You are free at last

Il capitano Noir si chiese come fosse fottutamente possibile che una ragazza così minuta come la sua sirena potesse mangiare così tanto.

Si era voltato solo per un secondo per prendere una camicia pulita e lei aveva già svuotato il piatto che le aveva portato.

«Come si chiamava quella cosa gialla?» chiese la corvina inclinando la testa. «Era delizioso!»
«Purè di patate. È davvero buono.» rispose.

Passarono pochi secondi in silenzio prima che lei lo rompesse.

«Posso chiederti una cosa, capitano?» domandò, guardandolo come se stesse cercando di leggergli l'anima.
«Dimmi, tesoro.»
«Perché sei un pirata? Non somigli per niente ai pirati di cui ho sentito parlare. Tutti i pirati sono come te?»
«Puoi star certa che io sono l'unico pirata che si comporta così gentilmente, ma non farti venire strane idee: tu sei un caso particolare. Onestamente, tu non hai la minima idea di quanto sei stata fortunata ad essere stata catturata dalle mie reti. Nessuno sarebbe stato gentile con te, soprattutto quando avrebbero scoperto che ti spuntano le gambe durante la notte.» spiegò con lo sguardo azzurro fisso su di lui.
«Allora rispondimi, per favore: perché sei un pirata?»

Chat si appoggiò alla parere della cabina, incrociando le braccia al petto per riflettere sulla domanda.

«Per la libertà.» ripose brevemente, ma Marinette non sembrava soddisfatta.
«Non eri libero sulla terra? Senza aver bisogno di uccidere, rubare e tutto il resto?»

Il pirata sbuffò ancora prima che potesse pensare di trattenersi.

Non era sicuro di poterglielo raccontare; ma poteva anche non entrare nei dettagli.

«Tesoro, prima di essere un pirata ero... ero prigioniero in una gabbia dorata da un tutore che si teneva ben strette le chiavi.»
«Dev'essere stato terribile.» commentò incrociando le braccia. «Avere qualcuno che ha scelto per te. Non avere la possibilità di scegliere dove andare o cosa fare. Non avere la possibilità di scegliere su nulla.»

Il ragazzo aggrottò la fronte.

«Anche le sirene danno valore alla propria libertà. Non ti preoccupa minimamente il fatto che tu mi stia facendo la stessa cosa da cui tu stai scappando?»

Marinette sperava che colpirlo nella sfera emotiva potesse convincerlo a lasciarla libera, ma il capitano Noir aveva l'espressione di chi aveva appena ricevuto una secchiata d'acqua fredda; uscì dalla stanza, sbattendo la porta alle sue spalle.

La sirena sospirò.

Valeva la pena tentare.

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«Mio padre dice che se farò un'altra scena del genere mi rinchiuderà nel palazzo.»
La madre sorrise dolcemente, baciandogli la fronte. «Dovrà passare sul mio cadavere, mon petit

Chat strinse il pugnale tra le mani.

«Padre, c'è una festa in città, posso...»
«No. Ora torna alla tua lezione di piano.»

Il pirata colpì violentemente il manichino con l'arma.

Era il giocattolo di Alix per fare pratica, ma era più che sicuro che non le sarebbe dispiaciuto prestarglielo.

«Padre, ho pensato che potrei esercitarmi a cavallo oggi...»
«I giardini sono troppo grandi per te.»

Chat lo colpì nuovamente, ma con più forza.

«Padre, ho il diritto alla libertà–»
«Tu sei mio figlio ed io decido di cos'hai bisogno. Cosa intendi per "libertà"? Andare a scherzare per i vicoli della città come ogni altro cittadino ottuso? Torna dal tuo tutor e non perdere più tempo per queste cose ridicole.»

Il pugnale affondò per l'ennesima volta nel manichino. Ancora e ancora.

Il capitano non sapeva cosa si sarebbe rotto per prima, se la lama o il manichino.

Chat non era come lui.

Non era la stessa cosa.

Il suo era uno scambio: presto l'avrebbe venduta al mercato nero per avere dei soldi.

"Non puoi vendere un essere umano." sussurrò una piccola vocina nella sua testa.

Il biondo colpì ancora il manichino, non riuscendo più a recuperare la lama poiché l'aveva conficcato troppo in profondità; poté soltanto restare con l'elsa in mano.

Lei non era un essere umano.

Era un mostro marino.

Non aveva cuore, era solo una macchina per uccidere.

Gli occhi azzurri della sirena gli balenarono in mente, il dolce sorriso che dedicava solo a lui...

«Amico, stai bene?»
«IO NON SONO COME LUI! NON SONO LUI!»

Nino fu preso alla sprovvista dall'improvvisa esplosione del suo capitano.

Chat Noir cadde in ginocchio con le mani tra i capelli. «Io non sono come lui... Io... Io... Cazzo! Sono esattamente come lui!»
«Amico. Chat...» il moro mise la mani sulle spalle del suo migliore amico appena si rimise in piedi.
«Lasciami Nino!» esclamò freneticamente il capitano, agitandosi per essere liberato. «Mollami, cazzo!»
«Non finché non mi dici che cosa ti è preso!» gridò di rimando il suo migliore amico.

Questo non era lo stesso Chat che conosceva, pensò il nostromo non mollando la presa.

«Vado a rimetterla in mare! Le restituisco la libertà! Cazzo Nino, mollami, o giuro su Nettuno che–»
«Amico, non finire questo giuramento.» esclamò, interrompendolo. «Che cos'è successo?» gli chiese per l'ennesima volta, le sopracciglia che formavano un cipiglio mentre fissava il capitano.
«Tu non puoi capire.» rispose disperato, afferrando i polsi dell'amico. «Devo liberarla. Non posso essere come lui. Non voglio

Nino capì a cosa si riferiva: sapeva come si chiamava prima di darsi il nome di "Chat Noir", ma che fosse dannato se gli avesse fatto prendere una decisione di cui si sarebbe pentito.

«Chat, amico, ascolta. Fai un respiro profondo e vieni a bere qualcosa con me. La sirena starà bene, non la venderemo alla prima persona che incontriamo. La daremo ad uno stregone con una vasca e un giardino tutto per lei, va bene?»

Chat stava per rispondergli di smetterla di trattare con lui, che non era un fottuto idiota con nessuna concezione di ciò che lo circondava, quando un tuono rimbombò in lontananza.

Ci fu un lampo subito dopo ed ora Nino riuscì a vedere quanto il suo compagno fosse pallido, come se sul ponte de La Coccinelle fosse passato un fantasma.

«Un drink... Un drink suona bene...»

A Chat bastò meno di un secondo per ubriacarsi e dimenticare tutto l'accaduto.

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«Come all you pretty fair maids, whoever you may be.» la dolce voce di Rose riecheggiò contro le pareti della grotta mentre Emilie le intrecciava i capelli. «Who love a jolly sailor, that plows the raging sea.» continuò, intrecciando alcune conchiglie insieme con delle alghe.

Juleka era appoggiata contro la parete della caverna, sorridendo mentre ascoltava la sirena dalla cosa rosa.

Tikki era in una posizione simile a quella di Juleka, tranne per i suoi occhi, che fissavano nulla in particolare.

Duusu, sdraiata sul pavimento, stava giocando con uno strano strumento che aveva trovato durante un naufragio.

«There is nothing can console me, but my jolly sailor bold.» Rose terminò la canzone, scuotendo l'oggetto che aveva costruito e facendo tintinnare le conchiglie.
«Già, nulla può consolare il mio stomaco meglio di un allegro e audace marinaio.»
«Alya!» esclamò la sirena dalla cosa rosa appena sua sorella le apparse alle spalle. «Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Scusa, scusa.» disse, sollevando alcune dita umane e mostrandole alle sue sorelle. «Ho portato uno spuntino. Qualcuno ne vuole un po'?»

Juleka alzò la mano e Alya gliene passò uno.

«Nessun segno di Marinette?» chiese Tikki dopo ore di silenzio.
La mora scosse la testa. «Niente di niente.»
«Quante lune sono passate da quando se n'è andata?» domandò Rose.

Avrebbe dovuto tenere il conto. Perché non l'aveva fatto?

«Troppe.» fu la risposta di Tikki mentre entrò in acqua, agitando la coda nervosamente. «E se le fosse accaduto qualcosa?»

Rose gemette di paura, mentre Emilie smise di intrecciarle i capelli; Duusu gettò l'oggetto che aveva in mano, per poi nuotare accanto alla sorella.

«Marinette è sempre stata una specie di vagabonda, no?» mise in discussione la sirena dalla coda blu. «Ci sono delle notti in cui sparisce solo Nettuno sa dove. Anzi, non ricordo nemmeno una notte in cui non è scappata.»
«Anche se fosse, è passato troppo tempo. L'unica ad averci messo così tanto per portarci gli occhi è stata Duusu.» disse Tikki, guardandola storto. «E solo perché ti eri fermata ad ammirare quanto fossero belli gli occhi.»

La diretta interessata alzò le spalle. Aveva un buon gusto per gli occhi, dopotutto.

«Anch'io sono preoccupata, ma Marinette è molto più feroce di quello che crediamo.» tagliò corto Alya.
«Stiamo parlando della stessa Marinette che aveva trovato un cucciolo di polipo ferito, che l'ha curato, nutrito e che si è rifiutata di liberarlo finché non era diventato grande abbastanza per difendersi?» chiese scettica Juleka.
Alya la fulminò con lo sguardo: «Sì, la stessa Mrinette che ha ucciso un grande bianco che aveva minacciato il polipo.»

Tikki si morse il labbro: sua sorella aveva ragione, Marinette era più feroce e mortale di chiunque altro.

Ma si tratteneva quando riguardava le persone e le cose a cui teneva.

La sorella preferiva evitare l'attacco frontale e per Tikki significava solo guai.

«Non c'è nulla in queste acque che non è in grado di affrontare.» disse Alya con decisione.
«Nelle acque... Ma fuori?» chiese Rose.

Le altre sirene la fissarono, ma lei sollevò le spalle e distolse lo sguardo.

La bionda non voleva nemmeno pensarci: il solo pensiero di una delle sue sorelle nelle grinfie degli esseri umani era una cosa orribile.

Juleka le mise una mano sulla spalla, rassicurandola.

«Marinai?» domandò Emilie, dicendo ciò che tutti stavano pensando.
Duusu scosse la testa: «No, i marinai non oserebbero attaccare una sirena, se hanno buon senso.»
«No, i marinai vogliono...» disse Tikki distrattamente.
«Pirati.» sibilò minacciosa Alya, sentendo l'eco contro le pareti della grotta.

Le sorelle si scambiarono uno sguardo tra loro.

Sembrava che fosse giunto il momento per loro di fare un viaggio.


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Eheheheh🌚

Vedrete sabato che succede🌚🌚

A sabato :D

FrancescaAbeni

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