. Non avevo mai scatenato un pandemonio prima d'ora.
"PROHIBERE!"
L'urlo della McGranitt fermò l'esplosione, riportando i miei compagni all'ordine. Mi appoggiai allo schienale della sedia e sperai che qualcuno mi scagliasse contro un incantesimo capace di farmi sparire nel nulla. Sentivo le guance formicolare per l'imbarazzo, l'aria nella stanza si fece più calda. I miei occhi incontrarono quelli furiosi della McGranitt, piccoli e carichi di rabbia.
"Signorina Diggory, spero che dopo il tema sull'Incantesimo di pietrificazione che le assegnerò per domani, capirà che io odio essere presa in giro," le parole uscirono dalla bocca della professoressa come un sibilo, tagliente e minaccioso; quella donna era in grado di incutere timore anche senza urlare.
"Inoltre, sarò ben lieta di chiedere a Gazza di darle consigli per sistemare la mia aula da questo macello senza usare la magia."
Mortificata, passai il resto della lezione cercando di ascoltare le ultime indicazioni sull'Incantesimo, evitando lo sguardo compassionevole di Malcolm. Ci mancava solo sentirgli dire che gli dispiaceva per quello che era successo. L'importante era non essere finita in punizione: se lo avesse saputo mia madre, sarei morta all'istante. Quando l'ora di Trasfigurazione finì, la McGranitt mi diede la traccia dettagliata del tema e mi ricordò che durante il pomeriggio sarei dovuta tornare in classe per pulirla. L'unica cosa a cui stavo pensando era trovare il modo di evitare di pranzare nella Sala Grande; non volevo farmi vedere dai Corvonero e dai Tassorosso dopo quello che avevo combinato: da quel momento in poi sarei passata, di sicuro, per 'Quella-che-ha-tentato-di-uccidere-i-suoi-compagni-di-classe'. Se mi fossi nascosta nella mia stanza, avrei evitato facce indesiderate. Non feci in tempo ad andare in direzione della cucina, che Kate e Malcolm mi bloccarono il passaggio.
"Cass, mi devi delle spiegazioni," disse Kate.
Aveva la fronte corrugata e le braccia incrociate al petto; i suoi occhi verdi mi stavano squadrando adirati. Mi morsi l'interno della guancia per evitare di alzare gli occhi al cielo, venire sgridata da lei era l'ultima cosa che mi serviva.
"Perché hai deciso di scendere a patti con Fred?"
Fulminai Malcolm con lo sguardo. Dovevo immaginare che quel panda chiacchierone non si sarebbe fatto i fatti suoi. Delle chiazze rosse gli comparirono sul volto e, imbarazzato, si mise a sistemare il mantello della sua uniforme.
"È una precauzione," mentii, "in caso voi non riusciste a creare la pozione! E se le cose si mettessero male, vi salverei da una possibile sospensione."
Kate non sembrò essersi convinta; mi stava guardando pensierosa, la fronte corrugata e la mano stretta sulla cinghia della borsa. Sapevo che stava cercando di capire le mie intenzioni: ogni volta che voleva comprendermi, mi guardava come se volesse entrarmi nella testa.
"E poi questo non significa che non voglia il vostro aiuto," continuai, rivolgendole l'espressione più innocente che riuscissi a fare. Kate alzò un sopracciglio, confusa.
"Avrò lo stesso bisogno della vostra pozione e poi non devo fidarmi di Fred, giusto?"
I due ragazzi rimasero interdetti per qualche secondo, Malcolm impallidì. Era davvero così preoccupante quando organizzavo piani di questo genere? Feci un mezzo sorriso.
"Avrò bisogno di qualcuno che segua ogni sua mossa per capire se sta giocando pulito."
Sperai di essere stata abbastanza accattivante; dopo quello che era successo durante l'ora di Trasfigurazione, l'ultima cosa che volevo era far arrabbiare i miei amici.
"Ma in classe avevi detto che hai tutto sotto controllo," commentò Malcolm rompendo il silenzio. Evitai di darmi una sberla sulla fronte e annuii esasperata. Aveva ragione: non avevo davvero bisogno che Fred venisse spiato, ma quella era l'unica cosa che potevo chiedergli di fare.
"Ed è così, ma la prudenza non è mai troppa!"
Kate si sistemò la borsa sulla spalla e sospirò.
"Ci sto solo se in cambio mi accompagnate a vedere la lezione speciale di Moody per quelli del settimo anno," mi fulminò con lo sguardo in attesa di una risposta.
Sapendo che era capace di fare richieste peggiori, accettai immediatamente: sempre meglio seguire una lezione, che entrare di nascosto nella sua camera da letto alla ricerca di qualcosa da prendere come mi aveva obbligato a fare con il professor Lupin.
"Non sarà male fingere di essere un agente segreto!" esultò Malcolm circondandomi le spalle con un braccio.
Scivolai via dalla sua presa e sorrisi a entrambi; a volte non mi rendevo conto di avere degli amici migliori di quanto avessi mai potuto sperare. Si congedarono per andare a pranzo e una volta sola, decisi di andare in biblioteca per cominciare il tema sull'Incantesimo di Pietrificazione. Il pensiero di dover impegnarmi a scrivere un saggio su come tramutare degli oggetti in pietra, mi faceva venire la nausea: non esisteva incantesimo più inutile a parer mio. E di certo, non potevo consegnare un compito alla McGranitt sul quale indicavo i motivi fondamentali per cui non avrei mai avuto bisogno di pietrificare qualcosa. Se avessi avuto abbastanza coraggio per farlo, lo avrebbe detto a mia madre e lei mi avrebbe trasfigurato in una statua fino a quando non avessi capito l'importanza dell'incantesimo. Lungi dal voler diventare un gabinetto per uccelli, mi sistemai in un banco isolato della biblioteca e tirai fuori il libro di Trasfigurazione. Rimasi a scrivere per due ore intere; la luce fioca della lampada illuminava debolmente la mia postazione, creando giochi di ombre lungo tutto il tavolo, mentre nella sala risuonavano i fruscii delle pagine dei libri e i rumori dei passi degli altri studenti. Sorpresa, mi ero accorta che concentrarmi sul compito, mi aveva aiutato a smettere di pensare al Torneo e a Fred. Mi sentivo ridicola ad aver trasformato in ossessione un evento a cui, con molte probabilità, non sarei mai riuscita a partecipare. Con un sospiro, mi alzai dalla sedia e sistemai le mie cose. La mia precaria sicurezza sul piano per ottenere la Pozione stava per abbandonarmi del tutto, ma sapevo che era troppo tardi per tirarsi indietro.
Uscii in fretta dalla biblioteca e mi obbligai ad andare alla lezione di Difesa Contro le Arti Oscure; sapevo che Ariel avrebbe colto l'occasione per chiedermi come mai non fossi andata a pranzo, ma doverle raccontare quello che era successo durante l'ora della McGranitt non rientrava nei miei progetti. Mi ero già sentita abbastanza ridicola davanti ai miei compagni. Non volevo vedere nemmeno Fred e George; ora che erano a conoscenza della mia smania di partecipare al Torneo sarei stata un bersaglio ancora più facile per i loro scherzi. Scossi la testa: se non mi fossi presentata, avrei solo dimostrato a Malcolm e Kate di essermi pentita del mio piano e non avevo intenzione di dargli ragione. Come ogni volta, mi sedetti accanto ad Ariel, nei banchi più nascosti della classe, e cercai di ascoltare ogni singola parola di Moody senza venire distratta dal suo occhio azzurro. Ignorai anche le occhiate di Fred e George, fingendo di non essermi accorta di avere avuto i loro sguardi addosso per tutto il tempo. Al termine dell'ora, non avevo prestato attenzione neanche per un secondo alla lezione.
Ero davvero senza speranze.
"Ti aiuto io a sistemare la classe della McGranitt," disse Ariel, una volta fuori dall'aula.
Come sospettavo, la figuraccia di quella mattina era diventata di dominio pubblico in meno di tre ore. Mi morsi il labbro per evitare di sbuffare.
"Non ce n'è bisogno, tanto dopo non potrei nemmeno fermarmi per fare due chiacchiere."
Il senso di colpa tornò a impossessarsi di me. Se Hogwarts avesse assegnato punti a chi mentiva di più, i Tassorosso avrebbero vinto ogni anno.
"Per la lezione privata di Erbologia?" mi chiese.
Aggrottai la fronte; le sue parole vagavano confuse nella mia mente senza trovare una risposta. Lezione privata di Erbologia? Di cosa stava parlando? Rimasi in silenzio per qualche secondo nel disperato intento di ricordarmi cosa avessi detto per occultare le ripetizioni di Astronomia.
"GIUSTO, LA LEZIONE PRIVATA DI ERBOLOGIA!" esclamai con uno schiocco di dita, "LA LEZIONE PER L'ESAME CHE DEVO FARE A CAUSA DI MIA MADRE!"
Gli altri ragazzi nel corridoio si voltarono a guardarmi, ma in quel momento non ci feci caso, ero troppo occupata a segnarmi mentalmente tutte le bugie che avevo detto. L'ultima cosa che mi serviva era crearmi ulteriori problemi da sola.
"Vedo che sei entusiasta..."
La perplessità nella voce di Ariel era palpabile anche a chilometri di distanza, ma mi limitai a sorridere e le diedi una pacca sulla spalla.
"Sai, voglio rendere solo mia madre fiera di me."
Ariel alzò gli occhi al cielo e scosse la testa, non disse niente fino a quando non ci trovammo davanti alla classe di Trasfigurazione. Non mi credeva e faceva bene: nemmeno io credevo alle mie stesse parole.
"Buona Fortuna," mi sorrise sincera, "e fai in modo di prendere un Eccellente!"
Prima di lasciarla andare verso la Sala Grande, la abbracciai.
"Ti voglio bene, Cognata," sussurrai. Ariel ricambiò goffamente la stretta e si lasciò sfuggire una risata.
"Cass, stai solo andando a sistemare un'aula, non stai partendo per la guerra!"
"Io sono attanagliata da una guerra interiore! E magari queste pareti decidono di murarmi viva per punirmi per quello che ho fatto," mi misi una mano sulla fronte per aggiungere teatralità a quello che avevo detto e Ariel continuò a ridere. Mi salutò un'ultima volta e io rimasi sola con una stanza mezza distrutta.
Appena varcai la soglia della porta, mi dissi che la situazione non era così terribile: alcune finestre erano rotte e i pezzi di vetro si riversavano sparpagliati sul pavimento, piccoli mucchietti di sassi giacevano negli angoli e la maggior parte dei libri erano caduti dagli scaffali. Almeno non dovevo pulire macchie strane. Appoggiai la borsa sulla cattedra e mi arrotolai le maniche della camicia; se dovevo passare tutta la sera in quel posto, tanto valeva cominciare subito. Decisi di partire sistemando i manuali nelle librerie; al primo impatto quello sembrava il minore dei mali. Passai la prima mezz'ora a raccogliere i grossi volumi polverosi, pentendomi di non aver accettato l'aiuto di Ariel. D'altronde se mi trovavo in questa situazione era solo colpa mia.
"Se continui così, ci impiegherai delle ore."
Sobbalzai spaventata e senza rendermene conto, mollai la presa dai libri che avevo in mano, facendoli cadere sui miei piedi. Cercai di evitarli con un balzo, ma lo scatto fu troppo lento.
Mi lasciai sfuggire un gemito di dolore.
"Merlino, Diggory, sei un impiastro."
Fred si spostò dallo stipite della porta e si avvicinò a me, il suo sorriso beffardo non accennò a voler sparire dal suo volto. Imbarazzata e con i piedi che pulsavano dal male, strinsi le mani in due pugni. Che cosa diamine ci faceva lì? Ignorai il formicolio sulle guance e mi decisi a parlare.
"È la tua faccia che mi ha fatto venire un infarto, non ricordavo fossi così brutto."
Lui non rispose, ma sembrava divertito.
"Perché sei qui?" gli chiesi incrociando le braccia al petto.
Fred scrollò le spalle e si passò una mano tra i capelli. Era abbastanza vicino a me da poter notare come le punte delle sue orecchie fossero diventate rosse.
"Volevo controllare che non saresti arrivata in ritardo al nostro appuntamento," rispose.
I suoi occhi mi guardavano maliziosi e io non feci altro che sbuffare.
"Manca ancora un'ora, Wilby e non è affatto un appuntamento!"
Fred scoppiò a ridere, la mia voce era diventata più stridula di quanto pensassi. Non riuscivo a capire perché parlare con lui mi mettesse a disagio in quel modo; non era mai successo e questa mia impotenza mi irritava.
"Oh, un giorno pregherai per uscire con me."
"Preferisco uscire con Piton e i suoi capelli unti, in realtà."
"Bugiarda."
Lo fulminai con lo sguardo in attesa di trovare una risposta migliore di prenderlo a pugni, ma fortunatamente Fred cambiò discorso da solo.
"Perché non usi la bacchetta?" indicò la mia mano e, come se stessi facendo qualcosa di male, la nascosi dietro la gonna.
"La McGranitt non vuole che usi la magia."
Mi pentii subito di averglielo detto: se mi avesse preso in giro a causa della mia sfortuna, sarebbe stata la volta buona in cui avrei usato la violenza. Inaspettatamente, estrasse la bacchetta dal suo mantello e mi fece l'occhiolino.
"Per mia fortuna non sono te."
Con un movimento del polso, tutti gli oggetti in disordine cominciarono a volare a mezz'aria; galleggiarono incerti sulle nostre teste, prima di tornare al loro posto. Come saette, i libri si sistemarono sugli scaffali, mentre i cocci di vetro si unirono tra loro andando a tappare i buchi che si erano creati sulle finestre. Senza parole, rimasi a fissare quello che stava succedendo con gli occhi strabuzzati. In meno di un secondo, Fred mi aveva aiutato di sua spontanea volontà a pulire l'intera aula. Mai e poi mai- nemmeno nei miei sogni più assurdi- avrei immaginato che potesse fare una cosa del genere.
"Attenta che se non chiudi la bocca entrano le mosche," commentò con un ghigno compiaciuto.
Roteai gli occhi al cielo e sbuffai seccata, cercando di nascondere il mio stupore. Stavo davvero odiando il modo in cui riusciva a essere imprevedibile.
"Ti prego, Wizkly. La McGranitt capirà di sicuro che avrò usato la magia."
Per tutta risposta, Fred mise la bacchetta dentro il mantello e mi posò le mani sulle spalle. Mi ritrassi di scatto infastidita da quel contatto.
"La McGranitt stasera ha una riunione con il resto dei professori per organizzare il Torneo, non si libererà prima di mezzanotte e non ci farà caso," rispose con fare pratico.
Inarcai un sopracciglio perplessa: era inquietante come sapesse questo genere di informazioni. Rimasi in silenzio, i miei occhi lo guardavano alla ricerca di risposte; non riuscivo a capire perché si stesse comportando così. Tutto questo era strano persino per lui.
"No, non voglio sapere niente," dissi, infine.
Gli afferrai le dita e con un gesto secco, gli allontanai le mani dalle mie spalle.
"Hai intenzione di rimane qua a guardarmi con quell'aria da troll inebetito o vuoi andare a nella classe di Astronomia?"
"Diggory, così mi offendi!"
Fred rise e senza aggiungere altro, mi fece segno di uscire dalla classe. Camminammo verso la torre in totale silenzio, i rumori dei nostri passi riecheggiavano per i corridoi deserti di Hogwarts. Ero contenta che gli altri studenti fossero ancora a cena; non avrei sopportato l'idea che qualcuno mi avesse visto in compagnia di Fred Weasley.
Fui la prima a entrare nell'aula e per quanto avessi voluto salire al piano superiore per assistere al tramonto, mi sedetti alla cattedra e aspettai che il ragazzo facesse lo stesso.
"Allora, che cosa devi studiare?" chiesi.
Fred mi passò un biglietto spiegazzato sul quale c'era scritto il programma del quinto anno. A stento trattenni una smorfia: tra tutte le cose interessanti che l'Astronomia poteva offrire, l'Unità Astronomica era l'unica cosa che mi faceva venir voglia di buttarmi giù dalla torre.
"Vuoi ucciderti anche tu, non è vero?" mi domandò Fred sporgendosi verso di me. Il suo sorriso irritante non aveva intenzione di abbandonarlo, così cominciai a spiegargli l'argomento senza ribattere. Prima cominciavo, prima avrei finito quella tortura.
Fred rimase attento per tutta la prima mezz'ora e io scoprii che non era per niente spiacevole aiutare qualcuno a capire le cose. Tutti i dubbi che avevo avuto quella mattina, svanirono all'istante. Non era difficile spiegare in maniera più semplice concetti che conoscevo a memoria. In quel momento, mi sentii forte come quando giocavo Quidditch; ero talmente entusiasta che non mi importò di risultare una secchiona nel raccontargli emozionata l'origine dei vari nomi delle stelle. E Fred non sembrava intenzionato a fare altro se non prendere appunti. La magia, però, fu interrotta quando il ragazzo smise di ascoltarmi e cominciò a guardarmi con insistenza. Non appena me ne accorsi, smisi di parlare e ricambiai lo sguardo.
"Che c'è?" chiesi acida.
Lui scosse la testa, le braccia incrociate al petto e la schiena appoggiata contro la sedia.
"Posso farti una domanda?"
Corrugai la fronte sospettosa: non mi fidavo di Fred. Sapevo che era in grado di estorcere informazioni attraverso le domande più stupide. E io non avevo intenzione di rivelargli cose che gli sarebbero potute tornare utili.
"Perché?"
"Perché se dobbiamo fare squadra devo fidarmi di te. Come mai ci tieni così tanto a partecipare al Torneo?"
Colta alla sprovvista, socchiusi le labbra per poter trovare qualcosa da dire. Non era stato così subdolo. O forse, mi ero talmente assorta nella spiegazione che avevo abbassato la guardia come temevo.
"Credo sia per lo stesso motivo di tutti, no? Per la fama, per essere riconosciuta come una strega valida dagli altri studenti e dai professori ...," risposi cercando di essere il più generica possibile.
Fred continuò a guardarmi in silenzio; la sua espressione impassibile era indecifrabile.
"Voglio dire ... tu non lo fai per il successo? Non lo fai per diventare il Campione di Hogwarts?"
"Sinceramente, no," rispose deciso.
Bene, davvero molto bene.
Qualcuno aveva deciso che quella giornata fosse dedicata a Fred Weasley e ai suoi innumerevoli assi nella manica per lasciare le persone interdette. Ancora più confusa di prima, cercai di trovare altre motivazioni che lo avessero spinto a voler partecipare al Torneo; dovevano essere davvero valide se aveva intenzione di barare come me. Solo che in quel momento non mi veniva in mente nient'altro che un possibile scherzo che stava architettando con George. Forse anche loro due erano contro il Torneo come Ariel e volevano truccare il gioco in segno di protesta.
"Cioè sì, lo faccio per i soldi. Ma perché i soldi mi servono per un'altra cosa," aggiunse.
"Ossia?"
Fred sospirò, ma tornò a sorridere divertito come prima.
"Se te lo dicessi, poi dovrei ucciderti," sussurrò beffardo.
"Tanto ci penseranno già queste ripetizioni," sorrisi ironica, "muoviti, Weslyn."
Dopo averci pensato per qualche minuto, Fred scrollò le spalle e si passò una mano tra i capelli.
"Io e George abbiamo questo sogno – lo abbiamo sin da quando eravamo piccoli, in realtà- di aprire un negozio di scherzi a Diagon Alley. Creare dolci, oggetti o vestiti che possono usare i ragazzi per fare le stesse cose che facciamo noi ora, sarebbe forte. Voglio dire, li stiamo già creando; abbiamo già la lista dei nostri prodotti. E poi con un negozio del genere, riusciremmo a strappare più risate, no?"
Il sorriso scemò, un'ombra scura gli incupì il volto.
"Ma non possiamo chiedere ai nostri genitori di comprarci un negozio, sai bene che non ne hanno la possibilità e poi non credo nemmeno che sarebbero d'accordo."
Certo che lo sapevo bene. Mio padre aveva cercato spesso di aiutare Arthur economicamente. Si era proposto di pagargli alcune spese e la maggior parte delle volte che uscivano insieme, tentava di offrigli tutto lui. Solo che Arthur era ostinato come Fred e non accettava mai questo genere di aiuto.
In quel momento, sentii una stretta premere contro il mio stomaco. A differenza mia, Fred aveva un sogno. Un sogno per cui era disposto ad andare contro le regole della scuola per realizzarlo. Mentre io ero solo egoista. La vergogna si impossessò di me; dovetti abbassare gli occhi sul tavolo, non riuscivo a guardarlo. Lui voleva aprire un negozio con suo fratello; io, invece, volevo battere il mio. Volevo solo dimostrare che Cassidy Diggory non era inferiore a Cedric. Ma era davvero così importante? Ariel, Gwen, Kate, Malcolm e persino Cedric sapevano che non ero inferiore a nessuno. E il loro giudizio era l'unico di cui mi importava davvero. Gli altri ragazzi di Hogwarts erano estranei - non sapevo nemmeno come si chiamassero- perché avrei dovuto preoccuparmi di quello che pensavano di me?
"Che ne dici se mi finisci di spiegare la teoria di Tittus e poi andiamo a riposare prima della lezione?"
Tornai a guardare Fred e, per la prima volta in tutta la giornata, sorrisi sincera.
"È la teoria di Titius- Bode! E Merlino Whiskey, questo è un piano abbastanza convincente per essere frutto della tua mente."
Fred fece finta di offendersi, ma si lasciò sfuggire una risata divertita.
"Guarda che ti ho aiutato a pulire l'aula della McGranitt solo per finire in fretta."
Scossi la testa senza smettere di sorridere. Di certo, questo spiegava il suo comportamento di prima.
Ripresi lo studio e dopo venti minuti finimmo le ripetizioni. Lo salutai e, stordita dalla piacevole serata, andai verso il dormitorio dei Tassorosso. Come prima volta non era stata orrenda: Fred era riuscito a risultare gradevole e avevo capito come gestire la faccenda del Torneo. Mi sentivo più leggera.
Una volta arrivata nella mia camera, salutai Kate e mi distesi sul letto.
Forse la lezione di Astronomia non sarebbe andata poi così male.
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