L'acqua del Lago Nero
"Ragazzi, vorrei del silenzio per favore."
La voce della professoressa Sprite si perdeva nella serra di Erbologia, dove una ventina di ragazzi la guardavano annoiati tra le piante di Mandragore e Grinzafichi.
Dalle pareti trasparenti della classe, si riusciva a vedere lo strato sottile di neve che copriva l'erba del giardino; la natura addormentata in vista dell'inverno. Era strano essere circondati da fiori giganti e arbusti rigogliosi, lì dentro sembrava che tutto stesse scoppiando di vita, che il tempo si fosse fermato in una perenne primavera.
Avvolta nella sua tunica sporca di terra, la professoressa sorrideva maliziosa; i suoi occhi brillavano come foglie verdi illuminate dal sole.
Non sapevo perché ci avesse convocati: era quasi ora di cena e c'erano tutti i Tassorosso del sesto e del settimo anno. Kate pensava che stesse per farci un discorso che ci esortasse a tener duro per il resto dell'anno scolastico, mentre Malcolm sperava in un progetto di Erbologia da mostrare agli studenti delle altre scuole prima delle vacanze di Natale.
Qualsiasi cosa fosse, volevo andarmene da quella classe. Odiavo l'aria umida e l'odore di concime che mi penetrava con violenza nelle narici; odiavo gli insetti che comparivano strisciando sulle piante e odiavo essere rinchiusa insieme a così tanta gente.
Quando tutti gli studenti si zittirono, la Sprite si scrocchiò le dita delle mani e le posò sui fianchi.
"Vi starete chiedendo perché vi abbia riuniti qui," disse; uno strano luccichio le attraversò gli occhi.
Qualcosa, nella sua espressione compiaciuta e nel suo tono allusivo, mi rendeva irrequieta. Il ricordo delle sue interrogazioni faceva ruggire il mio stomaco impaurito.
"A differenza dei ragazzi degli altri anni, voi non frequentate tutti il corso di Erbologia e per questo non ho potuto dirvi a lezione quello che vi sto per annunciare."
Malcolm inclinò confuso il viso da un lato.
"Dovete sapere che il Torneo Tremaghi porta con sé una piacevolissima tradizione."
A quelle parole, tutti i miei compagni si voltarono a guardare Cedric come se sapesse a cosa si stesse riferendo. Lui si limitò a scuotere la testa, il viso concentrato tentava di ricordarsi qualcosa.
"Lasciate stare il povero Cedric!" esclamò la Sprite; la sua voce nascondeva una risata.
"Si tratta del Ballo del Ceppo! Un'occasione per divertirsi e socializzare con gli studenti delle altre scuole! È aperto solo ai ragazzi dal quarto anno in su, quindi voi non avrete alcun problema."
Kate, Halinor e un altro paio di ragazze del settimo anno, lanciarono un gridolino; la classe si animò euforica. Se non mi fossi trovata in mezzo a escrementi concimati di animali e piante pericolose, molto probabilmente mi sarei accasciata a terra dallo sconforto. Perché tutti i progetti scolastici culminavano in un noioso e inutilissimo ballo? Io non avevo nulla da festeggiare e non avevo alcuna intenzione di vestirmi come una stupida principessa per ballare della musica oscena insieme a un tizio qualunque.
Intorno a me, nessuno sembrava del mio stesso parere: le ragazze bisbigliavano tra loro contente, i visi arrossati e le mani che pettinavano i capelli, mentre i ragazzi ghignavano confabulando qualcosa, l'entusiasmo visibile nei loro occhi.
"Merlino, devo convincere Steve a invitarmi al ballo!" sussurrò Kate, la voce stridula dall'ansia.
"Pensa che io non ho ancora capito se Jerome preferisce le bacchette ai calderoni!"
"Malcolm, si vede che Jerome è dell'altro manico di scopa! Piuttosto: se fingessi di essere disperata, Steve mi inviterebbe per pietà?"
"Tu sei disperata, Kate."
In un'altra occasione, le parole di Malcolm avrebbero potuto strapparmi un sorriso. Era quasi comica come situazione: Hogwarts mi suggeriva di darmi alla pazza gioia, quando era l'ultima cosa che volevo fare. Nonostante fossero passate un paio di settimane da quando avevo scoperto la verità su Fred, non ero pronta a lasciarmi tutto definitivamente alle spalle. Ci stavo ancora male, le parole velenose che aveva detto ad Angelina si insinuavano spesso tra i miei pensieri; il suo viso mortificato e lo sguardo rabbuiato dal senso di colpa insistevano sulla ferita ancora aperta.
Kate e Malcolm lo avevano saputo subito: una volta tornata dalla Torre di Astronomia, li avevo presi da parte per raccontargli tutto; le mie parole rotte dal pianto e gli occhi gonfi. Parte di me odiava mostrarsi così debole, ma che senso avrebbe avuto mentirgli quando avevo bisogno di conforto? Quando finii, non riuscii a evitare l'abbraccio di Malcolm. Rimasi stretta a lui per minuti, era troppo scioccato per parlare. Kate, invece, esibì un repertorio di insulti – sia babbani che del nostro mondo- che non sapevo conoscesse; con i denti digrignati e le mani strette ai braccioli della poltroncina gialla, sembrava stesse scagliando chissà quale maledizione contro Fred. Per poco non si strozzò con la sua stessa saliva e solo in quel momento smisi di compiangermi e scoppiai a ridere.
"Il ballo comincerà alle otto della sera di Natale e si svolgerà nella Sala Grande. Mi raccomando: è obbligatorio indossare l'abito da cerimonia."
Così dicendo, la professoressa ci congedò; il suo sorriso non voleva scemare.
I ragazzi uscirono dalla serra chiacchierando, le parole accompagnate dallo scricchiolio delle scarpe contro la neve.
Stretta nel mio mantello, seguii Kate e Malcolm in silenzio.
Non avevo voglia di andarci. Non avevo voglia di chiedere a qualcuno di accompagnarmi e non avevo voglia di divertirmi. Perché doveva esserci un ballo? E che senso aveva farlo a Natale? Maghi intelligenti lo avrebbero messo a fine Torneo, non qualche settimana dopo la Prima Prova. Se avessi incontrato chi aveva creato quella stupida competizione, non mi sarei fatta problemi a cruciarlo.
Nefasto stregone dalle ancora più nefaste idee.
L'unica mia speranza era Ariel: si opponeva sempre a qualsiasi cosa le venisse detto di fare e contavo che fosse così anche questa volta. Insomma, non riuscivo a vederla dimenarsi nella Sala Grande con indosso un abito da sera: le sue braccia e le sue gambe avrebbero potuto uccidere più maghi di quelli che aveva assassinato Voldemort durante la Guerra Magica.
Non mi dispiaceva l'idea di passare con lei la sera di Natale; riuscivo a vederci sedute davanti al camino della Sala Comune dei Tassorosso, i corpi avvolti da morbide coperte rosse e tazze fumanti di cioccolata calda strette tra le mani. Per mia fortuna, quella sera avevo un appuntamento con Ariel e Gwen e avrei approfittato della situazione per organizzare il 'non-ballo' mio e di Ariel.
Arrivati dentro il castello, salutai Malcolm e Kate; la loro conversazione rimase spezzata a metà. Kate mi lanciò un'occhiata dubbiosa, ma quando notò che le stavo sorridendo evitò di farmi domande; era dalla Prima Prova che avevo ripreso a cenare frequentemente con le mie amiche e loro due si erano abituati a vedermi sparire.
Mi augurarono buon appetito e una volta travolti dall'orda di studenti che si stavano recando nella Sala Grande, percorsi in fretta i corridoi della scuola per raggiungere l'uscita che dava alla rimessa. Ero contenta di passare la serata con Ariel e Gwen: lontana da tutti non avrei dovuto fingermi entusiasta per qualsiasi cosa mi venisse detta.
La neve copriva il tetto della rimessa; al buio, le forme appuntite della struttura non erano più minacciose. Scesi i gradini di pietra ed entrai, lasciando che il famigliare odore di legno bagnato mi desse il benvenuto. L'umidità che ristagnava nella rimessa la rendeva quasi calda, una volta al suo interno, smisi di coprirmi con il mantello e percorsi il molo fino ad arrivare alla barchetta dove Gwen stava facendo volare delle candele.
"Bonsoir, mademoiselle," mi disse sorridendo.
Scivolò sulla panchina di legno per farmi spazio e con un gesto della mano, mi fece segno di sedermi al suo fianco.
"Guten Abend, Madchen," risposi.
Gwen scoppiò a ridere e scosse la testa, una mano si spostò alcune ciocche scure dal viso.
"Stiamo passando troppo tempo con gli studenti stranieri," rise; si aggrappò a un mio braccio e lo strinse, la testa posata sulla mia spalla.
Mi lasciai sfuggire un sorriso.
"Non dirlo a me, ho più amici a Beauxbatons e a Durmstrang che qui ad Hogwarts."
Gwen si ritrasse di scatto e si mise le mani sui fianchi; il suo sguardo minaccioso mi stava perforando.
"Amici come quel gran figone di Steve, che ci hai tenuto nascosto per anni e anni?"
Mi morsi l'interno della guancia per non ridere. Da quando Gwen lo aveva conosciuto, non aveva fatto altro che ripetermi quanto fosse bello. 'Il ragazzo più focoso che abbia mai visto ' detto a parole sue. E non le andava giù il fatto che non ne avessi mai parlato.
"Cassie, è talmente bello che avrei dovuto avere anni di preparamento psicologico prima di parlargli!" aveva esclamato una volta, le braccia in aria per accentuare il tono drammatico della sua voce.
A quelle parole, ero scoppiata a ridere, mentre Ariel aveva tentato di buttarla dentro il Lago Nero.
"Quando ero piccola non mi sembrava un gran figone," dissi con un'alzata di spalle.
Gwen sbuffò e incrociò le braccia al petto.
"Beh, fidati di me: da grande lo è diventato," borbottò.
Per un breve istante i suoi occhi incontrarono i miei, la domanda che voleva farmi si leggeva sul suo viso. Da quando mi ero allontanata da Fred, ogni volta che parlavamo di ragazzi Gwen si interrompeva bruscamente; aveva paura di farmi stare male e non voleva che pensassi di nuovo a lui. Ma quella sera la curiosità era troppa, i suoi denti stavano mangiucchiando le pellicine del labbro inferiore come ogni volta in cui si stava tenendo dentro qualcosa. Voleva domandarmi la stessa cosa che Malcolm e Kate non avevano avuto il coraggio di chiedermi. Lo avevo letto negli sguardi che mi avevano lanciato mentre stavamo tornando dentro il castello; i visi preoccupati e la voglia di entrare dentro la mia testa.
"Gwen, non voglio andare al ballo," la anticipai, "avevo intenzione di chiedere ad Ariel di passare la sera di Natale con me."
Gwen inarcò un sopracciglio.
"Perché Ariel?"
"Perché a lei non piacciono queste cose e potremmo stare insieme, non che non voglia stare con te, ma tu andrai sicuramente con Lee e..."
La sua espressione confusa mi bloccò; sembrava le stessi parlando in una lingua sconosciuta.
"Ma Ariel non vede l'ora di andare al Ballo del Ceppo."
Se non avessi avuto un minimo di controllo, molto probabilmente mi sarei buttata nel lago, nella speranza che la Piovra Gigante mi strangolasse con uno dei suoi tentacoli.
Ariel non vedeva l'ora di andare a un ballo? Un ballo con la gente che avrebbe ballato?
Forse non avevo davvero quel minimo di controllo che speravo avessi; mi sporsi dal bordo della barca per guardare la superfice del lago: nera e piatta, l'acqua sembrava liquame. Non mi sembrava l'ideale per farsi un tuffo.
"Da quando in qua ad Ariel piacciono i balli?" esclamai; il tono della mia voce si incrinò verso l'alto, un grido quasi soffocato.
Gwen scosse la testa, un sorriso malizioso le comparve sul viso.
"Da quando spera che il suo principe l'accompagni."
Mi accasciai in un angolo della barca. Non potevo crederci! Io ero pronta a uno sproloquio che avrebbe fatto aizzare i ragazzi contro il ballo, e invece, Ariel mi aveva stravolto i piani senza saperlo.
"Cassie, non fare così! Secondo me dovresti venire anche tu."
Le parole di Gwen erano dolci; mi posò una mano sulla schiena e cominciò ad accarezzarmi.
Accidenti, mi sentivo una stupida.
Dovevo essere felice per Ariel; insomma, vederla ballare e divertirsi con un ragazzo sarebbe stato divertente. Chissà chi voleva la accompagnasse. E poi, volevo davvero privarmi di uno dei piaceri fondamentali dell'essere adolescente? Non era l'età in cui ci si dimenava come animali durante le feste? Non riuscivo a trovare una risposta. Le parole 'divertimento' e 'Hogwarts' erano due note stonate se pronunciate nella stessa frase. Però non era quello il vero motivo per cui stavo provando tutto quel rifiuto; la verità era scomoda e insopportabile, non riuscivo nemmeno a formularla in un pensiero coerente.
"Non avrebbe senso un ballo senza di te," continuò Gwen.
Mi mise le mani sulle spalle e mi guardò negli occhi; sapeva qual era il problema. D'altronde, quello era il problema di qualsiasi cosa mi succedesse.
"Sai che odio parlarne, ma non devi rinunciare a qualcosa solo per colpa di Fred."
Quella affermazione mi fece riconsiderare il tuffo nel lago; dopo tutto l'acqua nera era perfetta per una morte disperata.
"Cassidy, smettila di pensare alla Piovra del Lago."
"Stavo meditando più sull'affogare."
"Cassidy!"
"Guardando quest'acqua, potrei morire direttamente per le radiazioni chimiche, come fa a essere così nera?"
"CASSIDY!"
Mi ammutolii; le mani nascoste tra le ginocchia. Non volevo continuare quel discorso, non mi sentivo pronta a una lavata di capo. Sospirai sconsolata: la vecchia Cassidy non voleva abbandonarmi del tutto.
"Lo so, va bene? Non dovrei lasciarmi influenzare da quel tizio, so perfettamente che non ne vale la pena."
Gwen inarcò un sopracciglio; accavallò le gambe e mi intimò a continuare con un cenno della testa. Sbuffai.
"Allora, parte di me vorrebbe andarci e fargli vedere che sto benissimo senza di lui, giusto per fargli capire che non sono più interessata," presi un respiro, lo sguardo di Gwen non si staccava dal mio, "ma l'altra parte sa che questa è una bugia e non vuole più mentire, specialmente perché se andassi e lo vedessi con un'altra ragazza, morirei dentro."
Gwen mi prese una mano.
"Lo so che è dura, Cassie. E so quanto sia difficile per te ammettere queste cose, ma fidati: scappare da un problema non ti porta alla soluzione."
Inutile dire che avesse ragione.
Evitare qualcosa non serviva mai a niente e io avevo passato due settimane a evitare Fred: non ero più andata a lezione di Astronomia e durante quelle di Difesa Contro le Arti Oscure, avevo obbligato Ariel a sederci davanti, in modo da non vedere la sua testa rossa. Lui mi aveva facilitato il compito mantenendo la promessa di non parlarmi più.
Niente di tutto quello che avevo fatto mi aveva aiutata a stare meglio. E non mi aveva nemmeno fatta sentire 'matura'; avevo avuto l'impressione di avere lo stesso atteggiamento che avevo adottato quando Oliver mi aveva lasciata ed ero stufa di sentirmi subordinata a uno stupido ragazzo. Dovevo uscire da questa situazione da romanzo rosa.
"E cosa mi consiglieresti di fare, Miss Drake?" chiesi decisa.
A quelle parole, Gwen sorrise.
"Direi di metterti giù da battaglia e far vedere a quel Weasley che il capitolo della tua vita dove lui era il co-protagonista si è concluso."
Inarcai un sopracciglio.
"Quindi devo andare al ballo?"
Scoraggiata, Gwen si mise una mano sul viso.
"Sì, Cassie, devi andare al ballo."
"Bene," risposi soddisfatta, "ma voglio essere io a invitare qualcuno, non il contrario."
Gwen mi diede una pacca sulla spalla; il suo sorriso era diventato un ghigno malefico.
"Allora ho il candidato perfetto per te."
Se avessi saputo prima le vere intenzioni di Gwen, mai avrei accettato la sua proposta. Alle sue parole, mi sarei dovuta alzare in piedi e avrei dovuto urlare che da brava donna indipendente, non avevo bisogno di un accompagnatore per divertirmi. In quel momento, però, ero troppo occupata a pensare alla faccia che avrebbe fatto Fred una volta capito che lui non era indispensabile nelle vite degli altri, per preoccuparmi di cosa stesse escogitando la mia amica.
Quando arrivò Ariel, l'argomento del ballo passò in secondo piano: nonostante mancassero un paio di mesi prima della Seconda Prova, lei non aveva passato nemmeno un attimo senza pensare al mistero dell'uovo d'oro. Vedere Cedric combattere contro un drago, aveva cancellato la repulsione che provava nei confronti del Torneo e l'aveva convinta ad aiutarlo con tutti i mezzi di cui disponeva. L'ultima cosa che voleva – e che volevo anche io- era vedere Cedric rischiare un'altra volta la sua vita. Passammo tutta la cena a teorizzare una possibile soluzione che spiegasse il fischio assordante che fuoriusciva dall'uovo una volta aperto; estenuate e annoiate, io e Gwen non riuscimmo a distogliere l'attenzione di Ariel su altro. Presa dalla risoluzione di quell'enigma, dimenticai quello che voleva propormi Gwen riguardo al ballo fino alla mattina dopo, quando vidi le mie amiche sedute al tavolo dei Tassorosso durante la colazione. Assorte in una conversazione con Kate e Malcolm, le loro figure spiccavano tra i miei compagni ancora assonati.
Sospettosa, incrociai le braccia al petto e avanzai lentamente verso il mio tavolo. Cosa ci facevano lì? Di solito, se volevano parlarmi, aspettavano che uscissi dalla Sala Grande. Preferivamo chiacchierare lontane dal marasma di studenti; il loro cicaleggio a volte era talmente chiassoso da impedire di ascoltare i propri pensieri. Non riuscivo, quindi, a capire cosa ci fosse di così urgente da rompere quella tradizione che avevamo creato. E poi, vederle parlare con Kate e Malcolm, mi faceva contorcere le budella, era come assistere a un colloquio genitori-insegnanti. Non appena si accorse di me, Kate fece un cenno con la testa e tutti e quattro si zittirono.
Non avevo la minima idea che il piano di Gwen fosse appena iniziato.
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