Arrivo in ufficio stravolta e in notevole ritardo. Marta e Pietro stanno confabulando tra di loro, ma smettono non appena io mi avvicino alla mia postazione.
«Lisa! Finalmente. Iniziavo a preoccuparmi. Non hai idea del casino che c'è qui. Martelli ha già chiesto tre volte di te.»
La mia collega mi porge un caffè ormai freddo, accompagnato da un timido sorriso e io annuisco. Indosso gli occhiali da sole per coprire le occhiaie e i segni di pianto, il che, considerato che ci troviamo all'interno di un ufficio, immagino possa sembrare insolito anche se nessuno dei due me lo fa notare.
«Ora vado. Già immagino cosa vorrà dirmi, preparatevi a sentire le sue urla.»
Lasco andare un sospiro, mi avvicino a Pietro e abbozzo un sorriso in sua direzione. Da quando sono entrata non ha smesso un attimo di fissarmi e io, non capisco perché, mi sento impacciata di fronte alle sue attenzioni. Ci siamo baciati e l'abbiamo voluto entrambi, ma non so davvero quello che provo.
«È tutto okay?»
Mi sfiora il viso per rubarmi una carezza e io, istintivamente, mi aggrappo al suo collo e lo sorprendo con un bacio.
La mia bipolarità nei confronti di quest'uomo, è davvero ai massimi livelli.
«Va tutto bene, ma ho avuto una notte agitata.»
«Non sei l'unica.»
Pietro osserva e cerca il mio sguardo, nascosto dalle lenti scure. Gli sorrido e incrocio le dita alle sue, cercando di nuovo quel contatto di cui sento di aver bisogno. Ci avviamo insieme verso la porta di Martelli e sono meno tesa del solito all'idea di rivederlo. Forse è proprio la presenza di Pietro a farmi questo effetto.
Busso e ridacchio in sua direzione. Sembro una ragazzina, ma non mi importa.
La voce profonda e roca del capo non mi innervosisce come il solito, anche se mi guarda in cagnesco e mugugna insofferente.
«Finalmente ti sei degnata di venire qui. Eva si è licenziata quindi fino a nuovo ordine ti occuperai tu di sostituirla. Un eventuale aumento di stipendio verrà concordato in sede separata, se il nostro contabile è d'accordo e pensa sia fattibile.»
«Assolutamente» risbatte pronto Pietro, aggiungendo un sorriso.
Sono quasi commossa da questa novità. Non so ancora se mi piace l'idea di essere la segretaria tutto fare - assistente di Martelli, ma per il momento non me la sento nemmeno di rifiutare. Il suo ufficio però, sarà più vicino a quello di Alessio e quindi tentare di ignorarlo risulterà ancora più ostico nonostante ci sarà anche Pietro a pochi metri.
«Dunque, Dr. Martelli, lei sta assegnando il posto a me? È sicuro?»
«Io no, ma gli altri soci mi hanno convinto della tua buona fede e della tua innata discrezione. Quindi sì, momentaneamente sto assegnando il posto a te. Non farmene pentire. Questo è il contratto da firmare.»
Appoggia in maniera un po' brusca un plico di fogli davanti a me, poi riprende a guardare lo schermo del suo computer e si rivolge a Pietro senza neppure guardarlo in faccia.
Allora non fa lo stronzo solo con me.
«Ferrari puoi lasciarci soli per favore?»
Lancio uno sguardo a Pietro che annuisce in direzione di entrambi e mi fa un occhiolino prima di uscire dalla stanza. Osservo i documenti che ho davanti e mi scappa un sospiro.
Stare da sola con Martelli mi mette sempre un po' di angoscia.
«C'è forse qualcosa che non va?»
Il tono di Martelli è brusco e il suo sguardo minaccioso. Come se firmare un contratto in cui mi impegno a non divulgare informazioni riservate sia una cosa da non valutare.
«No, solo che il fatto che lei mi faccia firmare questi fogli significa che non si fida di me.»
«Infatti, è così, ma non pensare di essere l'unica a ricevere questo trattamento. Sono circondato da gente che vuole farmi fuori, mi devo tutelare.»
«Con tutto il rispetto, Dr. Martelli non credo di avere le giuste competenze e conoscenze per poterla estromettere dal cda e mi creda che se avessi voluto un'azienda tutta mia, l'avrei creata.»
«Comunque, non mi fido. Firmare serve anche a te per ricordarti che niente di quello con cui avrai a che fare qui dentro dovrà essere divulgato. E togliti gli occhiali che non c'è sole qui.»
Annuisco. Faccio un lungo respiro e tolgo lentamente gli occhiali. Il riflesso nel piccolo specchio accanto all'armadio della cancelleria mostra un viso scavato e gli occhi ancora gonfi dal pianto. Perfino Martelli pare accorgersi che c'è qualcosa che non va.
«Mazzini mi aveva già avvisato che non stavi bene e devo pure ammettere che aveva ragione. Fai spavento.»
«Sto bene» rispondo secca.
Ma poi, come si permette?
«Ormai il contratto l'hai firmato e per oggi penso di poter fare a meno di te come fatto finora. Fai un favore a tutti e vattene a casa.»
Esco dalla stanza senza aggiungere nulla. Inutile tentare di far cambiare idea a Martelli in questo momento, riceverei i soliti insulti velati e, sinceramente, preferisco evitarli.
Sospiro mentre mi avvicino alla mia postazione e inizio a raccogliere le mie cose. Marta è impegnata a discutere al telefono con qualcuno, le lascio un piccolo post-it colorato in cui la avviso che me ne torno a casa.
Le faccio un cenno con la mano e mi allontano per raggiungere l'ufficio contabilità. Pietro mi aspetta seduto a gambe e braccia incrociate sulla sua scrivania, un accenno di arroganza e troppa sicurezza sul volto.
Provo una strana sensazione mentre mi getto fra le sue braccia, in cerca di una sorta di rassicurazione. Non capisco cosa mi prende. Ieri sera ero sicura che fra me e lui potesse davvero nascere qualcosa, poi stamattina quando Alessio mi ha stretto nel suo abbraccio le mie certezze hanno iniziato a vacillare e ora, qui di nuovo fra le braccia di Pietro, non so cosa provo. Né ho la vaga idea tra chi dei due scegliere. È chiaro che per Pietro io sarei la numero uno, quella da baciare e abbracciare ovunque siamo, quella con cui costruire un futuro insieme mentre per Alessio sarei sempre e solo la sua amante, la numero due, quella da tenere nascosta.
Eppure, io continuo a considerare il primo come un diversivo continuando ad amare il secondo nonostante la situazione.
«Martelli mi ha mandata a casa» dico accoccolata contro il suo petto.
«Non hai un bell'aspetto in effetti.»
«Te l'ho detto. Ho avuto una notte agitata.»
Gli sorrido certa che quello che sto provando è un pizzico di speranza.
«Quindi ci vediamo domani?»
«Chiamami quando sei fuori di qui. Dobbiamo lavorare alla ricerca ricordi?»
«Sei sicura?»
«Sicurissima.»
Poso le labbra sulle sue e mi allontano. Un insolito e inaspettato calore dentro al petto.
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