Capitolo 35
Mi accascio distrutta alla mia scrivania non appena metto piede in ufficio. Sento la tensione sciogliersi pian piano mentre aspetto che i battiti tornino regolari. È stato difficile fingere di disprezzare Alessio, molto più difficile che tentare di occultare la nostra storia al mondo intero.
«Tutto ok?»
Alessio si materializza di fronte a me mentre mi sto massaggiando le tempie per tentare di farmi passare il mal di testa. Credo stia per esplodermi.
Gli getto le braccia al collo e lo stringo a me con forza.
«Il piano è saltato» pronuncio con la testa appoggiata al suo petto.
«Vorresti dire che non vuoi più sedurmi?» ride
«Alessio, non cercare di sedurti per me sarebbe impossibile, in questo momento, ma fingere di disprezzarti è stato più difficile che nascondere la nostra relazione.»
«Lo so. Laura non avrebbe mai dovuto coinvolgerti. E neppure io...»
«Sono io che mi sono lasciata coinvolgere da te, Alessio. È da quando ti ho conosciuto che ho voluto fortemente far parte della tua vita. Ho messo da parte i pregiudizi e mi sono fatta prendere dalle emozioni. E ora mi basta averti, anche solo per un minuto.»
«Ti accontenti di avermi con te stanotte?»
Annuisco mentre lui mi prende il viso fra le mani e appoggia le sue labbra sulle mie, richiudendole in un bacio che dimostra per l'ennesima volta quanto io e lui siamo fatti per stare insieme.
«Cosa dirai a Laura?»
«Che mi fermo a dormire dalla donna che amo.»
Blocco il suo tentativo di darmi un bacio, gli do un pizzicotto e lo guardo dritto negli occhi con una punta di severità. Non mi sembra il momento giusto per scherzare.
«C'è un congresso a Verona e io sono uno dei relatori. La mia presenza è, dunque, obbligatoria. Laura ha già un impegno fissato per oggi stesso per cui non farà una piega. Preparati, perché avrò bisogno della mia assistente personale.»
Sorrido, rispondendo al suo occhiolino accompagnato da una carezza.
«Ora raggiungerò mia moglie e la accompagnerò a fare shopping come un perfetto marito di facciata, Martelli ti darà un passaggio a casa, l'ho convinto io. Passo a prenderti stasera alle 20. Cerca di farti trovare pronta.»
Si allontana e io mi ritrovo a mordermi il labbro, reprimendo quella terribile voglia di trattenerlo qui.
***
Il congresso esiste, non è l'ennesima scusa per evitare di passare un'altra inutile notte con Laura. Ci aspettano due giorni lontani da tutti. Io e lui da soli nella città di Romeo e Giulietta. Mando un messaggio a mia madre per aggiornarla sulle novità, omettendo la questione Pietro di cui non ho intenzione di renderla partecipe. Non ci ha mai visti insieme, per cui meglio lasciarle credere che piuttosto io abbia una storia con Alessio.
Martelli è stato di parola: mi ha accompagnata a casa senza grosse discussioni. Sta diventando gentile, il che è abbastanza inquietante.
Sono intenta a preparare la valigia quando Moira irrompe in camera mia, senza bussare come il suo solito.
«Che stai facendo?»
«Preparo la valigia»
Il mio tono è ironico, ma credo sia piuttosto intuibile ciò che sto facendo.
«Te ne vai? Mi vuoi abbandonare?»
Moira è sempre così esagerata.
«Io non abbandono nessuno, Moira. Ti ricordo che questa è anche casa mia. Devo andare a Verona per lavoro. Ce la fai a sopravvivere senza di me per un paio di giorni?»
«Andrò a dormire da Thomas.»
«Thomas? Nuova conquista?»
«Nuova non direi. È il mio ex, con cui ora ho ricominciato a vedermi.»
«Ti sei data da fare in questi giorni eh?»
«Soffro di solitudine. E quando tu non ci sei ho bisogno di compagnia così mi sono iscritta a uno di quegli speed date di cui tutti parlano giusto per passare il tempo e lì sai chi ho incontrato? Thomas! C'è stato un ritorno di fiamma e ora ci frequentiamo di nuovo.»
«Tu, allo speed date?» domando, perplessa.
Moira è troppo paranoica, non regge la presenza di troppe persone contemporaneamente, come può aver accettato una cosa del genere?
«È stata mia sorella a convincermi, ma solo perché si è premurata di accompagnarmi. Non è poi tanto male fare un po' di vita sociale.»
«Okay, ma non esagerare eh...»
Scoppiamo a ridere e d'un tratto riesco a guardare la mia coinquilina con occhi diversi. La abbraccio.
«Sono felice di avere te come coinquilina.»
«Grazie, Lisa. Fa piacere anche a me. Ci sarà Alessio alla convention?»
«Lui e altre duemila persone. Rientreremo sabato sera.»
Mi volto di scatto in direzione della porta non appena sento il rumore della chiave che gira nella serratura. Mia madre entra spavalda appoggiando il cappotto e la borsa sul divano. Cosa ci fa qui? E come diavolo fa ad avere le chiavi?
«Ciao, siamo venuti a vedere se ti serve qualcosa.»
La voce di mia madre, come sempre alzata di almeno due toni, si aggira per la stanza prendendomi in contropiede. Non la aspettavo questa sera, soprattutto, non mi aspettavo di vederla entrare in casa senza un reale permesso.
Ovviamente lei è sempre la benvenuta, ma gradirei comunque almeno un minimo di preavviso, che, chiaramente, non consiste nel consegnarle una copia delle chiavi a mia insaputa!
«Moira! Perché mia madre ha le chiavi di casa nostra?» domando seccata e per nulla intenzionata a fargliela passare liscia questa volta.
Non ci voglio credere.
«Gliele ho date io, sai per ogni evenienza...» risponde come se fosse una cosa normale.
Di tutte le assurdità fatte o dette dalla mia coinquilina questa è decisamente la peggiore. Come si è permessa?
La guardo con espressione contrariata mentre mia madre prende possesso della mia valigia e inizia ad analizzare ogni singolo capo al suo interno. Possibile che io non possa avere un po' di privacy neanche a casa mia?
«Mamma! Papà, ti prego almeno tu di' qualcosa!»
Lancio uno sguardo di fuoco a Moira che si rifugia nella sua stanza. Giuro che la ammazzo! Ritiro tutto quello che le ho detto pochi minuti fa.
«Ciao, tesoro. Scusa l'intrusione, ma sai com'è fatta tua madre.»
Papà mi dà un bacio sulla fronte e io ritorno un po' bambina. Non è la stessa sensazione che provo quando è Alessio a farlo, ma adoro quando lo fanno. Entrambi.
«Be' mi hai avvisata tu della partenza, così siamo passati a salutare. C'è pure quel tuo collega qui sotto, papà l'ha invitato a salire, ma nel frattempo Lorenzo ha iniziato a fargli un sacco di domande e non si vedono ancora. Credo voglia chiedergli di fargli fare uno stage da voi.»
«D'accordo.»
La guardo perplessa, riprendendo a impilare i vestiti che ho intenzione di portare.
«Allora a che ora dovreste partire?»
«Be', considerando che una delle persone con cui mi recherò al congresso sta aspettando di sotto direi, adesso.»
«Non prima di aver terminato con la valigia.»
Continua a frugare fra le mie cose, toglie e rimette tutto con fare frenetico. Lo sguardo severo di chi non ammette repliche.
«O mio Dio, Lisa, ma ti mancano proprio le basi tesoro mio. Prima vanno inseriti i vestiti da sera e quelli che verranno utilizzati per ultimi, poi quelli da giorno e solo alla fine la camicia da notte, dato che sarà il primo indumento che estrarrai. La biancheria, invece, va sistemata agli angoli.»
Mia madre mi sta davvero dando lezioni su come preparare la valigia? Ho ventotto anni se non se ne fosse accorta.
«Mamma, non c'è bisogno che...»
«Sì, invece» ribatte finendo di piegare con fare esperto il mio tubino turchese «ah, ecco tuo fratello.»
Chiude il discorso e la mia valigia e si alza per andare incontro ad Alessio. Lancio uno sguardo stralunato a Lorenzo che pare completamente da un'altra parte. Gesticola nervoso, fissa il vuoto, parla da solo. Non mi stupisco che la gente pensi che sia un po' strano.
In realtà non solo lui appare strano agli occhi degli altri: tutti noi lo siamo.
Siamo quanto di più stravagante possa esistere in effetti, ma l'unione che c'è tra di noi supera l'immaginabile. Ci vogliamo bene, ci sosteniamo, abbiamo affrontato e vinto ogni battaglia e se non fosse per la morte di Ivan saremmo ancora una numerosa famiglia felice. Strana, ma felice.
Mi volto in direzione dell'ingresso dove Alessio si sta, nel frattempo, intrattenendo con mio padre per discutere sui suoi ultimi acquisti di fai da te. Da quando non lavora più si dà un gran da fare con il restauro dei mobili che poi rivende nei negozi di antiquariato a prezzi esorbitanti. È un ex banchiere, gli affari sono il suo pane quotidiano, anche se si tratta di cianfrusaglie.
Osservo Alessio, risponde educatamente a mio padre e non posso fare a meno di notare quanto in realtà si somiglino. Fai da te a parte. Non ce lo vedo Alessio a dedicarsi a qualche hobby che preveda una certa pazienza e cura nei dettagli.
Sta affrontando i miei genitori in maniera assolutamente fantastica, considerando che non è il mio fidanzato e si suppone lui si trovi qui solo ed esclusivamente per accompagnarmi al congresso. È anche per questo che lo amo.
«Lisa, sei pronta?»
Alessio tenta di avvicinarsi a me, ma viene bloccato da mia madre che pare non abbia alcuna intenzione di lasciarci andare senza averci fatto le dovute raccomandazioni.
«Dottor Mazzini, Lisa è sotto la sua responsabilità, consiglio vivamente di farle evitare sia i troppi alcolici che di farla andare a dormire dopo la mezzanotte.»
«Non sono un Gremlin, mamma. So badare a me stessa» replico, piccata.
«Gremlin o no, servono regole. Anche se hai ventotto anni. Poco alcol e a dormire presto» è la sua ultima risposta.
Mamma ti prego sta zitta...
«Starò molto attento, non si preoccupi.»
Mi volto in direzione di Alessio, rossa in faccia per la vergogna.
Il suo tono è gentile, ma io lo so che si sta trattenendo per non scoppiare a ridere.
Mi chiedo cosa stia pensando in questo momento.
Sicuramente che i membri della mia famiglia, assieme alla mia coinquilina, siano persone assolutamente anormali.
Mia madre mi tratta ancora come se fossi una bambina ma, la cosa strana, è che a me non la cosa non disturba.
Mi piace quando qualcuno si prende cura di me e so di essere abbastanza adulta da poter rispondere delle mie azioni, ma la sensazione che provo ogni volta che mia madre, mio padre o persino Moira mi ricoprono di attenzioni è impagabile.
E non è certo per egoismo o egocentrismo.
Alessio mi fa provare le stesse emozioni abbracciandomi. È impossibile non sentirsi bene quando intorno a te hai persone che ti amano.
Mi stringo le braccia. Un gesto istintivo, per difendermi dai mali del mondo.
Il pensiero che Alessio possa trovare ridicolo questo mio lato infantile e questo bisogno di protezione mi rendono vulnerabile.
Cambio immediatamente idea non appena lui inizia a fissarmi, trattenendosi a stento da qualunque gesto verso di me. Quanto vorrei baciarlo, abbracciarlo qui e far sapere a tutti che lui è l'uomo con cui vorrei passare il resto della mia vita.
Se solo non fosse sposato.
«Andiamo?»
Annuisco. Afferra il mio trolley e si allontana, salutando mia madre con due baci sulle guance, mio padre con una stretta di mano e Lorenzo con una pacca amichevole sulla spalla. Lo osservo. Incantata.
Lo seguo. Accanto a lui tutto ha un altro profumo. Di quelli buoni che sanno di speranza. Come i gigli freschi durante i matrimoni.
***
Alessio è impegnato a scaricare i nostri bagagli. Non ha parlato molto durante il tragitto, limitandosi a qualche sorriso ogni tanto e a qualche carezza. Mi ha anche baciata mentre eravamo fermi al semaforo, dopo che io avevo appoggiato la mia mano sopra la sua impegnata a scalare la marcia, ma è stato particolarmente silenzioso nonostante abbia tentato in tutti i modi di coinvolgerlo in qualunque discorso.
Non so perché ma ho la sensazione che sia molto provato da qualcosa.
«Ti invidio molto, sai?» mi sorprende
«Tu invidi me? E per cosa si può sapere?»
Scoppio a ridere, ma mi fermo di colpo non appena mi accorgo che Alessio, invece, mi guarda in maniera molto seria mentre mi risponde.
«Tu e la tua famiglia siete...»
«Strani, lo so. Lo pensano in molti» lo interrompo con un'alzata di spalle.
«Volevo dire uniti. Ed è questo che vi rende così unici. Sì, forse tua madre ti tratta ancora da bambina e tuo padre ha un istinto di protezione molto alto nei tuoi confronti, ma sono dei genitori fantastici. E sia tu che tuo fratello non fate che confermare quanto abbiano fatto un buon lavoro.»
Arrossisco di fronte all'ennesima dichiarazione che mi disarma, mi accarezza il viso e io lo stringo forte a me, certa che sia quello di cui lui abbia più bisogno in questo momento.
«Anche i tuoi genitori hanno fatto un buon lavoro» tento, ma mi accorgo subito di aver toccato un tasto dolente.
Scuote la testa e si irrigidisce di colpo, come in preda a una tensione difficile da domare.
«Hanno avuto solo me poi, quando avevo otto anni, mi hanno chiuso in un collegio con la scusa di non potersi occupare di me. Ho passato lì dentro tutta la mia infanzia. Mentre tutti i ragazzini della mia età sperimentavano il mondo esterno io sono cresciuto non sapendo cosa fosse un parco giochi. I miei genitori non sono mai venuti a trovarmi.»
«Ma ti è rimasto un bel ricordo di quel posto. Oppure non mi ci avresti mai portata.»
«Ho passato lì gran parte della mia infanzia, alla fine mi sono abituato a chiamarlo casa ed è per questo che ci torno spesso. È quel luogo che mi aiuta a ritrovare me stesso, nel bene e nel male. Mi ricorda da dove vengo e come sono diventato così ostile verso il mondo.»
Rimango basita e in silenzio dopo le sue parole. È per questo che è così schivo e riservato. È arrabbiato con il mondo intero.
Non so cosa dire. Continuo a fissarlo con le lacrime agli occhi mentre sul suo viso passa un velo di tristezza di fronte al quale io mi sento impotente.
«Ho sempre dovuto lottare per ottenere quel briciolo di amore che mi è sempre mancato, sono diventato freddo e sprezzante, avido di sentimenti.»
«Alessio tu non sei così» gli stringo la mano «tu sei l'uomo più eccezionale che io abbia mai conosciuto e non sei affatto avido di sentimenti.»
«Questo perché ho incontrato te. Lisa tu sei davvero l'unica che mi ha sempre accettato così come sono e se adesso ho imparato ad amare lo devo solo ed esclusivamente a te.»
Lascio cadere il mio trolley a terra, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio. Lascio che le sue labbra si posino sui miei occhi per asciugarmi le lacrime prima di stringermi a sé. Appoggia il mento sopra la mia testa, mi sfiora i capelli. Un abbraccio che pare infinito.
«Ti amo» sussurra mentre io non riesco a staccarmi da lui.
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