Il mondo alla fine del mondo

Emma aprì lo sportellino della posta, come faceva ogni mattina.

Luis Sepúlveda. Il mondo alla fine del mondo. Un libro tanto sottile da entrare nella buca per le lettere. Emma lo aprì, sul frontespizio c'era un post-it, ma la penna era una normale Biro blu. 

Circolo di canottaggio, cognome Montile. Sì, è mio nipote. Alle 9:30 dovrebbe aver finito la lezione. Corra a cercarlo signorina, lui non avrà mai il coraggio di farsi vedere. 

Sig. Montile

Emma lanciò un'occhiata all'orologio. 9:23. Come un battitore di Baseball butta a terra la mazza prima di cominciare a correre per raggiungere le basi, Emma mollò il libro e lo sentì toccare terra con un piccolo tonfo quando ormai era già davanti al cancello. Sapeva perfettamente dove si trovava il circolo di canottaggio: suo padre aveva avuto per qualche anno un problema alle gambe, e il kayak era uno dei pochi sport che poteva praticare. Infatti, mentre nella canoa le gambe sono un componente importantissimo, nel kayak restano completamente ferme.

La gente nelle auto in strada le lanciava imprecazioni mentre lei passava con il semaforo rosso senza guardare. Sentiva lo stridere dei freni e le trombe dei clacson come se avesse ovatta nelle orecchie. Perché, perché non aveva preso un motorino?? Saltò su un autobus mentre le porte si chiudevano e guardò l'ora: 9:27. Si lasciò sfuggire un verso di esasperazione e le persone sull'autobus la guardarono male. Passarono due minuti come due ore, dopodiché Emma scese per prima dall'autobus quando le porte ancora non erano completamente aperte. Il cancelletto del circolo si avvicinava sempre di più mentre ci correva incontro. 9:31. Non le era mai sembrato così lontano. Imboccò la porta e scansando le persone con le braccia scese le scale in fretta e furia. 

Cercò con gli occhi una segreteria. 

"Desidera?" chiese la segretaria 

"Montile" disse la ragazza con il fiatone "Dove lo posso trovare?" lo disse quasi come se non fosse una domanda.

"Vediamo..." cominciò la signora abbassando lo sguardo sul computer.

In quei secondi di trepidante attesa Emma guardò di nuovo l'orologio. 9:35. 

"Dovrebbe aver finito da qualche minuto, gli spogliatoi sono sulla sinistra..."

Emma era già sparita verso sinistra. 9:37

Si scontrò con un ragazzo altissimo.

"Ehi, ehi, calma" le disse lui ridendo "Tutto a posto?"

"Conosci Montile?" chiese lei senza fiato

"Ohhh, finalmente una ragazza anche per lui, era ora! Dovrebbe essere in quello spogliatoio là."

"Grazie!!" urlò Emma correndo verso la direzione indicata

Si fermò davanti alla porta dello spogliatoio, la aprì senza pensare e lanciò un urlo richiudendola di scatto: non aveva ragionato sul fatto che era uno spogliatoio maschile.

"Ehi!" sentì da dentro le voci indignate. Si coprì gli occhi con una mano e sperò con tutta se stessa che Shakespeare non fosse tra quei ragazzi.

"Scusate!" disse forte per farsi sentire attraverso la porta "Cercavo un ragazzo che fa di cognome Montile, per caso è lì?"

"Montile è uscito da poco" disse qualcuno. "Bussa, la prossima volta!" aggiunse poi, ma Emma era già lontana.

"SHAKESPEARE!!" urlò. Non sapeva neanche il nome della persona che stava cercando.

Vide una testa voltarsi. Era Tommaso. Emma corse verso di lui.

"Tomm...!"   cominciò. Il biondo sorrise: "Mi sa che vi lascio soli" disse. Poi si allontanò.

Da lontano Emma non si era accorta dell'altro ragazzo. La fissava con un misto di sorpresa, terrore e imbarazzo, eppure sembrava completamente perso nei suoi occhi. Emma si perse nei suoi, che erano blu, blu come l'oceano, ma brillanti come un raggio si sole. Aveva i capelli neri asciugati distrattamente, la bocca semiaperta e il naso appuntito. C'era qualcosa, nei suoi lineamenti marcati, che ricordava il volto di Tommaso. Qualcosa, nel suo sguardo, che ricordava quello dietro gli occhialetti tondi del bibliotecario. Qualcosa, nelle sue mani, che ricordava ogni singola parola che aveva scritto per Emma. Le mani, dalle lunghe dita tremanti, le teneva ancora entrambe sulle ruote della propria sedia a rotelle. 

Si fissarono per qualche secondo. Shakespeare distolse lo sguardo e si passò una mano dietro la nuca. 

"Cosa c'è, ti aspettavi un ragazzo alto e bello?" chiese con una sfumatura amara nelle parole. Emma chiuse gli occhi per un attimo al suono di quella voce. 

"Non posso dire che tu sia alto, ma chi ha detto che non sei bello?" rispose, le sopracciglia alzate e un sorriso che cominciava ad aprirsi sulle sue labbra.  

"Oh, bè... grazie" Disse lui con una risata imbarazzata. Eppure rialzò lo sguardo. "Mi chiamo Lorenzo" aggiunse con serietà. 

Emma sorrise ancora di più.

"Penso che tu conosca già il mio nome" disse.



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