Capitolo 16

Arrivo in zona Porta Romana, del tutto diversa da dove si trova il mio appartamento in periferia, e resto basita e affascinata dal lusso dei trilocali presenti. Uno di questi è certamente quello acquistato da Alessio, secondo le mie indicazioni sulla mappa. Vago un po' alla ricerca del civico 25 finché mi imbatto in una donna in tenuta sportiva che mi guarda con fare sospetto mentre è impegnata a fare footing. Mi supera di qualche metro per poi ritornare verso di me.

Non posso fare a meno di notare il rossore sulle sue guance, indice che la sua corsa dura da un bel po'.

La squadro per un attimo e sono certa di avere già visto quel viso.

«Cerca qualcuno, signorina?»

Il tono con cui si rivolge a me non mi piace per niente. Sa di supponenza e sospetto.

«Sto cercando la signora Laura Mazzini. Mi manda Alessio, cioè suo marito, per i vestiti.»

«Sono io la persona che sta cercando, solo che, cavolo non aspettavo nessuno così presto. Ma tu chi sei? Non ti ho mai vista e di solito è Eva che si occupa di certe cose.»

La guardo stupita e con una punta di invidia e rassegnazione. È splendida. E lo dico da donna innamorata di suo marito e consapevole di non potere arrivare a tanto. Recupero la lucidità appena in tempo, prima che inizi a sospettare che tra me e Alessio ci sia qualcosa.

«Io sono Lisa, sostituisco Eva che si è licenziata due giorni fa. Mi dispiace, pensavo lo sapesse.»

«No, non ne avevo idea. Comunque, va bene. Alessio dev'essersi dimenticato di avvertirmi di questo particolare.»

«Quindi, se non è un problema, prenderei i vestiti e la lascerei ai suoi impegni.»

Mi fissa per un istante, studiando ogni mia eventuale reazione. Sospira a lungo, non so se per l'affaticamento dovuto alla corsa e alla gravidanza o se per calibrare meglio le parole che suppongo stia per pronunciare.

Continuo a guardare il suo fisico e a provare un senso di nausea che reprimo dietro un flebile sorriso.

«Congratulazioni per la sua gravidanza Signora Mazzini.»

La vedo rianimarsi e fissarmi per un nanosecondo. Appoggia una mano sulla pancia super piatta e tenta di ricambiare il sorriso, anche se forzato e forse addirittura più falso del mio.

«Sì, grazie.»

Il suo tono piatto e distaccato mi mette in allerta. Non so perché insisto tanto, forse ho solo bisogno che la verità mi venga spiattellata in faccia una volta per tutte.

«E complimenti per la linea. È così magra che non sembra neppure sia incinta. Non capita a molte donne, lo sa? Lei è molto fortunata.»

«Grazie.»

Gli occhi come due fessure mi scrutano per l'ultima volta, poi mi fa cenno di seguirla fino all'ingresso del civico che stavo cercando.

«Aspetta pure qui. Tornerò con i vestiti il prima possibile. Mi dispiace non farti accomodare in casa, ma c'è un sacco di confusione e il salone non è adatto agli ospiti.»

Strano. Sapeva che sarebbe arrivato qualcuno a prendere i vestiti.

Annuisco. La seguo con lo sguardo fino a quando gira la chiave nella toppa e sparisce all'interno. Sposto il peso da un piede all'altro, in un mix di nervosismo e tristezza che mi lacera il petto.

Devo mettermi il cuore in pace una volta per tutte. Alessio avrà la sua famiglia e io non ne farò parte.

«Ecco qui i vestiti.»

Laura mi raggiunge e mi porge una vecchia sacca sportiva che io afferro al volo prima che finisca a terra. Non si è minimamente accorta che la borsa non era tra le mie mani. È distratta. Continua a voltarsi verso l'interno. La porta lasciata semi aperta fa intravedere solo qualche ombra, impossibile da inquadrare meglio.

Un rumore forte e improvviso fa sussultare entrambe. Un lamento soffocato squarcia il silenzio che si era creato tra l'imbarazzo. Vedo Laura irrigidirsi ancora di più e il suo volto diventare paonazzo.

Che diavolo succede?

«Sansone!» urla, in un attimo di ritrovata lucidità.

Mi sorride impacciata e poi scoppia in una risata isterica che mi lascia senza parole.

«Scusa, è il nostro gatto. Combina sempre un sacco di guai. Sarà meglio che vada a controllare che non abbia rotto nulla. È stato un piacere, cara. Salutami Alessio e digli che mi manca.»

Resto a fissare quel falso bacio volante che mi ha mandato e osservo la porta richiudersi con un tonfo secco. Non mi sfugge una frase urlata da parte di Laura, che mi dà il voltastomaco e mi costringe a stringere i pugni attorno ai manici della borsa.

Ingoio quell'ultimo rospo indigesto e mi incammino verso casa. Gli occhi bassi, velati di lacrime amare.

***

Rientro ancora assorta nei miei pensieri e nelle paranoie.

Quel "Hai rischiato di farti scoprire" detto da Laura mi sembra assurdo, ma non posso essermi sbagliata. Non così tanto. Quella del gatto mi è parsa fin da subito una scusa, per come si agitava, per come ha tentato di tenermi alla larga.

E poi quel fisico così perfetto, aggraziato. Magro nonostante gli ormoni. Troppo.

Non mi accorgo di avere gli occhi di Moira puntati addosso, almeno finché non decide di fare le sue domande di rito di quando è in ansia.

«Come mai a casa così presto?»

«Decisione del capo.»

Alzo le spalle in segno di indifferenza e mi affretto a voltarmi verso Alessio che, nel frattempo, ha interrotto ciò che stava facendo. Mi fissa e il mio cuore perde ricomincia a ballare la salsa. Poso lo sguardo verso il basso, sulle sue ginocchia dove troneggia il manuale sull'organizzazione degli eventi di Moira e mi scappa un sorriso al pensiero di loro due da soli a parlare.

«Lisa, sei connessa con il mondo?»

La voce della mia coinquilina mi sorprende, di nuovo. Forse devo smetterla di pensare. Eppure, più guardo l'uomo che ho di fronte e più non mi capacito di nulla. Vorrei urlargli addosso il mio dolore, la mia rabbia e anche tutto l'amore che provo per lui, ma mi limito al silenzio. Un sorriso è ciò che riesco a concedergli assieme a una rassegnazione che non vedrà mai.

«Lisa, è tutto okay? Sei strana e anche un po' pallida.»

Questa volta è Alessio a parlare. Il mio tutto e il mio niente che si preoccupa per me.

«Sto bene, sono solo un po' stanca. Vedo che vi siete dati da fare nel frattempo.»

Indico il manuale e alcuni fogli sparsi qua e là. In realtà sono felice che lui si stia interessando a qualcosa che faccio io. Mi fa sentire un po' più importante.

«Moira mi ha raccontato dell'organizzazione di una serata per tua madre. Trovo la cosa particolarmente interessante. Potrei dare una mano, magari con una donazione o qualunque altra cosa.»

«Sai, mi fa ridere pensare a te e Moira assieme. Non ha cercato di spaventarti o altro? L'ultimo ricordo che ho di voi due è la tua faccia sconvolta per la paura della varicella.»

«Ammetto che all'inizio è stata dura, ma poi sono riuscito a concentrarmi sul tuo progetto. Credo tu stia facendo davvero un ottimo lavoro.»

«È il progetto di mia madre, non mio. Io le sto solo dando una mano.»

«Come vuoi. Ma, ti prego, almeno ogni tanto, prenditi i tuoi meriti.»

Mi fa un occhiolino veloce poi posa lo sguardo dentro al mio, incatenandomi. Siamo io e lui. Siamo fatti di attimi e di battiti, di sorrisi complici e carezze negate. Siamo sofferenza, siamo passione. Siamo due anime slegate che resistono solo se allacciate. Siamo questo sguardo che ci inchioda alla realtà scomoda.

Smettila immediatamente di guardarmi. Così non ce la faccio.

Il verso gutturale che proviene da dietro le mie spalle, rompe la magia. Moira tossicchia imbarazzata e mi costringe a prestarle attenzione.

«Scusate se esisto!»

«Non fare la scema, Moira. Sappiamo che esisti, stavamo solo parlando.»

«Credetemi, dalle mie parti quello che stavate facendo non era certo parlare.»

«E cos'era scusa?»

«Sesso visivo. Mai sentito? Dovreste informarvi meglio. Comunque sia, non fatelo più davanti ai miei occhi. È abbastanza disgustoso.»

Scoppio a ridere di gusto e Alessio mi segue a ruota. Una teoria tanto assurda non l'avevo mai sentita, ma in questi mesi assieme a Moira ho capito che qualunque cosa si trasforma in malattia o sindromi strane e inesistenti.

«Grazie per l'avvertimento, Moira. Cercheremo di stare più attenti.»

«Ve ne sarei grata. Lisa, cosa c'è in quel borsone che ti porti appresso da quando sei tornata? Non è che vuoi farci fuori e ci hai nascosto una bomba?»

«Moira! Non essere così catastrofica, ti prego. Non c'è nessuna bomba in questa sacca, a meno che Alessio non possegga delle mutande esplosive.»

Mi guardano entrambi con una punta di perplessità. In effetti è raro vedermi così allegra.

«Alessio, hai delle mutande esplosive?»

«No! E chi sono Mr Dinamutanda? Ma che vi prende a tutte e due?»

«Chiedere è lecito, rispondere è cortesia. Non si sa mai.»

Moira ha sempre l'ultima parola sulla punta della lingua. Scoppiamo tutti e tre a ridere e di colpo la tensione che sentivo a livello del petto inizia a scemare.

Mi piace la complicità che si è creata tra di noi. Anche se c'è Moira con le sue paranoie, anche se ci sono le mie paure di perdere tutto. Mi ricompongo appena in tempo. Riporto i battiti a un ritmo regolare, faccio lunghi respiri per recuperare il fiato corto dato dalla presenza di Alessio e quella meravigliosa sensazione di benessere che provo solo con lui.

Gli porgo il borsone, indugiando sulla sua mano mentre la afferra.

«Tieni. Me ne stavo dimenticando.»

«Grazie. Così ora posso togliermi questi e riporli nella scatola. Non vorrei che si sciupassero più di quanto ho fatto già.»

«Non c'è problema.»

Chiudo gli occhi un solo istante per fissare nella mente la sensazione della sua mano che mi accarezza il viso. Quando li riapro i suoi occhi sono nello stesso posto in cui li avevo lasciati. Nel mio sguardo e sul mio cuore.

Sospiro, ma non basta ad allontanarlo da me. Mi afferra la mano, la stringe, gioca con le mie nocche.

Non so come uscirne se continui ad amarmi alla tua maniera.

«Non mi avevi mai detto di avere un gatto.»

Le parole mi sfuggono, il tono pungente.

«Probabilmente perché non ho un gatto.»

«Ah, okay. Devo aver capito male allora. Vado a farmi una doccia. Pensate voi alla cena?»

Mi alzo di scatto tentando la fuga, ma non ho fatto i conti con la vicinanza di Alessio. Mi afferra per un braccio in maniera delicata, e mi costringe a restare lì, attaccata al suo corpo fresco di doccia. Profuma di gelsomino come il mio bagnoschiuma. Il cuore accelera di colpo, le mani tremano e sudano, ma spero davvero non voglia baciarmi di nuovo perché non gli resisterei e perché ho giurato a me stessa che, d'ora in poi, tra di noi ci sarà solo un rapporto di tipo lavorativo.

«Lisa, ti dispiacerebbe spiegarmi a quale gatto ti riferisci?»

O mio Dio, ma perché da sempre credito alle mie parole? E perché cavolo di motivo si è concentrato su questa storia del gatto?

«Non ha importanza, davvero. Mi è sembrato ci fosse un gatto a casa tua, ma devo essermi sbagliata. Scusami.»

Non riesco a nascondere un velo di incertezza nella voce. Tento di allontanarmi, ma lo sguardo di Alessio puntato dentro al mio mi immobilizza sul posto per l'ennesima volta. Mi afferra la mano e rafforza la presa tra le mie dita.

«Sapete, io una volta ho sentito dei rumori provenienti dal mio vecchio appartamento. Credevo anche io che fosse un gatto invece erano i ladri. Sapete che spavento? Fossi in te Alessio controllerei casa tua!»

Moira ci raggiunge in salotto, gli occhi puntati addosso all'intreccio delle nostre mani. Le lancio uno sguardo contrariato, per la sua capacità di parlare a sproposito. A me è chiaro come stanno le cose e speravo di poter chiudere il discorso mezz'ora fa. Ora lei non fa che incoraggiare Alessio a fare ancora domande a cui farei a meno di rispondere.

«Moira, non erano ladri.»

Mi rendo conto di aver usato un tono troppo brusco, la osservo incupirsi e un accenno di senso di colpa fa capolino.

«Scusa, non volevo essere scortese. Ho avuto una giornata impegnativa e ho solo bisogno di farmi una doccia. Non parliamone più, d'accordo?»

«Io ne voglio parlare, invece. Moira potresti lasciarci soli per un po', per favore?»

Alessio interviene prima che lei possa controbattere. Ci riserva uno sguardo ambiguo prima di avviarsi verso l'uscita con una scrollata di spalle.

«Lisa, ti perdono solo perché le tue occhiaie sono indice di enorme disagio e non voglio infierire oltre. Vado a fare la spesa così potete parlare di gatti e guai. Non metteteci molto però, la mia resistenza nel mondo esterno è parecchio limitata.»

Si chiude la porta alle spalle e io resto immobile a fissare le impronte lasciate sul parquet impolverato.

Sposto lo sguardo su Alessio che trattiene una risatina per l'ennesimo bizzarro comportamento di Moira.

«La tua amica è un po' svitata, lo sai?»

«Moira non è svitata, ma ammetto che può sembrare il contrario, se non la si conosce. È una bravissima ragazza quando riesce a contenere l'ansia e le paranoie.»

«E tu?»

«Io cosa?»

«Riesci a contenere l'ansia e le paranoie? Credimi, con le mie ci riesci benissimo perché ogni volta che sono con te, tutto il buio di cui sono fatto si illumina. E mi fai bene. Tanto.»

Nel suo sguardo leggo un'intensità e una sincerità mai captate prima. Sono in tilt. Inizio a giocare con alcune ciocche dei miei capelli, le attorciglio fra le dita e le rilascio in maniera quasi ossessiva.

«Lisa, va tutto bene? Mi sembri nervosa e inizi ad assomigliare alla tua coinquilina. Smettila di sistemarti i capelli, sono perfetti così, arruffati e ribelli come me. Tu sei davvero l'unica in grado di tenere a bada la parte ingarbugliata che ho dentro. E non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto quello che hai fatto per me finora.»

Finalmente trovo il coraggio di parlare anche se rispondere a tali parole non è affatto semplice e non sarà mai abbastanza per fargli capire quello che provo.

Gli afferro la mano per sentire, fosse anche per l'ultima volta, la sensazione delle sue dita fra le mie.

«Non c'è problema, Alessio, davvero. Permettimi però di dire che Sansone è un pessimo nome per un gatto.»

Scoppio a ridere, più per stemperare la tensione che per reale necessità, ma smetto immediatamente non appena mi accorgo che Alessio mi sta guardando stranito e, soprattutto, si è allontanato da me.

«Lisa io non ho mai avuto un gatto.»

«Scusa, non volevo intromettermi e comunque stavo scherzando.»

Mi allontano e raggiungo la cucina con l'intento di prendere dalla dispensa qualunque cosa mi aiuti a distrarmi da lui. Non faccio in tempo ad afferrare il sacchetto di frutta disidratata, che vengo catapultata di nuovo in un'altra dimensione.

L'abbraccio di Alessio, il suo fiato caldo sul collo, quel mio "ti amo" bloccato nella gola.

Mi aggrappo al mobile per non perdere l'equilibrio mentre lui mi stringe sempre più forte.

«Ormai è tardi. È da parecchio che ti sei intromessa nella mia vita...io e te...»

«Io e te siamo stati amanti. Sempre e solo amanti» sospiro. «Tu sei sposato e....basta...»

«Se solo non lo fossi io e te...»

«Ma lo sei. A proposito, tua moglie ha detto di dirti che le manchi.»

Sento le sue braccia staccarsi da me nell'istante in cui io pronuncio l'ultima frase e d'istinto mi copro il viso per nascondere le lacrime.

«Non credo sia vero.»

Anche io non lo credo, ma non posso rovinarti la vita e la carriera solo per un mio capriccio.

Lui deve continuare la sua vita senza di me. E deve smetterla di mostrarsi affezionato a me, così non fa che complicare le cose. Mi volto verso di lui mentre è intento a rovistare nel suo borsone e dall'espressione del suo viso non capisco se sia più arrabbiato o incuriosito.

«I vestiti che mi hai portato non sono miei. Non so dove tu li abbia presi, ma ti pregherei di riportarli al legittimo proprietario.»

«Io non ho preso niente. Me li ha dati tua moglie prima di cacciarmi dal vostro vialetto per andare a controllare il gatto.»

«Ancora con questa storia. Quante volte ti devo ripetere che noi non abbiamo nessun gatto?»

«Tu forse no, ma Laura sì. Oppure devo pensare che ci fosse qualcuno non di origine animale con lei?»

Mi lascio sfuggire l'ultima frase, ma me ne pento subito. Il viso di Alessio si è incupito di nuovo, il suo tono è secco, pungente.

«Non ti permetto di fare insinuazioni, Lisa. Stai fuori da questa storia.»

Osservo la sua figura raggiungere il bagno, ogni passo è come un macigno silenzioso che si schianta contro di me facendomi a pezzi.

Asciugo le lacrime ed esco al fresco della sera. 

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