In bocca al Drago
Il giorno della prima prova arrivò con una fredda giornata di fine novembre. Seduti ai piedi della scalinata che portava al castello, io e Cedric stavamo guardando il giardino di Hogwarts estendersi fino a sparire, risucchiato dalla Foresta Nera. Un lieve strato di ghiaccio copriva il prato; fili d'erba grigi illuminati dalla luce fioca del sole. Intorno a noi, l'atmosfera era tesa, l'aria ronzante impregnata di elettricità.
Cedric era in ansia: il colorito della sua pelle era leggermente verdognolo; le sue dita tamburellavano nervose sul ginocchio. Abbozzai un sorriso e gli strinsi la mano, Cedric smise di muoversi.
"Farai il botto," dissi.
Il suono della mia voce tagliò il silenzio, una piccola nuvoletta di condensa uscì dalla mia bocca.
"Non vedo l'ora di finire arrostito da un drago."
Il tono di Cedric era divertito, lo sguardo ostentava una falsa sicurezza.
Nonostante stesse cercando di apparire forte, la sua preoccupazione era tangibile. Da quando Harry Potter gli aveva svelato in che cosa sarebbe consistita la prima prova, Cedric aveva cominciato a manifestare i primi segni di nervosismo: la pelle intorno alle sue unghie era diventata rossa e smangiucchiata, lo sguardo assente, perso nei suoi pensieri e l'attenzione durante le lezioni era diminuita drasticamente. I professori non gli davano colpe; capivano a quale stress fosse sottoposto e cercavano di sostenerlo in tutti i modi possibili, battute scherzose o permessi per saltare qualche ora. L'unico che lo trattava con indifferenza era il professor Moody; a volte sembrava persino compiaciuto dell'effetto che il Torneo aveva su di lui.
Sebbene Moody non avesse intenzione di aiutare Cedric, il resto della scuola si era rivelato essere interamente dalla sua parte: studenti e studentesse di qualsiasi anno avevano preso l'abitudine di salutarlo e sorridergli ogni volta che si trovavano vicino a lui; i Tassorosso – aiutati dai Serpeverde che volevano fare un torto a Potter- avevano realizzato spille e cartelloni che incitavano Cedric a vincere il Torneo. I Tassorosso più piccoli si divertivano a distribuire le spille davanti alle classi; il loro tifo era entusiasta e orgoglioso, uguale in tutto e per tutto a quello riservato al Quidditch. Anche i Corvonero erano dalla parte di Cedric; come i Serpeverde, erano convinti che Potter avesse barato perché assetato di fama e successo.
I Grifondoro, invece, si erano montati la testa. Per loro era d'obbligo che un ragazzo della loro Casa fosse uno dei Campioni, non gli importava che fosse andato contro il regolamento del Torneo. Fred e George avevano addirittura creato un giro segreto di scommesse, puntando tutto quello che avevano su Potter.
"Se è riuscito in quello in cui io e George abbiamo fallito," mi aveva detto una volta Fred, riferendosi alla Pozione Invecchiante, "è sicuro che la vittoria sarà sua."
A quelle parole, gli avevo dato un pugno sulla spalla ed ero andata via. Non avevo idea di come Harry Potter fosse riuscito a mettere il suo nome nel Calice, ma una cosa era certa: se avesse vinto al posto di Cedric, avrei scatenato la Seconda Guerra Magica.
L'ultima cosa di cui Hogwarts aveva bisogno, era aumentare ancora di più l'ego dei Grifondoro.
A parte Silente, a nessuno piaceva l'idea che vincessero sempre loro. Se fossero stati anche i campioni del Torneo, chi li avrebbe più sopportati? Io no di certo: nel caso in cui Potter avesse ottenuto la vittoria, avevo già pronto il discorso da fare ai miei genitori per farmi passare il mio ultimo anno in un'altra scuola di magia. E nel caso non fossero esistiti scambi culturali nel sistema scolastico dei maghi, li avrei inventati io.
"Zitto che andrai bene! Sono stata io la tua allenatrice, come minimo sarai talmente tanto bravo che decideranno di finire il Torneo dopo la tua performance."
Cedric si lasciò sfuggire una risata e scosse la testa.
"In effetti, da quando hai deciso che devo vincere, non sto facendo altro che prepararmi per il Torneo."
Mi diede una lieve gomitata tra le costole; misi istintivamente la mano sul punto in cui mi aveva colpita. Non potevo negare quello che aveva detto: da brava sorella rompiscatole, lo avevo obbligato ad allenarsi almeno tre volte a settimana. Il lunedì, il mercoledì e il giovedì sera, lo trascinavo nel campo di Quidditch e gli facevo provare tutti gli incantesimi che conosceva. A volte, passavamo interi pomeriggi rinchiusi in biblioteca per studiare fatture che i professori non ci avevano ancora spiegato; il volto chino sui libri e la mano pronta ad annotare informazioni utili.
"Però è bello passare del tempo con te, streghetta," continuò, un sorriso era comparso sul suo volto, "ultimamente sei sempre contenta e ridi spesso, tutta colpa del Whiskey, non è vero?"
Arrossii di colpo; gli occhi spalancati dalla sorpresa. Per un momento temetti di strozzarmi con la saliva, la gola mi prudeva e avevo bisogno di tossire.
"O forse era Weasley? Non saprei dire."
Le mie mani circondarono il collo, le guance scottavano come tizzoni ardenti. Provai ad aprire la bocca per rispondere, ma ero spiazzata da quello che aveva detto.
Notando la mia espressione sconvolta, Cedric scoppiò a ridere e mi strinse a sé.
"Dovresti vedere la tua faccia, sei rossa come un Grifondoro!" farfugliò tra le risate, "beh, non è un problema, tanto hai una passione smisurata per loro."
"CEDRIC!" urlai.
Premetti le mani sul suo petto per spingerlo via; una volta libera dalla sua presa, mi alzai in piedi.
"Che cosa stai blaterando?"
Cercai di rimanere calma, ma la voce stridula tradiva il mio intento.
"Davvero credevi di potermi nascondere quello che c'è tra te e Fred?"
Cedric non smetteva di ridere, il suo bel viso arrossato e gli occhi lucidi.
Irritata, incrociai le braccia al petto e sbuffai.
"E allora? Stiamo insieme, sei contento?" risposi acida, "e non posso credere che tu sia uno stalker! Come lo hai scoperto?"
Cedric alzò le spalle.
"L'ho notato dai vostri sguardi, quando siamo nella Sala Grande vi cercate sempre. Per non parlare della tua aria sognante e di come sorridi quando qualcuno lo nomina."
Inarcai un sopracciglio e lo fulminai con lo sguardo.
"E allora? Quello che hai detto non vale niente, la tua è solo un'ipotesi! Mancano le prove, Sherlock Holmes."
L'espressione di Cedric si contorse dalla confusione.
"Sherlock Chi?" domandò, "ad ogni modo, vi ho beccati baciarvi in giardino."
A quelle parole, mi coprii il volto con le mani. Non potevo crederci, non era possibile. Non potevo essere stata colta in flagrante da mio fratello! L'idea di Cedric compiaciuto dalla visione di me e Fred, mi fece rivoltare lo stomaco dall'imbarazzo.
"Merlino!" mi lasciai sfuggire sconsolata.
"Ma non è niente di cui vergognarsi! Io sono contento che tu sia felice."
E io felice lo ero davvero.
Ero arrivata a sentirmi così bene solo le prime estati che avevo passato al Boccino d'Oro, quando Hogwarts e i Tassorosso erano ancora un pensiero lontano. Avevo tutto quello che desideravo ed ero soddisfatta. Durante i primi giorni, avevo faticato a credere che quello che stesse succedendo fosse reale: mai prima d'ora mi era capitato di essere in pace con me stessa come lo ero in quel periodo. E la cosa migliore era che tutte le persone a cui volevo bene sembravano essere felici: Malcolm era riuscito, in qualche modo, a non spaventare Jerome, il quale aveva preso l'abitudine di passare con noi tutti i momenti liberi che aveva. Kate si era decisa a lasciare in pace Moody, concentrando tutte le sue abilità da pedinatrice per spiare Steve ovunque lui andasse. Ariel aveva deciso di unirsi a Hermione Granger – l'amica riccia di Potter- per sostenere la C.R.E.P.A., un'associazione che rivendicava i diritti degli Elfi Domestici ed era soddisfatta delle lezioni di Alchimia che stava dando a Nott. Gwen si era decisa a dire la verità alle sue compagne di stanza e, sebbene la loro reazione fu prevedibile, aveva capito che la sua felicità non dipendeva dal loro consenso.
E poi c'era Fred. Fred, che mi faceva ridere anche quando tentava di essere serio, che mi rendeva vulnerabile e ingenua. Mi ritrovavo a pensarlo in continuazione, anche quando erano passati pochi minuti dall'ultima volta che gli avevo parlato. Ovunque andavo, continuavo a vedere i suoi occhi brillare; il suo sorriso si nascondeva in ogni angolo. Non vedevo l'ora di tornare a baciarlo. Volevo stare stretta tra le sue braccia tutto il tempo; al pensiero di vederlo, il mio stomaco bruciava, una voragine che urlava, impaziente di essere colmata.
Oh, Merlino. Avevo bisogno di un aiuto.
Ero cosciente di star esagerando; ma per me, tutta quella situazione era una novità. Non che Oliver non mi avesse resa felice – affatto-, ma con Fred era diverso. Con Oliver mi ero sempre sentita inferiore; lo guardavo con ammirazione, come un dio che si fosse deciso a degnarmi la sua attenzione. Durante la nostra relazione, non avevo mai smesso di chiedermi cosa ci facesse con me. A volte, pensavo che mi avesse chiesto di diventare la sua ragazza solo perché doveva averne una.
Mentre Fred... beh Fred era stupido, irritante e imprevedibile; non sapevo mai da che lato prenderlo e per la maggior parte del tempo avevo voglia di picchiarlo. Eppure, mi erano servite poche ore insieme a lui per capire di essere cotta. Non so da quanto tempo lo fossi - magari da qualche settimana o forse, addirittura, da anni- ma senza alcun dubbio, stare con lui era la cosa migliore che mi fosse accaduta da tanto tempo.
Cedric rise un'ultima volta e mi prese una mano per tornare al castello.
A scuola l'atmosfera era di grande tensione ed eccitazione; tutti i ragazzi che avevano preso le spille di Cedric, le sfoggiavano fieri sopra i loro mantelli e nessuno dava segno di voler prestare attenzione alle parole dei professori, i quali sembravano impazienti di assistere alla prima prova. Per fortuna, le lezioni terminarono a mezzogiorno, in modo che tutti gli studenti riuscissero a raggiungere il recinto dei draghi in tempo per l'inizio del Torneo.
Dopo pranzo, i Tassorosso del mio anno si riunirono nella Sala Comune per fare gli auguri a Cedric. Sistemati in un semicerchio ordinato, mio fratello ci guardava sorridendo; gli occhi quasi commossi.
"Amico, devi spaccare, okay?" disse Rickett per primo, "nessuno si merita di vincere quanto te."
Un mormorio di consenso si levò nella stanza, Herbert annuiva fiero al fianco di Anthony.
"Sei il migliore. Siamo orgogliosi di te," aggiunse lui con la voce spezzata dall'emozione.
Halinor si sedette su un divanetto giallo e alzò gli occhi al cielo.
"lo state mettendo sotto pressione, stupidi!"
"Sei una lagna, Clarkson. Lo stiamo solo incoraggiando," abbaiò Rickett, lo sguardo bercio rivolto verso la ragazza.
Halinor aggrottò la fronte, per niente scossa dalla sua risposta.
"Comunque," proseguì Herbert sorridente, "qualsiasi sarà il risultato, l'orgoglio Tassorosso non è mai stato così alto come in questo momento."
"E tutto grazie a te, Ced!" trillò Kadma con un battito di mani.
Cedric aveva il viso paonazzo, gli occhi imbarazzati a stento riuscivano a ricambiare i nostri sguardi.
"Vi ringrazio, sul serio. Mentirei se vi dicessi che sono calmo e tranquillo, la realtà è che me la sto facendo sotto," disse, un sorriso sincero gli illuminava il viso, "ma farò di tutto, per rappresentare ognuno di voi e far vedere a Hogwarts e alle altre scuole che i Tassorosso non sono deboli e sfigati come credono."
Alle sue parole, i nostri compagni scoppiarono in una serie di applausi e fischi di incitamento; mi sedetti su un bracciolo del divano e incrociai le braccia al petto.
"Oh, Mr. Prefetto, saresti un ottimo cavaliere della Tavola Rotonda," celiai divertita.
Lui mi fece l'occhiolino e si sistemò la cravatta della sua uniforme.
"Streghetta, io sono re Artù."
Cercai di sbuffare, ma mi lasciai sfuggire una risata.
Senza ulteriori commenti, Kate abbracciò Cedric e gli augurò buona fortuna. Anthony e Herbert gli diedero una pacca sulla spalla, i loro sguardi erano fieri come quelli di due genitori. In segno di buon auspicio, Kadma e Halinor gli diedero un bacio sulla guancia; mentre Malcolm lo avvinghiò a sé ululando commosso.
"Il nostro Ced andrà a fare il culo agli altri tre partecipanti e vincerà la sfida!"
Kate gli afferrò un braccione e lo allontanò da Ced, il quale si stava riprendendo dall'abbraccio pachidermico di Malcolm.
"Mal, non essere così scurrile!" lo rimproverò lei ridendo.
Lui si asciugò le lacrime con un lembo della camicia.
"Prima di andare, io e il corso avanzato di Erbologia vogliamo darti un regalo," disse lui tornando a sorridere.
Cedric strabuzzò gli occhi sorpreso.
"No, Mal, non dovevate farmi un regalo."
Malcolm lo ammutolì con un gesto della mano e in quel momento qualcuno bussò alla porta del nostro dormitorio.
"Cassie, mi aiuti?" mi chiese indicando la porta.
Incuriosita dalla sorpresa che avevano preparato per Cedric – di cui io non ero a conoscenza – mi avviai verso la porta e l'aprii, Malcolm era alle mie spalle che trepidava dall'eccitazione. Non appena la porta si spalancò sul corridoio buio che portava alle cucine, una pianta dai rami nodosi e bianchi comparve davanti ai miei occhi.
"Ehm, Malcolm, sei tu?" chiese una voce dal forte accento londinese.
Solo in quel momento mi accorsi che da sotto il vaso, spuntavano due lunghe gambe.
"Sì, Cal, sono io!" esclamò Malcolm.
Il ragazzo si avventò sulla pianta e la alzò in alto in modo da portarla trionfante nella Sala Comune.
"Cassie, fai strada a Cal che vuole dire due paroline a Ced."
Irritata, mi morsi l'interno della guancia per non sbuffare.
Potevo essere la ragazza più felice del mondo, ma odiavo il fatto che nessuno mi avesse detto niente di quel regalo. Insomma, io ero la sorella di Cedric! Perché non mi avevano avvisata? Era vero che prima di Halloween non ero mai stata entusiasta all'idea che Cedric potesse diventare il Campione del Torneo, ma avevo cambiato idea e se ne erano accorti tutti. Non avevo mai fatto nessuna scenata e non avevo mai detto niente di cattivo quando le ragazzine si fermavano davanti a Cedric per chiedergli gli autografi e lo avevo supportato prima di ogni intervista che aveva rilasciato a Rita Skeeter. Perché nessuno mi aveva dato un po' di fiducia?
Seccata, feci segno a Cal – quello che supposi fosse il famoso Harries di Erbologia che piaceva tanto a Malcom e Kate- di seguirmi.
Nella Sala Comune, Cedric stava ammirando commosso la pianta che, con i suoi rami e le sue foglie colorate, creava il suo nome.
Cal salutò imbarazzato il resto dei miei compagni; un sorriso abbozzato e una mano che si scompigliava i folti ricci scuri.
"Uhm, Cedric. Voglio dirti, da parte mia e di tutti i Corvonero, in bocca al drago."
A quelle parole, il viso di Cedric impallidì, gli occhi grigi si spalancarono.
"Grazie, Gal, i tuoi auguri sono stati molto apprezzati. Fai i complimenti al tuo club di giardinieri," risposi con un sibilo.
Il ragazzo mi guardò confuso, poi rivolse un'occhiata a Malcolm che stava scuotendo la testa.
Senza badare a quello che stavano dicendo gli altri, mi avvicinai a Cedric e gli sorrisi.
"Tutto okay?"
Lui annuì ancora scosso, la consapevolezza che la prova era imminente si rifletteva nei suoi occhi.
"Vuoi che ti accompagni?" chiesi prendendogli una mano.
In un primo momento, Cedric rimase zitto, poi si sciolse in un sorriso e mi strinse.
"Vado da solo, però voglio vederti in prima fila, okay?" sussurrò dolcemente.
Ricambiai la stretta e poi gli stampai un bacio sulla fronte.
"Vai, Mr. Prefetto e vinci."
Lui mi sorrise e ci salutò; con il volto fiero, sparì incontro al suo destino.
Cal lo seguì poco dopo, così come Herbert e Anthony; le loro grida da gorilla impazziti rimbombavano sui muri di pietra.
Kate mi prese per mano e, con Malcolm al nostro fiano, raggiungemmo il punto del giardino in cui era stata allestita la tenda per i Campioni e gli spalti circolari per il pubblico. Gli studenti delle tre scuole si stavano arrampicando sui gradini per raggiungere i loro posti, un cicaleccio concitato avvolgeva l'intero posto.
Sforzandomi di ignorare le voci nella mia testa che avevano paura per Cedric, adocchiai Steve e Ariel che ci stavano aspettando sotto le gradinate. Kate, un sorriso felice, corse nella loro direzione; il mantello che svolazzava al suo seguito. Malcolm si guardò intorno, un'espressione delusa gli incupì il volto.
"Chissà dov'è Jerome."
Gli strinsi un braccio per confortarlo, i miei occhi si posarono su Ariel che mi stava salutando da lontano.
Con le lezioni di Alchimia e la C.R.E.P.A., io e Gwen non avevamo avuto modo di rivelare ad Ariel quello che ci era successo. Era buffo come il fato non volesse vederci assieme. Quel giorno mi ero ripromessa di dirle verità, avevo smesso di mentire e non volevo che lei continuasse a ignorare la realtà.
Feci un respiro profondo per scacciare i timori per Cedric e Ariel – parte di me era convinta che mi avrebbe cruciato – e feci per raggiungerla, quando due mani mi coprirono gli occhi.
"Indovina chi sono?"
Incrociai le braccia al petto e mi lasciai sfuggire un sorriso divertito.
"Vediamo...," risposi, "la tua voce mi fa prudere le mani, ho voglia di schiaffeggiarti e sento che nelle tue tasche stanno tintinnando dei galeoni illegali... sarai mica Piton?"
Fred rise e mi fece voltare verso di sé, le sue mani scivolarono sui miei fianchi.
"Solo perché sono illegali, non significa che non siano sudati. Non dovresti essere così contrariata," disse sornione, i suoi occhi marroni brillavano.
"Sono galeoni sudati? Allora è davvero un duro lavoro il business delle scommesse!"
Non riuscendo a essere seria, gli afferrai i polsi e tolsi le sue mani dal mio corpo. Gli diedi un pizzicotto sulla guancia e cominciai ad avviarmi verso le scale degli spalti.
"Ah-ah, la tua mancanza di fiducia nei confronti del mio lavoro e di quello di George, mi scalda il cuore," celiò fingendo di essersi offeso.
Strinsi le labbra e gli scompigliai i capelli.
"Povero Whiskey."
Fred scoppiò a ridere e mi afferrò le mani, le sue dita si intrecciarono alle mie.
"Mi irriti Diggory, mi irriti sul serio,"
"Irritare è la mia specialità, me lo dice sempre anche mia madre."
Lui si limitò ad alzare gli occhi al cielo e mi mise una mano sulla fronte per spingermi leggermente all'indietro.
"Sei esasperante," i suoi occhi finirono nei miei, le sue labbra dispiegate in un dolce sorriso, "ci vediamo stasera? Dopo cena, nella Torre di Astronomia?"
Annuii contenta, non vedevo l'ora di passare del tempo con lui. Dopo essermi assicurata che Ariel non stesse guardando – era già seduta al suo posto vicino a Kate- baciai Fred sulle labbra.
"Spero che il Diggorino non finisca arrosto," mi disse prima di andare a sedersi vicino al suo gemello.
"Sparisci prima che ti abbrustolisca io."
Fred mi salutò portandosi una mano sulla fronte come un militare e andò da George.
Lo guardai allontanarsi e mi sedetti a fianco ad Ariel, la quale si stava torturando nervosa le mani. Una grossa spilla con un su scritto 'CEDRIC DIGGORY DONAMI LA TUA BACCHETTA' brillava sul suo mantello nero.
"Se gli succede qualcosa giuro che uccido chi ha organizzato questa impresa suicida," mormorò, osservando il recinto dentro il quale era rinchiuso un drago blu-grigio.
Alla vista di quell'animale, il mio cuore cominciò a battere all'impazzata, il sangue scorreva tagliente e gelido nelle vene.
"Tranquilla, Cedric si è allenato duramente. Andrà tutto bene," risposi. La mia frase era più una rassicurazione per me stessa, ma Ariel annuì e mi prese per mano.
"I Diggory possono affrontare questo e altro," continuò sforzando un sorriso.
"Hai ragione, nostra madre è già un campo di battaglia di per sé."
Non feci in tempo a continuare, che Silente annunciò l'inizio del Torneo. Accanto a lui, Karkaroff e la professoressa Maxime guardavano solenni gli studenti. Mentre Silente parlava e ci raccontava qualche aneddoto divertente sulle edizioni precedenti, la folla si era parzialmente zittita, la calma prima della tempesta.
Mi voltai per cercare il resto dei miei compagni: Anthony e Herbert erano seduti una fila più in alto e ridevano a ogni battuta che faceva Silente; Halinor e Kadma si tenevano per mano e guardavano impaurite il drago.
"Ragazzi, fate un bell'applauso per il nostro primo Campione," disse Silente, la tensione lasciava i ragazzi con il fiato sospeso, "CEDRIC DIGGORY."
A quel punto gli spalti esplosero in un boato, mio fratello comparì verdognolo nell'arena. La mia mano strinse quella di Ariel, Cedric aveva tirato fuori la sua bacchetta e guardava il drago.
La prima prova era cominciata.
Tutto divenne un ricordo confuso: Cedric che trasfigurò una roccia in un cane, il drago che si lasciò distrarre dall'animale, Cedric che venne abbrustolito sul serio e l'uovo oro nelle sue mani. Le grida del pubblico erano ingarbugliate e assordanti, mi sembrava di essere in un'altra dimensione; io spettatrice di un mondo lontano e intangibile.
Cedric non arrivò primo, Krum e Potter lo superarono. Dovetti ammettere che se l'erano meritato, anche se il risentimento che provavo nei confronti dei Grifondoro mi impedì di realizzare appieno quanto fosse stata incredibile la prova di Harry.
Una volta che la gara terminò, io, Ariel e gli altri Tassorosso raggiungemmo Cedric fuori dalla tenda. Il suo viso era parzialmente coperto da una densa pasta arancione che serviva per lenire le bruciature. Non appena vidi mio fratello, mi catapultai tra le sue braccia. Solo in quel momento mi accorsi di quanta paura avessi avuto.
"Ehy, hai deciso di uccidermi tu, dato che il drago non ci è riuscito?" rise accarezzandomi i capelli.
"Senti, Mandarino, lasciati abbracciare e stai zitto."
Alle mie parole, Ariel si fece largo e gli gettò le braccia al collo. Cedric, come il resto dei presenti, rimase stupito da quel gesto; un sorriso sul volto e le cinse i fianchi.
"Ottimo lavoro," disse Ariel una volta staccatasi dal suo abbraccio. Le sue guance erano tinte di rosso, gli occhi guardavano in basso. Divertito, Cedric si avvicinò a lei e le diede un bacio sulla guancia.
"Grazie, Ariel," mormorò dolcemente, "bella spilla."
Lo sguardo di Ariel cadde sulla spilla che aveva addosso; in meno di un secondo, le sue mani la strapparono via dal mantello. Bordeaux dalla vergogna, la mia amica scappò via senza dire niente.
Per poco non urlai dal ridere.
Questa volta fu il turno di Herbert e Anthony che abbracciarono goffi Cedric.
"Oh, alla fine sei davvero andato nella bocca del drago," ragliò Anthony continuando a battere la mano sulla schiena di Cedric.
Dopo che Halinor e Kadma lo ebbero sbaciucchiato ancora, lo portammo nella nostra Sala Comune per festeggiare. Malcolm lo issò sulle sue spalle, aiutato da Herbert; Jerome rideva in lontananza. Steve si unì ai festeggiamenti per la gioia di Kate e fino alle cinque, il dormitorio dei Tassorosso esultò per Cedric e per la sua sfida. D'altronde, mancavano altre due prove, la strada per la vittoria era ancora lunga.
Ero felice per lui; in mezzo a una cinquantina di persone, il suo sorriso brillava felice. Quando la situazione si calmò, mi congedai per andare a cercare Ariel. Volevo vedere se stava bene e mi ero ripromessa di raccontarle delle ripetizioni di Astronomia e della Pozione Invecchiante.
Mentre camminavo verso la Torre dei Grifondoro, mi ritrovai a pensare a Fred. Ero convinta che in quel momento si stesse beando tra i galeoni che aveva vinto grazie alle sue stupide scommesse; la loro Sala Comune colma del cibo che lui e George avevano rubato dalle cucine in onore di Harry.
Non appena salii le scale che portavano al corridoio dove si trovava il quadro della Signora Grassa, la porta per accedere ai dormitori dei Grifondoro, la mia attenzione fu catturata da una voce femminile, irritante e famigliare.
"Meno male che Diggory non è arrivato primo, chi avrebbe sopportato poi i Tassorosso?"
Strinsi la mano in un pugno, quella Johnson era peggio di uno Schiopodo.
"Merlino, da quando Cedric è stato nominato campione di Hogwarts, quelli si credono i migliori del mondo," continuò quella che sembrò essere Alicia Spinnet.
Incuriosita dalla piega che aveva preso quella conversazione, rimasi nascosta in quell'angolo, decisa a origliare fino in fondo.
"Eddai, non vi sembra di esagerare? Sono simpatici."
La voce di George arrivò decisa, mi scappò un sorriso. Insieme ad Ariel, era sempre stato il Grifondoro per cui nutrivo maggior rispetto.
"Tantissimo, la sorella di Cedric poi... quella Cassandra, Cassiopea?"
"Si chiama Cassidy, Angelina."
Alla voce ferma di Fred, il mio sorriso si allargò; la mia mano strinse il braccio sinistro. Oltre essere un manico di scopa divertente, era anche un cavaliere senza macchia e senza paura!
"Oh, Cassidy," rispose divertita la Johnson, "tieni alto l'onore della tua fidanzatina?"
Fidanzatina? Aveva osato chiamarmi fidanzatina? Non avevo paura a sfigurarle la faccia da mantide che si ritrovava. Ero sul punto di uscire allo scoperto per ribaltarla, quando qualcosa mi bloccò.
"Ti prego, fidanzatina. Le piacerebbe"
Il tono di Fred era diventato sarcastico, sentii il mio cuore sprofondarmi nel petto.
Cosa?
"Cosa?" chiese la Johnson come se mi avesse letto nel pensiero, "che cosa stai dicendo, Freddie?"
"Che la Diggory è cotta marcia del sottoscritto."
"E vuoi dirmi che per te non è così?" intervenne Alicia con una risatina, "la guardi esattamente come la sua amica svalvolata guardava Lupin l'anno scorso."
Fred e Angelina scoppiarono a ridere, qualcuno entrò nel dormitorio.
"Si chiama recitazione! Devo farle credere di essere ricambiata, questo fa tutto parte di un piano."
"E quale sarebbe?" domandò Angelina.
"Io e George abbiamo bisogno dei soldi di Cedric nel caso in cui vinca il Torneo. Devo farle promettere che me li darà."
Non continuai ad ascoltare. Le mie gambe cominciarono scendere le scale; lo sguardo vuoto, perso nei corridoio colmi di quadri e i movimenti meccanici.
Stavo provando la stessa sensazione di prima, l'alienazione sconfortante che mi rendeva spettatrice di un mondo non mio. Quello che avevo sentito non poteva essere vero. Quello non era Fred, quella non poteva essere la verità. Nessuno avrebbe potuto fare una cosa simile.
Non potevo accettarlo.
La nausea mi travolse lo stomaco, per poco non vomitai nel corridoio diretto alla Torre di Astronomia.
Tutte le cose che mi aveva detto... i suoi baci... era tutto falso. Una rivoltante bugia. E io, come una stupida idiota, ci ero cascata. Avevo abboccato all'amo, ero caduta nella trappola; come una cimice cade nella ragnatela di uno schifoso ragno.
Non appena varcai la soglia della classe di Astronomia, buttai una sedia a terra con tutte le mie forze; un ringhio feroce uscì roco e disperato dalla mia bocca. Un fantasma uscì impaurito da un armadio e sparì fuori dal balcone, verso la notte stellata.
Accidenti a Fred Weasley e a quel suo ghigno stupido! Lui e le sue parole ipocrite e viscide.
La rabbia mi pizzicava i polpastrelli delle dita, premeva con forza contro la laringe e pungeva i miei occhi.
Tutto quello che avevo vissuto nell'ultimo mese era una menzogna.
La collera si trasformò in dolore, si riversò in lacrime che presero a scorrermi appiccicose sulle guance. Volevo urlare per liberarmi da quella sofferenza, un macigno insopportabile che mi soffocava.
Mi rannicchiai contro un angolo della stanza e piansi. Piansi finché la testa non iniziò a pulsarmi dal male.
Non riuscivo a credere che nonostante tutti i miei avvertimenti o quelli di Malcolm e Kate, ero riuscita davvero a credere a Fred.
Lui è Fred Weasley... non sai mai cosa gli passa per quella mente malefica.
Il mio cervello urlava quelle parole; il consiglio di Malcolm che avevo deciso di ignorare.
A mie spese, ora sapevo che cosa gli passasse per quella mente malefica.
Mi asciugai il viso, lo sterno scosso dai singhiozzi.
Se mi fosse capitato qualche mese fa, non mi sarei fatta problemi a fargliela pagare. Lo avrei fatto soffrire fisicamente, fino a fargli implorare di smettere. Avrei voluto vedere le lacrime rigargli il viso, sentire il dolore trapelare dalle sue parole. Ma in quell'ultimo periodo avevo raggiunto tanti obbiettivi, ero cambiata. Non ero sicura che fosse un bene, ma ero felice e le persone a cui volevo bene erano felici con me. Non potevo mandare all'aria tutto per causa sua.
Dovevo evitare di tornare a essere infantile, volevo agire come una ragazza matura; mostrargli la mia superiorità e farlo sentire in colpa.
"Diggory, sei qui?"
La voce di Fred mi fece sobbalzare, mi sistemai in fretta il viso e mi alzai da terra per farmi vedere.
"Meno male, ho dovuto fare il giro del mondo per evitare Mrs. Purr e Gazza."
La sua espressione divertita cambiò non appena mi vide. La preoccupazione gli attraversò il volto.
"È tutto okay?" disse avvicinandosi.
Evitai la sua mano per un soffio, mi spostai di lato per non permettergli di toccarmi.
"Eccome se è okay, sto benissimo."
Quelle parole risultarono false persino alle mie orecchie, la voce roca peggiorò la situazione.
Fred corrugò la fronte, la mano che voleva posarmi sulla spalla era ancora sollevata a mezz'aria.
"Perché sembra che tu abbia pianto per ore?"
"Krum oggi mi ha guardata, saranno state lacrime di gioia."
Le sue dita si chiusero in un pugno, il braccio tornato lungo il fianco.
"Dai, non scherzare. Sono preoccupato."
Sbuffai; mi passai le mani sul viso e mi tirai indietro i capelli. Perché era così difficile fare la cosa giusta?
I miei occhi tornarono a guardare Fred, un sorriso amaro comparve sul mio volto.
"Fred, smettila. Sappiamo entrambi che è una finizione e io sono stanca. Sono stanca di mentire, stanca di sentire bugie... voglio solo che tutto questo finisca."
Fred si appoggiò al tavolo più vicino, le braccia conserte.
"Che cosa significa?" sussurrò confuso.
"Significa che sei libero, puoi andare. Se volevi così tanto i soldi del Campione del Torneo, potevi dirmelo, non credo che a Cedric avrebbe dato fastidio condividerli."
Rimase zitto, il senso di colpa lo costringeva a tenere basso lo sguardo. Lame di coltelli affilati mi trapassarono il torace; presi un respiro per continuare.
"Anche quando pensavo di odiarti, non avrei mai immaginato che fossi in grado di fare una cosa del genere. Complimenti," continuai.
Il mio tono era calmo e pacato, non c'era né rabbia, né risentimento. Fred tornò a guardarmi, un'espressione indecifrabile sul suo volto.
Mi spolverai il mantello e la gonna e mi avviai verso la porta.
"Volevo solo dirti di riflettere su quello che hai fatto, perché è davvero orrendo," presi un respiro, "e voglio anche ringraziarti. Avevo bisogno di prendermi una cotta per te, per capire come voler bene a me stessa."
Feci per uscire. Fred mi afferrò il polso e mi obbligò a voltarmi verso di lui.
"Cassidy, io ..."
Rimase in silenzio, i suoi occhi mi guardavano tristi. Scossi la testa e feci un sorriso, la mia mano scivolò via dalla sua presa.
"Ci vediamo e non parlarmi più, per favore."
Con queste parole, mi congedai e sparii verso il mio dormitorio.
Forse era così che ci si sentiva dentro la bocca di un drago.
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