Capitolo 22
«Lisa, qui fuori c'è un tipo sospetto. Continua a guardarsi intorno e ha un foglietto in mano a cui dà un'occhiata di tanto in tanto. Temo sia un rappresentante di qualche setta religiosa. Facciamo che apri tu, ma ricordati che io sono atea.»
Moira Aggira per casa nervosa. Agita le braccia mentre passa dalla cucina al salotto in preda a un vero e proprio attacco isterico.
Il nostro appartamento si trova al primo piano in zona Navigli, che è un quartiere abbastanza sicuro per cui l'agitazione di Moira mi pare un tantino fuori luogo. Nessun losco individuo agirebbe in pieno giorno e, per giunta, con lei intorno.
Le sue urla sono l'antifurto per eccellenza.
Mi avvicino alla finestra su cui poco fa aveva puntato l'attenzione e che dà verso il cortile esterno dove c'è l'ingresso principale allo stabile e cerco di individuare il soggetto da lei descritto. Vuoto totale.
«Moira, fuori non c'è nessuno.»
«Prima ti garantisco che c'era un losco individuo. Magari ha cambiato idea e ha deciso che noi due non saremmo mai delle adepte o delle vittime sacrificali. Ad ogni modo, meglio così.»
«Io non capisco se è più l'ansia o la fantasia a parlare per te. A volte faccio davvero fatica a capirti.»
Lei, per tutta risposta, scrolla le spalle, abbandonando la conversazione come se fossi io quella fuori di testa. Come se il suo comportamento fosse normale.
Il suono improvviso del campanello, fa voltare entrambe. Il cuore ha accelerato di colpo e, da come Moira si tiene la mano sul petto, temo possa venirle un infarto.
Dlin dlon.
Insiste. Rilascio un sospiro e compio un paio di passi in direzione della porta. Lancio uno sguardo a Moira che è ferma immobile, il terrore dipinto sul viso. Scuoto la testa. Non posso lasciarmi influenzarmi dalle sue strambe teorie. E se anche al di là del legno pregiato dovesse esserci un testimone di Geova o altro, sono perfettamente in grado di scacciarlo.
Mi avvicino ancora, l'occhio destro punta lo spioncino e... Ma che cavolo!
Altro che rappresentante di una setta religiosa. Questo è molto peggio. È Martelli!
Cosa diavolo ci fa lui qui?
Mi volto verso Moira e la rassicuro con un sorrisetto che più che ironico pare un ghigno.
«Niente setta religiosa. Quello lì fuori è il mio capo.»
Apro la porta per accoglierlo, cercando di comportarmi come una perfetta padrona di casa dove tutti gli ospiti sono i benvenuti.
Tranne lui.
Mi mordo l'interno della guancia per non dare voce ai pensieri.
«Buon pomeriggio, signor Martelli. Cosa la porta fino a qui?»
E se fosse venuto fino a qui per licenziarmi? Sarebbe davvero un colpo troppo basso da sopportare.
«Buongiorno, Lisa. Hai un aspetto orribile, come fai a presentarti alla gente in queste condizioni?»
Potrei dire lo stesso di lei, Martelli.
«Si dà il caso io sia malata.»
«Sono stato informato, ma speravo che la tua situazione non fosse così grave.»
«Mi dispiace che la cosa la infastidisca e se è venuto fin qui solo per insultarmi le ricordo che fra una settimana tornerò in ufficio, così potrà sfogarsi meglio.»
Lui mi guarda dall'alto in basso come fa sempre, pronto a sparare la sua sentenza quotidiana mentre si accomoda sul mio divano senza aspettare che sia io a dirgli di accomodarsi.
«È possibile avere un po' di privacy qui?»
Indica Moira che è rimasta ferma e zitta per tutto il tempo e ora si sta godendo il nostro piccolo battibecco.
«E questa chi è?» domanda, scorbutico come il suo solito.
«Le presento Moira, la mia coinquilina. Moira, lui è Rodolfo Martelli, il mio capo alla Farber.»
Si guardano per un attimo negli occhi e, come se si odiassero a prima vista, incrociano le braccia al petto, come due bambini offesi.
«Lisa, cosa sei una studentessa? Non sei un po' troppo adulta per avere una coinquilina?»
«Be', ha visto dove vivo, no? L'affitto è piuttosto alto e lei non mi paga ancora abbastanza per permettermi il lusso di vivere da sola. Comunque, con tutto il rispetto, non credo che questi siano affari suoi. Per cui se ha finito di criticare il nulla cosmico e vuole dirmi perché è qui, mi farebbe un'enorme cortesia.»
E magari potrebbe pure andarsene visto che la sua presenza mi mette angoscia tanto quanto i rappresentanti delle sette religiose.
«Lisa, non sono qui per insultarti o criticarti, anche se te lo meriti per la tua insolenza di poco fa. Non vorrei farlo, ma mi vedo costretto. Ho bisogno del tuo aiuto.»
Mi rivolge uno sguardo indecifrabile, pare spaventato da qualcosa, ma sembra non voler troppo entrare nei particolari. Credo anche di provare pena per lui.
Ha proprio l'aria di essere in un pessimo momento e se si è abbassato a venire fino a qui, la cosa deve essere piuttosto rognosa. Che abbia a che fare con il buco in bilancio?
«Davvero lei sta chiedendo aiuto a me? Mi commuove questa cosa.»
«Sono serio. E sono troppo disperato per accettare la tua ironia e sfacciataggine» prende un respiro «Alessio mi ha detto che tu hai un fratello di sedici anni, è così?»
«Sì, è vero ma...»
Mi blocco. Cosa diavolo c'entra Lorenzo adesso? E come si permette Alessio di andare a raccontare le mie cose private in giro? Si suppone che le cose che riguardano la mia famiglia debbano restare strettamente confidenziali.
«E allora dimmi, Lisa, cosa faresti se scoprissi che tuo fratello ha problemi di dipendenza?»
Ma che razza di domanda è? Tra tutte le strane richieste del mio capo questa è in assoluto la più folle. E la più difficile oserei dire. Come si fa ad entrare nella testa di un adolescente?
«Lo farei internare, suppongo» rispondo cauta, ma dalla sua espressione contrariata dubito che questa sia la risposta che si aspettava da me.
«A parte questo?»
Che vuol dire a parte questo? Se scoprissi che Lorenzo fa uso di sostanze stupefacenti o abusasse di alcolici e parlerei con un centro specializzato e lo sottoporrei alle cure adeguate, che c'è di sbagliato in questo?
«Parlerei con lui» abbozzo.
«Già fatto. Ritenta.»
«Parlerei con qualche suo amico o compagno di scuola?»
«Fatto anche quello. I suoi amici sono stupidi. Ritenta.»
«Sono adolescenti. A quella età fanno cose insensate, ma non li chiamerei stupidi.»
«Credimi, sono proprio stupidi. Genitori stupidi, generano figli stupidi che da adolescenti diventano ancora più stupidi. E io ne so qualcosa. Ritenta.»
Cavoli, l'ha presa proprio male questa cosa del figlio. Okay, il fatto che faccia uso di droghe o altro è sicuramente un segnale molto negativo, ma chi lo dice che la colpa è sua? Gli adolescenti, i figli in generale, si ribellano ai genitori. L'hanno sempre fatto e continueranno a farlo. Io mi sono rasata a zero da ragazzina e mi sono fatta il piercing al naso e non di certo perché i miei genitori sono stati dei pessimi educatori. Anzi. Semplicemente io volevo sperimentare qualcosa di nuovo per sentirmi diversa da tutte le altre. Me la sono cavata con un mese di punizione e il divieto assoluto di uscire di casa conciata in quel modo anche se, in realtà, è bastato che uno dei ragazzi più carini della scuola mi dicesse che sembravo un maschio a farmi immediatamente realizzare di avere fatto un'enorme stupidaggine.
«Parlerei con uno psicologo o con qualcuno che si occupa di adolescenti e ragazzi con problemi di vario tipo.»
«Lui è in terapia da quattro anni. Ho speso ogni singolo soldo per farlo studiare, poi per fargli fare sport, poi non appena ci siamo accorti che aveva un problema di comportamento abbiamo subito provveduto consultando un esperto. E ora siamo arrivati al punto che lui ha iniziato a rubare soldi in casa per comprarsi l'erba.»
Erba? E lui si sta allarmando così tanto per un paio di canne? Le ho fumate anche io a sedici anni e mi sono bastati due tiri per capire che mi faceva schifo.
«Ascolti, per come la vedo io non credo che suo figlio abbia un vero e proprio problema di dipendenza.»
«E come lo chiami fumare erba di nascosto ai propri genitori?»
«Rollarsi una canna! Non l'ha mai fatto lei?»
La mia domanda è davvero inappropriata, dato il contesto, ma non sono riuscita a trattenermi. E temo che lui non trovi affatto divertente il mio punto di vista.
«Io sono venuto qui a chiederti cosa faresti nel caso in cui scoprissi del fumo illegale in mano a un adolescente e tu mi chiedi se mi sono mai fatto una canna?»
«Secondo me, lei sta ingigantendo la cosa. Non sto dicendo che farsi le canne va bene, volevo solo farle capire un punto di vista alternativo. Anche lei è stato giovane, non mi dica che non ha mai trasgredito nemmeno una volta perché non le credo.»
«Una volta ho rubato una penna.»
«Ecco. E si ricorda perché l'ha fatto?»
«Per attirare l'attenzione.»
«Potrebbe essere lo stesso per suo figlio. Fumare erba per lui è come rubare la penna per lei. Un modo di comunicare qualcosa quando non si sente ascoltato.»
Il turbamento di poco fa sembra piano piano scemare per lasciare il posto a un paio di sospiri.
«Ho capito, sì. Grazie. Questa cosa mi sta facendo perdere la ragione. È stato Alessio a propormi di parlare con te, sostiene tu abbia capacità calmanti innate. E credo proprio che abbia ragione.»
Gli sorrido. So che, a modo suo, mi ha fatto un complimento e so quanto questo gli sia costato fatica.
«Quando si cresce tra canapa e papaveri, il potere curativo ce l'hai nel sangue. È stata mia nonna a insegnarmelo.»
Gli faccio un occhiolino e lui, per la prima volta da quando mi ha assunta quattro anni fa, mi sorride.
Un gran bel traguardo.
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