Capitolo 13


Quando arrivo nel locale scelto da Pietro sono completamente inzuppata. L'interruzione della linea della metro a causa del maltempo mi ha fuorviata. Ho atteso invano un autobus e alla fine mi sono rassegnata a farmi un tratto di strada a piedi.

«Ehi, sei completamente bagnata. Che ti è successo?»

Pietro trattiene una risata e io in tutta risposta attorciglio i capelli con le mani e li stringo forte per cercare di togliere più acqua possibile. Sto grondando. E se non mi asciugo al più presto rischio pure una polmonite.

«Lasciamo perdere. Scusa, ma il mio telefono è morto e non ho potuto avvisarti del ritardo.»

«Nessun problema. Come vedi sono ancora qui. Però così rischi di prenderti un malanno, aspettami qui, vado a chiedere se per caso hanno qualcosa per emergenze di questo tipo.»

Lo guardo incamminarsi verso il bancone e mi ritrovo a osservare molto attentamente il suo fondoschiena. Non è per niente male, ma che avesse un bel fisico lo avevo notato subito.

«Eccomi qui. La ragazza dietro al banco non ha potuto offrirmi molto, ma mi procurato dei vestiti asciutti. Fa parte delle divise di scorta e la t-shirt ha il logo di questo posto, ma sarà sempre meglio di ciò che indossi ora.»

Noto che ha puntato lo sguardo proprio sulla mia maglietta che è praticamente diventata trasparente e super attillata. Tento di strappargli i vestiti di mano, ma lui mi blocca e avvicina il viso al mio.

«Il bagno è da quella parte. Vuoi che ti accompagni?» sussurra

La sua insolenza dovrebbe infastidirmi invece, in qualche modo, mi lusinga e mi provoca un brivido. E non credo sia dovuto al freddo.

«Faccio da sola, ma grazie del pensiero.»

Mi allontano e nel farlo non manco di sfiorarlo con il corpo. Non so cosa mi prende, ma provocarlo mi piace.

Quando ritorno al nostro tavolo, Pietro ha già preparato tutto, computer portatile, fogli sparsi, penne, evidenziatori. Dev'essere una faccenda particolarmente importante e a cui tiene molto se si è prodigato tanto. Non è da tutti dare un appuntamento a una donna per mostrarle la sua collezione di cancelleria.

Mi scappa un sorriso mentre mi avvicino. Con i vestiti asciutti mi sento decisamente meglio e così sono sicura di sviare l'attenzione di Pietro da certe mie parti del corpo. Mi piace farmi guardare, ma preferisco quando gli uomini mi trovano brillante e intelligente al di là della taglia che porto.

«Sei già pronto a cominciare, a quanto vedo.»

«E tu sei già troppo asciutta e vestita.»

Ammicca e fa un cenno alla cameriera per farsi raggiungere. Mi rendo conto di essere arrossita, le guance bruciano e mi sento come se l'intero corpo stesse prendendo lentamente fuoco. C'è qualcosa nello sguardo e nell'atteggiamento di Pietro, nelle sue battute e occhiate, che mi fanno perdere la ragione, ma non ne capisco il motivo.

Certe frasi dovrebbero darmi fastidio, farmi arrabbiare per il retrogusto sessuale che emanano. E, invece, mi eccitano. E non mi riconosco più. Fino a pochi giorni fa volevo il lieto fine e il romanticismo e ora?

«Lisa, rilassati, era una battuta la mia, ma è inutile che io neghi. Mi piaci e la tua immagine di poco fa mi fa venire in mente pensieri peccaminosi. Sono un uomo con delle esigenze e tu, in questo momento, rientri tra queste.»

Gli sorrido, ma non sono certa che rientrare tra le esigenze di un uomo sia una cosa positiva. Non riesco a pensare con lucidità.

Mi siedo accanto a lui che sta già digitando sulla tastiera, afferro il calice di vino che lui ha ordinato – tra l'altro senza chiedere una mia opinione in merito – e propongo un brindisi a questa serata e alla strana atmosfera che aleggia intorno a noi.

«Brindiamo e poi mettiamoci al lavoro.»

Alzo il bicchiere e lo faccio tintinnare contro il suo, poi bevo un lungo sorso, gustandomelo come se fosse l'ultimo goccio a mia disposizione. Ho l'impressione di averne dannatamente bisogno.

«Okay, Lisa preparati perché quello che stai per leggere non ti piacerà. O forse sì. Dipende da quanto odi i tuoi superiori.»

Appoggio il calice con irruenza, sgrano gli occhi, lo fisso incapace di rispondere a questa sua ultima affermazione. Io non odio nessuno. Ho dei problemi con Martelli, ma da questo a volerlo vedere morto o quasi ce ne passa.

«Sei senza parole anche tu, vero? Aspetta allora che ti mostri quello che ho trovato. Un ammanco dal conto aziendale. Qualcuno ha voluto fare il furbo.»

Che ci fosse un buco in bilancio già lo sapevo, dato che è stato lo stesso Alessio a dirmelo, solo che ho cercato di non pensarci troppo perché saperlo coinvolto mi manda in caos la testa.

Non riesco a non pensarci. Mi pare evidente che io non sia molto lucida, ma non posso certo dire a Pietro il motivo per cui non voglio avere nulla a che fare con questa storia.

«Guarda qui» indica lo schermo che ho di fronte «qui ci sono tutti i movimenti di cassa in entrata e uscita e anche il computer dai quali sono partiti.»

Spalanco la bocca per lo stupore. Accedere ai server aziendali è compito degli informatici, solo loro possiedono le password necessarie.

«Pietro come hai fatto ad avere questi dati?»

«Ho i miei metodi.»

«Hai hackerato il sistema?»

«No, ma diciamo che sono una persona piuttosto convincente.»

Ammicca in mia direzione e io stringo le cosce. Un gesto istintivo, di protezione.

Bevo un sorso di vino mentre continuo a guardare i dati scaricati sul suo pc e a non trovarne un senso.

Forse sono io che non voglio trovarlo?

«Qui c'è qualcuno che tenta di nascondere qualcosa, pensaci Lisa, potremmo smascherare una truffa.»

Truffa? Ma di cosa parla? Sono sicura che esista una spiegazione logica per tutto questo. Ne parlerò con Alessio appena tornerò a casa, lui certamente mi darà tutte le informazioni di cui ho bisogno e forse la boria di Pietro si placherà. Non mi piace come sta affrontando l'argomento, ma parla in un modo così diretto e sicuro che immobilizza. Starei ore ad ascoltarlo e a guardarlo mentre gesticola convinto.

«Pietro, io non sono certa che...» provo a intervenire, ma mi blocco dopo poche parole.

In realtà non so cosa aggiungere. Lui mi trasmette qualcosa, anche se non so esattamente cosa.

Sospiro mentre mi rigiro il bicchiere tra le mani. Pietro mi parla, ma io non lo ascolto tanto sono impegnata a fissare il suo profilo. Più lo guardo e più inizio a pensare che lui potrebbe davvero essere la risposta a tutti i miei problemi di cuore.

È egocentrico e borioso quando si tratta di lavoro, ma assolutamente sensuale in tutto il resto. Mi piace. Non che sia poi così diverso da Alessio, ma lui non ha quel particolare come la fede al dito che lo lega a qualcuno per il resto della vita.

«Ehi, ma mi stai ascoltando?» chiede agitandomi una mano davanti agli occhi.

Merda!

«Oh... scusa...»

Sento le guance in fiamme. Se capisce che ero concentrata su di lui e non su quello che stava dicendo è la fine.

«Okay, finiamo qui per oggi ti va? Si è fatto tardi e credo che il tuo grado di attenzione sia un po' calato nell'ultima mezz'ora.»

«Hai ragione.»

Scoppiamo e ridere e finalmente riesco a rilassarmi. Non mi ero resa conto di come tutto il mio corpo fosse in tensione.

Guardo l'orologio e non posso credere che mezzanotte sia passata da un pezzo.

Com'è possibile? Sono stata talmente bene con lui da non accorgermi del tempo trascorso?

«Merda» pronuncio a voce più alta del previsto realizzando di non sapere come rientrare. Se Moira se ne accorge, potrei trovare la polizia ad attendermi.

«Problemi?»

«Temo di sì. Ho perso l'ultima corsa per tornare a casa. Dovrò chiamare un taxi, sempre che non siano tutti impegnati proprio stanotte.»

Lui mi sorride mettendosi la giacca e invitandomi a fare altrettanto.

«Tranquilla. Ti do un passaggio io.»

Mi sorride e mi porge il braccio per invitarmi a seguirlo.

Durante il tragitto fino alla sua auto mi aggrappo al suo corpo per riuscire a stare sotto il suo minuscolo ombrello ed evitare di inzupparmi come appena arrivata, ridendo a ogni salto stile olimpionico che facciamo per evitare le pozzanghere.

Parcheggia sotto casa mia e il mio sguardo viaggia in automatico verso la finestra.

Moira ha il maledetto vizio di restare affacciata e quando non mi vede rientrare entro una certa ora, inizia a dare di matto. Non voglio che succeda proprio stasera. Anche perché, vorrei evitare di allarmare tutto il vicinato e in modo particolare Alessio che dorme sul nostro divano.

Non so perché, ma il pensiero che lui sappia che sono qui sotto con Pietro mi spaventa ed eccita contemporaneamente.

Che cavolo mi prende?

«Grazie del passaggio.»

«Grazie a te per l'aiuto.»

Gli sorrido anche se noto una sorta di imbarazzo tra di noi. Non l'avevo mai percepito così forte prima d'ora. L'orologio del cruscotto segna ormai le 2.00 ed ero talmente immersa nei miei pensieri da non rendermi conto di quanto si sia fatto eccessivamente tardi.

Sto per afferrare la maniglia per precipitarmi fuori dall'auto, ma il bizzarro comportamento di Pietro mi fa desistere. Si sta agitando sul sedile, mentre con una mano si sta sfregando un occhio, poi inizia a sbattere la palpebra come se stesse cercando di far uscire qualcosa. Cerca di guardare attraverso lo specchietto, ma la luce fioca del solo lampione esterno non illumina granché.

«Pietro, va tutto bene?»

«Non lo so, credo di avere qualcosa nell'occhio. È una cosa fastidiosa.»

«Aspetta, provo a dare un'occhiata.»

Accendo l'interruttore per avere più luce dentro l'abitacolo e mi avvicino al suo viso, quel che basta per sfiorarlo con il respiro. Gli prendo il viso fra le mani e controllo ogni centimetro di pelle che mi ritrovo a toccare. Sento i battiti accelerare di colpo. Non ero affatto preparata a una situazione del genere e, nonostante abbia già altre volte sentito l'impellente voglia di baciarlo, ora che ce l'ho a un passo non so che mi prende.

Sento il viso in fiamme perché la sua mano che risale lungo il mio fianco mi sta inchiodando al sedile.

«Guarda, c'è un ciglio. Ora dovresti esprimere un desiderio prima di soffiarlo via.»

«Come si fa con le candeline sulla torta?»

«Il principio è lo stesso, in effetti. Quindi questo desiderio?»

«Credo sia appena stato esaudito.»

Non faccio nemmeno in tempo a rendermene conto che le sue labbra sono già posate sulle mie, calde e accoglienti. Dal sapore di vino e caramella alla menta. Mi piace il connubio che crea con la mia bocca. Mi piace il suo tocco che va oltre il fianco che mi infiamma.

Mi piace tanto.

E ora che faccio?

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