Capitolo 15

Chrissy guardava il paesaggio innevato fuori dalla finestra. Il bianco si era posato sulla città nella notte e Chrissy si sentiva come i rami di quegli alberi: spoglia, intorpidita, coperta da un manto tanto sottile quanto freddo, che entro il mattino successivo si sarebbe congelato portando con sé una patina dura e scivolosa.

«Ho saputo che ti piace il cappuccino alla cannella» La mano di Nora entrò nella sua visuale quando la donna le allungò un bicchiere da asporto con dentro la bevanda fumante. «Da Connel» Aggiunse, come per assicurarsi che l'avrebbe accettata di buon grado. Anche se a rivelarglielo fosse stato Leroy, e non l'avrebbe sorpresa minimamente, aveva così freddo che avrebbe bevuto qualsiasi cosa potesse scaldarla. Quando poté stringere tra le mani il bicchiere di carta, Chrissy apprezzò il piacevole tepore e il profumo di cannella che ne derivavano.

«Strano che non vi abbia detto anche quale sia il mio disegno preferito sulla schiuma» La risata cristallina di Nora arrivò dolcemente al cuore della ragazza. Le ricordava sua nonna, dolce e decisa, a tratti ruvida e intransigente.

«Ci ho provato, ma il nostro barista per poco non mi trucidava». Seguì un lungo silenzio, che fu interrotto dalla dottoressa. Chrissy si domandò se fosse sempre così chiacchierona o se semplicemente volesse convincerla di qualcosa. Qualcosa che aveva a che fare con Leroy.

«Tu e Leroy mi ricordate molto mio fratello Conradin e la sua ragazza». Iniziò, per poi fissare lo sguardo sulla sua tazza di tisana al tiglio. La neo mutante non la guardò, aspettando che proseguisse. «Lei era una Cacciatrice, lui un ragazzo ignaro della propria natura. Erano la coppia più affiatata che avessi mai visto nei miei pochi anni di vita, anche se litigavano spesso. Allora non capivo, mio fratello aveva quasi otto anni in più e mi proteggeva da tutto, anche da se stesso. In qualche modo aveva scoperto di essere un mutante e voleva che Eva lo trasformasse. Da parte sua ci fu un rifiuto categorico. Non era un buon momento per quelli come... come lui» C'era una certa rassegnazione nelle sue parole, come se quella ferita avesse smesso di fare male da tempo, ma la cicatrice fosse ancora ben visibile. Chrissy le rivolse uno sguardo compassionevole. Era stata abbastanza fortunata da non perdere mai nessuno, ma aveva visto l'impatto che la morte aveva sulle persone.

«Alla fine chi vinse?»

«Per quello che so, Eva. Qualche mese dopo la scoperta di Cornadin entrambi lasciarono la città in tutta fretta.» Nora si lisciò il camice dopo aver buttato la tazza usa e getta in un bidone lì vicino.

«Con tutte le probabilità, a differenza di Conradin io sono stata trasformata»

«Leroy ha cercato con tutte le sue forze di impedirlo. So che non ci crederai, ma lui ti ama davvero. Anche se non lo sa. Lo conosco da quando era bambino e non l'ho mai visto tanto felice quanto lo è quando parla di te» Un gemito di disapprovazione si poggiò sulle labbra di Chrissy.

Era stufa di sentirsi ripetere continuamente di quanto Leroy provasse qualcosa per lei, di come fosse felice di starle accanto e bla bla bla. Non le importava. Non voleva sentire niente di tutto ciò, perché nessuno voleva sentire niente di come lei stava vivendo la cosa. Nella menzogna. Era tutto, meno che una sensazione piacevole sapere di essere stata presa in giro. E se a differenza di quello che aveva fatto Connel, al quale voleva bene da che poteva ricordare, non riusciva a perdonare il comportamento di Leroy era perché ci aveva creduto davvero, per quel breve periodo in cui si erano stati vicino, ma lui aveva distrutto tutto quanto. Non poteva basare un rischio enorme come quello di perdonarlo in nome di un paio di mesi. Sarebbe stato irragionevole.

«Fandonie. Se mi avesse amato, non mi avrebbe mentito»

«Spesso mentiamo proprio per amore, per proteggere quelli a cui teniamo»

«Anche se fosse, non potrei mai fidarmi di lui. Le cose non funzionerebbero, perché il dubbio prenderebbe il sopravvento»

«Chrissy lo so che»

«No, mi dispiace. Non posso lasciarmi alle spalle quello che ha fatto»

***

Il silenzio che lo avvolgeva lo stava lentamente assordando. Edwin aveva provato diverse volte a farlo sfogare, ma la sua bocca era rimasta sigillata. Lo sguardo di Leroy cadde su un cassetto del comodino e sentì una fitta al cuore lacerato dagli ultimi avvenimenti. Con le mani che tremavano lo aprì e ne prelevò una cornice impolverata. La pulì con l'orlo della maglia e cascò nel circolo dei ricordi.

L'immagine della ragazza dai lunghi capelli castani e gli occhi di zaffiro si sovrappose a migliaia di altre. Adesso la rivedeva davanti a lui, con una cascata di capelli sulle spalle, lisci come la seta, gli occhiali appoggiati sul ponte del naso a darle un'aria dolcissima. Era immersa in quel maglione blu scuro che adorava tanto, rideva di una battuta stupida che aveva detto Leroy e lui non riusciva a superare la consapevolezza che quella era stata l'ultima volta prima che le cose precipitassero. Sospirò, Meredith avrebbe saputo cosa fare. Avrebbe avuto tutte le risposte che cercava, anche quelle alle domande che lui non sapeva di avere. Leroy, al contrario, di risposta ne conosceva una sola. La scrisse su un foglio di carta bianco dopo aver posato la foto della ragazza sulla cassettiera.

*

Andrea la aspettava a una decina di metri dall'Accademia e non poteva nascondere di essere un tantino nervoso. Sapeva che Connel l'aveva introdotto come un semplice amico, ma sapeva anche che Chrissy era sulla difensiva dopo quanto accaduto tra lei, Connel e Leroy. Quando scorse il suo viso avvicinarsi, sentì che avrebbe vomitato dall'ansia.

«Ciao, io sono Andrea» Il suo accento italiano pesava ancora molto sul suo inglese e si ritrovò ad arrossire. Chrissy invece sorrise.

«Io sono Chrissy» Andrea le tolse dalle mani il piccolo borsone che Connel le aveva fatto trovare in camera quando si era svegliata dalla mutazione.

«Non hai freddo?» Alluse alla gonna che la ragazza portava e fu lei ad arrossire. Il freddo riusciva a trapassare anche lo spesso tessuto delle calze.

«Connel ha dimenticato che siamo a dicembre» Ridacchiò e rimase piacevolmente sorpresa quando Andrea le aprì la portiera.

«Sul sedile c'è una cosa per te, Con ha detto che è importante tu la legga subito» Chrissy aggrottò la fronte, ma aprì comunque la busta e il suo cuore perse un battito alla vista di una grafia che non conosceva.

Cara Fatina,

una riga storta cancellava la prima riga.

Cara Chrissy,

Spero Connel ti consegni questa lettera, anche se probabilmente non lo farà. Non è cattivo, ha un buon motivo per odiarmi e non lo biasimo. Vorrei cogliere l'occasione per spiegarti il motivo della nostra inimicizia, che va avanti a causa mia.

Quando avevo sedici anni stavo con questa ragazza, si chiamava Meredith. Ci eravamo conosciuti all'Accademia ed era stato subito un rapporto molto stretto. Ci eravamo cascati con tutte le scarpe. Credo che Connel fosse innamorato di lei, ma non è per questo che mi detesta. Meredith era una mutante, ma nessuno dei veleni che le avevano somministrato sembrava funzionare. Era come se fosse immune, perciò alla fine Mr. Parker decise di lasciarla in pace, a patto che lei non parlasse con nessuno di quanto aveva visto. Io ero felice, perché almeno uno dei due sarebbe rimasto fuori da quel mondo.

Mi sbagliavo.

Ho ucciso Meredith.

Il cuore di Chrissy smise di battere di colpo. Le sembrò di strozzarsi con il proprio respiro e forse rantolò. Leroy era un assassino. Leroy, il ragazzo di cui si era fidata, il ragazzo davanti al quale aveva esposto le proprie debolezze aveva ucciso qualcuno. Qualcuno che avrebbe potuto essere lei.

Lei... Meredith è morta intossicata. Noi... stavamo avendo un rapporto e io ero giovane e inesperto. Ho perso il controllo per una frazione di secondo e l'ho morsa, riversando nel suo corpo una quantità di veleno letale. Nora dice che sarebbe morta comunque, anche con molto meno, perché altamente allergica. Ma io non mi perdono. Il dolore della sua perdita è stato devastante. Avevo promesso di proteggerla e ho fallito, proprio come con te. Questo è il motivo per il quale me ne andrò. Non sono in grado di assicurarti la protezione che meriti e non posso lasciare altri genitori e altri amici senza la persona che amano. Sarei egoista e stupido. Tu non mi vuoi e io non sono nessuno per impormi nella tua vita, così come non lo ero quando ho deciso di baciarti. Quel breve contatto sarà la mia unica consolazione, perché sarà per me l'apice della felicità che mi hai regalato. Non hai idea di quante volte abbia fissato il soffitto desiderando di non essere me, di non essere un Cacciatore. Di poter essere tutto ciò di cui avevi bisogno e che avresti voluto. Ma non lo sono mai stato e va bene così, perché là fuori ci sarà qualcuno in grado di amarti come meriti.

Ti auguro di trovare tutta la felicità che questo mondo ha da offrire e qualcuno che ti renda felice quanto tu rendevi felice me prima di... be', lo sai. Resta sempre fedele a te stessa, Fatina.

Di nuovo quel nomignolo cancellato.

Chrissy. Ti vorrò sempre bene,

Tua Giraffa,

tuo Leroy, Gigante, Idiota...

La lista continuava, elencando tutti i modi in cui l'aveva chiamato. Persino quelli che lei aveva dimenticato. Sentì un forte dolore allo stomaco e boccheggiò. Non poteva lasciarlo andare. Forse Nora aveva ragione. Forse Cheryl aveva ragione. Forse Ginevra e tutti gli altri l'avevano. Forse lei era solo una codarda. Strinse più forte la lettera macchiata da parole traballanti e frettolose, intrise di un dolore nuovo, sordo, profondo. Una sofferenza viscerale che, attraverso la mano di Leroy, Chrissy aveva fatto sua e che la stava strangolando.

«Andrea, puoi... puoi girare da questa parte?» Gli occhi del ragazzo si posarono sulla sua mano tremolante. La sua voce, ridotta a un sussurro, gli domandava di seguire una strada che l'avrebbe portata dalla parte opposta di casa sua. Andrea non obiettò, limitandosi a seguire le sue indicazioni.

Salì di corsa le scale che l'avrebbero portata da Leroy, incurante del fiatone e delle persone che, obbligate a rinunciare all'ascensore a causa di un guasto, salivano e scendevano insieme a lei. Arrivò al piano trafelata e dovette appoggiarsi al muro per riprendersi. Le girava la testa e forse non era stata una grande idea lanciarsi su per le scale con tale foga. Barcollò con le gambe di gelatina verso la porta e premette il dito sul campanello. Una, due volte.

Il suo cuore precipitò nel petto schiacciando lo stomaco quando non ricevette alcuna risposta dall'altra parte.    

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