Senti chi parla


Il resto della vacanza trascorse troppo velocemente e con pochi stravolgimenti, Elia non aveva imparato a nuotare, ma si immergeva in acqua con facilità, mentre Edoardo aveva finito per fare la sfida fino alle boe con Enrico, vincendo con un grande distacco ma dichiarando che Enrico non si era neanche impegnato.

Enrico in sua difesa aveva sostenuto che in vacanza preferiva rilassarsi e non fare fatica e nessuno si era sentito di dargli torto, anzi era il mio mantra quello, solo che lo applicavo anche per il resto dell'anno.

Il rientro a casa era stato traumatico perché l'aria era afosa ma non avevo più il mare dove rinfrescarmi e mi ritrovavo nuovamente sola, ma stavolta mi faceva stare peggio perché mi ero abituata alla compagnia degli altri. 

Fortunatamente a fine luglio sarei partita per l'America e ci sarei rimasta fino all'inizio della scuola, come ogni estate mia madre non poteva prendersi troppa vacanza dal lavoro, mentre per mio padre era più facile, perciò io e lui ci trasferivamo da lei e passavamo un mese tutti insieme. Era uno dei pochi momento in cui mi sembrava di avere dei genitori, mangiare insieme, svegliarsi con le loro voci di sottofondo, andare a spasso per le vie durante il week end, anche litigare con loro mi mancava.

Quest'anno, più degli altri anni, ero impaziente di partire, staccarmi da tutto e da tutti forse mi avrebbe aiutato a riordinare i miei pensieri e il mio cuore. E proprio pensando alle questioni sentimentali, dopo aver svuotato la valigia, mi recai in salotto e afferrai il plico di bigliettini che avevo trovato nella cassetta delle lettere.

Erano ovviamente dal mio ammiratore segreto, ma cominciavo a provare una certa inquietudine più che piacere: chi mai aveva voglia di recarsi a casa mia ogni giorno solo per lasciarmi una frase d'amore? Perché non trovava allora il coraggio di parlarmi veramente? Perché voleva rimanere segreto?

Queste domande mi perseguitarono per tutta la settimana mentre mi appostavo alla finestra per controllare gli spostamenti sulla strada nella speranza di individuarlo ma con scarsi risultati, evidentemente non passava mai alla stessa ora e ciò rendeva la mia indagine ardua. Averi dovuto raccogliere nuovi indizi appena iniziata la scuola perché cominciava ad assomigliare a un'ossessione più che una storia d'amore, forse era il caso di fermarla.

"Sei pronta a rovinare un nuovo dolce?" mi domandò ironico Edoardo quando indossai il grembiule, pronta per una nuova lezione di pasticceria.

"Senti chi parla" ribattei secca, dandogli le spalle e cominciando a preparare i materiali che mi sarebbero serviti.

Sentii uno spostamento d'aria vicino a me e mi ritrovai Edoardo di fianco con il suo solito sorriso divertito, la schiena incurvata verso di me e il viso troppo vicino al mio.

"Un po' sono migliorato, dai" esclamò, prendendo una ciocca dei miei capelli e girandosela tra le dita, con naturalezza, mentre io sentivo già il cuore accelerare.

Deglutii e mi allontanai leggermente, giusto per mettere un po' di distanza tra noi e calmare la mia agitazione: "Non ci sono prove"

Lo sguardo del ragazzo si fece serio e capii che aveva appena interpretato le mie parole come una sfida, tornò al suo posto deciso e si preparò anche lui per cucinare, proprio mentre la Signora Rosa annunciava che avremmo preparato dei muffin con tanto di decorazioni, come se seguire correttamente le indicazioni dell'impasto di base non fosse già abbastanza difficile.

Cercai di impegnarmi come meglio potevo e feci particolare attenzione alle uova, assicurandomi che nessun guscio finisse dove non doveva e controllai anche la data di scadenza. Ormai lo facevo sempre.

Edoardo non mi rivolse la parola per tutto i tempo, era concentrato e indaffarato, ma una volta concluso il nostro lavoro, constatai con invidia che aveva fatto un ottimo lavoro. Non potevo dire la stessa cosa di me... l'aspetto non era per nulla invitante.

La Signora Rosa si complimentò comunque con noi, fare qualcosa di commestibile era sempre un buon risultato, considerando che le prime lezioni i nostri dolci erano immangiabili, anche se dovevo ammetare che Edoardo stava migliorando più velocemente di me.

Quest'ultimo si vantò della sua vittoria e mi convinse ad andare a mangiare un hamburger, per poi fermarci su una panchina in un parco, per assaggiare un pezzo del suo muffin, a suo dire strepitoso.

"Ma è buono davvero!" esclamai estasiata mentre lo mangiavo cercando di non sporcarmi la bocca di panna.

Edoardo mi guardò divertito e sollevò le sue labbra in un sorriso compiaciuto, spostando poi gli occhi al cielo che stava diventando stellato.

"In realtà non ti ho portata qua per assaggiare il dolce" disse lui con un tono serio, catturando la mia attenzione.

"Ah no?" domandai io ingenuamente, con la bocca ancora piena.

Edoardo si lasciò scappare una mezza risata e poi disse, con la voce più naturale del mondo: "Tu mi piaci, Liv"

Il mio cuore perse un battito, ma poi realizzai che era Edoardo a parlare, probabilmente per lui questo equivaleva a dire che gli piacevo come persona, o come amica al massimo, perciò decisi di adattarmi al suo comportamento e risposi: "Anche tu, Edo"

Lui corrugò le sopracciglia perplesso mentre mi osservava continuare a mangiare il muffiin con tranquillità.

"Liv" mi chiamò con serietà e ciò mi fece voltare verso di lui, incontrando i suoi occhi chiari e sinceri "parlo sul serio"

Il mio cuore perse altri due battiti mentre nella mia testa si faceva strada un dubbio: si stava forse dichiarando?

"Cosa?" mormorai spiazzata, gli occhi spalancati e una mano sollevata vicino alla bocca, per sorreggere il dolce mezzo addentato.

Non era una cosa possibile! Stavamo parlando di Edoardo! 

Edoardo!

Il ragazzo mi fissò intensamente mentre portava una mano sulla mia guancia, accarezzandola dolcemente e dicendo: "Non riesco a smettere di pensare a te"

Rimasi inebetita a fissarlo, incapace di aprire bocca, finché il mio corpo si scollegò con il cervello e lasciai cadere il muffin che si andò a schiantare sulle mie scarpe. Fu allora che sussurrai: "Impossibile..."

"Non guardo più le altre ragazze, Liv" continuò lui, sorridendo teneramente "voglio solamente te ora"

"Me?" ripetei insicura, ancora intenta a elaborare quello che stava succedendo... diceva seriamente? Veramente?!

Edoardo annuii convinto, scendendo con la mano sul mio collo e mozzandomi il respiro a causa di quel contatto delicato ma sensuale.

"Io... io..." balbettai in difficoltà, sentendo le guance andare a fuoco e le parole incastrarsi in gola.

"Ripenso sempre al nostro bacio" sussurrò il ragazzo, avvicinandosi pericolosamente al mio viso e spostando la sua attenzione sulla mia bocca.

Oh accidenti, com'ero finita in questa situazione?!

Le labbra di Edoardo erano sempre più vicine alle mie, mentre io sentivo il corpo come congelato e infuocato al tempo stesso, ma incapace di muoversi in ogni caso.

Fortunatamente da qualche parte nella mia testa, qualcosa si riattivò giusto in tempo per fermare il ragazzo dicendo: "Aspetta"

Edoardo si allontanò confuso e mi fissò negli occhi, cercando una qualche spiegazione a quella negazione che probabilmente non riceveva spesso.

"Perché?" domandai poi con un filo di voce, abbassando lo sguardo sulle mie mani per nascondere l'imbarazzo.

"Perché cosa?" ripetè sempre più confuso lui, passandosi una mano tra i capelli come se servisse per schiarirsi le idee.

"Perché proprio io?" specificai ancora incredula, trovando però il coraggio di tornare a posare i miei occhi su di lui.

Edoardo corrugò le sopracciglia e si prese qualche secondo di riflessione prima di rispondere: "Perché sei Liv"

È?

"Non c'è un motivo, non so spiegarti cos'è successo, ma qualcosa è successo e ora penso sempre a te" ricominciò Edoardo, mostrandomi questa volta un sorriso sincero.

Era tutto vero, Edoardo si era dichiarato! Dentro di me provavo sentimenti contrastanti: stupore, paura, gioia, panico.

"Edo io..." mi impappinai ancora una volta, non sapendo nemmeno cosa volevo davvero dire.

"Alt" esclamò lui mettendo una mano davanti sé per intimarmi di stare zitta "Ho capito"

Almeno uno dei due aveva capito qualcosa... questo in qualche modo mi rincuorava.

"Adesso sai cosa provo e questo mi basta. Ti lascerò un po' di tempo per pensarci" concluse il ragazzo, posando la mano sulla mia testa con delicatezza.

Lo fissai con un misto di preoccupazione e sollievo, ma non potevo fare a meno di domandarmi come accidenti sarei riuscita a districarmi tra tutti questi sentimenti provati, ricevuti, forse non richiesti ma sicuramente difficili da dimenticare.

Com'era possibile che la ragazza che era caduta in mezzo al corridoio la prima settimana di scuola avesse ricevuto dichiarazioni d'amore dai due studenti più popolari?

Non ero in grado di elaborare una spiegazione né di trovare un senso logico, ma una cosa la sapevo, mettere ordine nel mio cuore non era mai stato così complicato. 

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