Viva la sincerità

"La formula è facile, com'è possibile non capirla? È la terza volta che te la spiego!" sbottò Elia, seduto al tavolo della solita caffetteria che ormai era diventata il nostro luogo di ritrovo per le ripetizioni del sabato.

"Sarà facile per te. Non sono così intelligente" mi lamentai, afferrando il succo alla pesca che giaceva vicino al quaderno e bevendone un generoso sorso.

"Non è questione di intelligenza. Devi solo prestare attenzione" rispose lui con un'espressione incoraggiante dipinta sul volto.

Accidenti, mi stava dicendo che non ero stupida!

Accennai un timido sorriso e Elia fece per imitarmi, ma poi aggiunse: "Però sì, sono più intelligente di te"

Rimasi allibita da tanta modestia e lo fissai con la bocca aperta, offesa. Fu allora che Elia scoppiò a ridere, una risata profonda ma contagiosa. Era la prima volta che lo vedevo in quel modo e lo trovai davvero bello.

Anche quando faceva il tenebroso era attraente, ma osservarlo divertirsi così, mi scaldò il cuore. Anche se stava ridendo della mia faccia.

"Mi trovi buffa?" chiesi, facendo finta di essere scocciata.

Elia smise di agitarsi e mi guardò serio dicendo: "Sì"

Viva la sincerità...

"Torniamo alla chimica ora" continuò poi, riprendendo in mano il libro "la prossima settimana abbiamo la verifica e dobbiamo recuperare"

Sbuffai sonoramente e mi presi la testa tra le mani, cercando di ritrovare la concentrazione che non avevo mai avuto.

"Allora" esordì il ragazzo con sguardo severo "ripetimi la formula"

"Non c'è una sorta di premio per averti fatto ridere? Che ne so, una domanda più facile?" ipotizzai con voce disperata.

Elia mi lanciò un'occhiata scettica e rispose: "Non sei tu che mi hai fatto ridere. È stata la tua faccia"

Socchiusi gli occhi e lo fulminai, provocando in un lui un nuovo sorriso divertito.

Dov'era finito l'Elia scorbutico e glaciale? Potevo forse prendermi il merito di questo cambiamento?

L'ora seguente passò senza consistenti progressi da parte mia e con continui rimproveri da parte di Elia che alla fine si arrese, raccomandandomi di studiare per la lezione successiva.

Quando ci salutammo, fuori dal locale, gli promisi che sarei stata diligente e mi voltai verso la strada che conduceva al mio palazzo, a pochi metri di distanza.

Elia si incamminò nella direzione opposta, accostandosi alla strada per attraversare.

In quel momento sbloccai lo schermo del cellulare che tenevo tra le mani e mi ritrovai a fissare la locandina di un film horror dal titolo: Babadook.

Che cavolo era quest'immagine?

Immediatamente realizzai di aver scambiato il mio telefono con quello di Elia, così mi voltai di scatto e cominciai a correre verso di lui, chiamandolo.

Elia era di spalle in lontananza, ma sentendomi, ruotò il busto verso di me e mi guardò confuso, ma presto i suoi occhi si spalancarono sorpresi.

"Il tuo cellulare è..." iniziai a dire, avanzando con l'oggetto in questione stretto nella mano tesa in avanti, quando qualcosa nella mia coordinazione dei movimenti si inceppò e inciampai, perdendo l'equilibrio.

Provai a evitare la caduta, continuando a spostarmi traballante, ma quando raggiunsi la fine del marciapiede, la scarpa scivolò giù dal bordo, ponendo fine a ogni mia speranza di salvezza.

Una nuova figuraccia era pronta per essere aggiunta alla lista.

Come la prima volta che ci eravamo incontrati, mulinai le braccia in avanti, preparandomi all'impatto con l'asfalto. Sentii un forte dolore alla caviglia nel momento in cui si piegò e il cellulare mi sfuggì di mano, liberandosi in aria.

Notai che Elia era scattato in avanti, probabilmente nel tentativo di afferrarmi, ma la mia predizione si rivelò fortemente infondata quando il mio corpo atterrò sulla strada, esattamente all'interno delle linee gialle che segnalavano la fermata dell'autobus, mentre il telefono finì tra le mani di Elia, al sicuro.

Era assurdo!

"Ahi" mormorai, sollevandomi con il busto e osservandomi i palmi sporchi di terra e sangue, a causa di alcuni graffi.

"Stai bene?" domandò il ragazzo, portando una mano sotto al mio braccio per aiutarmi ad alzarmi.

Lo guardai indignata e lo rimproverai: "Hai salvato il cellulare anziché me!"

Elia sembrò confuso e si giustificò: "È un modello costoso..."

Non potevo credere alle mie orecchie!

Feci per allontanarmi da lui, poggiando il piede sinistro davanti a me, ma sentii una dolorosa fitta lungo tutta la gamba e mi accasciai, tornando a posare la mano sul braccio di Elia per sorreggermi.

Lui mi osservò quasi preoccupato e chiese: "Ti sei fatta male?"

"La caviglia" sussurrai, tenendo il piede sollevato da terra "credo di aver preso una storta"

Elia lanciò un'occhiata prima al punto da me menzionato e poi alla strada che ci separava da casa. Il suo sguardo si fece serio mentre rimuginava sulla situazione, spostando le sue pupille sui pochi passanti che transitavano in quel momento.

Ad un tratto, senza dire una parola, si piegò leggermente sulle ginocchia e allungò le braccia verso il mio corpo, pronto a sollevarmi.

Spalancai gli occhi, figurandomi nella mente la tipica immagine della principessa che viene portata dal ben principe fino al suo palazzo e, nonostante la situazione imbarazzante, lo trovai un gesto così romantico!

Ero ancora persa nella mia fantasia, quando sentii l'asfalto sotto i piedi scomparire, ma mi ritrovai con la testa rivolta verso il basso, le mani poggiate sulla schiena di Elia, al contrario, la pancia sulla sua spalla larga, il braccio del ragazzo intorno alle mie gambe.

Altro che romantico, col cavolo che ero una principessa, sembravo più un sacco di patate!

"Elia" esclamai, cominciando a battere i pugni su di lui "mettimi giù!"

Notai qualche sguardo divertito da parte di alcune persone che si trovavano nei paraggi e ciò non fece che accrescere il mio imbarazzo.

"Stai calma che cadi di nuovo" ribatté secco Elia, camminando con passo deciso verso l'appartamento, il mio corpo su una spalla, i due zaini colmi di libri dall'altra parte. Ma quanta forza aveva?

Dopo qualche inutile lamentela, mi arresi e abbandonai le braccia lungo la schiena del ragazzo, sospirando.

In poco tempo arrivammo davanti al portone del palazzo grigio che fortunatamente era già spalancato, così Elia lo attraversò senza ulteriore fatica, ma quando giunse alla rampa di scale, si bloccò prima di apprestarsi a salire.

Si guardò intorno perplesso e domandò: "L'ascensore?"

Mi irrigidii e con un filo di voce mormorai dispiaciuta: "Non c'è"

Sentii il petto di Elia sollevarsi sotto le mie gambe e immaginai l'espressione irritata che doveva avere il suo viso in quel momento, anche se non potevo vederlo.

"A che piano sei?" continuò con voce sempre più infastidita.

"Secondo..." sussurrai, sentendomi tremendamente in colpa, nonostante non fossi stata io a chiedergli di portarmi in spalle.

"Posso andare da sola se..." iniziai a dire, ma Elia strinse la presa intorno alle mie gambe e cominciò a salire con calma, un gradino dopo l'altro.

Con un certo affanno da parte del ragazzo, giungemmo di fronte alla mia porta e lui mi adagiò sul pianerottolo, finalmente in posizione eretta.

"Grazie" dissi a bassa voce, imbarazzata, prendendo lo zaino che mi stava porgendo. Frugai nella tasca alla ricerca delle chiavi e quando girai la serratura, fu il silenzio ad accogliermi. Elia era ancora lì, fermo vicino a me, con uno sguardo perplesso.

"Non ci sono i tuoi?" chiese, spostando la sua attenzione prima all'interno dell'appartamento e poi sulla mia caviglia malconcia.

"No, vivo sola. Non lavorano in Italia" risposi, cercando un modo per entrare in casa senza saltellare in maniera ridicola.

Elia sollevò le sopracciglia sorpreso e fece per ribattere qualcosa, ma io mi affrettai ad aggiungere: "Riesco da sola ora, sei stato molto gentile. Ciao!"

Ero stata molto sbrigativa, ma non volevo creare una situazione ancora più imbarazzante di quella che già era, perciò prima lui se ne andava, più si riducevano le possibilità di altre figuracce.

Senza aspettare una sua risposta, mi sporsi in avanti per appoggiarmi allo stipite della porta, ma calcolai male le distanze e persi l'equilibrio, ancora una volta.

Stavo per ritrovarmi nuovamente per terra, quando sentii il braccio di Elia avvolgermi la vita e poi attirarmi a sé.

La mia schiena si scontrò con il suo petto e il suo respiro mi solleticò la pelle del collo, libera dai capelli che si erano spostai di lato. Provai dei brividi lungo la spina dorsale e le mie guance si arrossarono maggiormente.

"Riesci da sola?" ironizzò lui, investendomi con la sua voce profonda, troppo vicino al mio orecchio, troppo presente per il mio cuore in tumulto.

Istintivamente mi voltai verso di lui, ma fu una mossa pericolosa perché portai il mio viso a pochi centimetri da quello di Elia e mi incastrai nei suoi penetranti occhi scuri.

Persa nel suo sguardo, con il respiro mozzato in gola e i battiti accelerati, notai le pupille del ragazzo dilatarsi leggermente e il lieve sorriso di scherno che aveva sulla labbra, si dissolse.

Il tempo sembrò fermarsi e tutto intono a noi scomparve. Elia mi stava fissando in modo strano, sembrava quasi che... sembrava quasi che stesse per baciarmi! 

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