L'ombra del vento

Emma arrivò in anticipo, quella mattina, all'università. Così si sedette su una panca nel cortile d'ingresso e cominciò a leggere Enrico V. Trovò il solito post-It a pagina dieci.

È una fortuna che questa biblioteca sia rifornita di tutte le opere di Shakespeare,
Altrimenti non avrei altro da fare che usare altri libri. In base a questa situazione, ti sto per porre un quesito che i più stupidi riescono a decifrare e i più svegli no,

un indovinello dalla risposta impossibile, incredibile.
Una domanda da un milione di dollari.

Qual è
(Senza contare le opere di Shakespeare)
Il tuo libro preferito, Emma?

È così semplice, eppure così complesso, no?

Qual è il tuo libro preferito?

Così tanta gente me lo ha chiesto nel corso degli anni,

per chiunque mi vedesse leggere e non avesse questa passione

era la prima domanda da pormi. Io quando ero un bambino ero un disastro, e a

questa domanda, poiché non sapevo rispondere, diventavo tutto rosso

e cominciavo a tremare. La gente allora si allontanava stranita, ed è così che ho passato

la mia infanzia e adolescenza: con tanti amici, sì,

ma di carta.

E potrà sembrarti drammatico, ma no,

alla fine... non è così male.

Dopotutto i libri possiedono tutte le qualità che si cercano in ogni amico.

Il fatto di saper ascoltare,

di comprenderti,

di sorbirsi i tuoi sfoghi e le tue pazzie urlate al vento.

A un libro puoi parlare di tutto,

perché sei certo che non ti giudicherà,

qualunque cosa tu dica,

qualunque desiderio tu esprima.

Stanno zitti, e ascoltano.

Muti.

E comprensivi.

I libri li puoi distruggere se ti fanno arrabbiare,

bagnare se ti commuovono,

rovinare se li ami,

e loro subiscono

e subiscono,

e subiscono.

Muti.

Un libro lo puoi prendere e mollare quando vuoi,

non si offende.


Sta lì, muto.

Ad aspettare il momento in cui sarà utile.

Muto.

Senza giudicarti per quello che sei o che non sei,

senza condizionarti,

senza renderti conforme a sé,

senza formare addosso a te una corazza,

una corazza per farti piacere da gli altri ma odiare da te stesso.

È solo carta, alla fine, no?

Muta, profumata carta.

Cosa c'è di meglio?

Cosa c'è di meglio di una cosa muta che racconta le storie?

Tuo, Shakespeare

Il foglio era stato bagnato. Era un po' accartocciato, e l'inchiostro era bluastro e sbafato in alcuni punti. A meno che non gli fosse caduto un bicchiere d'acqua mentre scriveva il mittente aveva pianto su quel post-it. La sveglia sul suo cellulare risuonò nella mente di Emma come un'eco lontano, poi sempre più forte, fino a che la ragazza non realizzò di cosa si trattasse. Infilò il biglietto in tasca con furtività e si avviò a passo veloce verso il portone.

"E-Emma!" sentì chiamare da pochi metri dietro.

Chiuse gli occhi aggrottando le sopracciglia: l'ultima. persona. con cui. avrebbe. voluto. parlare. in quel. momento: Tommaso. Ma possibile che quel ragazzo non riusciva a resistere un secondo senza di lei? L'aveva incontrato... quando, mezz'ora prima?

 Eppure prima era un Tommaso diverso, più eretto, più spettinato e con le guance rosse per l'aria pungente che sostituivano la sua carnagione pallida, un Tommaso senza uno di quei terribili gilet di lana a fantasia romboidale che portava sempre. Ora che Emma ci pensava, quella mattina Tommy aveva la camicia fuori dai pantaloni e, soprattutto, un'aria disinvolta e sicura di sé. Quella mattina era più affascinante del solito, ed era come se lo sapesse. Emma non poté fare a meno di pensarci: e se fosse proprio lui? Lui, che le scriveva tutti i biglietti, lui che conosceva ogni singola opera di Shakespeare, lui che scriveva con la penna stilografica sui post-it, lui che parlava di sé come in un'opera teatrale, lui che le chiedeva il suo libro preferito, lui che le leggeva nel pensiero, lui che era ormai parte della vita di Emma, LUI... di cui si era innamorata?

"Emma... t-tutto bene?" La ragazza si girò di scatto alla sensazione della sua mano che le sfiorava la spalla. Lo guardò con occhi sgranati: era tornato il solito timido ragazzino all'antica che tutti trattavano come un bambino, i suoi capelli erano nuovamente pettinati di lato e inondati di gel, la camicia era di nuovo nei pantaloni, il nauseante gilet a quadri era di nuovo lì, a coprire le sue spalle nuovamente curve sotto il suo familiare volto pallido. Ma a Emma non importava, perché aveva capito che era tutta una farsa, il Tommy, anzi il Tommaso di quella mattina era quello vero, che si nascondeva sotto un ragazzo introverso e goffo, solo per fare colpo su di lei quando avrebbe scoperto chi era veramente. Ma lo aveva colto con le mani nel sacco, nella sua versione vera, a rifilarle il biglietto quotidiano, come faceva ogni mattina, giusto pochi minuti prima che Emma arrivasse in biblioteca. 

Avrebbe dovuto chiedergli se era veramente lui, o avrebbe dovuto vivere con il dubbio fino a che LUI non avesse deciso di rivelarglielo? O forse glielo voleva dire proprio ora, quel tocco sulla sua spalla, sì, voleva dire proprio questo, la rivelazione che arrivava con un primo contatto fisico, a breve avrebbe raddrizzato la schiena e si sarebbe passato una mano fra i capelli, smuovendoli dalla trappola di gel, glielo avrebbe detto, sì, così, su due piedi, perfettamente a metà strada tra la panchina e il portone dell'università, le avrebbe detto "Sono io, sono Shakespeare, sono io, l'inventore di Piero Tani che si confida con te attraverso i libri, sono io, che ami!".

Ma i secondi passavano, imbarazzati, e nessuna rivelazione arrivava. Emma tratteneva il respiro, quasi impaurita, perfettamente nella stessa posizione in cui si era bloccata quando si era voltata.

Tommy la osservava preoccupato:

"T-Ti senti b-bene?"

"L'ombra del vento" disse Emma quasi senza voce "L'ombra del vento è il mio libro preferito"

Un lampo di comprensione passò per i piccoli occhi di Tommaso, che però poi si fecero lucidi e privi di spirito. Di nuovo quel viso da ragazzetto rifiutato da tutti, da piccolo cucciolo impaurito. Emma lo stava odiando. Che fosse lui Shakespeare o no, lo odiava con tutta se stessa. Perché continuava a fare così, a tenerla in bilico su un filo, perché non le si mostrava?! Si voltò e si avviò quasi di corsa, lasciandosi sfuggire un singhiozzo nel liberarsi dalla mano di Tommaso che si trovava ancora sulla sua spalla.

Si sentiva una stupida adolescente presa da una cotta non ricambiata, che si invaghiva in un ragazzo che non la capiva. Si sentiva male, aveva la nausea al solo pensiero di quanto fosse cambiato il suo umore da un giorno all'altro.

Sull'uscio dell'aula si bloccò e tornò indietro, scontrandosi con Tommaso nel corridoio e andando avanti senza degnarlo di uno sguardo, scansandolo bruscamente con il libro che teneva ancora in mano. Camminò furiosa verso fino alla biblioteca, senza neanche correre, mantenendo lo stesso passo deciso e indignato per tutto il tragitto. Continuava a pensare alla stessa frase: Qual è il tuo libro preferito, Emma? Qual è il tuo libro preferito, Emma? Emma, Emma, EMMA.

Entrò in biblioteca e bloccò a metà il saluto sorpreso di Montile sbattendo Enrico V sul tavolo. L'anziano bibliotecario sobbalzò e la guardò spiazzato.

"Mi deve dire cosa sta succedendo! So per certo che lei sa tutto di questa storia! Questa persona conosce il mio nome e probabilmente anche il mio aspetto quando io non so chi sia! Se non è Tommaso, mi deve assolutamente dire chi è! Chi è che mi scrive nei libri? Lui sa tutto di me e io di lui so solo che è bravo a scrivere e che conosce ogni singola frase di Shakespeare e che mi capisce e che in fondo per quanto diverso è simile a me e lo sa, perché lui sa tutto di me, tutto, e io non so niente, non so niente, e non è giusto, so solo che lo voglio incontrare, più di ogni altra cosa al mondo..."

Mentre urlava la sua convinzione riguardo a Tommaso si era affievolita sempre di più, insieme al suo tono di voce che si era trasformato in un pianto dirotto e pietoso. L'espressione di Montile si addolcì quando la ragazza si coprì il volto con le mani, cosciente del fatto che i suoi sentimenti di odio nei confronti del mittente non erano altro che amore. Il vecchio girò intorno alla scrivania e cinse Emma in un abbraccio quasi paterno.

"Non è Tommaso" disse "Ma ho promesso che non ti avrei detto chi è veramente, mi dispiace".

Emma alzò la testa di scatto. Lo aveva detto con una così palese sincerità, il modo diretto in cui le si era rivolto, passando dal darle del lei a darle del tu, la serietà e l'accortezza nella sua frase, rendevano la situazione completamente diversa agli occhi della ragazza. Allora veramente sapeva tutto. Allora veramente Emma non conosceva il mittente. Si sentì sollevata: non era Tommaso.

Il suo odio improvviso per "Shakespeare" mutò nel desiderio ardente di incontrarlo, ancora di più dopo le sorprese del giorno seguente.

Quella mattina era tornata all'università di nuovo serena e decisa a riprendere un po' a studiare, occupazione piuttosto importante che negli ultimi giorni era passata in secondo, anzi ultimo piano. Il primo fatto strano della giornata fu che Tommaso non era più Tommy. Tommy era l'ultimo soprannome che veniva in mente di dargli. Era come di fronte alla biblioteca il girono seguente: bello, sicuro di sé e affascinante. La posizione eretta lo faceva sembrare anche molto più alto di prima. Emma evitò il suo sguardo, imbarazzata. Seguì la lezione con forzata attenzione e quando terminò si recò in biblioteca.

Regalando un sorriso al signor Montile – un sorriso molto più saggio dell'ultimo che gli aveva rivolto, come quello che una nonna rivolge ai nipotini, dopo tante esperienze passate che gravano sulle sue labbra – entrò nel palazzetto e scorse i titoli dei libri appena riconsegnati.

Le mancò il respiro: L'ombra del vento era in cima alla pila. Montile assunse un'espressione bonaria, come di uno "che la sa lunga", e le mise tra le mani un fiore: una singola margherita dalla corolla azzurra.

"Da parte sua" disse piano, come a voler mantenere silente l'atmosfera creata dall'espressione basita di Emma. "Ora vada, signorina, e non si curi di rileggere il libro, vada direttamente alla fine". Aggiunse con lo stesso tono, poi scomparve tra gli scaffali.

Emma restò un attimo immobile, poi sul suo viso nacque un sorriso nonostante qualche lacrima reduce dal girono precedente che minacciava di uscire dai suoi occhi brillanti.

Infilò il libro nella felpa, stringendolo al petto con un braccio, tenendo il fiore nell'altra mano, poi si precipitò sotto la pioggia verso casa.

Aprì il libro al contrario, dalla fine, aspettandosi uno dei suoi amati post-it, ma si ritrovò sorpresa nel non trovarcelo. Era stato sostituito da una sottile busta trasparente che racchiudeva un CD.

Si mosse piano verso il computer e infilò il disco.

I secondi in cui il portatile caricava le sembrarono lunghi e lenti, anche se il battito del suo cuore fosse ben altro che lento in quel momento.

Il disco si caricò e venne sullo schermo la classica immagine che indicava che il contenuto era solo audio.

Partì una musica al pianoforte, il secondo notturno di Chopin, e Emma tirò un lungo sospiro. Ma si bloccò, quando partì la voce. La Sua voce.

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