Capitolo 18
Mi sono svegliata con un gran mal di testa. La festa, la vicinanza di Alessio e tutta la frustrazione accumulata in quell'occasione, mi hanno giocato brutti scherzi.
Ingoio una pastiglia mentre aspetto che il caffè borbotti, mi massaggio le tempie nel vano tentativo di alleviare il dolore, chiudo gli occhi che bruciano non appena le palpebre si sfiorano.
Mi sento accaldata e poco in forma, ma non ho tempo per tergiversare né posso permettermi di non andare al lavoro. Anche se ho dormito poche ore e non ho degnato Pietro di un solo cenno.
Sono certa si sia preoccupato dato il numero di messaggi che mi ha lasciato in segreteria e avrebbe davvero tutte le ragioni per essere arrabbiato con me.
Ma giuro, non mi è proprio passato per la mente di avvertirlo che sarei stata occupata tutto il giorno con la serata organizzata da mia madre.
Scrivo un veloce biglietto per avvisare Moira di essere al lavoro e di non preoccuparsi se non mi vede tornare. Ho bisogno di parlare con Pietro, devo spiegargli che non sono sparita e che spero ancora che possa nascere qualcosa tra di noi.
Purtroppo, la serata passata con Alessio mi ha messo addosso tutta la consapevolezza che ho tenuto nascosta in questi ultimi due anni e, ora, sarebbe stupido anche solo cercare di far funzionare qualcosa che non ha senso di esistere.
Voglio provare a costruire qualcosa con Pietro, anche se siamo ancora due estranei, anche se lui non conosce le mie abitudini e il mio modo di calmare gli animi quando siamo in ufficio. Ho intenzione di farmi conoscere, di fargli scoprire quella parte di me che ancora non ha visto, quella più intima e più tormentata.
Arrivo in ufficio con il cuore in gola. Brividi.
«Ehi finalmente ti sei degnata di farti viva.»
Perché usa questo tono con me? Rude, scontroso, cattivo. Folle.
«Scusami Pietro. Ieri è stata una giornata impegnativa. Ho partecipato a una serata di beneficenza e...»
«Zitta! Eri impegnata, lo capisco, ma un cazzo di sms avresti potuto mandarmelo. E poi scopro dal giornale locale che te la facevi con Mazzini. Ora, lo dici tu a Martelli o devo pensarci io?»
Mi agita davanti agli occhi il quotidiano dove spicca una foto di me e Alessio mentre balliamo.
Non è tra le più compromettenti e la reazione di Pietro mi pare comunque esagerata, ma tento di mostrarmi sicura di fronte alla sua momentanea rabbia.
«Ascolta Pietro, non mi sembra il caso di fare scenate, o almeno non qui. È vero, Mazzini era presente alla serata, ha fatto una donazione molto importante e ha fatto un'ottima pubblicità alla Farber. Il fatto che nella foto sia assieme a me non conta nulla.»
«Ti ha toccata?»
Come?
«Gli ho concesso un ballo, io ero tra gli organizzatori dell'evento e mi è sembrato carino accettare il suo invito in pista. Non è successo niente.»
Ma che cavolo gli prende?
«Meglio. E d'ora in poi sarà il caso che stia ben lontano da te.»
«Lavoriamo nello stesso posto ed è il socio di minoranza nonché vice direttore, sarebbe impossibile non incontrarsi.»
«Faremo in modo che questo non accada.»
«Ascolta Pietro, mi dispiace non averti risposto, davvero. Però credo che tu stia ingigantendo le cose e se questo tuo atteggiamento è il tuo modo per farmela pagare, stai sbagliando di grosso.»
Osservo la sua mascella irrigidirsi per un attimo. Un brivido mi parte dalla nuca e raggiunge presto la bocca dello stomaco, provocandomi uno spasmo difficile da contenere.
Mi allontano con una smorfia e spalanco la porta del bagno incurante del fatto che sia occupato.
«Mi viene da vomitare.»
Mugugno in direzione di Marta che riesce a spostarsi appena in tempo prima che io rigetti tutta la colazione nel water.
Il comportamento di Pietro mi ha messo addosso un sacco di angoscia, che mai avrei creduto di provare. Mi ripulisco in velocità e mi avvicino al lavandino su cui Marta è appoggiata. Sento il suo sguardo addosso mentre la allontano con un colpo di anca e mi sciacquo il viso per riprendermi.
«Che ti prende stamattina?»
Glaciale come la punta di un iceberg.
«Scusa, non volevo essere brusca, ma almeno ho evitato di vomitarti addosso. Dovresti essermi grata per questo.»
«Per aver evitato un mio attacco isterico, okay, ti ringrazio. Per tutto il resto no.»
«Per tutto il resto, cosa?»
«Tu te la fai con il vice. Adesso ho capito il perché delle tue continue apparizioni nel suo ufficio. Ho anche capito come fai a calmarlo.»
Allontano il viso dal suo indice minaccioso e incrocio le braccia al petto con un moto di stizza.
«Marta, sei completamente fuori strada.»
«L'ho vista la foto sul giornale sai? Non mi venire a propinare la storia che siete solo amici e che lui è il tuo capo, perché con me non attacca.»
«Mi dite cosa vi prende a tutti quanti stamattina? Prima Pietro, adesso tu. Perché qui dentro tutti si sentono in diritto di dirmi come vivere la mia vita? Sono grande abbastanza per decidere per me stessa. E ora scusami, ma ho lasciato un discorso aperto nell'ufficio contabilità.»
Lascio Marta a fissarmi interdetta mentre con passo svelto mi dirigo verso la stanza di Pietro. Sento le guance bruciare e il cuore battere fuori controllo.
Busso in maniera vigorosa, tanto da stupire anche me stessa. Di solito non mi faccio prendere dalla rabbia, soprattutto sul luogo di lavoro, ma credo che Pietro abbia esagerato e ho intenzione di dirglielo.
«Ehi, stai bene?»
Il volto preoccupato e la dolcezza nella voce di Pietro, mi fanno sentire persa. Fino a poco fa urlava e sembrava volesse spaccarmi la faccia, ora pare voglia avvolgermi nella bambagia e rinchiudermi in teca di vetro per proteggermi.
«Scusami, io...devo aver mangiato qualcosa che mi ha fatto male. Ora possiamo continuare il discorso da dove lo abbiamo interrotto per favore?»
«Vieni qui, piccola.»
Allarga le braccia per accogliermi, ma si irrigidisce di fronte alla mia indecisione. Cerco di scacciare ogni pensiero negativo, ogni parola detta da lui che mi ha ferita e ogni brutta sensazione. Cedo. Mi lascio cingere e accarezzare.
Il calore emanato dal suo corpo per un attimo mi tranquillizza e mi spiazza. Perché Pietro sembra un'altra persona rispetto a poco fa.
«Scusami, ho esagerato. Ma a te ci tengo davvero e guardare quella foto in prima pagina mi ha ferito. E mi dispiace, perché non sono stato sufficientemente chiaro nell'esprimerti quello che provo.»
Wow. Questa non me lo aspettavo.
«Anche a me dispiace, Pietro. Vorrei farmi perdonare, se possibile.»
«Cena a casa mia? Così terminiamo la discussione sul falso in bilancio. Ci stai?»
«Ci sto.»
Lo bacio e, in quell'attimo, tutto ha un altro sapore. Tremori. Brividi. Speranza.
***
Il sorriso con cui Pietro mi accoglie, è rassicurante e lancia strane vibrazioni al mio corpo.
Tremo. Si avvicina per darmi un bacio sulla guancia, ma io mi sposto di proposito facendo incontrare le nostre bocche. È stato un gesto talmente istintivo, da non farmene rendere conto.
Lo sento ridere a quel contatto. Sulle mie labbra il suo sorriso si ravviva e il bacio si fa subito urgente.
«Benvenuta» sussurra.
«Ho portato il vino.»
Mi stacco da lui controvoglia, ma resto incollata al suo sguardo che stasera mi sembra il più intenso di sempre.
O almeno, questo, è quello che voglio far credere a me stessa.
«Accomodati pure. Io metto la bottiglia in frigo e controllo la pizza nel forno.»
Lo osservo raggiungere la cucina e mi ritrovo catapultata in un'altra dimensione. Trovo la sua camminata talmente sexy da non riuscire a staccargli gli occhi di dosso. Ripenso al vino che ho portato e a tutti i modi in cui lo consumeremo, tra una chiacchiera e l'altra, fra un bacio e l'altro, mentre facciamo sesso.
Mi copro gli occhi anche se la sua immagine continua ad annebbiarmi la vista.
Anche Alessio mi ha sempre fatto lo stesso effetto ma cavolo, possono esistere due uomini che mi mandano fuori di testa contemporaneamente?
«Hai cucinato tu?»
La mia è davvero una domanda senza senso, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente pur di togliermi da davanti la sua postura. La scia del suo profumo però, non ha mai abbandonato il mio campo olfattivo. Mescolato all'odore della pizza appena fatta, con quella nota di bruciacchiatura intorno, manda in visibilio tutti i miei sensi.
«Se mi conoscessi meglio al di fuori dell'ambito lavorativo, scopriresti un sacco di cose interessanti sul mio conto.»
«E il fatto che sai cucinare è una di queste?»
«Non è mica sempre facile trovare un uomo che cucina per la propria la donna. Io per tua fortuna lo so fare.»
«Siamo nel ventunesimo secolo. Mi pare abbastanza scontato che un uomo sappia cucinare, comunque apprezzo molto che tu abbia deciso di farlo solo per me.»
«Mica solo per te! La pizza la mangio anche io.»
Mi sorride e io mi sento sempre più vicina alla strada della perdizione.
Alessio non ha mai cucinato per me. Mai, nemmeno una volta. Non sono neppure sicura lo sappia fare. Ci siamo sempre e solo visti in ufficio oppure in macchina dopo il lavoro, non siamo mai andati fuori a cena né a fare passeggiate o qualunque altra cosa. Non abbiamo mai fatto niente di normale.
Mi avvicino a lui mentre è intento ad afferrare la teglia. Il calore del forno mi avvolge e anche quello del mio cuore che in questo esatto istante ha iniziato a battere più forte del consentito.
Forse sarà l'adrenalina, o la mia dannata voglia di voltare pagina. Lo bacio quando ancora sta tenendo la pizza tra le mani. Lo spiazzo ancora una volta dimostrandogli il mio impegno nel voler creare qualcosa di bello e unico assieme a lui.
Mi sposto solo per dargli una mano e richiudere la porta del forno. Sorrido perché forse, per la prima volta dopo tanto tempo, sento di poter cambiare le cose.
«Siamo una bella squadra io e te, vero?»
Deposita un bacio sulla punta del mio naso. Un gesto talmente intimo e inaspettato da farmi completamente sragionare.
Lui è davvero ciò che voglio e di cui ho bisogno?
«Che ne dici di un bel brindisi, allora?»
«Ci sto. A cosa brindiamo?»
«Al fatto che siamo una bella squadra.»
Mi agita davanti due calici appena riempiti e sorride. Siamo complici. Respiri. Intimi.
«Alla nostra squadra.»
Occhi negli occhi. Lussuria. Perdizione.
«Alla nostra squadra.»
Avvicino le mie labbra alle sue e le richiudo.
Beatitudine.
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