Confessioni, ricatti e Buon Compleanno!

"Allora, prima di darvi i compiti per la settimana prossima, voglio verificare che la scorsa lezione sia chiara a tutti: perché Saturno non ha una rotazione uniforme?"

La professoressa Sinistra si sistemò le maniche viola del mantello; il silenzio che avvolgeva la classe era interrotto a intervalli regolari dal clangore metallico che proveniva dai marchingegni appesi al soffitto.

Con il mento appoggiato al palmo della mano, feci scorrere lo sguardo sul resto dei miei compagni: facce insonnolite e occhi socchiusi tentavano di non addormentarsi all'improvviso. Nerissa era appoggiata alla spalla di Roger, il quale stava lottando contro il sonno, la testa che ciondolava in avanti e le palpebre pesanti. Hay Lin, invece, sfogliava il libro alla ricerca di una risposta, mentre al suo fianco, Anthony tentava di guardarmi senza essere scoperto.

Mi ricordavo quello che ci aveva spiegato Sinistra la volta precedente, ma all'una di notte la mia voglia di parlare rasentava il suolo.

"Beh, dato che Saturno è gassoso, è dotato di una 'rotazione differenziale', no? Gli strati superiori equatoriali impiegano circa diecimila duecento ore a compiere un giro intorno al proprio asse mentre il nucleo e il mantello, invece, impiegano trecento ore in più."

A quelle parole, la classe si immobilizzò; quattordici occhi erano rivolti verso la mia direzione, le bocche spalancate e i visi contratti in una smorfia di incredulità. La professoressa Sinistra si rizzò sulla sedia e, dopo un primo momento di stupore, la sua espressione severa si sciolse in un sorriso soddisfatto.

"Weasley!" esclamò tentando di mantenere la calma; un lieve tremolio della voce la tradiva, "per tutti i satelliti di Giove, la tua risposta è esatta!"

Mi voltai fiera verso Fred. Stavo lottando contro l'impulso di abbracciarlo; ero così felice che si stesse applicando davvero in Astronomia.

"Professoressa, lei mi offende," commentò lui. Stava sorridendo compiaciuto, le mani dietro la testa e le gambe distese sotto il tavolo, "mi parla come se non fosse possibile che le mie risposte siano giuste."

La professoressa fece un risolino, si portò una mano alla bocca e poi si sistemò i capelli scuri.

"Che sciocco, non ho mai pensato questo! Sono solo contenta che lei abbia deciso di impegnarsi sul serio. Se continua così, Fred, giovedì prossimo non avrà problemi."

Sinistra concluse il suo monologo con un occhiolino.

"Prof, mi dispiace deluderla, ma il merito è solo di una persona," disse Fred.

Lui mi indicò con un cenno della testa e in quel momento, mi sentii sprofondare. Gli sguardi -ancora sconvolti- dei miei compagni si spostarono su di me; l'imbarazzo cominciò ad arrampicarsi sul mio collo, fino ad arrivare alle guance. La professoressa non smise di sorridere.

"Qualsiasi cosa tu e la signorina Diggory stiate facendo insieme, non smettete. Spero solo che questa vostra collaborazione non scateni la fine del mondo magico!" divertita dalla sua stessa battuta, la professoressa Sinistra si concesse un'altra risata prima di assegnarci i compiti per la settimana successiva.

Raccolsi in fretta le mie cose e, decisa a nascondermi da tutti quanti, fui la prima ad uscire dalla classe. Volevo evitare Anthony che – come suo solito- avrebbe insistito ad accompagnarmi fino al dormitorio (sia mai che una giovane strega incontri un mostro a quattro teste nei corridoi della scuola) e avrebbe sfruttato la situazione per poter interrogarmi sul mio rapporto con Fred. L'ultima cosa di cui avrei voluto parlare erano le ripetizioni e di certo ad Anthony non avrei detto niente.

Mi guardai dietro le spalle e, una volta certa che Anthony fosse ancora in classe a parlare con Hay Lin, mi precipitai giù per le scale. Non vedevo l'ora di avvolgermi sotto le coperte e dormire; un sorriso si dipinse sul mio volto, quando un mano mi afferrò un polso e mi trascinò in un angolo ai piedi della torre di Astronomia.

Gli occhi castani di Fred brillavano furbi al buio, riuscivo a distinguere il suo irritante sorriso e il suo ciuffo rosso perennemente pettinato all'insù.

"Dimmi che non hai sonno, Diggory," sussurrò.

Lo guardai in silenzio per alcuni secondi, indecisa su cosa rispondergli. Qualsiasi cosa stesse tramando, non avevo voglia di prolungare ulteriormente la lontananza tra me e il mio letto; così non ci pensai due volte e risposi con la prima cosa che mi passò per la mente.

"Non ho mai sonno, Whiskey."

Oh, accidenti.

Fred mi fece l'occhiolino e senza aggiungere altro, mi trascinò con lui nell'oscurità del castello. Sgattaiolava per i corridoio con me al suo seguito; i suoi piedi non facevano alcun rumore, come se non toccassero terra. Alcune volte si fermava in qualche angolo; il corpo nascosto dal muro e la faccia protesa in avanti per vedere se c'era Gazza o Pix. Mentre lo osservavo muoversi furtivo per la scuola, compresi che stare lì con lui era quello che volevo davvero. Andare a dormire era solo una scusa e non sapevo nemmeno il motivo per cui mi ero convinta di quello. Forse era il mio cervello che si ostinava a non voler passare del tempo con lui.

Senza essermene accorta mi ritrovai stretta nel mio mantello a combattere il freddo della notte; il tetto della rimessa si ergeva nero e minaccioso davanti a noi. Fred si voltò a sorridermi e, sempre con la mano stretta attorno al mio polso, cominciò a scendere gli scalini di pietra fino ad arrivare al piccolo porto.

L'acqua stagnante della rimessa era inchiostro; l'odore di legno bagnato permeava ogni singolo centimetro di quella struttura. Fred si infilò dentro una barca, costringendomi a imitarlo.

"Ti piace?" chiese incrociando le braccia al petto e stravaccandosi sul poco spazio disponibile.

"Mi dispiace deluderti, Whiskey, ma io vengo sempre qui quando voglio stare sola con Ariel e Gwen," gli diedi un piccolo pizzicotto sul braccio e mi lasciai sfuggire una risata divertita.

Il sorriso di Fred non scemò.

"A proposito, Diggory," si mise a sedere; la schiena curva per potermi guardare in faccia e i gomiti appoggiati alle ginocchia, "come avete fatto tu, la Serpe e la nostra piccola Ariel a diventare amiche? Voglio dire, siete di tre case diverse."

Totalmente colta alla sprovvista da quella domanda, scrollai le spalle e incrociai le braccia al petto.

"Si possono avere degli amici anche in case diverse dalla propria, Winzegamot."

Fred alzò gli occhi al cielo, tornando ad appoggiarsi contro la barca. Non mi ero resa conto di essere risultata ostile. Ero talmente abituata all'irritazione che seguiva ogni domanda di Fred, che mi veniva naturale essere scontrosa. In realtà, a causa di Gwen e della piega che avevano preso gli eventi, in quel momento, la nostra amicizia non era il mio argomento preferito.

"Sai, Diggory, a volte mi chiedo se sei davvero così scorbutica o t'impegni a esserlo ventiquattro ore su ventiquattro," sbuffò Fred; distolse lo sguardo e si mise a fissare un punto indefinito della rimessa.

Perché tendevo a rispondere male a chiunque provasse a essermi amico? Con un sospiro, mi scroccai le dita e mi preparai a raccontare.

Successe tutto durante le vacanze di Natale del nostro secondo anno; io e Cedric eravamo rimasti a Hogwarts perché i miei genitori avevano preso un impegno importante e noi due non avevamo potuto raggiungerli –o per lo meno, io non avevo voluto seguirli e di conseguenza, Cedric non mi aveva voluto lasciare sola-. La scuola era rimasta deserta; innumerevoli sale del castello a nostra disposizione per fare quello che volevamo. Paradossalmente, quella lontananza da casa preannunciò uno dei Natali migliori della mia vita. Essendo stata da sempre in conflitto con mia madre, ero solita ad odiare le riunioni di famiglia dove ero obbligata a sorridere e parlare con tutti i parenti. Parenti a cui Elaine aveva fatto il lavaggio del cervello e che mi credevano una causa persa, irresponsabile e inetta. Nella mia mente, quei quattordici giorni di libertà si erano prospettati come una sessione di allenamento extra e io non avevo visto l'ora di cogliere al volo quell'occasione per far vincere la Coppa delle Case alla mia squadra. Mi ero già immaginata a cavallo della mia scopa – Cedric al mio fianco-; veloce e silenziosa come una saetta, gli occhi sui bolidi e le mani strette attorno alla mazza. Sarebbe stato tutto perfetto, se Cedric non avesse avuto altri piani. Quell'anno, io e mio fratello non eravamo stati gli unici ragazzi intenzionati a passare le vacanze ad Hogwarts; una serie di altri tre ragazzi del terzo e quarto anno, due ragazze del secondo e quattro bambini del primo avevano occupato con mio dispiacere i tavoli della Sala Grande. Cedric aveva deciso di non partecipare al mio progetto - che ci avrebbe condotti ad una vittoria certa- volendo approfittare della situazione per passare del tempo con i suoi amici più grandi.

"Dai, streghetta, vedila in questo modo: puoi conoscere nuove persone," mi aveva detto il secondo giorno. Il suo sguardo era stato affettuoso, le mani sulle mie spalle e il suo solito sorriso bello e dolce gli illuminava il viso.

"Ma io non voglio conoscere nuove persone! A meno che non si offrano volontarie a farsi prendere a mazzate," avevo risposto incrociando le braccia al petto. Cedric si era lasciato sfuggire una risata.

"Se vuoi, puoi stare con me, Matt, Peter e Nigel."

"E far parte del vostro quintetto di secchioni? Mai!"

A quelle parole, Cedric si era allontanato e aveva scosso la testa affranto; l'immagine di mia madre delusa a causa delle mie pagelle un riflesso sul suo volto.

"Se continui così, rimarrai sempre sola."

Colta sul vivo, avevo stretto i pugni e lo avevo guardato uscire dal dormitorio. Non c'era alcuna possibilità che lo avrei lasciato crogiolarsi nelle sue convinzioni: Io, Cassidy Irma Diggory, mi ero decisa a sfruttare quei giorni per diventare amica di qualcuno a qualunque costo.

Il giorno dopo, mi ero imposta di svegliarmi presto, deponendo la mia scopa e la mia mazza in un angolo della camera da letto. Mi ero messa i miei vestiti più carini e avevo lasciato i lunghi capelli castano scuro sciolti; l'intento di sembrare una ragazza in cerca di amiche e non quello di una battitrice arrabbiata con suo fratello.

Arrivata alla Sala Grande, ero rimasta sulla soglia della porta a osservare chi il fato mi stava porgendo su un piatto d'argento. Avevo escluso a priori Cedric e il suo club di aspiranti Prefetti, così come avevo escluso immediatamente i bambini del primo anno. Anche se erano solo un anno più piccoli di me, al loro fianco, mi sarei sentita una baby-sitter. La scelta si era, quindi, ridotta alle due ragazze del secondo anno; la Grifondoro con i capelli arancione evidenziatore, che stava leggendo un libro grosso quanto la mia testa, e la Serpeverde che faceva strage di cuori, in apparenza più scema che bella. Un respiro profondo e poi mi ero diretta verso la Serpeverde.

"Ehi, ciao. Posso fare colazione con te?" le avevo chiesto con un sorriso. Lei aveva alzato gli occhi dal suo piatto e, non appena mi ebbe visto, annuì contenta.

"Sì, grazie. Sì, sì, sì! Salvami da questa tortura, odio stare sola! Prendi pure posto! Come ti chiami? Sei una Tassorosso? Non ti giudico, tranquilla! Io sono Gwendoline, ma sei obbligata a chiamarmi Gwen!"

La raffica di parole che uscirono dalla sua bocca, mi aveva lasciato interdetta, ma fui contenta che quella ragazza logorroica avesse avuto voglia di stare con me. Facendomi forza, mi ero seduta davanti a lei; i muscoli della faccia indolenziti a causa del sorriso forzato. Gwen mi aveva porso la sua colazione dimenticandosi che ad Hogwarts i piatti e il cibo comparissero per magia, e iniziò a spiegarmi perché fosse rimasta lì (i suoi genitori erano stati invitati a un matrimonio alle Hawaii). Con mia sorpresa, non mi dispiacque stare con Gwen; ero riuscita a trovarla anche simpatica. Per tre giorni fummo inseparabili: mangiammo insieme ad ogni pasto, passammo i pomeriggi davanti a una tazza di cioccolata calda a chiacchierare, le insegnai persino le regole di base del Quidditch e in cambio, Gwen si offrì di cambiarmi il taglio di capelli. Forse alcune volte il suo lato da Serpe emerse con qualche frase, ma durante la maggior parte del tempo, ebbi la sensazione che mi trovavo meglio con lei che con tutte le mie compagne di Tassorosso. Il quarto giorno, la Grifondoro si decise ad accantonare il suo libro per avvicinarsi al tavolo dove stavamo pranzando.

"Ehilà," aveva detto con un sorriso abbozzato.

La cordialità che Gwen aveva mostrato nei miei confronti giorni prima, sembrò restia a manifestarsi anche con quella ragazza; Gwen, infatti, si era limitata a guardarla perplessa, gli occhi socchiusi e le labbra arricciate.

"C'è un posto libero?" aveva continuato la Grifondoro. Il suo disagio era stato palpabile in tutta la Sala Grande; lo sguardo basso sul tavolo e una mano stretta sul braccio.

"Certo! Io sono Cassidy!"

Lei mi ringraziò con un cenno della testa e si sedette al mio fianco.

"Ariel."

Avevo lanciato un'occhiata in direzione di Gwen; la mia nuova amica non diede segno di voler parlare. Scocciata, evitai di alzare gli occhi al cielo; l'unica cosa che detestavo di Gwen era la sua avversione nei confronti dei Grifondoro –avversione che supponevo avesse anche Ariel per i Serpeverde-. Notando la mia espressione severa, Gwen aveva sbuffato.

"Io mi chiamo Gwendoline Drake."

Nonostante quella colazione fu la colazione più bizzarra e imbarazzante della mia vita, nel pomeriggio le due ragazza avevano cominciato a piacersi e ad andare d'accordo. In cinque giorni, trovai le migliori amiche che non avevo mai avuto prima.

"Beh, sono contento che sia andata così. Prima di voi, Ariel non parlava nemmeno con noi."

Fred mi sorrise dolcemente, un tipo di sorriso che mai avrei detto fosse in grado di fare. Alzai le spalle; ricordarmi come ci fossimo conosciute, mi aveva fatto capire che ero a un passo dal perdere l'amicizia di Gwen. Avrei voluto picchiare la testa contro qualcosa di contundente.

"A proposito, Wibbly Wobbly, io ho svelato un mistero a te e tu ne devi svelare uno a me."

Fred inarcò un sopracciglio, confuso.

"Quale mistero, bambolina?"

Irritata, incrociai le braccia al petto. Odiavo quel soprannome e odiavo di più il fatto che Fred mi chiamasse così per citare Rickett. Lui scoppiò a ridere e si di accomodò ulteriormente sulla barca; le braccia distese lungo la falchetta e i piedi appoggiati al banco di legno dove ero seduta. Sbuffai.

"Cosa state combinando tu e George? A parte la questione del Torneo, ovvio."

Fred si incupì.

"Ah, quel mistero. È davvero evidente?"

"Così mi hanno detto."

Si passò una mano tra i capelli, spettinandoli più di prima.

"Non ha importanza, stiamo solo ricattando qualcuno."

Gli diedi un pugno sul piede per intimarlo a continuare, odiavo la suspense e amavo le minacce. Ogni anno, quando beccavo Malcolm cantare le canzoni di Celestina Warbeck davanti allo specchio degli spogliatoi, partiva il ricatto: se non mi avesse fatto i compiti di Erbologia, avrei detto a tutti che il suo sogno proibito era quello di essere una delle Banshee, le coriste di Celestina.

"Fred, muoviti," sibilai guardandolo di sottecchi; per tutta risposta, lui sbuffò e si arrotolò le maniche della camicia.

"Va bene, se proprio vuoi saperlo è Ludo Bagman."

A quel nome strabuzzai gli occhi e socchiusi le labbra. Com'era possibile che lui e George stessero ricattando il capo dell'Ufficio dei Giochi e gli Sport Magici? E per di più il signor Bagman era anche un ex battitore delle Vespe di Winbourne! E Perché a me non capitavano mai queste occasioni? Sarebbe stato un bel traguardo ricattare un ex giocatore professionista di Quidditch.

"Lo abbiamo incontrato alla Coppa del Mondo e io e George abbiamo scommesso con lui che avrebbe vinto l'Irlanda, ma Krum avrebbe preso il Boccino."

"Ma questo è ovvio: i cacciatori e i battitori dell'Irlanda sono molto più veloci e potenti di quelli bulgari; nessuno scemo avrebbe puntato sulla Bulgaria."

Fred mi fulminò con lo sguardo; feci un mezzo sorriso per scusarmi e mi ammutolii.

"Esatto, infatti Bagman è stato talmente idiota da aver scommesso sulla Bulgaria lasciando che io e George vincessimo la scommessa. Sai che ci servono i soldi per il negozio, no? Abbiamo partecipato più che altro per quello," fece una piccola pausa, "beh, Bagman ci ha pagato il giorno dopo con l'oro dei Lepricani che aveva preso alle mascotte dell'Irlanda."

Corrugai la fronte.

"Ma l'oro dei Lepricani non scompare dopo un po'?"

"È esattamente quello che è successo. Io e George speriamo si tratti di un errore; continuiamo a scrivergli lettere nella speranza che ci risponda e ci ridia il denaro."

"Non mi sembra proprio un ricatto."

Fred alzò gli occhi al cielo, tese la mano verso di me e mi diede un pizzicotto sul braccio; una smorfia di dolore mi comparì sul volto.

"Non lo è ancora, Diggory."

Scossi la testa cercando di trattenere una risata; solo loro potevano cacciarsi in queste situazioni.

"A proposito, domani è il compleanno del Diggorino," disse con un ghigno.

Quelle parole mi accigliarono; involontariamente incrociai le braccia al petto e abbassai lo sguardo sulla barca. Avrei dovuto immaginare che quell'argomento prima o poi sarebbe saltato fuori.

"Eh già," risposi in un sussurro.

Fred mi guardò in silenzio per qualche secondo, il viso contorto dalla preoccupazione.

"Sai, devo confidarti un altro segreto."

Sorpresa, alzai gli occhi verso di lui. Era strano vedere come Fred si confidasse con me; non avrei mai immaginato che un giorno sarebbe potuta succedere una cosa del genere. Questo cosa significava? Le ripetizioni e le lezioni di Astronomia ci avevano davvero fatto diventare amici? Se la Cassidy di qualche mese fa lo avesse saputo, sarebbe scoppiata a ridere rotolando per tutto il giardino di casa. Nella mia mente, Fred Weasley era sempre stato il mio nemico numero uno. Non ero mai riuscita a immaginare un futuro in cui io e lui avessimo deposto le asce di guerra, ma in quel momento faticavo a ricordarmi com'era la mia vita prima che io e Fred andassimo d'accordo.

"Ho sempre invidiato il rapporto che hai con Cedric. Insomma, non pensare a George- lui è il mio migliore amico-, ma a volte mi piacerebbe essere così unito con i miei altri fratelli. Tu riesci a essere sua amica anche quando tutti lo considerano perfetto e fantastico, cosa che io non riesco a fare," Fred fece un mezzo sorriso; le mani congiunte tra la gambe e i gomiti appoggiati alle ginocchia, "voglio dire, tutti i miei fratelli vengono ritenuti perfetti per qualcosa 'Bill è così bravo in tutto', ' Charlie è il miglior giocatore di Quidditch che la famiglia Weasley abbia mai avuto', ' Percy è talmente bravo a scuola che ha trovato subito un lavoro al Ministero! '"

Nel dire quelle frasi, Fred imitò quella che intuii fosse essere la voce di sua madre; non riuscii a trattenere un sorriso divertito.

"Non fraintendermi, gli voglio bene; ma non sono come te. Io non faccio altro che prenderli in giro e non mi sognerei mai di comportarmi come tu fai con Cedric. A parte alcune tue frecciatine, ogni volta che lo guardi quando fa qualcosa di importante, i tuoi occhi si illuminano e si capisce quanto lo ammiri. Magari non vuoi ammetterlo ma è così. E fidati, anche lui ti guarda allo stesso modo."

Accidenti. Frederick Gideon Weasley aveva ragione. Io ammiravo quella testa castana dai capelli perfetti. Anche se facevo di tutto per sminuirlo, non potevo negare di essere sempre stata fiera di lui. Persino quando era diventato capitano della squadra di Quidditch, parte di me era stata contenta per lui. Inutile dire che mi mancava. Torneo o non torneo, Cedric era mio fratello, la persona a cui volevo più bene al mondo. E non riuscivo a credere che qualcuno ci invidiasse; mi ero sempre ritenuta l'unica cosa imperfetta della sua vita.

Guardai Fred in silenzio. A malapena non sapevo nemmeno chi fossero Bill, Charlie e Percy.

"Wonzis, se ti più consolare, tu e George siete i più simpatici. Non tutti riescono a farmi ridere, mentre tu –quando non sono io la vittima dei tuoi scherzi- sei talmente divertente che mi fai morire. E per me è questa la cosa più importante."

Senza aggiungere altro, Fred si sporse verso di me e mi abbracciò. Attonita, rimasi bloccata per qualche secondo; il mio cervello doveva rielaborare ciò che stava succedendo. Riuscivo a sentire la pelle bruciare dove mi stava toccando; sperai vivamente che non si accorgesse del battito furioso del mio cuore. Mi feci forza a ricambiare il gesto, le braccia attorno al suo busto e il mento appoggiato alla sua spalla.

"Grazie, Diggory," sussurrò.

"Sono che devo ringraziare te, Whiskey."

Finalmente avevo capito quale sarebbe stata la mia prossima mossa e ancora una volta, l'illuminazione era arrivata da Fred.

Quella mattina mi svegliai di buon umore anche se avevo dormito solo cinque ore. Mi preparai canticchiando sotto gli sguardi esterrefatti di Kadma e Halinor e per sconvolgerle del tutto, le diedi anche il buongiorno. Mi lasciai i capelli sciolti, tirando indietro le ciocche che mi ricadevano sul viso con un cerchietto giallo Tassorosso e sorridente, scesi nella Sala Comune. Come sospettavo, Cedric era seduto su uno dei divanetti, circondato dai ragazzini più piccoli che gli stavano facendo gli auguri; in un angolo, Anthony e Herbert lo stavano aspettando per fare colazione.

Mi sistemai le pieghe della gonna e con passo deciso, mi feci largo tra gli adulatori di mio fratello.

"Fate passare, marmocchi," esclamai.

La folla si diradò solo dopo che ebbi schiacciato i piedi dei più insistenti, fulminando con lo sguardo i restanti. Quando ottenni lo spazio necessario, mi inginocchiai ai piedi del divanetto e presi una mano di Cedric; una gamba piegata e l'altra mano sul cuore.

"Cedric Phobos Diggory, accetteresti le scuse di una sorella infantile, egoista ed egocentrica?"

Mio fratello rimase in silenzio per qualche secondo; un sopracciglio alzato e un'espressione indecifrabile sul volto. Voleva che continuassi a parlare e impotente, sospirai pronta a continuare.

"Sono stata una stupida. Penso sempre a me stessa e non ho provato a supportare la tua scelta. Non riesco a evitare di vedere qualsiasi cosa tu faccia come un affronto nei miei confronti, anche se so per certo che tu non fai mai niente con l'intento di farmi del male. La mia reazione è stata esagerata e so che comportandomi in questo modo, non otterrò mai il rispetto di tutti gli studenti di Hogwarts, anche se dovessi vincere il Torneo. Sei il fratello migliore del mondo e io ti voglio un bene talmente grande che non ci sta neanche nell'Universo. Potrai mai perdonarmi? Mi manca il suono fastidioso della tua voce."

Ancora silenzio; Cedric non si era scomposto neanche per un secondo durante il mio discorso. Avevo forse dimenticato qualcosa?

"Ah, e auguri di buon compleanno!" aggiunsi.

In quel momento, Cedric si sciolse in un sorriso.

"E io che pensavo mi stessi per chiedere di sposarti!"

Scoppiando a ridere, mi buttai su di lui; le braccia strette attorno alle sue spalle e il viso nascosto nell'incavo del suo collo.

"Ti voglio bene," mi sussurrò tenendomi stretta a sé, "anche se non dovrei perdonarti per ripicca."

Mi allontanai da lui per potergli dare una gomitata; colto di sorpresa, Cedric si lasciò sfuggire un gridolino di dolore.

"Sappi che ho affermato quelle cose solo perché oggi è il tuo compleanno," dissi asciutta.

Mi rialzai spolverando la camicia e la gonna, sotto il suo sguardo divertito.

"Ah! Se solo fosse il mio compleanno tutti i giorni!"

Gli diedi un bacio sulla guancia e, dopo aver salutato Anthony ed Herbert, mi diressi verso la Sala Grande, dove sapevo che Kate e Malcolm mi stavano aspettando.

Presi quella mattina come l'inizio di una nuova fase: una volta ammessi i miei errori con Cedric, sarei stata in grado di lottare per l'amicizia di Gwen. Non avrei permesso ad Ariel di rinunciare al nostro trio; nessuno avrebbe dovuto separarci. Inoltre, mancava solo una settimana all'esame di Fred e dovevo far in modo di non perdere la sua amicizia. Volente o nolente, dovevo ammettere che adoravo la sua compagnia.

Avevo trovato la rampa di scale che conduceva all'uscita dell'Inferno e non avrei permesso a nessuno di buttarmi giù. 

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