Capitolo 39

Passi pieni, veloci, sempre più vicini.

«No no...ditemi che non è vero...»

È Alessio. Colui che mi ha tenuta stretta per tutta la notte, rassicurandomi e proteggendomi fino all'ultimo...mi ha lasciata sola il tempo di andare a prendere dei vestiti puliti...

Stravolto, non rasato e con la faccia di uno che non dorme da giorni, ma va bene così, nemmeno io credo di aver un bell'aspetto. Lo posso guardare e sfiorare di nuovo e questo è l'importante.

«Ciao» sussurro.

«Ciao» risponde, la voce strozzata.

«Non sono riuscita a rifarmi il trucco, scusami.»

Accenno un sorriso che lui però non riesce a ricambiare. Sembra così vulnerabile.

«Lisa, mi dispiace...non avrei mai dovuto lasciarti sola...»

«Non è colpa tua.»

«Sì, invece. Ho promesso di proteggerti e invece ho solo permesso che lui ti faccia questo. Se non me ne fossi andato tu...lui...»

«Lui mi avrebbe trovata comunque, era solo questione di tempo.»

Mi accarezza dolcemente, prende la mia mano e se la porta alla bocca e per un po' restiamo così, occhi negli occhi, a comunicare con lo sguardo.

«Stai bene non rasato.» pronuncio accarezzandogli il viso.

«Queste ultime ore sono state un po' travagliate. Non ho avuto tempo di radermi.»

«Mi piaci così. Ti dà un'aria più ribelle e sexy.»

«A me non piaci così, Lisa. Mai e poi mai avrei voluto vederti in queste condizioni.»

«Lo capisco se non vuoi più vedermi...non sono abbastanza per te in queste condizioni vero?»

Scoppio a piangere, le lacrime bruciano a contatto con le botte, dolore. Mi sta lasciando perché non ho più l'aspetto della donna di cui si è innamorato. E chiudo gli occhi mentre lui mi asciuga quelle stesse lacrime che io sto versando pateticamente per lui.

«Lisa, ma cosa? Sono io che non sono abbastanza per te. Non lo sarò mai. Io ti amo e non voglio perderti, non più. Voglio passare il resto della mia vita con te, invecchiare con te.»

Sono due anni che spero di sentirgli pronunciare queste frasi. Ho passato due lunghissimi e meravigliosi anni ad amarlo incondizionatamente, ma alla fine ne è valsa la pena.

E il suo sguardo mentre lo dice è un chiaro messaggio al suo volermi tenere stretta per sempre.

D'un tratto un mazzo di fiori grande quanto una siepe mi si presenta davanti, nascondendo dietro di esso l'ultima persona che credevo avesse il coraggio di presentarsi qui. Soprattutto viste le condizioni in cui mi trovo. Se mi reputa impresentabile solo per degli occhi gonfi, non oso immaginare cosa possa pensare di me adesso.

Suppongo sia venuto qui apposta per comunicarmi che, date le mie attuali condizioni, non dovrò per alcun motivo presentarmi sul posto di lavoro.

Come se non lo sapessi e come se ne fossi in grado.

«Non mi immaginavo una cosa del genere.»

Quella voce così profonda e grossa. La stessa che mi faceva odiare e amare contemporaneamente il lavoro, quella che mi ha sempre insultata, allarmata e alterata e che, ora, umilmente si nasconde dietro alle ortensie più belle e floride che io abbia mai visto.

«Capo...» riesco a dire mentre faticosamente tento di mettermi a sedere, ma il dolore è ancora troppo forte per riuscire a muovermi.

«Suppongo sia colpa mia il tuo essere qui.»

Cosa? Non credo proprio. Lui non si chiama Pietro e non mi ha riempita di botte fino a togliermi il respiro.

Scuoto la testa come posso, certa che lui riesca a cogliere quel mio gesto come una prova della sua innocenza.

Alessio gli stringe un braccio in segno di solidarietà, occupandosi di prendere l'enorme pianta dalle sue mani affinché io possa finalmente guardarlo. È un po' appannato e oscurato, ma riesco a percepire una sorta di indignazione mista a preoccupazione dietro ai suoi occhi scuri mascherati dal ciuffo brizzolato che non si taglia ormai da due mesi.

«Rodolfo, non è colpa tua. Nessuno poteva immaginare una cosa del genere.»

«Io ho insistito per assumerlo, tu ci avevi visto giusto. Tu avevi delle perplessità fin dall'inizio su di lui. Io volevo solo avere il migliore per poter nascondere i soldi rubati dietro un lauto compenso. Ti chiedo scusa Alessio. E chiedo scusa soprattutto a te Lisa»

«Non c'è problema» biascico confusa.

Anche se non credo di aver capito il senso delle sue parole.

Forse anche io dovrei chiedergli scusa. Per essermi innamorata di Alessio, per avere contribuito a creare una situazione pericolosa e per aver rischiato di mettere l'azienda sull'onda mediatica.

Mi volto in direzione di Alessio che d'improvviso sembra essersi incupito. Continua a guardare fisso davanti a sé, battendo ossessivamente il piede a terra.

«Rodolfo, anche io ti devo delle scuse. Per aver messo l'azienda in pericolo con i miei colpi di testa e... di cuore.»

«Di cosa parli? Non sei stato tu a mettere in pericolo l'azienda, non sei stato tu a rubare soldi dal fondo cassa aziendale o altro.»

«No, ma ho rischiato di minare il nome dell'azienda tradendo mia moglie e innamorandomi di un'altra donna.»

Sento lo sguardo di Martelli su di me. Ora mi riterrà colpevole di avere fuorviato la mente di Alessio e che sia stata io a provocarlo. Però Alessio non ha fatto il mio nome. L'altra donna di cui parla non è detto che sia io e lui non mi pare uno molto attento a queste cose.

«È lei vero?»

Mi indica e forse per la prima volta il suo modo di guardarmi pare diverso dal solito. Non sembra accusatorio e non sembra volermi uccidere, anzi mi guarda con quella punta di comprensione che mi fa scendere le lacrime.

«Rodolfo, mi dispiace, non sono riuscito a evitarlo.»

«Da quanto va avanti questa storia?»

«Due anni. Appena ho scoperto che Laura era incinta e ho tentato di chiudere questa storia, ma la verità è che non voglio. Amo Lisa più di quanto avessi mai potuto immaginare e non ho più intenzione di rischiare di perderla.»

Non c'è che dire, Alessio è davvero il numero uno della comunicazione e risulta talmente convincente che pare sia riuscito a zittire persino il boss. E so che molto probabilmente questo discorso ha messo seriamente a rischio la sua carriera, ma è in assoluto la dimostrazione d'amore più grande che potesse darmi.

«Capisco. Ti ho ingabbiato, vero?»

«In un certo senso, ma ho accettato io di far parte del gioco.»

«È stato ingiusto farti stipulare quel patto, ma apprezzo molto tu abbia accettato, in onore di mio fratello.»

Fratello? Cosa mi sono persa?

«Qui c'è la lettera con le mie dimissioni, ma lascia fuori Lisa e Laura da questa cosa, d'accordo?»

«Non ho alcuna intenzione di accettare le tue dimissioni. L'azienda l'ho creata io e io ho contribuito a rovinarla, non certo i tuoi triangoli amorosi. La vicepresidenza l'avresti ottenuta ugualmente. Per merito e non perché hai sposato mia nipote.»

Un momento...il boss ha detto nipote?

Okay. Ora sono io che li guardo stupita. Credo mi debbano delle spiegazioni in merito a questo patto, di cui Alessio mi aveva già accennato senza però entrare nei particolari. Io voglio sapere cosa c'è sotto, voglio sapere perché Alessio e il boss sono così legati, patto stipulato a parte.

Gesticolo malamente per richiamare la loro attenzione, anche se il dolore causato dalle tre costole rotte continua a farmi mancare il respiro.

«Scusate? Potreste rendere partecipe anche me della vostra discussione?»

«Hai ragione, Lisa. Ti dobbiamo delle spiegazioni a riguardo.»

Martelli si accomoda accanto a me sul letto, mentre Alessio rimane in disparte, in silenzio.

«Laura è mia nipote, figlia unica di mio fratello morto sei anni fa, poco dopo aver fondato l'azienda. In punto di morte mi ha fatto promettere che le avrei ceduto parte dell'azienda in futuro ben sapendo che non avrei potuto farlo per un piccolo cavillo burocratico scoperto molto tempo prima.»

Il boss fa una pausa che pare infinita. Suppongo che l'argomento sia decisamente delicato e che lui faccia veramente fatica a parlarne. Non avrei mai dovuto mettermi in mezzo né chiedergli delucidazioni in merito.

«Capo, non c'è bisogno che mi spieghi nulla, davvero. Non sono affari miei.» tento, ma lo sguardo di entrambi fisso su di me indica che non ha alcuna intenzione di finire di parlare.

«Sì, invece. Hai diritto di sapere visto il rapporto che intercorre ora tra di voi» ci indica «ho scelto proprio Alessio perché era quello spietato, assetato di fama e potere; infatti, è bastato proporgli di diventare vicepresidente e stipulare un patto con lui è stata la cosa più semplice.»

«Ma questo patto, cosa prevedeva?»

«Il patto era: diventi vice presidente e sposi mia nipote per poterle dare la quota aziendale promessa a mio fratello.»

Resto a bocca aperta. Mi giro verso Alessio, scura in volto.

«Quindi tu hai sposato Laura per diventare vicepresidente? È squallido, orribile. Io non posso credere che tu l'abbia fatto davvero.»

Lo guardo con le lacrime agli occhi, incredula che lui possa avere agito in maniera tanto superficiale.

«Alessio ha semplicemente assecondato una mia richiesta.» interviene Martelli.

«Be', è un patto stupido.»

Il mio tono è polemico. Mi giro di fianco e fingo di essere talmente stanca da non riuscire ad ascoltare più una sola parola. Chiudo gli occhi.

«Lo so. Me ne rendo conto. Coinvolgere Alessio è stato l'errore più grande, ma non credevo potesse mai cambiare quel suo lato così duro. Credevo di poter gestire la cosa, ma poi sei arrivata tu. E ora mi pare evidente che quello che unisce te e Alessio è pari a un legame indissolubile. Mi sono sempre chiesto perché tu fossi l'unica che riusciva a calmarlo. Ti amava già. Ti ha amata fin da subito.»

Riapro gli occhi per un secondo, giusto il tempo di incrociare lo sguardo di Alessio che è concentrato su di me. Le parole del boss hanno avuto un impatto decisamente importante su di lui. 

Ora si sente libero.

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