Le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons

Seduta sul primo gradino della scalinata che conduceva alla classe di Astronomia, ai piedi della Torre, fissavo assente il muro che avevo davanti. La parete grigia sarebbe stata nera, se non fosse stata illuminata dalla luce fioca della torcia appesa al muro; intravedevo le crepe che si diramavano spigolose dal soffitto al pavimento, sottili ragnatele invadenti. Ormai era passata un'ora e mezza da quando Fred era sparito nell'aula a fare l'esame e io stavo morendo lentamente, divorata dall'ansia. Avevo le dita gelide, come i palmi sudati delle mani; la pancia dolente e il respiro corto. Cosa sarebbe successo se Fred non avesse passato l'esame? Si sarebbe arrabbiato con me? Non mi avrebbe dato la pozione? D'altronde mancava solo un giorno per scoprire chi fossero i partecipanti delle case. In realtà, mi importava di più che prendesse il G.U.F.O.; la pozione era solo un pretesto per potergli parlare ancora. E se avesse preso meno di 'Eccellente', avrei fatto irruzione nella classe per contestare il voto; Fred si meritava il massimo. Si era impegnato tanto, così come mi ero impegnata io. Non potevamo ottenere un risultato mediocre.

Il cigolio della porta dell'aula rimbombò per tutte le scale, arrivando acuto e stridulo fino a me. Mi alzai di scatto, impaziente di vedere Fred. Non ero così in ansia dal risultato –deludente- della nomina del capitano della squadra di Quidditch. Fred scese silenzioso le scale, il passo felpato e il viso incupito. Improvvisamente, mi sentii pesare una tonnellata; la nausea e un formicolio appuntito che mi ghiacciava tutte le vene. Non era possibile.

Fred posò triste lo sguardo verso di me.

"Cito testuali parole: 'Ti do 'Eccellente' perché non esiste un voto superiore'."

Fred scoppiò in una fragorosa risata; era talmente contento che i suoi occhi stavano brillando. Non ci pensai due volte e corsi ad abbracciarlo, un sorriso sul volto che non dava segno di voler scomparire.

"Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo," continuai a farfugliare, avvinghiata a Fred.

Lui non smetteva di ridere, sollevandomi dall'euforia. Ero davvero fiera di lui e non potevo credere di essere riuscita a fargli prendere quel voto, anche se avevo fatto davvero ben poco: Fred Weasley era uno dei ragazzi più intelligenti che avessi mai conosciuto.

Dopo diversi secondi, si liberò dalla mia presa e mi mise le mani sulle spalle; i suoi occhi erano fissi nei miei e quella volta, non mi sentii a disagio. Ricambiai lo sguardo senza smettere di sorridere.

"Cassidy Diggory, sei fantastica," disse.

Le sue mani si spostarono sulle mie guance, avvicinò il suo viso al mio e mi lasciò un dolce bacio sulla fronte. Una scarica elettrica percorse tutta la mia spina dorsale, andò a convergere sul mio viso che cominciò a pizzicare all'impazzata.

"Ci hai impiegato sei anni per capirlo, Whiskey," risposi.

In quel momento fui contenta di essere parzialmente al buio; ero sicura al cento per cento di essere diventata più rossa dei suoi capelli.

Fred mi cinse le spalle con un braccio, stringendomi a sé. Da dove era uscita tutta questa voglia di avere un contatto fisico?

"Ti accompagno fino al tuo dormitorio, vorrei restare, ma sto morendo di sonno. Domani ci aspetta una lunga giornata," disse divertito.

Acconsentii sollevata; tutta questa ansia mi aveva stancato prima del previsto e non vedevo l'ora di andare a letto per ordinare i miei pensieri. Specialmente perché il giorno dopo sarebbero arrivate le delegazioni di Durmstrang e Beauxbatons ed ero convinta che non ci sarebbe più stato spazio per stare in tranquillità. Fred passò tutto il tragitto a imitare i ragazzi di Durmstrang, dipingendoli come scimmioni incapaci a mettere insieme una frase completa, mentre io mi diedi alla recitazione fingendo di essere una studentessa di Beauxbatons; vanitosa, stupida ed egocentrica. Eravamo caduti negli stereotipi, ma loro rimanevano pur sempre i nostri avversari.

"Quindi niente più ripetizioni," disse Fred una volta arrivati davanti all'entrata segreta del dormitorio dei Tassorosso. Aveva un braccio appoggiato al muro e mi guardava divertito.

"Direi che ho svolto il mio compito egregiamente," risposi.

Lui scosse la testa ridendo; sembrava fosse sul punto di dire qualcosa, ma rimase zitto.

Non volevo che le ripetizioni fossero finite. Quanto erano durate? Meno di tre settimane. A parer mio, era troppo poco; non mi sarebbe dispiaciuto continuare per un altro mese. Abbassai lo sguardo sul pavimento, il motivo che mi spingeva a volerlo era ridicolo e imbarazzante; premeva nella gola, pulsava contro il collo e faceva male.

"Allora ci vediamo sabato mattina per la pozione?"

La domanda di Fred mi colse alla sprovvista, avevo quasi dimenticato il nostro patto. Mi sistemai i capelli con una mano e annuii con la speranza di non risultare impacciata.

Tutto questo era a dir poco ridicolo: ero Cassidy Diggory – per Merlino- e Cassidy Diggory non si preoccupava di risultare goffa davanti ai ragazzi, specialmente se questi ragazzi erano Fred Weasley. Avrei voluto tanto che Ariel si fosse acquattata dietro una botte di legno; la mano pronta a darmi uno schiaffo capace di rimettermi in sesto il cervello.

"Buonanotte, Wollaby," dissi.

"'Notte, Diggory."

Fred fece finta di togliersi un cappello dalla testa per salutarmi, dopodiché si diresse verso la torre dei Grifondoro.

Non appena entrai nella Sala Comune, capii che l'unico modo per evitare di impazzire era parlarne con qualcuno. Se avessi continuato a tenermi tutto dentro, il peso che mi gravava sul petto mi avrebbe lentamente uccisa ed ero ancora troppo giovane per morire.

Mi spogliai in fretta, buttai la divisa della scuola ai piedi del mio letto, e mi nascosi sotto le coperte. Non potevo chiedere consiglio ad Ariel, così come non potevo chiederlo a Cedric. Nessuno dei due era a conoscenza di ciò che avevo fatto per partecipare al Torneo e se lo avessero scoperto, avrebbero dato di matto; cosa che avrei voluto evitare ora che avevo recuperato i rapporti con mio fratello. L'unica possibilità da prendere in considerazione era quella di parlarne a Malcolm e Kate; sapevano già tutto e non avrei dovuto dargli ulteriori spiegazioni.

Il mio sospiro fu attutito dal cuscino.

Nonostante avessi preso una decisione abbastanza convincente, avevo l'impressione di essermi dimenticata qualcosa. Qualcosa che avrei dovuto ricordare, lontana sia da Fred che dal Torneo.

Mi convinsi a lasciar perdere e dopo qualche secondo, mi addormentai.

Tutti i progetti per chiacchierare a cuore aperto con Kate e Malcolm vennero sventati il giorno dopo.

Nell'attimo in cui aprii gli occhi, i gridolini di tre ragazze impazzite mi fecero capire che quella giornata sarebbe stata dedicata soltanto all'arrivo degli studenti delle due scuole di magia. Mi preparai accigliata, sperando che le mie compagne di stanza perdessero la voce entro mezzogiorno. Se avessi sentito un altro urlo euforico, non mi sarei fatta alcun problema a scagliare qualche incantesimo in grado di metterle fuori gioco per tutto il tempo necessario a farle rinsavire.

In Sala Grande l'atmosfera era la stessa: ragazzi concitati saltellavano sulle panche di legno, il volume delle loro voci sovrastava qualsiasi altra cosa. Non riuscii a parlare con nessuno; gli unici argomenti sulle bocche dei miei compagni erano Durmstrang e Beauxbatons. Con le mani strette in due pugni e un sorriso forzato, riuscii ad arrivare indenne fino alla fine delle lezioni. Non feci in tempo a salutare Ariel che Kate mi trascinò fuori dall'aula di Difesa Contro le Arti Oscure e mi rinchiuse nella nostra camera per prepararsi all'arrivo delle delegazioni; lavò e stirò le nostre divise con un incantesimo, si sistemò i ricci biondi – mi obbligò a tenere i capelli sciolti contro la mia volontà- e si truccò fino a sembrare una di quelle modelle sulle copertine delle riviste che leggeva Gwen. Una volta stufa di tutti gli impiastri appiccicosi che mi stava mettendo sul viso, mi alzai dal letto e la obbligai a infilarsi il mantello; se avesse continuato a dirmi che avevo bisogno del mascara per risaltare il colore dei miei occhi, le avrei spalmato sulla faccia il rossetto che aveva tentato di rifilarmi. Kate mi lanciò un'occhiata torva, ma senza dire altro, mi seguì fino alla Sala d'Ingresso, dove i Direttori delle Case stavano disponendo in fila i loro studenti.

La professoressa Sprite volteggiava tra i Tassorosso, i suoi occhi ispezionavano ogni singolo ragazzo alla ricerca di qualche elemento fuori posto.

"Signorina Appleby, la sua cravatta è molto carina, ma è necessario che la metta sotto il maglione," suggerì sventolando la bacchetta sotto lo sguardo di Tamsin, "e signor Rickett, per favore, i suoi pettorali non li vuole vedere nessuno!"

Anthony si sforzò di non sbuffare e, contrariato, si allacciò i primi quattro bottoni della camicia. Io e Kate raggiungemmo Malcolm; gli sgattaiolai dietro nella speranza di risultare invisibile agli occhi della Sprite.

"Orsù!" esclamò facendoci segno di seguirla.

In silenzio, tutti i Tassorosso scesero i gradini della scalinata d'ingresso e si disposero davanti al castello. Mi sporsi per controllare che Ariel e Gwen fossero già arrivate: oltre i Grifondoro del quinto anno, Ariel stava osservando assorta il Lago Nero; mentre dall'altra parte, Nerissa e Taranee stavano schiamazzando attorno a Gwen. Presi una lunga boccata d'aria, cominciavo a sentirmi euforica anche io; finalmente sarebbe successo qualcosa di diverso a Hogwarts.

L'aria di quella sera era fredda, ma il cielo terso era attraversato dai colori del crepuscolo. La luna brillava pallida e trasparente sopra le cime scure della Foresta Proibita.

"Mi sento svenire," sussurrò Malcolm tagliando il silenzio. Mi girai verso di lui, un sopracciglio alzato e la fronte corrugata.

"Sono solo dei ragazzi, esattamente come lo sei tu. L'unica differenza è che parlano altre lingue."

La mia risposta fece innervosire Kate, che si limitò a sbuffare e incrociare le braccia al petto.

"Oh, Cassie, perché non ti puoi godere mai niente? Io sono piuttosto certa che le due scuole faranno un ingresso trionfale."

"E allora? Servirà solo a dire che sono migliori di noi."

Malcolm e Kate rimasero zitti, irritati dalle mie parole. Non potevo farci niente se detestavo l'esibizionismo dei maghi, specialmente se questo serviva a sottolineare la grandezza di coloro che consideravo dei nemici. Infreddolita, mi strinsi nel mantello. Eppure, qualcosa mi diceva che gli studenti di Durmstrang non erano da considerare solo degli avversari; parte di me mi stava urlando che dovevo essere contenta, ma –ancora una volta- non riuscivo a capirne il motivo.

"Aha! O mi sbaglio di grosso, oppure sta arrivando la delegazione di Beauxbatons!"

L'urlo di Silente allarmò gli studenti, che cominciarono a muoversi agitati in direzioni diverse, alla ricerca di un segnale che potesse confermare le parole del Preside.

"Laggiù!" tuonò Malcolm indicando la Foresta.

Con un unico movimento, tutti i ragazzi si voltarono; il dito di Malcolm stava puntando qualcosa di molto grosso che, una volta apparso dalle fronde nere degli alberi, si diresse a tutta velocità verso il castello; un'enorme macchia scura nell'azzurro cupo del cielo. Trattenni il fiato, mentre quella sagoma gigantesca si avvicinava sempre di più, prendendo le forme di una carrozza dalle dimensioni di un campo di Quidditch. La carrozza – che sembrava più una vasta dimora che un mezzo di trasporto- era trainata da una dozzina di cavalli alati ugualmente enormi.

All'abbassarsi della carrozza, le prime tre file di studenti si ritrassero lasciando lo spazio per l'atterraggio. I pegasi d'oro furono i primi a toccare terra, seguiti da un frastuono che fece gridare Anthony dalla sorpresa. Quando anche la carrozza rimbalzò sul terreno, tutti gli studenti di Hogwarts si ammutolirono. La porta della carrozza si aprì e un ragazzo vestito di azzurro balzò fuori, si piegò, estrasse degli scalini d'oro e, infine, si ritrasse con un inchino. Mi misi in punta di piedi, ignorando gli insulti delle due Tassorosso che avevo dietro. Non era colpa mia se ero alta.

In quel preciso istante, la donna più grande che avessi mai visto scese la scalinata d'oro. Un solo sguardo su di lei bastava per capire il motivo della taglia della carrozza e dei cavalli. La donna si trovò sotto il fascio di luce che proveniva dalla Sala d'Ingresso; i suoi occhi sgranati ci guardavano in attesa. Nonostante le sue mastodontiche dimensioni, aveva dei bei lineamenti, con la pelle olivastra e gli occhi neri, ed era molto elegante.

Silente applaudì, così come il resto degli studenti di Hogwarts. Io, invece, ero immobile, incapace di smettere di fissarla. Il volto della donna si sciolse in un sorriso cortese e avanzò verso Silente per stringergli la mano.

"Mia cara Madame Maxime," esclamò Silente, "benvenuta a Hogwarts."

"Mon cher Silonte!" rispose lei con voce profonda, "voi sta bene, spero!"

"Sono in ottima forma, grazie."

"I miei studonti," disse Madame Maxime, agitando noncurante una delle sue enormi mani e indicando alle sue spalle.

Finalmente riuscii a distogliere lo sguardo dalla sua figura; dietro di lei, una dozzina di ragazzi vestiti con abiti leggeri azzurri, stavano contemplando preoccupati Hogwarts. Inarcai le sopracciglia: non mi sembrava che quegli stecchini tremanti brillassero di intelligenza. Insomma, quale persona normale indosserebbe abiti del genere in autunno? Non si erano informati sul clima scozzese prima di partire?

"Oddio che classe!" bisbigliò Halinor al mio fianco. Kadma rispose con un sospiro sognante. Alzai gli occhi al cielo; dovevo immaginare che quelle due galline trovassero affascinanti i ghiaccioli.

Madame Maxime acconsentì a entrare nel castello –al caldo- con i suoi studenti; così, ci ritrovammo di nuovo soli nel giardino della scuola. Intorno a me, si levò un mormorio deluso: i miei compagni avevano tutta l'intenzione di passare ogni singolo momento con gli studenti stranieri.

"Ci sono ancora i ragazzi di Durmstrang," disse Kate per incoraggiare gli altri.

Tornammo a guardare il cielo; il silenzio interrotto dagli sbuffi e dagli scalpiti dei cavalli di Beauxbatons. Cominciavo a spazientirmi; le braccia strette al petto e un piede che batteva nervoso a terra. Quanto ancora dovevamo aspettare lì fuori al freddo? Stavo cominciando ad aver fame.

Il tempo sembrò essersi fermato, secondi lunghi come ore scandivano quella sera infinita, fino a quando un rumore simile al rombo dell'aspirapolvere catturò la mia attenzione.

"Il lago!" urlò Lee Jordan indicandolo, "guardate il lago!"

La superficie nera dell'acqua, che era rimasta calma e piatta per tutto il tempo, cominciò ad incresparsi. Al centro del lago, una strana turbolenza formò delle grosse bolle sulla superficie, lasciando che grosse onde si abbattessero sulle rive fangose.

"Ma cosa diamine..."

Non feci in tempo a finire la frase, che un vortice furioso comparì nel bel mezzo del lago. Da quel punto, quello che sembrava essere un lungo palo nero affiorì dall'acqua e una nave sorse davanti ai nostri occhi. Il lago si calmò di colpo, tornando placido sotto la luce lunare.

La nave aveva un'aria stranamente scheletrica e le fioche luci che brillavano dai boccaporti sembravano occhi spettrali. Storsi il naso; non era proprio una crociera di lusso. Una volta ancorata, si sentì il tonfo di una passerella che veniva abbassata sulla riva.

Gli studenti di Durmstrang scesero dalla nave; sagome scure di ragazzi nerboruti si avvicinarono marciando verso il castello. Alla luce, notai che la loro esagerata stazza era dovuta alle pellicce pesanti e ispide che stavano indossando. Ma le persone provenienti dalle altre parti del mondo avevano idea di come fosse il clima in Scozia? Non potevo credere che Beauxbatons e Durmstrang fossero passati dal caldo della penisola del Mediterraneo al gelo del Circolo Polare Artico. Se mia madre gli avesse visti, avrebbe scosso la testa e – con la bocca arricciata- avrebbe detto che vestirsi a strati è l'unico modo per affrontare le temperature sconosciute.

Il preside della scuola – che intuii fosse Karkaroff- salutò leziosamente Silente. Rispetto a Madame Maxime, sembrava falso; la voce unta, strascicata e lo sguardo freddo e penetrante.

"Che bel pezzo di manzo," sussurrò estasiata Kate.

"Chi?" domandai. Mi issai di nuovo sulle punte di piedi per osservare meglio i ragazzi di Durmstrang, ma la luce era troppo fioca per poterli vedere bene.

"Lui," rispose a bassa voce.

Kate indicò qualcuno tra la folla di studenti e – sorpresa che non fosse Karkaroff- socchiusi gli occhi per poterlo distinguere meglio. Tutti i miei sforzi erano inutili; lì fuori sembravano tutti uguali, quando il mio sguardo cadde su un naso ricurvo e delle folte sopracciglia nere.

"Per Merlino, Morgana e Silente!" esclamai con il respiro mozzato. La mia pancia fece una capriola, le gambe molli a stento mi reggevano in piedi.

"Cosa succede Cassie?" la manona di Malcolm si posò sulla mia spalla. Per un breve secondo pensai di cadere, ma fortunatamente non avevo perso del tutto il controllo del mio corpo. Il ragazzo camminò austero verso l'entrata del castello. Gli occhi di Malcolm e Kate mi guardavano preoccupati.

"QUELLO È VIKTOR KRUM!"

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