Capitolo 21

Afferro il cellulare con le mani ancora che tremano. Voglio chiamare Pietro, ma contemporaneamente vorrei non farlo. Vorrei non sentirmi così male per un altro uomo. Non riesco a fermare i singhiozzi nemmeno quando Pietro pronuncia il mio nome all'altro capo del telefono. Il tono della sua voce è basso e mi accorgo davvero troppo tardi di che ore siano.

«Lisa?»

«Ciao Pietro. Dormivi?»

«È quello che fanno di solito le persone a quest'ora.»

«Scusami tanto, è solo che ho la febbre, un sacco di pustole in tutto il corpo e la testa che mi scoppia. Non ho minimamente pensato all'ora quando ti ho chiamato.»

«Tra dieci minuti al massimo sono da te.»

Riaggancia e il solo pensiero che lui stia correndo qui, mi fa stare un po' meglio. Mi fa respirare di nuovo.

Mi alzo a fatica dal letto e solo per aprirgli la porta, dopodiché mi faccio trasportare di nuovo a letto accoccolata contro il suo petto. La catena che porta al collo oscilla e mi concilia un sonno che, forse, ora sarà più beato.

Mi risveglio e il chiarore che entra dalla finestra mi fa capire che è giorno. Non posso dire di essere in perfetta forma, ma mi sento meno peggio di poche ore fa.

Il rumore di stoviglie proveniente dalla cucina mi ricorda che non sono sola. La presenza di Pietro per un attimo mi destabilizza. Forse in cuor mio speravo di trovare Alessio al suo posto.

Ci siamo lasciati...

I giorni che ha passato qui con me sono stati meravigliosi, ma mi hanno resa emotivamente instabile.

«Buongiorno. È bello vederti in piedi. Ieri sera mi sei letteralmente crollata fra le braccia, ma ho trovato comunque piacevole portarti a letto.»

Il sorriso di Pietro apre un piccolo varco nel mio cuore. E rischiara un po' il buio che sento dentro.

«Buongiorno Pietro. Grazie per essere rimasto qui stanotte. E anche per essere accorso in mio aiuto non appena ti ho chiamato.»

«Non ti avrei mai lasciata sola, Lisa. Stavi piuttosto male perciò sono rimasto. Nel caso ti servisse qualcosa. La tua amica nell'altra stanza non credo fosse in grado di ragionare con lucidità. Appena mi ha visto ho dovuto soccorrere anche lei.»

Scoppio a ridere mentre lui si avvicina e appoggia la mano sulla mia fronte per assicurarsi mi sia scesa la febbre, poi, d'istinto, me la passa sul viso e la chiude in una carezza che ha il sapore della speranza che si mescola con l'hummus che ha appena preparato per me.

Sono piacevolmente colpita dalla sua iniziativa.

«Noto con piacere che hai già conosciuto Moira. È la mia coinquilina.»

«Un po' svitata...»

«È solo molto ansiosa. Grazie per averla soccorsa, comunque.»

«Dovere.»

«E grazie anche per la colazione. Sei un uomo da sposare.»

«Guarda che me lo segno. Per quanto riguarda la tua colazione, ho avuto il sentore tu fossi vegana, così ti ho preparato un sandwich che dovrebbe aiutarti a rimetterti in sesto.»

«Lo apprezzo molto. Davvero.»

Mi avvicino al suo viso e prendo le sue labbra fra le mie. La sensazione è più che piacevole, nonostante il mio stato non proprio ottimale.

Mi blocco, di colpo consapevole di qualcosa che non avevo ancora considerato.

«Dimmi che hai già avuto la varicella...»

«A dieci anni. Tranquilla, puoi baciarmi e strusciarti su di me quanto vuoi.»

«Lo prendo come un invito.»

Mi avvicino di nuovo e questa volta mi prendo tutto il calore che lui mi può dare. Brividi. Battiti. Respiri. Aria nuova.

Devo riuscire a lasciarmi andare e innamorarmi di lui. È solo una questione di tempo e io so che posso farcela.

«Non credo che Martelli sarà felice di sapere che sto male.»

Mi scappa un sorriso che è più una smorfia di dolore e disgusto. Sinceramente, provo un moto di nausea alla sola idea di comunicare al capo che non potrò recarmi in ufficio per almeno una settimana. Di sicuro si incazzerà a morte perché, da quando ho ottenuto la promozione - se così si può chiamare -, praticamente non sono più andata al lavoro. Come se mi fossi messa d'accordo con Eva per lasciarlo crogiolare nei propri piagnistei.

Che poi, sarebbe da stupidi prendersela con me. È in parte colpa del boss se mi sono ammalata dato che ha voluto a tutti i costi che io andassi a calmare Alessio il giorno in cui stava male. Se non ci fossi andata avrei continuato a ignorarlo come in tutte le settimane precedenti, mi sarei potuta concentrare meglio sul lavoro e pure su Pietro dato che era il suo primo giorno di lavoro e io l'ho abbandonato a se stesso per correre da Alessio. Non che non se la sia cavata da solo, ma avrei preferito di gran lunga essere a sua disposizione per ogni evenienza.

È colpa del capo, come sempre.

«Che ne pensi se avvisassi io Martelli? Forse con me non se la prenderà troppo.»

Pietro mi stupisce ancora una volta con un'iniziativa e un occhiolino ben piazzati. Annuisco in sua direzione prima di aggiungere la mia posizione in merito.

«Mi faresti davvero un enorme favore. Non oso immaginare cosa penserebbe di me vedendomi adesso, sarebbe il primo a dirmi di non farmi vedere in ufficio, almeno finché non possa ritenermi un minimo presentabile. Quell'uomo mi odia a prescindere da tutto.»

«Martelli non ti odia. Ha solo un modo tutto suo di relazionarsi con le persone.»

«Trattare male non si può certo definire relazionarsi. Comunque ti ringrazio. Entrare nella tana del lupo al mio posto, ti vale il titolo di eroe dell'anno.»

«Per ora mi accontento di essere il tuo eroe. Il solo e unico per l'eternità.»

C'è qualcosa di strano nel suo modo di pronunciare l'ultima frase, ma decido di non darci troppa bada. Sta dimostrando di tenere a me e questo per me conta più di ogni altra cosa. Ho bisogno di togliermi Alessio dalla testa e dal cuore e Pietro è la mia unica occasione per riuscirci.

Lascio che mi baci prima di andarsene. Un tocco leggero sulle labbra che trasmette calore, ma che contrasta con la stretta al braccio. Mi sento in trappola. Una di quelle da cui è difficile uscire, ma che al contempo non puoi evitare.

***

A ora di pranzo sono sufficientemente sveglia e con un aspetto tutto sommato decente per presentarmi di fronte a Moira. Ho fatto un lungo bagno abbastanza rilassante con i fiocchi d'avena, mi sono cosparsa tutto il corpo di crema alla calendula e mi sono tolta il terrificante pigiama con i coniglietti che ho indossato per i tre giorni precedenti. Se mi avesse vista lo stesso giorno in cui mi sono sentita male probabilmente avrebbe tentato il suicidio perché non avrebbe saputo come aiutarmi. Adoro Moira, nonostante tutto è la miglior coinquilina che mi potesse capitare.

«Oh, mio Dio, Lisa. Sei una maschera!»

«Credi che non lo sappia? E ringrazia di non avermi vista tre giorni fa. Saresti scappata.»

«Non dirmi che eri addirittura peggio di come sei adesso!»

«Avevo la febbre» rispondo piccata. In realtà il mio è un tentativo mal riuscito di giustificarmi per una colpa inesistente, ma con Moira non si può mai sapere.

«E ti pare un motivo sufficiente per tenere i piedi in due scarpe?»

La guardo stranita. Non credo di aver compreso ciò che vuole dirmi.

«Scusa?»

«Sbaglio o hai dormito con Pietro?»

«Si è fermato qui per assicurarsi che stessi bene. C'è qualche problema, forse?»

«Sì e bello grande anche. Anzi i problemi sono due. Perché se ben ricordo due sere fa non era Pietro quello nel letto assieme a te.»

Mi punta un dito contro e io mi sento colta in fallo. So che non sono affari suoi quello che faccio o no e con chi, ma il mio senso di colpa innato mi porta a pensare al fatto che ha ragione ad arrabbiarsi. Non ne avrebbe alcun diritto, ma non so perché mi sento in dovere di giustificarmi con lei.

«Ascolta, Moira è inutile girarci intorno: ho avuto una storia con Alessio. Lui è sposato e ora sua moglie aspetta un bambino, o almeno così va dicendo, ma prima che tu possa dirmi che la cosa è ignobile, sappi che io e lui abbiamo smesso di frequentarci proprio ieri.»

Gli occhi le si riducono a due fessure mentre continua a farmi domande a cui non vorrei sentirmi costretta a rispondere.

Un terzo grado sulla mia vita amorosa da parte della mia coinquilina paranoica mi mancava proprio.

«Ed è per questo che hai chiamato Pietro? Per sostituirlo? Lasciatelo dire, Lisa. Il tuo comportamento è davvero pessimo.»

«In realtà, la questione è un po' più complicata di quanto immagini e accusarmi di essere una ragazza facile non mi aiuta di certo. Sento di provare qualcosa per entrambi, ma ora che con Alessio è finita, devo cercare di far funzionare le cose tra me e Pietro anche se, ammetto, che faccio fatica a fidarmi completamente di lui.»

Il suo sguardo si addolcisce. Pare aver compreso la mia indecisione, anche se so che non la condivide.

Le faccio l'occhiolino e lei pare voler lasciar cadere il discorso. Per un secondo.

«Sai che, una volta, ero indecisa tra due paia di scarpe? Erano entrambe molto belle, ma altrettanto costose. Un paio era blu, l'atro verde e sapevo che avrei potuto indossarle in ogni occasione. E allora sai che ho fatto?»

«Le hai comprate entrambe?»

Il mio tono è piuttosto ironico. Mi auguro che non stia prendendo troppo sul serio tutta questa faccenda.

«No! Ci ho rinunciato. Perché, se una cosa non ti convince fino in fondo, se ha anche un solo piccolo dettaglio che ti fa dubitare, allora non fa per te.»

Mi rendo presto conto che Moira ha perfettamente ragione.

Peccato solo che io non abbia dovuto scegliere tra due paia di scarpe. Io ho dovuto scegliere tra due persone che mi fanno sentire viva e che, in maniera diversa, mi fanno battere il cuore. L'amore e la felicità, purtroppo, non si scelgono come un paio di scarpe. Né è così facile rinunciarvi.

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