Capitolo 25

«Pietro e Lisa. Che coincidenza.»

Il tono di Alessio è piatto e dal modo in cui guarda il tavolo davanti a sé e non Pietro, indica che non è affatto felice di trovarsi qui.

Mi accomodo al mio posto e faccio un cenno di saluto generale. Non certo per timidezza, ma perché vorrei essere da tutt'altra parte e a dirla tutta, mi sento parecchio in imbarazzo.

«Lisa, ci rivediamo. Come stai? Ale mi ha raccontato che hai avuto la varicella anche tu di recente. Che strano sincronismo.»

Laura scoppia a ridere, come se avesse fatto la battuta più divertente del mondo. Pietro lancia un'occhiataccia in sua direzione e poi si ferma a guardare me, quasi a voler chiedere una spiegazione che io non posso dargli.

«La varicella è una malattia molto contagiosa, impossibile o quasi non prenderla se non ci si è infettati da piccoli, soprattutto quando si lavora nello stesso posto. Se ti può consolare, sappi che Alessio l'ha trasmessa a più della metà dei nostri colleghi che ora sono a casa in malattia.»

«L'importante è che non l'abbia passata a me. Degli altri non mi importa molto.»

Che stronza.

«Be' capisco, nelle tue condizioni devi prestare molta attenzione.»

«Infatti non sai quanto sia faticoso.»

«Posso immaginare, ma se le analisi del sangue sono buone e stai bene, non devi preoccuparti. Tanto della lettiera di Sansone se ne può occupare Alessio.»

Mi rendo conto troppo tardi di avere appena sganciato una bomba. Tutti e tre mi fissano, ma nessuno parla.

Laura, in particolare, sembra una statua di cera. È perfino sbiancata.

«Sansone?»

La domanda di Alessio fa alzare ancora di più la tensione. Perché mi pare evidente che lui non sappia nulla del loro presunto gatto.

«Scusate, chi è Sansone?» domanda Pietro, che pare particolarmente interessato.

«Piacerebbe saperlo anche a me» borbotta Alessio infastidito.

Io assisto mio malgrado al loro scambio di battute sulla misteriosa identità del gatto e mi sento troppo una stupida per aver tirato fuori la questione.

«Sansone è il gatto combinaguai di Laura e Alessio. Mi stupisce che lui non se ne ricordi dato che vive a casa sua.»

Indico Alessio che pare sul punto di esplodere. Sto tentando di dare una spiegazione logica a Pietro, ma mi rendo conto che sto contribuendo a creare un enorme casino.

«Laura, posso sapere da quanto tempo io e te abbiamo un gatto?»

«Non ce l'abbiamo infatti, ma tu non ci sei mai a casa per cui non capisco come la cosa possa interessarti.»

«Ma credo di avere diritto a una spiegazione dato che stiamo discutendo del nostro presunto gatto.»

«È il gatto dei nuovi vicini. Entra sempre a casa nostra, corre dappertutto e distrugge ogni cosa.»

«Abbiamo dei nuovi vicini?»

«Sì, sono arrivati da poco.»

«E com'è che non li ho mai visti?»

«Forse perché sei fuori tutto il giorno e quando rientri è sera inoltrata? Che poi non capisco cosa fai in ufficio fino a tardi. I tuoi colleghi non mi pare facciano così tanti straordinari.»

Indica me e Pietro con gesto teatrale, poi torna a guardare suo marito come se fosse un criminale. Sposto lo sguardo sul menù trovandolo di colpo una lettura particolarmente interessante e cerco di non concentrarmi sulla loro discussione.

«I miei colleghi qui presenti sono anche miei sottoposti, non posso trattenerli oltre l'orario di lavoro senza un valido motivo. Come socio è mio dovere verificare che tutto sia a posto prima di andarmene. E questo tu lo sai molto bene perché conosci le politiche aziendali e chi ci sta dietro. Faccio quello che posso per garantire a tutti quanti un sostegno adeguato.»

All'ultima frase pronunciata, Alessio sbatte il tovagliolo sul tavolo, si alza di scatto e si allontana tra gli sguardi e il mormorio di sottofondo.

Questo credo sia il peggior tentativo di condivisione che possa mai esistere.

Laura si schiarisce la voce e cerca di ristabilire un dialogo con noi, anche se non pare poi così turbata dal loro litigio. Sembra più che si vergogni di aver dato spettacolo di fronte a tante persone.

«Dovete scusarlo, la gravidanza lo ha reso ancora più nervoso. Non era in previsione così presto. Ma ditemi di voi, da quanto state insieme?»

Non sono sicura di volerne parlare con lei. Pietro, al contrario, ha una voglia matta di affrontare questo discorso.

«Non è molto che stiamo insieme e questa è la nostra ufficiale. Certo, mi sarei aspettato altri tipi di fuochi d'artificio.»

Scoppia a ridere e Laura lo segue a ruota. Io, invece, non ci trovo nulla di divertente. Ce ne saremo dovuti andare via subito, non accettare di condividere la serata con la loro crisi di coppia.

Quando Alessio rientra cala nuovamente il silenzio. Si siede e rilascia un sospiro. Poi consulta il menù e ordina una bottiglia di vino che si suppone dovrà essere condivisa tra tutti.

«Ti senti un po' meglio, tesoro?»

La domanda di Laura suona falsa, ma io sono l'ultima persona che può permettersi di parlare. Ho già fatto abbastanza danni con la storia del gatto.

«Sì. Vi chiedo scusa, è stata una giornata difficile. Per farmi perdonare, mi sono permesso di ordinare un po' di vino. Propongo un brindisi per festeggiare l'anniversario di matrimonio mio e di Laura e la nascita della storia tra Lisa e Pietro. Felicità a tutti.»

Alza il calice al cielo e tutti noi facciamo lo stesso. Peccato che anziché guardare Pietro di fronte a me, gli occhi virano in automatico verso Alessio. Io la felicità appena augurata la volevo con lui.

Abbasso lo sguardo e lo punto verso il tavolo. La cameriera ha appena portato i piatti ordinati e, almeno, posso riversare l'attenzione su altro. Mi è passata la fame, ma devo cercare di dissimulare al meglio.

Davanti a me un piatto di verdure grigliate e un'insalata, mi guardano con pietà. Le ho ordinate giusto per essere partecipativa.

«Mi pare un po' poco per una che si sta riprendendo da una malattia infettiva.»

Alzo la testa e punto lo sguardo in direzione di Alessio che si è appena preso il disturbo di farsi i cavoli miei.

«Ma a te cosa importa, scusa?»

Il mio tono è molto più brusco di quanto vorrei, ma Alessio dovrebbe davvero smetterla di intromettersi nella mia vita.

«Infatti, tesoro. Lisa è liberissima di scegliere per se stessa.»

«Laura, lei è una mia dipendente e voglio che sia in piena forma per quando dovrà tornare in ufficio tra due giorni. C'è molto lavoro da sbrigare.»

«Non puoi pensare sempre al lavoro. E Lisa mi pare abbastanza adulta e responsabile. Rilassati perché stai rovinando la festa a tutti.»

Laura mette in bocca una forchettata della sua pasta e io rimango in silenzio. Anche Pietro sembra non avere intenzione di parlare. Gli afferro la mano e la stringo forte. Voglio andarmene da qui.

«Non ti preoccupare, Laura. Per noi la festa deve ancora iniziare. Pietro, ti dispiace se ce ne andiamo?»

«Vado a chiedere il conto.»

Si allontana e io inizio a prepararmi per uscire.

«Vado un attimo alla toilette, non so se sarai ancora qui al mio ritorno. Ti auguro ogni bene, Lisa.»

«In bocca al lupo per il bambino, Laura.»

Per un attimo soltanto io e Alessio restiamo da soli, ci fissiamo senza dire nulla. Non volevo andasse così.

«Io non ci credo che siamo arrivati a questo punto. Dimmi che davvero non ti importa più niente di me. Dimmelo.»

Il suo sussurro sa di disperazione.

Ricaccio indietro le lacrime e ingoio il groppo che mi si è formato nella gola.

«Non mi importa più niente di te, Alessio.»

Raggiungo Pietro e gli stampo un bacio che toglie ogni dubbio. Almeno all'apparenza.

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