La discesa negli Inferi

La settimana seguente fu l'inizio della discesa negli Inferi.

Finiti i G.U.F.O. avevo pensato che il Sesto anno sarebbe stata una passeggiata: avrei frequentato meno lezioni e non avrei dovuto preparare i M.A.G.O.; nonostante le avvertenze di mia madre, ero convinta che mi sarei presa un anno di pausa. D'altronde, Elaine Diggory era nata con la predisposizione al dramma: ogni volta che raccontava storie o esprimeva la sua opinione, sapevo che dovevo filtrare le sue parole con la verità. Se lei aveva detto che il sesto anno era il più difficile, quella doveva essere solo una scusa per decantare i voti che aveva preso. Avevo passato la maggior parte della mia vita a non crederle ed ero sicura che anche Cedric avesse fatto lo stesso. Per questo motivo, quando i professori cominciarono a torturarci moltiplicando il numero dei compiti – secondo loro, questo era il miglior modo per abituarci al settimo anno- scrissi a mia madre una lettera di scuse. Non le spiegai il perché e non le diedi ulteriori dettagli, le mandai solo una pergamena con su scritto 'Scusami'. Ero troppo allibita dal fatto che fosse stata sincera per dirle altro.

Inutile dire che la sua risposta fu una Strillettera. Martedì sera, a cena, un piccolo Gufo grigio posò una lettera rossa accanto al mio piatto. Ero rimasta interdetta, non capendo chi avesse potuto scrivermi: tutte le persone che conoscevo erano a Hogwarts con me e mio padre non si prendeva mai il disturbo di sentire i propri figli. Solo quando Malcolm emise un rantolo preoccupato, mi resi conto di ciò che stava succedendo. Prima che potessi prendere la lettera e scappare in corridoio, quest'ultima esplose nell'urlo infuriato di mia madre.

"CASSIDY IRMA DIGGORY!" aveva sbraitato, "SIAMO SOLO A OTTOBRE E TU HAI GIA' PRESO UN PROVVEDIMENTO DISCIPLINARE? QUANDO TORNI A CASA TI PRENDO PER I CAPELLI E TI FACCIO CAPIRE QUALE STREGA COMANDA, SIGNORINELLA! RICORDA CHE COME IO TI HO CREATO, IO TI POSSO AVADAKEDAVRIZZARE! CHE COSA HO SBAGLIATO CON TE? TE LO DICO IO: TUTTO!"

Mentre le parole di mia madre risuonavano ancora sospese nell'aria, la lettera si ridusse in brandelli di carta. L'intera Sala Grande aveva assistito in silenzio alla scena; gli sguardi allibiti degli studenti e dei professori che stavano cercando di trattenere le risate. Ero rimasta con gli occhi strabuzzati, un braccio proteso sul tavolo e la mano che impugnava la forchetta come se fosse la mia unica difesa contro le urla di mia madre. Solo dopo alcuni secondi, cominciai a sentire le prime risate provenire dal tavolo dei Grifondoro e umiliata, mi coprii il viso con le mani nel tentativo di nascondermi. Dovetti convincere la professoressa Sprite a scrivere una lettera a mia madre per tranquillizzarla, facendole capire che le mie scuse non avevano nulla a che fare con la mia condotta.

Il resto della settimana passò tranquillo; fui troppo occupata a studiare e farmi ripetere da Ariel tutte le lezioni di Moody che non capivo, per combinare qualcosa di losco. In quei sette giorni, la mia attenzione non si concentrò mai sul Torneo. Nemmeno quando ero con Fred ci pensavo: la mia unica preoccupazione era quella di fargli prendere un 'Eccellente' all'esame. Ammetto che ero anche troppo occupata a rivalutarlo per preoccuparmi dei nostri affari, era talmente gentile e simpatico che a stento mi ricordavo di aver a che fare con il mio nemico numero uno.

"Quindi la cometa più luminosa dell'era moderna è stata Kirch," ripeté Fred venerdì sera, "perché è stata visibile, anche in pieno giorno, per ottanta giorni nel 1680."

Schioccai le dita in segno di assenso e chiusi il libro soddisfatta.

"Direi che per oggi abbiamo finito il ripasso. Ottimo lavoro, Welsey."

Fred si stiracchiò sulla sedia; le mani dietro la testa e le gambe distese sulla cattedra. Mi stava guardando contento, mentre liberavo il tavolo dai nostri manuali e dalle pergamene. Ci eravamo già visti tre volte e per mia fortuna, Fred non si era mostrato ingestibile come credevo. Mi ascoltava per la maggior parte del tempo e mi faceva domande intelligenti. Non avevo mai pensato che Fred Weasley potesse essere così brillante. Insomma, non mi sembrava fosse stupido allo stesso livello di Anthony Rickett, ma non pensavo che applicandosi potesse essere anche meglio di Cedric.

"Sai, Diggory, non sei poi così malaccio a spiegare Astronomia."

Mi misi la borsa sulla spalla e scossi la testa, avviandomi verso le scale della Torre. Mi sforzai a ignorare il mio stomaco; stava facendo le capriole, contorcendosi e premendosi contro la mia pancia. Fred si era precipitato al mio seguito e in meno di un secondo, me lo ritrovai al mio fianco.

"Merlino, potrei commuovermi," celiai alzando gli occhi al cielo.

Fred accennò una risata e mi superò; solo una volta ai piedi della rampa di scale, si girò nella mia direzione e mi sorrise.

"Io, George e Lee abbiamo quasi finito la pozione. Attenta che possiamo ancora ritrattare!," e così dicendo sparì in direzione della Torre dei Grifondoro.

Rimasi immobile a fissare il punto in cui era svanito. Cosa mi stava succedendo? Perché la voglia di ammazzarlo si era affievolita drasticamente? E perché –frecciatine a parte- mi stava trattando come se fossi sua amica? Avevo sempre pensato che Fred fosse strano, ma mai strano fino a questo punto.

Nessuno poteva cambiare atteggiamento nei confronti di una persona in questo modo; ma Fred non era l'unico. Gwen sembrava essere stata colpita dalla stessa malattia. Da quando avevamo cenato insieme alla Rimessa, io e Ariel non eravamo più riuscite a passare del tempo con lei. Ogni volta che le proponevamo di fare qualcosa, ci liquidava dicendo di essere impegnata e quando la incontravamo in giro per la scuola, sembrava essere sempre assorta nei suoi pensieri. Ariel non era preoccupata: per lei questa era la manifestazione più evidente del suo lato da serpe; era sempre stata convinta che prima o poi Gwen ci avrebbe ignorato per frequentare esclusivamente i ragazzi della sua stessa casa. Io, al contrario, non ero sicura che fosse questo il motivo per cui Gwen ci stesse ignorando. Essendo una bugiarda patologica, avevo sviluppato un sesto senso ed ero in grado di riconoscere quando qualcuno mentiva. Gwen ci stava nascondendo qualcosa e nonostante la mia curiosità, mi ero decisa a non cercare di scoprire quale fosse il suo segreto. Del resto, io non avevo detto niente su Fred e sul Torneo e non era giusto pretendere che le mie amiche mi confidassero tutto quello che facevano, quando ero la prima a non farlo.

"Giovedì è il compleanno di Cedric, hai intenzione di fargli gli auguri?"

Ariel si rigirò sull'erba per potermi guardare, una mano sulla fronte per coprirsi dal sole e l'altra che accarezzava Pellek. Il gatto si era acciambellato sulla sua pancia e continuava a miagolare contento; la sua testolina intimava Ariel a non smettere di coccolarlo. Avevamo deciso di prenderci una pausa dallo studio e di rilassarci in giardino; il Lago Nero brillava davanti a noi, placido e sereno.

Gonfiai le guance e rimasi a fissare il cielo; nonostante fossimo a metà Ottobre, il cielo brillava ancora caldo e tutti gli studenti di Hogwarts ne stavano approfittando per godersi gli ultimi giorni all'aperto.

"Credo di sì," risposi buttando fuori tutta l'aria che avevo trattenuto nei polmoni.

In realtà, non ci avevo pensato. Erano passate due settimane da quando avevo smesso di parlargli e non avevo ancora trovato il coraggio di scusarmi. Sapevo di aver esagerato, sapevo di essermi comportata come una bambina. Ma quello che gli avevo detto era vero: ero davvero convinta che facesse di tutto per mettersi al centro dell'attenzione ed era snervante essere sempre paragonata a lui. Per quanto mi mancasse, non ero sicura di voler tornare a parlargli. Almeno, non finché la questione del Torneo Tremaghi rimaneva aperta.

"Cass, sai che ti voglio bene, ma stai sbagliando," continuò Ariel; si mise a sedere lasciando che Pellek scivolasse sull'erba, "non ho ancora capito perché abbiate litigato, ma entrambi vi adorate alla follia ed è stupido ignorarsi in questo modo."

Come se mi avesse letto nella mente, Pellek soffiò adirato contro Ariel; fece un balzo e rapido come una saetta, si mise al mio fianco. Accennai un sorriso e gli grattai la testolina.

"Non lo sto ignorando, solo che non me la sento di fare l'amicona con lui."

"Cass, non si tratta di fare "l'amicona", si tratta di comportarsi da sorella."

Mi morsi l'interno della guancia per evitare di sbuffare. Odiavo quando cercava di imporre il suo parere; ero abbastanza certa delle mie azioni, non avevo bisogno di una seconda madre che mi dicesse cosa fare.

"Esatto Ariel e non avendo fratelli, non potresti capire."

Il tono della mia voce uscì più acido di quanto avessi voluto. Feci una smorfia e mi sedetti a gambe incrociate.

"Scusami, so che stai facendo di tutto per aiutarmi," sospirai.

Gli occhi di Ariel mi stavano guardando adirati, ma la sua espressione cambiò di colpo e un sorriso affettuoso le addolcì il volto.

"Non ti preoccupare, Cass. Hai ragione: non ho fratelli e non mi è mai capitato niente del genere," la mia amica mi cinse la vita con un braccio per avvicinarmi a lei, "ma vi conosco entrambi e so che questa è la scelta sbagliata per tutti e due."

Appoggiai la testa sulla sua spalla e rimanemmo in silenzio, in quel goffo abbraccio, per una manciata di secondi. Stava calando la sera e il sole, rosso fuoco, era in procinto di sparire dietro la linea dell'orizzonte.

"A proposito di fratelli!" esclamò Ariel voltandosi verso di me all'improvviso.

Colta alla sprovvista, sobbalzai e per poco non caddi sull'erba. Dovevo ricordarmi che Ariel aveva la tendenza a compiere movimenti avventati; sin dal primo momento in cui l'avevo vista, avevo pensato che un giorno avrebbe ammazzato qualcuno con le sue lunghe e scoordinate braccia.

"Fred e George si stanno comportando in maniera stranissima, sembrerebbe che sia successo qualcosa con Lee."

Al nome di Fred, il mio cuore fece un salto; lo strano fastidio alle guance tornò a tormentarmi. Strinsi la mano destra in un pugno, conficcandomi le unghie nella carne per evitare che questi fastidiosi sintomi continuassero. Se non avessi smesso di comportarmi in questo modo, mi sarei autoflagellata con i compiti di Pozioni di Kate.

"In che senso?" domandai tentando di risultare distaccata.

Ariel scrollò le spalle; Pellek era tornato tra le sue ginocchia e stava strusciando la testa contro le sue gambe per catturare la sua attenzione.

"Non lo so, ma sono sfuggenti e stanno sempre sulle loro. Non li ho mai visti così dediti a scrivere le loro cose come in questi giorni."

"E Lee cosa c'entra?"

Ariel prese in braccio Pellek e lo rivoltò a pancia all'aria per fargli i grattini. Nonostante il gatto sembrò impaurito dalla velocità di quel movimento, cominciò subito a fare beato le fusa. Chissà che cosa gli passava per la testa.

In quel momento, mi sentii invidiosa nei confronti di Pellek: la sua vita consisteva nel mangiare tutto il cibo che gli veniva dato, lasciarsi coccolare, farsi gli affari suoi e dormire. Non aveva nessuna madre filo-dittatoriale, nessun fratello perfetto e nessun nemico a cui pensare. Per Pellek tutto il mondo girava intorno a lui. Magari aveva una vita segreta di cui non eravamo a conoscenza –non si può mai sapere cosa tramino i gatti dei maghi- ma apparentemente, la sua vita sembrava facile come colpire un avversario con un bolide.

"Lee è escluso da qualsiasi cosa stiano facendo e anche se quei due sono sempre le menti del trio, lui viene sempre messo in mezzo, quindi deve essere successo per forza qualcosa." concluse Ariel.

Avrei voluto tanto trarre delle conclusioni da quello che mi aveva detto; da quando ero in combutta con loro tre, non riuscivo a fare a meno di sentirmi parte di ciò che gli stava succedendo, un po' come se fossi una nuova giocatrice della loro squadra di Quidditch. Rimanemmo sdraiate sull'erba a guardare il Lago Nero fino a quando Ariel non tornò nel castello per andare a cena.

Per la prima volta da quando ero a Hogwarts, decisi di tardare il momento della cena per rimanere un po' sola con me stessa. Dovevo riordinare il groviglio di pensieri che avevo nella testa; ero stufa di non riuscire a capire quello che mi stava succedendo e non essendo abituata a questa confusione, dovevo trovare un rimedio al più presto. Di solito, dovevo far fronte a un solo problema alla volta – che fosse Baston, Fred o gli schemi da usare per le partite non importava- mentre in quel momento ero costretta a riflettere sui miei problemi trovando una possibile soluzione.

Perché ero così ostinata a stare lontana da Cedric? Era solo una questione di orgoglio o ero solamente stupida e non volevo chiedere scusa per evitare che gli altri capissero che mi ero resa conto di aver sbagliato?

E Gwen? Volevo davvero lasciarla allontanarsi da noi senza fare niente per impedirlo?

E Fred? Perché la situazione era diventata così strana? Per quanto volessi odiarlo ancora, sapevo che non era più così.

L'unica cosa di cui ero certa era il Torneo Tremaghi: il tentennamento della settimana scorsa era completamente sparito dopo la Strillettera di mia madre; una volta campionessa di Hogwarts, Elaine si sarebbe ricreduta sulle mie capacità e avrebbe smesso di vedermi come un disastro. Nonostante la mia sicurezza, una parte di me –una parte infinitamente piccola e fastidiosa- era convinta che questa fosse una decisione sbagliata. Non era nemmeno detto che sarei stata scelta come rappresentante di Hogwarts.

Con un sospiro, appoggiai i gomiti sulle cosce e mi passai una mano sul volto; il prossimo anno avrei convinto i miei genitori a farmi diplomare da privatista. Ero stufa di questi drammi adolescenziali.

"Guarda chi si vede!"

"Il Calamaro Gigante si è arenato sulla riva del Lago."

Aggrottai la fronte e alzai lo sguardo. Fred e George erano in piedi davanti a me e, con lo stesso ghigno e le braccia conserte, mi stavano guardando divertiti.

"Whouffle, stai parlando di te? Perché mi sembri più una Mantide che un Calamaro."

Fred fece una smorfia, mentre George gli posò una mano sulla spalla evitando di ridere. Sperando di non sembrare goffa come Hagrid su una scopa, mi alzai dall'erba e mi spolverai i vestiti.

"Che cosa volete?" chiesi. Mi sforzai di rimanere scocciata, ma era impossibile nascondere un sorriso.

"Ti abbiamo cercata ovunque," disse George mettendomi un braccio attorno alle spalle.

"In ogni aula e in ogni torre del castello," continuò Fred imitando il gemello.

"In ogni corridoio e in ogni cunicolo."

"Abbiamo affrontato professori in vestaglia e Gazza in accappatoio."

George posò l'altra mano sulla fronte per dare enfasi a quello che stava per dire, ma stanca di sentirmi un hot dog, diedi una gomitata ad entrambi e mi allontanai dalla loro presa. I due gemelli si toccarono il punto in cui li avevo colpiti e indietreggiarono di qualche passo; un'espressione dolorante comparì sul loro volto.

"Arrivate al punto che le lezioni di Piton sono meno noiose."

I due gemelli si lanciarono un'occhiata; Fred scrollò le spalle e George tornò a sorridermi. Odiavo come riuscissero a leggersi nel pensiero: ero convinta che avessero trovato un incantesimo capace di farli comunicare telepaticamente; era impossibile essere così inquietanti di natura.

"La pozione è finita e funziona!" esclamò George fiero.

In quel momento, ogni mio tentativo di rimanere seria fallì miseramente: strabuzzai gli occhi contenta e aprii la bocca per congratularmi. Non riuscivo a credere che ci fossero riusciti. Ero a un passo dall'ottenere quello che volevo. Riuscivo già a vedermi cosparsa di galeoni, mentre Malcolm e Cedric mi tenevano sulle loro spalle; una folla adorante di studenti ci circondava urlando a squarciagola il mio nome. Avrei voluto gridare dalla gioia.

"E il mio esame è il 29. E se lo passo, avrai anche tu la tua chance," concluse Fred.

"Dopo tutte le ore che sto sprecando con te, mi darete anche solo una briciola di quella pozione."

Fred socchiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure; le labbra spiegate in un sorriso malizioso.

"Un patto è un patto, Diggory," dichiarò solenne alzando l'indice di una mano, "e il nostro prevede che io venga promosso con il massimo dei voti!"

George si lasciò sfuggire una risata e mi mise una mano sulla spalla.

"Tranquilla, Fred sa di passare l'esame."

"E so anche che le 'ore che stai sprecando con me' ti piacciono."

Sbuffai irritata. Cambiato o meno, Fred rimaneva insopportabile.

"Sapete, quando continuate uno il discorso dell'altro, mi fate venir voglia di scatenare la Seconda Guerra Magica," celiai sperando di risultare acida.

Non mi dispiaceva la loro compagnia e odiavo il fatto che Fred avesse ragione. A volte le ripetizioni con lui erano la parte migliore della giornata.

"Oh, Diggory, quando sei violenta, risulti quasi eccitante," sussurrò Fred avvicinandosi a me; i suoi occhi marroni non davano segno di spostarsi dal mio viso, una vampata di caldo mi fece venir voglia di buttarmi nel lago.

Accidenti, Cassidy, che cosa ti prende?

Mi sforzai a parlare, il silenzio che era calato tra noi – lo sguardo intenso di Fred e quello divertito di George – stava diventando insopportabile, ma accadde qualcosa.

A volte, quando prendevo un voto superiore ad 'Accettabile' in qualsiasi materia non fosse Astronomia, mi convincevo che nel Cosmo, qualche entità benevola avesse deciso di darmi una mano a causa della mia pateticità. Forse, qualche essere fatto di pulviscolo lunare aveva assistito alla scena e, vedendomi a disagio, aveva deciso di cambiare le carte in tavola per inserire nella storia un quarto personaggio che potesse salvarmi da quella situazione.

Così, per la prima volta in tutta la mia vita, fui contenta di vedere Anthony Rickett.

"Ehi, bambolina. Queste due carote ti stanno importunando?"

La sua mano mi spinse dietro di lui; con il suo corpo, Anthony cercò di farmi da scudo contro Fred e George. Come se avessi bisogno di essere protetta da due stecchini troppo alti dai capelli rossi.

"Carote? CAROTE? Fred, ci ha chiamati carote!" George scoppiò a ridere; si avvolse un braccio attorno alla pancia, le lacrime agli occhi e la schiena piegata in due, "amico, dovresti impegnarti se vuoi risultare minaccioso," ululò tra le risate.

Anthony fece una smorfia e si girò verso di me.

"Che cosa vogliono?"

"In realtà, stavamo parlando in tutta tranquillità," risposi.

La faccia di Anthony assunse un'espressione di incredulità e stupore; mi ricordò mia madre quando aveva scoperto che Celestina Warbeck – suo idolo indiscusso- aveva inciso l'inno del Puddlemere United per beneficenza. Dovetti contare fino a dieci per non scoppiare a ridergli in faccia.

"Cosa? È impossibile!" balbettò.

Aprii la bocca per ribattere, ma Fred fu più veloce di me e coprì le mie parole.

"Hai qualche problema, Rickett? Ti dà fastidio che la tua ragazza parli con altri ragazzi?"

La voce di Fred uscì beffarda e velenosa, il viso di Anthony si colorì di rosso. Colto sul vivo, il ragazzo chiuse le mani in due pugni e marciò a passo spedito verso Fred.

"Evita di prendermi in giro, non sai niente, Weasley!"

"Ah, Rickett, so abbastanza cose da poter dire che la tua bambolina preferisca la mia compagnia alla tua."

Anthony emise un ringhio; erano talmente vicini che per un attimo pensai che i loro nasi si stessero sfiorando. Era come vedere un orso polare furioso fronteggiare una volpe del tutto rilassata. Senza essermene resa conto, George era al mio fianco e non aveva ancora smesso di ridere.

"Non ti credo. Ti odiava fino a ieri."

"Si vede che non sei stato aggiornato. Io e lei passiamo un sacco di tempo insieme ultimamente."

Le forze cosmiche non mi avevano mandato un aiuto. Avevano mandato Anthony per rendere la situazione ancora più imbarazzante.

"Volete smetterla? Perché in tutta sincerità, preferirei di gran lunga la compagnia di Viktor Krum," dissi.

Anthony e Fred non diedero segno di aver ascoltato le mie parole, rimasero a guardarsi in cagnesco per alcuni secondi, prima di tornare all'attacco.

"Davvero credi che preferisca te a me?" continuò Fred, "non sono io quello talmente scemo da non riuscire ad allacciarsi le scarpe."

"E allora?" Anthony si guardò in giro alla ricerca di argomenti validi a sostegno della sua tesi, ma non avendo trovato niente si limitò a scrollare le spalle, "almeno io ho la bacchetta più grande."

"Ma di sicuro la so usare meglio io."

"Vuoi vedere, Weasley?"

"Non aspetto altro, Rickett."

Con uno scatto fulmineo, mi contrapposi ai due ragazzi e li spinsi via per allontanarli.

"PER MERLINO, MORGANA E SILENTE! NESSUNO VUOLE VEDERE LE VOSTRE BACCHETTE!" urlai.

Fred fece un ghigno compiaciuto e con un cenno della testa, intimò George a rientrare nel castello.

"Ci vediamo mercoledì sera alla solita ora, bambolina," disse prima di sparire insieme al gemello.

Sospirai passandomi una mano sul viso, quando mi accorsi che Anthony mi stava guardando in silenzio. Per la prima volta, aveva abbandonato la sua aria da spaccone, lasciando che il suo volto diventasse impassibile.

"Da quando in qua frequenti i Weasley?" mi chiese sprezzante.

Arrabbiata, lo fulminai con lo sguardo.

"Sono affari miei."

E così dicendo, mi allontanai in direzione del castello. Sperai con tutta me stessa che Anthony evitasse di raccontare l'accaduto a Cedric che, essendo un genio, avrebbe fatto due veloci calcoli e avrebbe scoperto la verità sul Torneo.

In quale momento la mia vita era diventata uno di quei telefilm babbani idioti che guardava Ariel? 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top