Sexy


La lezione di ginnastica del giorno seguente venne accolta dalla mia mente con estremo rifiuto, ma non avevo scuse per saltarla, perciò mi ritrovai a correre intorno al campo da calcio con un certo affanno, mentre Benedetta mi raccontava dell'ultima conversazione infruttuosa che avevo avuto con Riccardo.

"Cosa crede, che io sia una bambina?" si stava lamentando la mia amica con un'espressione furiosa stampata sul volto.

"Non lo sei affatto" la rassicurai "anzi, sei molto matura per la tua età"

"Giusto, chiunque vorrebbe mettersi insieme a me" riprese lei, sempre più arrabbiata, provocando una smorfia sul mio viso. Diciamo che Benedetta era dotata di un aspetto fantastico, ma non di un carattere semplice.

Lei vide con la coda dell'occhio la mia faccia, fulminandomi con lo sguardo e, quando Edoardo ci superò correndo, lo chiamò a gran voce per domandargli senza problemi: "Ti sembro forse una bambina?"

Il ragazzo si adattò al nostro passo, fiancheggiando Benedetta e dopo averla osservata attentamente dichiarò: "No affatto"

Lei sembrò soddisfatta e iniziò a tartassarlo di commenti su quanto le aveva detto Riccardo, ma a quel punto non stavo più seguendo la loro conversazione, un ricordo si era formato nella mia testa.

Mi ricordi tanto una bambina.

"Ehi!" esclamai, riemergendo dai miei pensieri e rivolgendogli un'occhiata severa "Come mai io invece ti sembro una bambina?"

Edoardo corrugò le sopracciglia confuso, guardando prima me, poi Benedetta che alzò le spalle e infine nuovamente e me: "Non l'ho mai detto"

Rimasi a bocca aperta. Io ci avevo rimuginato tanto su quella sua uscita, chiedendomi cos'avessi di tanto infantile e lui si era pure dimenticato di averlo detto.

"Sì che l'hai fatto! Quando siamo andati a comprare il regalo per tuo fratello!" esclamai risentita.

"Ah" disse lui allora "ma stavo scherzando" si bloccò prima di continuare e mi studiò attentamente, scorrendo con gli occhi su tutto il mio corpo e poi concluse: "In realtà ti trovo sexy"

Avvampai e mi bloccai nel bel mezzo della corsa, imbarazzata per quell'inaspettata dichiarazione, quando sentii qualcuno urtarmi da dietro e quasi persi l'equilibrio, mulinando le braccia in avanti e ristabilendomi per miracolo.

"Cosa fai ferma in mezzo al percorso?" chiese Elia.

"Io..." feci per rispondere ma ero ancora scossa, perciò non trovai una motivazione plausibile, fu Edoardo a peggiorare le cose, ritornando sui suoi passi per raggiungermi, mentre Benedetta ci aspettava poco più avanti.

"Non stai bene?" domandò, notando il mio viso colorito.

Abbassai gli occhi sulle mie scarpe e risposi frettolosamente: "Sto bene, andiamo"

Mi voltai nella direzione della mia amica e ripresi a correre per raggiungerla, ma inaspettatamente sia Elia che Edoardo mi affiancarono, adattando la loro andatura alla mia.

Benedetta ci vide procedere verso di lei e si lasciò sfuggire un sorriso divertito, mentre i due ragazzi già cominciavano a lanciarsi frecciatine.

"Oggi il professore ha detto che giocheremo a palla avvelenata. Ti sfido a battermi" prese a dire Edoardo, rifilando uno sguardo di fuoco a Elia.

Lui continuò a guardare davanti a sé, apparentemente incurante della provocazione e rispose con voce piatta, ma le sue parole lasciavano trapelare un altro spirito: "Lo dici ogni volta che giochiamo a qualcosa. Finisce sempre allo stesso modo, non serve che ti ricordi come"

"Vedrai, stavolta potrei farcela perfino con Liv in squadra" sottolineò Edoardo, tirandomi nel discorso in maniera poco carina.

"Ehi" esclamai offesa, anche se effettivamente ero un disastro a palla avvelenata.

Elia spostò i suoi occhi su di me e poi su Edoardo e infine dichiarò: "Facciamo che io ti batto, nonostante Liv nella mia squadra"

"Ehi" ripetei, sempre più offesa. Cos'era, la giornata degli insulti per Olivia?

"Andata" rispose convinto Edoardo, intravedendo finalmente un reale spiraglio di vittoria. Allungò una mano verso Elia e questo, con mia estrema sorpresa, la strinse, accettando quella sfida in maniera esplicita per la prima volta.

Con le loro mani unite davanti ai miei occhi, fu inevitabile chiedermelo: in questo evolversi del loro rapporto, io che ruolo occupavo?

Il professore ci richiamò dal riscaldamento e Edoardo lo convinse a scegliere lui e Elia come capi delle rispettive squadre. Com'era prevedibile, finii con Elia, ma ero solo una pedina insignificante nella loro sfida, tanto che non mi avevano prestato molta attenzione, intenti com'erano a lanciarsi sguardi combattivi.

"È la prima volta che vedo Elia tanto preso da una sfida con Edoardo" mi sussurrò all'orecchio Benedetta intanto che ci posizionavamo nella nostra metà campo.

"Anche Edoardo mi sembra più entusiasta del solito" risposi sottovoce, osservando la sua espressione mentre prendeva il pallone che il professore gli stava passando.

Al fischio d'inizio partita, tutti gli studenti cominciarono a correre a destra e sinistra, lanciando e schivando palloni, ma presto la nostra squadra si trovò in vantaggio, contando ancora in gioco quattro giocatori, contro due della squadra avversaria.

Io, per uno strano miracolo, ero ancora in vita, ma non avevo contribuito granché con la disfatta dei nostri avversari, mentre Benedetta e Elia erano inarrestabili. 

Dall'altro lato Edoardo e il suo compagno cercavano di difendersi come meglio potevano, ma la sconfitta era alle porta.

Ad un tratto il quarto componente della nostra squadra fu eliminato, perciò il divario si fece più piccolo, riducendosi ad un giocatore in più per noi.

Notai che il ragazzo della squadra avversaria aveva afferrato un pallone e si stava dirigendo velocemente verso di me, pronto a porre fine alla partita di palla avvelenata più lunga che avessi mai giocato.

Provai a sfuggirgli e iniziai a correre nella direzione opposta, volgendo l'attenzione alle mie spalle per constatare quanto fossi in pericolo, ma non valutai la mia immancabile goffaggine e senza nemmeno rendermene conto, misi male un piede davanti all'altro e inciampai.

Sentii il pavimento sotto i piedi sparire e il mio corpo cadere inesorabilmente verso il basso, così tesi le mani davanti a me e voltai lo sguardo in avanti, preparandomi all'impatto. Ma non fu quello che mi aspettavo.

Atterrai sul corpo di Elia, le mie gambe tra le sue, le mie mani poggiate sul suo petto, i miei capelli sul suo viso e la mia guancia contro la sua.

Ero io che mi ero lanciata contro di lui, o era lui che si era sporto verso di me?

Rimasi immobile e presto realizzai che i nostri corpi aderivano l'uno all'altro e lui aveva pure una mano poggiata sulla mia schiena. Sollevai la testa lentamente e i miei occhi si incastrarono nei suoi, tenebrosi e incomprensibili. Era una mia impressione o non sembrava infastidito?

"Game over" esclamò Edoardo e senza nessun rimorso si avvicinò a noi e colpì il piede di Elia con il pallone, eliminandolo. Elia sembrò riprendersi e staccò gli occhi dai miei per fulminare Edoardo con lo sguardo, poi tornò a guardare me, ma questa volta nelle sue pupille si leggeva benissimo l'irritazione.

Era stato eliminato per colpa mia.

Mi sollevai a fatica, mentre Elia faceva altrettanto e mi scusai impacciatamente con lui, notando che Edoardo esultava come se avesse concluso la partita, anche se in realtà aveva solo messo fuori gioco il suo nemico.

Mi sentivo in colpa per aver fatto così poco per i mie compagni così, mentre Edoardo faceva uno strano balletto della vittoria, afferrai il pallone che era ancora ai miei piedi e lo lanciai con forza contro di lui, colpendolo alla gamba.

Il ragazzo si fermò, sorpreso e solo allora si rese conto che c'erano ancora altri giocatori sul campo. Mi osservò, un po' arrabbiato, un po' divertito e io gli risposi con una linguaccia, felice di aver fatto il mio lavoro, ma proprio quando stavo per dire a Elia che non era poi così male avermi in squadra, sentii una pallonata sul fianco e voltandomi notai che l'atro ragazzo della squadra avversaria mi aveva appena eliminato.

Quasi non feci in tempo a realizzarlo che Benedetta apparve al mio fianco, sollevò il pallone con un movimento agile e lo lanciò contro l'ultimo sopravvissuto nemico, decretando così la vittoria della nostra squadra.

Rivolsi alla mia amica uno sguardo colpito e poi spostai la mia attenzione su Edoardo che era combattuto a metà tra la felicità per aver eliminato Elia e il nervoso per aver comunque perso, poi osservai Elia e notai che stava già andando verso bordo campo, ma intravidi di profilo un mezzo sorriso.

Aveva vinto lui anche stavolta. 

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