Enrico V

Quella sera Emma non chiuse le persiane. Si sdraiò sul letto e contemplò tranquillamente le stelle, alla luce fioca ma intensa della luna che entrava dalla finestra, rimbalzando sul pavimento e graziando il viso della ragazza, che, ancora assaporando le parole dell'ultimo biglietto, dopo un po' si addormentò.

Emma stava prendendo un caffè con Tommaso.
Dietro di lei c'era qualcuno che la fissava.
Era seduta allo stesso tavolo della scorsa domenica.
Indossava una camicia uguale a quella bordeaux, ma blu.
Dalla tazzina spuntava un grande mazzo di fiori.
Emma aveva in bocca la cannuccia di un bicchiere di succo d'arancia.
Stava ridendo.
Dietro di lei c'era qualcuno che la fissava.
Tommaso era impassibile ma aveva le orecchie scarlatte come se fosse imbarazzato.
Maria arrivò a braccetto con Anna e posò sorridente due libri di biologia vegetale sul tavolino.
Emma prese Amleto dal tavolino e cominciò a leggerlo.
Il signor Montile, che stava di fronte a lei, ora non era più impassibile ma stava piangendo.
Le diceva che il codice di Romeo e Giulietta era cambiato e che quindi il motorino dei suoi genitori si era rovinato.
Emma guardò sul tavolino e in effetti sì, il motorino si era rovinato.
Emma disse a Montile che le dispiaceva.
Dietro di lei c'era qualcuno che la fissava.
Il ramo dell'albero su cui stava seduta si ruppe e Emma cadde sul prato.
Allora la fioraia l'aiutò a rialzarsi e le porse la laurea di sua figlia.
Emma si mise a leggerla e sopra c'era scritto che il cuore di Mario Tani si era bruciato.
Dietro di lei c'era qualcuno che la fissava.
Emma si voltò e quel qualcuno si nascose ma le tirò un post-It.
La penna la colpì sulla testa.

Emma si svegliò di botto. Scivolando piano dal letto, aveva sbattuto la testa sul comodino facendo cadere il bicchiere che c'era sopra, che sparse acqua sul pavimento. Ancora in una sorta di dormiveglia, si alzò e si avviò verso il bagno per recuperare qualche fazzoletto per asciugare per terra. Si svegliò completamente quando si ricordò del sogno che aveva appena fatto.
Solo ripensandoci trovò che era assurdo ed illogico, eppure mentre lo viveva le sembrava così normale!
La ragazza sentì il ricordo di quella sensazione di essere fissata.
Ebbe molta paura e non si riaddormentò più: il suo subconscio, attraverso il sogno, le aveva fatto pensare che il mittente dei biglietti la conosceva bene, forse la seguiva, la spiava.

Quando arrivò la mattina si alzò, un po' prima del solito, si preparò e con questo pensiero fisso in mente si avviò all'università. Con un'espressione rabbuiata entrò in biblioteca, che fu sorpresa di trovare aperta così presto, e senza guardare si scontrò con Tommy. Per un attimo pensò di stare ancora sognando: Tommaso... in quella biblioteca??
"Uh... ehm, ciao" disse Emma.
"Ciao" fece Tommaso con un sorriso sicuro che proprio non gli si addiceva, poi si allontanò.
Emma bofonchiò un saluto al signor Montile, che le rivolse il solito caloroso "Buongiorno Signorina!"
"Sarò da lei fra un attimo" aggiunse, per poi sparire tra gli scaffali.
Emma annuì e si mise distrattamente a giocherellare con la copertina dell'ultimo libro consegnato: Enrico V, di Shakespeare.
All'inizio non ci fece molto caso, poi strabuzzò gli occhi, e collegò mentalmente: il fatto che il mittente la conosceva, Enrico V come ultimo libro riconsegnato, Tommy.
Vide il bibliotecario ritornare e prese con foga il cellulare dalla tasca della borsa per i libri. Facendo finta di guardare un messaggio sul cellulare disse:
"Signor Montile, Tommaso, il ragazzo che è appena uscito che è un mio compagno di corso all'università, mi ha chiesto di portargli il libro che ha appena restituito, perchè si è scordato in esso i suoi appunti per la lezione di oggi."
La scusa le venne così dal nulla, nonostante non fosse solita mentire.
Il bibliotecario si bloccò e la guardò per un istante con un'espressione indecifrabile. Poi rise.
"Questo è molto strano, perchè oggi non ha restituito alcun libro" affermò senza guardarla.
Emma impallidì.
"Ne è sicuro?" Ribatté deglutendo con forza.
"Al cento per cento, signorina!"
"D-deve essersi sbagliato, g-grazie comunque" deglutì ancora.
Montile alzò le spalle e cambiò discorso.
Emma riconsegnò La bisbetica domata e prese in prestito Enrico V, poi uscì nell'aria gelida e plumbea delle sette di  una mattina autunnale.

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